TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 15 ottobre 2019

Stragi e golpe. Un filo nero lungo quarant'anni




Nel 1990 Giulio Andreotti rivela ufficialmente l'esistenza dell'organizzazione Gladio. Una realtà eversiva di cui comunque già si conosceva l'esistenza, come dimostra questo nostro articolo apparso ben tre anni prima su Bandiera Rossa, organo della sezione italiana della Quarta Internazionale. Come prevedevamo Delle Chiaie, mancato qualche giorno fa, non fece rivelazioni e forse anche per questo trascorse libero e indisturbato il resto dei suoi giorni, come peraltro la quasi totalità dei personaggi (militari e civili) coinvolti in quegli avvenimenti. A distanza di più di trent'anni ci pare che l'impianto dell'articolo, che richiese una lunga e dettagliata ricerca sulla base dei materiali allora conosciuti, ancora regga. Sicuramente regge la denuncia dell'ipocrisia profonda del termine "servizi deviati", coniato allora dal PCI e ancora oggi largamente usato nonostante l'enorme mole di dati anche giudiziari accumulatasi negli anni dimostri che di tutto si trattò meno che di deviazioni di singoli o di gruppi. 

Giorgio Amico

Un filo nero lungo quarant'anni

Si celebra in queste settimane a Bologna il processo per la strage alla stazione di sette anni fa. Nella requisitoria dei giudici si possono leggere i nomi degli esecutori e sono indicati con chiarezza i mandanti e la logica politica della strategia che ha lasciato una scia di sangue e di terrore sugli ultimi vent'anni di vita italiana. Avremo, questa volta, una sentenza in grado di accordare la verità e la giustizia? Non si può dimenticare che chi ha lavorato contro questa possibilità è sempre al suo posto. Il filo nero che, oltre le stragi, lega quarant'anni di minacce autoritarie non è mai stato reciso.

L'arresto di Stefano Delle Chiaie alla fine del mese di marzo e la sua estradizione in Italia hanno contribuito a ridestare l'attenzione dei mass media sulle stragi nere che hanno insanguinato il nostro paese negli ultimi vent'anni. Dalle sue deposizioni al processo per la strage di Bologna, in corso in queste settimane, o in altra sede, qualcuno si attende clamorose rivelazioni che contribuiscano a far luce su questi orrendi crimini, sui loro esecutori e mandanti politici, mentre non si è spento l'eco dell'inquietante balletto di competenze fra i vari uffici giudiziari che, come il processo per la bomba di Piazza Fontana insegna, è la più sicura via all'insabbiamento.
Ma, ammesso che Delle Chiaie collabori con i giudici, è poi lecito aspettarsi rivelazioni clamorose? Da ciò che l'esponente neofascista ha già dichiarato in interviste e, sembra, durante l'audizione disposta dalla commissione parlamentare sulle stragi e sul terrorismo nonché nel corso delle udienze del processo di Bologna, sembrerebbe proprio di no.
Il particolare l'ex capo di Avanguardia Nazionale ha fatto cenno all'esistenza di una struttura di sicurezza, nata dopo la seconda guerra mondiale e utilizzata anche per fini di politica interna. Questa struttura occulta avrebbe materialmente organizzato gli attentati, infiltrando e utilizzando le organizzazioni di destra, per poi depistare le indagini.
Tutto ciò è altamente verisimile e concorda con quanto, ed è molto, già si conosce sulla strategia del terrore. Ma non rappresenta certo una novità. Il fatto è che, già a partire dal libro-inchiesta La strage di Stato nel 1970 il quadro in cui si attua la strategia terroristica neofascista è sostanzialmente delineato, così come i mandanti, i finanziatori, gli esecutori. Non a caso nel libro in questione ricorrono nomi, come quelli di Sindona e Marcinkus, destinati a diventare tristemente noti negli anni successivi. Per cui, come Bandiera Rossa sosteneva all'indomani della strage di Natale del 23 dicembre 1984, “IL problema non è tanto quello di compiere vere e proprie indagini, quanto di mettere i tasselli di un mosaico il cui disegno è ormai chiaro, di unificare fatti e indizi, di leggerli con una logica politica diversa da quella dell'ideologia di regime”1.
Prima di tutto, occorre sgomberare il campo dall'ostacolo rappresentato dalla cosiddetta tesi dei servizi segreti “deviati”. Tesi certamente comoda perché permette di non fare i conti con ciò che realmente rappresenta l'apparato repressivo dello Stato borghese, ma del tutto illusoria. In realtà di tutto si può parlare meno che di deviazionismo dei servizi segreti, il cui compito principale, ed è l'intera storia della Repubblica a confermarlo, è proprio consistito nel porre sotto tutela, prima per conto direttamente degli americani e poi della NATO, l'evoluzione del quadro politico italiano.
È una trama che parte da lontano, prima ancora della nascita dello Stato repubblicano...

Il referendum istituzionale del 1946

Intorno alla questione dell'assetto istituzionale dello Stato si combatte nei primi mesi del 1946 la prima grande battaglia democratica dell'Italia del dopoguerra. Nel timore che la caduta della monarchia agevoli l'andata al potere della sinistra e i particolare del PCI, l'intero schieramento borghese da l'Uomo Qualunque ad ampi settori della gerarchia cattolica e della DC, fa blocco attorno ad Umberto di Savoia.
I fautori della monarchia non si limitano alle manovre elettorali, ma si preparano anche sul piano militare. Si stringono contatti con i movimenti clandestini fascisti sorti già all'indomani della Liberazione con la connivenza delle autorità militari anglo-americane, si apprestano piani operativi che prevedono l'effettuazione di una campagna di provocazione e di attentati da attribuire alle sinistre e poi l'intervento di unità militari fedeli, essenzialmente dell'Arma dei carabinieri.
Grazie all'aperto appoggio di larga parte dell'apparato statale, non epurato e ancora monarchico, nascono così i Reparti antitotalitari antimarxisti monarchici (RAAM), vere e proprie formazioni paramilitari di cui fanno parte nostalgici del ventennio e della monarchia.
Ai RAAM appartengono molti alti ufficiali dei carabinieri e i più elevati dirigenti della polizia, sotto la supervisione di ciò che resta dei servizi segreti (SIM) e con stretti addentellati con organizzazioni criminali come la mafia siciliana (2).
È in questa occasione che per la prima volta si tenta di coalizzare insieme in funzione anticomunista gruppi paramilitari fascisti ed elementi anche di spicco del movimento partigiano. Cardine di questo intreccio è Edgardo Sogno, monarchico e liberale, durante la Resistenza a capo di una formazione - l'organizzazione Franchi - alle dirette dipendenze dell'OSS, il servizio segreto americano. Altro elemento di rilievo è il maggiore Enrico Martini "Mauri", già a capo delle formazioni badogliane in Piemonte e acceso anticomunista.
Sono fascisti, partigiani bianchi, alti gradi delle forze armate e della polizia, servizi segreti e organizzazioni criminali a formare già in questi primi mesi del 1946 un amalgama golpista che riapparirà puntuale ad ogni snodo cruciale della storia della repubblica come strumento di condizionamento occulto dell'evoluzione politica del paese.

Le elezioni politiche del 1948

La vittoria della repubblica il 2 giugno 1946 non segna di certo la fine delle trame golpiste. avviene tuttavia un cambiamento non di scarso rilievo: alla destra monarchica si sostituisce nel ruolo di sfruttamento e protezione politica dell'eversione la Democrazia cristiana ormai a tutti gli effetti espressione delle più importanti frazioni della borghesia italiana.
Queste manovre si intensificano con l'estromissione dal governo dei ministri comunisti e socialisti nella primavera del 1947. Come testimonia un'anonima informativa da Torino all'ufficio "I" dell'Arma dei carabinieri, nel mese di novembre l'apparato clandestino costituitosi alla vigilia del referendum istituzionale rimane in piena attività in vista di un possibile confronto armato con il movimento operaio e le sue organizzazioni. dopo aver evocato lo spettro d un'imminente insurrezione comunista nel triangolo industriale, il documento passa in rassegna lo stato delle forze filogovernative e conclude:
" ... a capo di queste forze dell'ordine [sono] noti e stimati comandanti di formazioni partigiane democristiane e monarchiche come il maggiore effettivo dell'esercito Martini 'Mauri'... Ogni giovedì questi capi si incontrano, si scambiano informazioni, per tenersi pronti a predisporre dei piani di controinsurrezione. 'Ci stiamo ritrovando e riorganizzando, essi dicono, quindi per i comunisti le cose non saranno troppo lisce' " (3).
I servizi speciali americani non sono di certo estranei a queste iniziative. È un momento di forti cambiamenti a Washington causati dalla guerra fredda e dal ruolo di potenza globale ormai giocato dagli USA e anche i servizi segreti assumono dimensioni nuove. nel settembre del 1947 la CIA sostituisce il vecchio e ormai inadeguato Office Strategic Service (OSS) da cui durante la guerra dipendevano in Italia uomini come Sogno, Martini "Mauri" e un certo Fumagalli che negli anni della strategia della tensione troveremo a capo di un fantomatico Movimento di azione rivoluzionaria (MAR).
Il 10 ottobre 1947 l'ambasciatore americano a Roma, James Dunn, in un telegramma al segretario di Stato Marshall, auspica la necessità di "formulare piani, compresi quelli per un'assistenza militare attiva, per il caso che se ne manifesti la necessità nel prossimo inverno o nella prossima primavera". Va comunque evitato un coinvolgimento diretto di truppe americane; per questo, in vista di uno scontro con le sinistre ormai improcrastinabile, vengono approntate - in accordo con le autorità italiane - strutture "parallele" in grado di affrontare ogni tipo di emergenza al di là di ogni possibile controllo parlamentare.
"Già nei primi mesi del 1948 - dichiarerà trent'anni più tardi l'ex ministro dell'Interno Mario Scelba - era stata messa a punto un'infrastruttura capace di far fronte a un tentativo insurrezionale comunista. L'intero paese era stato diviso in una serie di grosse circoscrizioni e alla loro testa era stato designato in maniera riservata, per un eventuale momento di emergenza, una specie di prefetto regionale... un uomo di sicura energia e di assoluta fiducia. L'entrata in vigore di queste prefetture sarebbe stata automatica nel momento in cui le comunicazioni con Roma fossero state, a causa di una sollevazione, interrotte: allora i superprefetti da me designati avrebbero assunto gli interi poteri dello Stato sapendo esattamente, in base a un piano preordinato, che cosa fare" (4).
L'8 marzo del 1948, alla vigilia delle elezioni, il National Security Council americano discute della situazione esistente in Italia. dato per scontato che "una maggioranza per il Blocco del popolo non è improbabile" e che ciò minaccerebbe seriamente "gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti nel Mediterraneo", il NSC sostiene tra l'altro la necessità di "fornire ai gruppi clandestini anticomunisti [cioè ai neofascisti] assistenza finanziaria e militare". La proposta è personalmente approvata dal presidente Truman e diventa immediatamente operativa (5).

L'adesione dell'Italia alla NATO

Come sappiamo, nonostante i timori dell'amministrazione Truman, il Fronte popolare non vinse le elezioni; ciò non valse tuttavia a modificare in nulla la politica americana di appoggio ai gruppi armati neofascisti.
All'inizio del 1950 giungono in Italia Carmel Offie, supervisore dei servizi segreti italiani per conto della CIA, e James Angleton, ex dirigente dell'OSS. I due contattano ex ufficiali repubblichini ed ex dirigenti fascisti in vista della costituzione di un "fronte nazionale" anticomunista sotto la guida dell'ex capo della X MAS, Valerio Borghese. Il progetto viene poi provvisoriamente accantonato per essere ripreso con la stessa sigla e con gli stessi uomini vent'anni più tardi, alla vigilia della strategia della tensione (6).
Il 23 settembre 1950 il Consiglio dei ministri approva la legge per la difesa civile proposta dal ministro dell'Interno Scelba. Formalmente il costituendo servizio di difesa civile dovrebbe farsi fiancheggiare carabinieri e polizia in caso di gravi calamità naturali. In realtà sotto la supervisione del generale dei carabinieri Pieche, ex ufficiale del SIM prima al servizio di Franco e poi del sanguinario capo degli ustascia Ante Pavelic, viene costituito un vero e proprio corpo separato composto da "volontari" reclutati tra gli avanzi delle Brigate nere.
Sono anni di repressione sistematica contro i lavoratori e le forze di sinistra. In tre anni, a partire dal 1948, 62 sono gli assassinati, 3.126 i feriti, 92.162 gli arrestati di cui 19.306 condannati a ben 8.441 anni di carcere complessivo. Nemmeno il tribunale speciale del fascismo aveva saputo fare di meglio (7).
Anche in questo frangente i partigiani bianchi sono tra i più accesi sostenitori della caccia ai comunisti. Il presidente dell' ENI, Enrico Mattei, vicepresidente dell'Associazione dei partigiani democristiani, fissa i compiti degli associati nel sorvegliare nelle fabbriche i sovversivi, opporsi all'azione dei comunisti che, anche mascherata da fini sindacali, mira a sabotare l'efficienza dell'apparato produttivo, scoprire e segnalare fonti di finanziamento delle organizzazioni operaie, ostacolare con ogni mezzo l'accesso dei comunisti a posti di responsabilità.
Intanto nell'agosto del 1949 l'Italia è entrata a far parte della NATO. Tra i vari obblighi che tale adesione comporta, alcuni riguardano direttamente i servizi segreti, che vengono completamente riorganizzati sotto la supervisione della CIA e utilizzati, secondo appositi protocolli ancora segreti, in funzione "antisovversiva", cioè antioperaia e antidemocratica.
L'appoggio ai neofascisti diventa aperto. Nell'agosto 1952 si svolge il primo campo paramilitare neofascista pubblico, organizzato dall'associazione giovanile missina a Lavazé in Trentino. Vi si tengono lezioni teoriche e addestramento allo scontro fisico e al sabotaggio. Il campo scuola viene significativamente denominato "Ordine Nuovo", un nome questo che ritroverà frequentemente nella storia dell'eversione nera.
Qualche nese prima il comando dello Stato Maggiore delle forze armate americane aveva indirizzato al servizio segreto italiano un memorandum al fine di impegnarlo ad attuare gli obiettivi di un piano permanente di offensiva anticomunista chiamato in codice "Demagnetize".
Nel documento si legge tra l'altro:
"L'obiettivo ultimo del piano è quello di ridurre le forze dei partiti comunisti, le loro risorse materiali, la loro influenza nei governi italiano e francese e in particolare nei sindacati, in modo da ridurre al massimo il pericolo che il comunismo possa trapiantarsi in Italia e in francia, danneggiando gli interessi degli Stati Uniti nei due paesi... La limitazione del potere dei comunisti in Italia e in Francia è un obiettivo prioritario: esso deve essere raggiunto con qualunque mezzo" (8).

Il centrosinistra e il piano "Solo"

Nel 1962 nasce sotto la guida di Amintore Fanfani il primo governo di centrosinistra, un tripartito DC-PSDI-PRI con l'appoggio esterno dei socialisti. Pochi mesi prima, il 22 novembre 1961, il segretario democristiano Aldo Moro aveva dichiarato in televisione ormai inevitabile e necessaria l'apertura al PSI. Tanto era bastato a gettare nel panico l'apparato spionistico americano in Italia. Nei giorni immediatamente successivi a questo storico annuncio all'ambasciata USA di roma si tiene una riunione segreta dei massimi dirigenti militari e della CIA in Europa. Si parla di impedire con ogni mezzo l'andata al governo dei socialisti, si discute di un intervento aperto di unità militari NATO. Il capo della CIA a Roma, Thomas Karamessines, più realisticamente sostiene che invece di opporsi apertamente sia meglio svuotare dall'interno la svolta democristiana da ogni significato innovatore (9).
Gli uomini della CIA concertano insieme ai responsabili dei servizi italiani (SIFAR), De Lorenzo e Rocca, un'azione di disturbo al tentativo di Moro. Vengono costituite "squadre d'azione" per compiere attentati da attribuirsi alle sinistre in modo da esigere poi in nome delle "forze sane" della nazione severe misure di emergenza da parte del capo dello Stato e del governo.
A tal fine vengono utilizzati gli archivi della stazione CIA di Roma, contenenti oltre duemila nominativi di uomini "capaci di uccidere, piazzare bombe e ordigni incendiari, fare propaganda", membri di formazioni di estrema destra che da tempo hanno offerto agli americani i loro servizi in funzione anticomunista (10).
Gruppi di "volontari" si formano in molte città italiane tra cui Milano, Torino, Genova. "Sono gruppi - dichiarerà il senatore Ferruccio Parri alla commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti dell'estate '64 - di civili, di ex militari, di ex carabinieri... Questi gruppi avrebbero dovuto assecondare il colpo che il generale De Lorenzo aveva preparato, anche con funzione di agenti provocatori, con funzione di squadre di appoggio dei reparti dei carabinieri".
È il famoso piano "Solo" che prevede l'intervento dei reparti corazzati dell'Arma dei carabinieri, l'arresto e la deportazione in appositi campi già predisposti in Sardegna di migliaia di militanti di sinistra, secondo liste scrupolosamente aggiornate che risalgono almeno ai primi anni cinquanta. Il piano del tutto simile, data la comune matrice NATO, al golpe dei colonnelli greci dell'aprile '67, non verrà mai attuato, ma otterrà comunque lo scopo di condizionare pesantemente in senso moderato l'andamento della vita politica italiana.

L'autunno caldo e la strategia della tensione

Svuotata, anche grazie alle manovre occulte dei servizi, di ogni reale contenuto innovatore, l'apertura ai socialisti si rivela ben presto per quello che è: un'abile operazione trasformistica gestita dalla DC che tenta di inserire una parte della sinistra nel proprio sistema di potere allo scopo di dividere e penalizzare il movimento operaio.
Ma le profonde contraddizioni sociali, conseguenza diretta del selvaggio boom economico prima e della recessione poi, spingono alla lotta la classe operaia, mentre una nuova generazione di studenti si radicalizza in risposta all'esaltante esempio che viene da Cuba e dal Vietnam.
Le lotte si allargano, si generalizzano, tendono in alcuni casi a sfuggire al controllo sindacale. Per la prima volta si manifesta il fenomeno degli scioperi selvaggi. L'ondata della contestazione investe l'università, mentre cresce la mobilitazione antimperialista. Crollano i vecchi steccati risalenti agli anni della guerra fredda e si fa sempre più forte l'esigenza dell'unità sindacale.
Democrazia cristiana, americani, Confindustria, vaticano ritengono che occorra riportare all'ordine l'Italia. Nasce la strategia della tensione. Vengono recuperati Sogno, i partigiani bianchi e il Fronte nazionale di Valerio Borghese "in sonno" dagli anni cinquanta. I burattinai sono sempre gli stessi: la CIA e i vari "uffici speciali" targati NATO.
Dal 3 al 5 maggio 1965 si svolge, con il patrocinio neppure troppo occulto dei vertici militari, all'Hotel Parco dei Principi di Roma il famoso convegno sulla "guerra rivoluzionaria" in cui relazionano personaggi come Guido Giannettini e Pino Rauti. È l'atto di nascita ideologico, e forse anche organizzativo, della strategia del terrore.
Sul piano operativo vengono discusse diverse linee strategiche; al centro di tutte si collocano le forze armate, considerate l'unico baluardo nei confronti del comunismo. esse tuttavia non debbono agire da sole ma operare con l'appoggio di gruppi irregolari di civili (11).
È la tesi esposta fra gli altri dal giornalista fascista Beltrametti, imperniata sull'esistenza di uno "stato maggiore parallelo, composto di militari e civili, il quale... agendo nella clandestinità, provveda a mobilitare l'apparato predisposto, formato di cittadini sicuri, tra i quali alcuni addestrati alla guerra di guerriglia". Beltrametti sostiene questa tesi in un volume, Guerra e megatoni, la cui prefazione è firmata dal generale Liuzzi, già capo di stato maggiore dell'esercito, il quale, tra l'altro, sostiene la necessità di costituire già in tempo di pace "forze per la difesa territoriale... composte di militari e civili prenotati (convenientemente e clandestinamente addestrati), con stati maggiori misti (militari e civili)".
Come scrive il De Lutiis nella sua illuminante Storia dei servizi segreti, "i servizi paralleli, che fino ad allora avevano addestrato civili da utilizzare in appoggio a eventuali colpi di stato militari, ora cominciavano a esercitarli alla tecnica dell'attentato" (12).
Nel 1968 viene ricostituito il Fronte nazionale di Valerio Borghese, nello stesso anno la "scuola guastatori" del SID di Capo Marrargiu in sardegna viene riorganizzata sotto la guida di "tecnici" americani. nella base vengono addestrati alla controguerriglia e al sabotaggio migliaia di giovani neofascisti che, una volta tornati alle loro zone di origine, restano a disposizione dei servizi segreti, collegati in gruppi ristretti e forniti di armi ed esplosivi, diretti da ufficiali della struttura "I" dell'esercito (13).
Sempre nel 1968 avvengono i primi attentati ai treni e alla Fiera di Milano, attribuiti dalla polizia e dalla stampa agli anarchici. Il 12 dicembre 1969 è la volta della strage di Piazza Fontana a Milano. Nasce il Movimento politico Ordine nuovo di Clemente Graziani, mentre Stefano Delle Chiaie ricostituisce Avanguardia Nazionale, ritenuto anche a destra il braccio operativo dell'Ufficio affari riservati del ministero dell'Interno.
Il 1970 è l'anno del golpe Borghese e dell'occupazione fantasma del Viminale. Ricompaiono i partigiani bianchi; mentre il MAR di Carlo Fumagalli sigla una serie di attentati, secondo Valerio Borghese i militari distribuiscono armi "in parte a pochi fascisti e in maggior parte ad ex partigiani bianchi".

La Rosa dei Venti e i protocolli segreti della NATO

Non rientra negli scopi di questo breve lavoro una trattazione sistematica delle trame nere che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969. Ciò che ci interessa è dipanare un filo che, come si è visto, ha origini lontane e lega indissolubilmente servizi segreti e apparati militari italiani e stranieri sotto la costante supervisione della NATO.
Nel 1973 scoppia il caso dell'organizzazione eversiva denominata "Rosa dei Venti" che vede implicati una serie di alti ufficiali, tutti in stretti rapporti con l'Ufficio guerra psicologica del comando NATO di Verona, responsabile di servizi segreti, neofascisti e partigiani bianchi.
Si scopre così che l'Ufficio di guerra psicologica è una struttura di rilevante importanza strategica, legata strettamente alla CIA, incaricata tra l'altro di studiare le varie strategie psicologiche da usare in caso di colpi di Stato, guerre civili, sommosse, controguerriglie. In quel periodo l'Ufficio avrebbe dedicato particolare attenzione allo studio "scientifico" degli effetti destabilizzanti della strategia della tensione (14).
Uno dei principali imputati, il colonnello Amos Spiazzi, riconosce durante gli interrogatori cui viene sottoposto dai magistrati l'esistenza di una "organizzazione di sicurezza delle forze armate, che non ha finalità eversive ma si propone di proteggere le istituzioni contro il marxismo". Di questa organizzazione clandestina non fanno parte solo militari ma anche "civili, industriali, politici" a ulteriore conferma dell'esistenza di quegli "stati maggiori misti" di cui si è visto discutere fascisti e generali al convegno dell'Hotel Parco dei Principi.
Il colonnello Spiazzi, quindi, ammette le accuse ma rivela che l'organizzazione eversiva di cui è accusato di far parte è una struttura ufficiale anche se segretissima della NATO, con carattere sovranazionale e allo scopo di impedire la conquista delle leve dello Stato da parte dei comunisti e più in generale delle sinistre (15).
Come non pensare immediatamente al piano "Demagnetize" e ai piani operativi del National Security Council americano della fine degli anni quaranta? A conferma di quanto ammesso dallo Spiazzi, il capo del SID, generale Vito Miceli, riconosce nel corso della stessa inchiesta l'esistenza da sempre all'interno dei servizi segreti di "una particolare organizzazione segretissima, che è a conoscenza delle massime autorità dello Stato... Un organismo che assolve compiti pienamente istituzionali, anche se si tratta di attività ben lontane dalla ricerca informativa..." (16).
l'esistenza di un'organizzazione di questo tipo, operante in totale segretezza al di fuori di ogni controllo, troverebbe la sua ragione d'essere in protocolli aggiuntivi segreti, stipulati nel 1949 contestualmente alla firma del Patto atlantico.
Questi accordi, cui ha fatto diretto riferimento l'esponente socialista Rino Formica all'indomani della strage del 23 dicembre 1984, "prevedono l'istituzione di un organismo non ufficiale, anzi giuridicamente inesistente, preposto a garantire con ogni mezzo la collocazione dell'Italia all'interno dello schieramento atlantico, anche nel caso che l'elettorato si mostri orientato in maniera difforme" (17).
Chi scrive è sempre il De Lutiis, il cui libro è stato dal senatore Gualtieri, presidente del comitato parlamentare per i servizi di sicurezza, consigliato ai membri della commissione perché "opera seria e documentata"!
Che senso ha, allora, insistere come fa il PCI sulle "deviazioni" dei servizi segreti e sui generali "felloni"? Tesi insostenibile alla luce di quanto già si conosce ma che certo ha il pregio di essere compatibile con le professioni di fedeltà all'alleanza atlantica.
Che senso ha denunciare, come fa l'Unità, che "non è in Italia il punto finale" della politica occulta (18), se poi ci si arrampica sugli specchi per non tirare in ballo gli Stati Uniti e gli accordi che ci legano ad essi?
Ma allora, come in altra occasione affermava il nostro giornale, "se così stanno le cose, se la NATO è lo strumento che lega al personale politico americano l'Europa privandola della sua sovranità nazionale su questioni di vita o di morte, che cos'altro si può auspicare e chiedere per l'Italia se non l'uscita dalla NATO?" (19).
"Fuori l'Italia dalla NATO, fuori la NATO dall'Italia!", gridavamo nei cortei del '68. Continuare in questa lotta è un impegno che, come marxisti rivoluzionari, abbiamo assunto anche verso le vittime innocenti di vent'anni di stragi impunite.

Note

1. Cfr. "Una proposta al movimento operaio per non arrendersi al terrore", in Bandiera Rossa del 20 gennaio 1985.
2. Cfr. P.G. Murgia, Il vento del Nord. storia e cronaca del fascismo dopo la Resistenza, Milano 1975,pp. 210-11.
3. Cfr. G. Boatti, Le spie imperfette, Milano 1987, pp. 309-10.
4. Cfr. A.Gambino, Storia del dopoguerra dalla liberazione al potere DC, Bari 1975, pp. 473-74.
5. Ampi stralci del documento in: A. Gambino, "Se il 18 aprile il Fronte avesse vinto", in L'Espresso del 23 aprile 1978.
6. Cfr. P.G. Murgia, Ritorneremo, Milano 1976, p. 213 e sgg.
7. Cfr. G. Scarpari, La Democrazia cristiana e le leggi eccezionali 1950-1953, Milano 1977, p.9.
8. Cfr. R. Faenza, Il malaffare, Milano 1978, pp. 313-14.
9. L'episodio è ricostruito con abbondanza di particolari in E. Catania, La lunga mano della CIA, Milano 1974, pp. 74-5 e G. de Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma 1984, pp. 69-70.
10. R. Faenza, op. cit., p. 369.
11. Vedere la ricostruzione dei lavori del convegno in La destra radicale, a cura di F. Ferraresi, Milano 1984, pp 58-9.
12. G. De Lutiis, op. cit., p. 131.
13. Ivi, p. 13 sgg.
14. L'Espresso del 27 gennaio 1974.
15. G. De Lutiis, op. cit., p. 107 e sgg.
16. Ivi, p. 129.
17. Ivi, p. 126.
18. Vedere l'intervista del giudice Giovanni Tamburino su l'Unità dell'11 gennaio 1987.
19. Cfr. "Né chiara denuncia né mobilitazione", in Bandiera Rossa del 30 settembre 1984.

Bandiera Rossa, Agosto-settembre 1987