TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 7 febbraio 2010

La forza dell'instabilità: "L'avventura incompleta" della Bauhaus immaginista (I)


Asger Jorn


La rivisitazione delle avanguardie artistiche del Novecento costituisce uno degli assi portanti di Vento largo. Proponiamo oggi la prima parte di un articolo di Sandro Ricaldone che ricostruisce l'avventura del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI), anello di congiunzione fra l'esperienza di Cobra e l'Internazionale Situazionista.




Sandro Ricaldone

LA FORZA DELL’INSTABILITA’: “L’AVVENTURA INCOMPLETA” DEL BAUHAUS IMMAGINISTA (2003 )



“Être artiste signifie qu’on est un individu isolé. Mais le développement de la base créative de chaque artiste encombre de plus en plus les problèmes generaux d’une époque” (1). Con queste parole Asger Jorn tratteggia – qualche anno dopo le vicende che costituiscono il tema di questo scritto – la condizione dell’artista contemporaneo. E sottolinea: “Les formules artistiques s’epuisent trés vite et pourtant – lorqu’il developpe sa base propre – l’artiste parvient à toucher chaque jour davantage les problèmes de son temps. Les chemins se croisent, et le sol même de l’époque commence à se retourner” (2). Gli elementi che emergono da queste frasi sono, proprio perché schematici, particolarmente nitidi e significativi. L’isolamento dell’artista, anzitutto, che si configura come presupposto insopprimibile della libertà creativa. Quindi il carattere incessante della sua ricerca, imposto dal deperimento dei modelli invalsi, che lo porta necessariamente a misurarsi - attraverso “nuovi pensieri in nuova forma” (3) - con i problemi del suo tempo. Infine l’incrociarsi dei percorsi individuali in una rete che inizia a sovvertire il fondamento stesso dell’epoca.
Particolarmente marcato risulta l’accento posto sulla soggettività. L’artista, secondo Jorn, procede tramite l’esperimento di sé stesso (ovvero, per riportarci alle sue esatte parole, “è il suo stesso esperimento” (4)) con l’obiettivo, certamente paradossale, “di rendere possibile l’impossibile” e – in ogni caso - di rivelare “una verità che non esiste al di fuori di lui, perché lui stesso è la verità artistica” (5).
Ma altrettanto incidente, sul piano fattuale, è l’attenzione ai “sentieri che s’incrociano” ed al confronto con i problemi dell’epoca. Così, non appena riemersa - dopo la conclusione nel 1951 dell’esperienza di Cobra ed i lunghi mesi di inattività forzata, prima a Silkeborg, poi a Villars-Chesières, dovuta ad una grave affezione polmonare – “la voglia di disputare e criticare” (6), Jorn riprende i contatti con alcuni membri di CoBrA, come Alechinsky, Götz, Österlin, raccoglie le adesioni di critici come René Renne e Claude Serbanne” (7), attivi sulla rivista “Cahiers du Sud”, entra in rapporto, attraverso Baj, con il Movimento Nucleare, con lo scopo di creare un nuovo gruppo.
L’idea di fondo, esplicitata in una lettera ad Alechinsky del marzo 1954, consisteva nella ripresa e nel superamento di quella che era stata la piattaforma di Cobra. “Une révolution dans n’importe quel domaine est le résultat brusque d’une transformation profonde causée par une longue évolution. C’est nous du Cobra qui avec Dubuffet, Lam et Matta avons fait ce travail préparatoire et si l’on ignore l’évolution qui a créé la revolution on oublie les veritables forces de base de la révolution, et si ils sont paralysés, la révolution retombe en une mode temporaire” (8).
Agli occhi di Jorn si rendeva quindi necessario strappare alla paralisi gli agenti attivi della rivoluzione artistica, coloro che possedevano la chiave della “nuova combinazione” ed erano in grado, perciò, di oltrepassare la superficie del fenomeno.


Jorn e Gallizio a Albisola

Gli strumenti individuati dall’artista danese per compiere questo tentativo non si diversificavano, nella sostanza, da quelli già utilizzati nel periodo Cobra. Anche nel periodo d’incubazione del M.I.B.I. Jorn puntava in primo luogo – come si è visto – a formare un nuovo raggruppamento composto da autori di varie nazionalità, legati da affinità di ricerca (9). E si proponeva di creare, a supporto, una nuova rivista, “Delta” (10), “riservata a lavori interamente teorici e rivolta agli artisti ed ai teorici dell’arte anziché al pubblico più vasto” (11). A questi - ed alla mostra, usuale modalità di manifestazione dei gruppi artistici – si aggiungerà più tardi l’idea di un “congresso” (12), ideato per mettere a fuoco, in un confronto dal vivo, le tematiche cruciali dell’arte e della contemporaneità.
Uno dei fattori nuovi, per quanto specificamente concerne Jorn, era dato dagli esiti della sua riflessione sull’arte, condensata, nel periodo trascorso in sanatorio a Silkeborg, nel volume “Held og hasard (Dolg ok guitar)” (13) che – come egli stesso dice – “est un étude sur le malsain, le criminel et nouveau dans l’art” (14) e lo conduce da un lato a concepire l’arte “come un’eterna lotta fra estetica ed etica” (15) ed a stabilire un’essenziale distinzione fra il metodo scientifico e l’approccio artistico alla conoscenza, collocando quest’ultimo, per evitare che gli esiti si palesino “altrettanto complicati e incomprensibili come la vita stessa”, sotto il segno di una forma organica, capace di rappresentare graficamente il pensiero.
Senza dubbio, però, l’aspetto più caratterizzante era costituito dall’individuazione di un obiettivo, non più identificato nell’affermazione di un’area di ricerca sperimentale, geograficamente localizzata nei paesi nordeuropei, ma nella polemica contrapposizione all’industrial design ed alla sua incarnazione più visibile: il nuovo Bauhaus di Ulm (16).
La polemica fra Jorn e Max Bill si era venuta instaurando attraverso uno scambio epistolare ancora non reso pubblico (17). La sequenza di battute riportata in “Pour la forme” (18) documenta nondimeno una contrapposizione frontale. All’affermazione dell’artista danese, secondo cui “Bauhaus è il nome di una ispirazione artistica”, Bill ribatte asserendo che “Bauhaus non è il nome di un’ispirazione artistica, ma il significato di un movimento che rappresenta una dottrina ben definita”. E Jorn replica: “Se Bauhaus non è il nome di un’ispirazione artistica, è il nome di una dottrina senza ispirazione, cioè morta”.
Non stupisce perciò che egli scrivesse a Baj nel dicembre 1953: “Je ne sais pas si vous connaissez le Bauhaus, academie allemande d’avant Hitler. Maintenant on veut le refaire, et c’est un architecte suisse, Max Bill, qui doit s’occuper de cela, il veut faire de cette academie où était le professeur Klee et Kandinsky, une academie sans peinture, sans recherches dans le domaine de l’image, des fictions, signes, symboles etc., purement technique : instruction. J’ai declaré la guerre au nom de tous les peintres experimentales et recherchants et j’ai declaré que je vais faire une organisation internationale de recherche dans le domaine de la fiction et des images et le nommer “Bauhaus imaginaire” (19) de ce que le groupe “Movimento pittura nucleari” (20) veut joindre cette organisation internationale” (21).
Tuttavia la prima attività del M.I.B.I. non fu polemica. Si concretò invece in una sessione di lavoro d’un gruppo di artisti che avevano aderito o simpatizzavano con il nascente movimento, organizzata da Jorn ad Albisola, cittadina del Ponente ligure nota per la plurisecolare tradizione ceramistica, dove si era trasferito nella primavera del ‘54 (22).
L’iniziativa si ispirava, come testimonia Sergio Dangelo (23), all’esempio della riunione tenuta dagli artisti Cobra nel settembre 1949 a Bregnerod, una località presso Copenhagen, dove pittori, scultori e architetti (24) avevano soggiornato prendendo parte alla decorazione di una casa. Rispetto al “cantiere” danese nella nuova esperienza sarebbero emerse valenze in parte differenti, derivate per un verso dalla scelta di appoggiarsi all’artigianato locale e legate sotto altro profilo alla necessità di affermazione del nuovo movimento. Ma oltre a segnare “la ripresa dei contatti” con gli esponenti di Cobra, peraltro “su una base più avanzata”, l’incontro del ’54 evidenzia la consapevole scelta da parte di Jorn di un modello “in cui le condizioni favorevoli all’arte si manifestino con una forza estrema” (25), che evolverà in seguito verso la fisionomia del “laboratorio”.


Laboratorio Sperimentale di Alba

Nonostante la breve preparazione, gli “Incontri Internazionali della Ceramica” si svolsero senza intoppi fra il luglio e l’agosto di quell’anno. La statura dei partecipanti (Appel, Baj, Corneille, Dangelo, Fontana, Jorn, Matta, Scanavino ed i poeti Edouard Jaguer, Roland Giguère e Théodor Koenig) (26), e la qualità dei lavori realizzati, grazie ad accordi con Tullio d’Albisola (27), presso i forni della fabbrica di ceramiche Mazzotti, ne hanno fatto – retrospettivamente – un episodio saliente della vicenda artistica della seconda metà del ‘900. All’epoca, tuttavia, la risonanza dell’evento sembra sia stata più che altro locale: un limite che si cercò, senza esito, di sormontare con l’esposizione alla X Triennale di Milano di un insieme di opere realizzate nell’estate ad Albisola, nell’ambito di una mostra intitolata “Ceramiche. Incontro Internazionale di Albisola” (28). Anche la rassegna milanese, infatti, passò quasi inosservata, mentre la sua organizzazione compromise i rapporti con Tullio e Dangelo (29). Né sorte migliore ebbe il tentativo jorniano di saldare il “modo pratico” degli Incontri ad una nuova piattaforma teorica. Il congresso immaginato da Jorn a chiusura della manifestazione (30) rimase sulla carta così come la pubblicazione dei “discorsi” che vi si sarebbero dovuti tenere. Non ottenne successo neppure il tentativo di far apparire un catalogo in occasione della mostra alla Triennale. La sola pubblicazione di stretta attinenza alla manifestazione albisolese che rimanga consiste nel quaderno pubblicato da Jorn stesso nell’ottobre 1954, sotto il titolo “Immagine e forma” (31). In questo saggio l’artista danese riprende le tematiche legate all’idea del Bauhaus, sviluppando una serrata critica del funzionalismo, letto come contraltare di Dada e dell’Espressionismo e giudicato, come tale, portatore di una “parola (che) ha perso il suo mordente” (32), cui occorre controbattere con la scoperta di “nuove jungle caotiche attraverso esperienze inutili o insensate”.
Le tesi di “Immagine e forma” vengono riprese, quasi letteralmente, nell’intervento pronunciato da Jorn al Congresso Internazionale dell’Industrial Design (32), in diretta polemica con Max Bill, che riaffermava nella sua relazione una visione della forma come unità armonica di tutte le funzioni, il cui risvolto sociale consiste nella produzione industriale di oggetti di qualità estetica elevata. In questa sede Jorn enuncia sinteticamente la problematica che sarà più tardi alla base del “Primo Congresso mondiale degli Artisti liberi”. “La question de base posée par l’artiste à tous les hommes d’aujourdhui est celle-ci: comment éviter un automatisme complet, une transformation de notre intelligence en un reflexe instinctif et standardisé? (…) Est-ce que nous pouvons garder la liberté et le desir experimental dans les nouvelles conditions historiques?” (33)


Note:

1. Asger Jorn, “Musique phénoménale” in “Asger Jorn e Jean Dubuffet” (cat. d’exp.) Venezia, Galleria del Cavallino 1961 (ried. in Asger Jorn, “Discours aux pingouins et autres écrits”, textes reunis par Marie-Anne Sichère, Ecole Nationale Superieure de Beaux-Arts, Paris 2001, pag. 374.
2. Ibidem.
3. Asger Jorn, “Nye tanker en ny form”, dattiloscritto datato 1953, conservato negli archivi del KunstMuseum di Silkeborg, citato da Graham Birtwistle nel saggio “Looking for Structure in Asger Jorn Theory”, in “Asger Jorn. 1914-1973” (cat. d’exp.), Stedelijk Museum Amsterdam, 8.10-27.11.1994, pag. 99.
4. Ibidem.
5. Asger Jorn, lettera ad Enrico Baj, in “Baj-Jorn. Lettres 1953-1961”, Maurice Frechuret (ed.), Musée d’Art Moderne de Saint-Etienne, coll. “Correspondances”, 1989, pag. 27.
6. Ibidem, pag. 24.
7. “Bref, en 1946, seules les chroniques rédigées par Renne-Serbanne pour “Les Cahiers du Sud” avaient mentionné l’existence de Jorn et des ses amis du “mouvement abstrait-surrealiste” danois et c’est là que son nom avait eveillé ma curiosité pour la première fois. (...) Claude Serbanne (né vers 1922), Niçois d’adoption, et René Renne (1925), resident à Marseille (où paraissaient “Les Cahiers du Sud”), signaient ensemble, du nom de Renne-Serbanne, des cronaques litteraires et artistiques reprèsentant alors (dé 1945 à 49) ce qu’il avait de mieux informé, de plus eclairant, dans la tristement conformistique “presse artistique” française d’aprés-guerre”. (Edouard Jaguer, “Premières rencontres aver Asger Jorn”, in “Asger Jorn” (cat. della mostra a cura di Luciano Caprile), Casa Rusca, Locarno 14/4 – 18/8/1996, pag. 445.
8. Asger Jorn, “Lettres à plus jeune”, L’Echoppe, Paris 1998, pag. 67.
9. Un gruppo, comunque, sfrondato da coloro che – pur avendo partecipato all’esperienza Cobra – “restent collés au surface” (V. nota precedente).
10. Il titolo sembra sia stato indicato da Alechinsky. La rivista immaginata da Jorn prenderà in seguito il nome di “Eristica”, proposto da Simondo.
11. V. nota 8.
12. Sarà il “Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi”, tenuto ad Alba dal 2 al 9 settembre 1956. La definizione – scartando la terminologia accademica (convegno) - richiama volutamente l’ambito politico.
13. Asger Jorn, “Held og hasard. Dolk og guitar”, ed. priv., Silkeborg 1952.
14. V. nota 8. L’elaborazione teorica di Jorn si fonda sull’approfondimento della riflessione kierkiegaardiana, che – com’è noto - individuava una progressione nel percorso dell’esistenza che dalla passività dello stadio estetico, attraverso l’esercizio della scelta che connota la dimensione attiva dell’etica, approda al rapporto soggettivo con il divino, combinata con l’interazione stabilita da Charles Sanders Peirce tra le sfere dell’etica, dell’estetica e della logica. Come rileva Peter Shield questa concezione triadica troverà la sua formulazione compiuta dieci anni dopo in “Naturens Orden. De divisione naturae. Silkeborginterpretation contra Kobenhavnerinter-pretation”, Skandinavisk Institut for Sammelignende Vandalisme, Aarhus 1962, pag. 123) dove Jorn scrive: “L’estetica è orientamento e rappresenta la costante dell’orientamento, mentre l’etica è movimento e rappresenta la costante del movimento, e la logica è immobilità e rappresenta la costante dell’immobilità”. (V. Peter Shield, “Comparative Vandalism. Asger Jorn and the artistic Attitude to Life”, Ashgate/Borgen, Aldershot-Brookfield-Copenhagen 1998, pagg. 44.45. Da notare che Peirce proponeva una “community of inquirers” come essenziale per la ricerca della verità, idea che riporta sia all’“Internationale des artistes experimentaux”, sia, mutatis mutandis, al “laboratorio sperimentale” di Alba.
15. V. nota 8.
16. La Scuola di Ulm, che riprendeva la denominazione del Bauhaus di Gropius, era concepita come un centro internazionale per “la teorizzazione, lo sviluppo e la ricerca nel campo della progettazione di prodotti industriali” (v. Herbert Lindinger, “Ulm: leggenda e idea vitale” ne “La scuola di Ulm 1953-1968”, Costa & Nolan. Genova 1988). Va notato che Max Bill, l’artista ed architetto contro cui s’appuntò la polemica di Jorn, direttore della Scuola di Ulm dal 1953 al 1956, fu estromesso appunto perché intendeva conservare alla pittura ed alla scultura un ruolo centrale, mentre la tendenza dominante – come testimonia Otl Aicher, marito della fondatrice Inge Scholl – “voleva impedire che il design tornasse in balia dell’arte applicata e delle sue soluzioni ... Ciò che si trattava di fare era non già arricchire l’arte di un paio di opere in più, bensì mostrare che oggi la cultura deve avere come tema la vita nel suo complesso ... che la cultura doveva volgersi verso la realtà” (Ibidem, pag. 128).
17. Il carteggio è depositato presso il KunstMuseum di Silkeborg e, al momento attuale, non viene reso pubblico senza il consenso degli eredi dei protagonisti per ragioni di privacy, a detrimento delle ragioni della ricerca storica.
18. Asger Jorn, “Pour la forme, Ebauche d’une methodologie des arts”, Internationale Situationniste, Paris 1957, pag.
19. La denominazione, riferisce Christian Bourseiller, in “Vie et mort de Guy Debord” (Plon, Paris 1999, pag. 95) fu poi variata in “Mouvement International pour un Bauhaus imaginiste” per suggerimento di Edouard Jaguer che gli propose l’idea di “promouvoir l’“imaginisme” en reference au groupe suedois “Image”, basé a Malmö”. Sebbene l’idea di un “Bauhaus imaginaire”, che implicitamente rinviava ad un Bauhaus delle intelligenze, senza una precisa dislocazione fisica, fosse affascinante, il termine fu poi volto in negativo contrapponendo il “Bauhaus imaginiste” al “Bauhaus imaginaire”, cioè falso, di Ulm.
20. Il Movimento Nucleare venne fondato a Milano, nel 1951, da Enrico Baj e Sergio Dangelo, che ne pubblicarono il manifesto a Bruxelles nel febbraio 1952, in occasione di una mostra tenuta presso la Galleria Apollo, che consentì loro di prendere conoscenza dell’attività di Cobra. In seguito inviarono ad alcuni artisti che erano stati partecipi di quella esperienza documentazione concernente il proprio lavoro, entrando così in contatto con Jorn. Il movimento - che pubblicò un’interessante rivista, intitolata “Il Gesto” - ebbe vita sino al 1959, con intensi rapporti con altri raggruppamenti, in particolare con il M.I.B.I. (il n. 1 de “Il Gesto” venne fatto circolare come secondo bollettino del Bauhaus Immaginista), Phases, e in seguito con il Gruppo 58 di Napoli. Nel suo ambito furono attivi, fra gli altri, Gianni Bertini, Guido Biasi, Joe Colombo, Piero Manzoni. (V. Tristan Sauvage, “Arte Nucleare”, Galleria Schwarz, Milano 1962; Martina Corgnati, “Il Movimento Nucleare”, catalogo della mostra, Refettorio delle Stelline - Galleria San Fedele - Centre Culturel Français, Milano 16 giugno – 31 luglio 1999).
21. Enrico Baj – Asger Jorn, op. cit., pagg. 40-41.
22. Enrico Baj, “Asger Jorn”, in “Ocra” n. 11, Genova, ottobre 1986. Fu appunto Baj a suggerire a Jorn il soggiorno nella cittadina della Riviera Ligure, che vanta una grande tradizione nel campo della ceramica. A partire dal 1955, Jorn risiederà alternativamente ad Albisola, dove fu dapprima ospite di Lucio Fontana e di Aligi Sassu, ed acquistò poi una casa ai Bruciati (V. Asger Jorn, “Le jardin d’Albisola”, ed. d’arte F.lli Pozzo, Torino 1974, in cui compare anche uno scritto di Guy Debord, “Sull’architettura selvaggia”; v. anche “Intervista a Berto Gambetta” in “Ocra”, cit.), a Parigi, dove nel marzo 1955 aveva comprato un alloggio al n. 28 di Rue du Tage, e la Danimarca.
23. Sergio Dangelo, “Fiorire in Eden”, in “Jorn e Albisola. Dalle ceramiche alle sculture”, a cura di Franco dante Tiglio, catalogo della mostra svoltasi al Museo Civico d’Arte Contemporanea di Albisola Marina, 1988, pag. 55.
24. I “Rencontres de Bregnerod” si tennero nell’agosto-settembre del 1949, per iniziativa di Jorn, nella Casa degli Architetti, ottenuta per un mese contro la promessa di decorarla. Vi parteciparono Hulten e Osterlin, Jaguer, Dotremont, Gilbert, Jorn, Pedersen, Dahlmann-Olsen, Jorgensen, Lilliendahl, Balle. L’atmosfera festosa e creativa è rappresentata da Dotremont nel n. 2 di “Le petit Cobra”: “À Bregnerod le non-peintres ont peint, le non-sculpteurs ont sculpté, les specialistes du chevalet sont montés sur leur grands chevaux, le non-poètes ont ecrit”…
25. La citazione è tratta da una lettera a Tullio Mazzotti dell’ottobre 1954, in Baj – Jorn, op. cit., pag. 95.
26. Secondo quanto riportato da Sergio Dangelo nello scritto “Provvista di bordo. Diario di una stagione” (in “Liguria” n. 11, novembre 1955, pag. 9), datato luglio-ottobre 1954, avrebbero fatto una rapida sortita ad Albisola anche Alechinsky e Dotremont. E’ documentata (da Theodor Koenig, in “Histoire de la peinture chez Phantomas”, Leeber-Hossmann, Bruxelles 1990, pag. 19) la presenza del belga Yves Dendal. Fra gli artisti residenti ad Albisola, oltre a Tullio Mazzotti, Antonio Siri, Eliseo Salino, Mario Rossello. Importante la presenza del gallerista Carlo Cardazzo e della sua compagna, la scrittrice Milena Dilani.
27. Tullio Mazzotti (1899-1971), conosciuto con il nome d’arte di Tullio d’Albisola, fu uno degli esponenti di rilievo del Secondo Futurismo. Poeta e ceramista, realizzò fra l’altro nel 1932 il celebre “libro di latta”, “L’anguria lirica”, contenente suoi poemi ed illustrazioni di Bruno Munari.
28. La mostra ebbe luogo fra il 27 ottobre e il 15 novembre 1954. Nell’estate 1966 Mazzotti allestì ad Albisola, con lavori realizzati l’anno precedente da Appel, Corneille, Matta e Jorn, una nuova mostra alla galleria en plein air “Il Vasaio”, documentata da una fotografia riprodotta in “Pour la forme”, op. cit., pag. 20.
29. La contesa con Tullio Mazzotti ebbe origine da un diverso modo d’interpretare l’esposizione. Il criterio adottato da Mazzotti sarebbe stato viziato da una motivazione “commerciale” negatrice del carattere di “campo d’esperienza” che, come risulta da “Contre le fonctionnalisme”, Jorn riteneva necessario preservare per le grandi esposizioni. I dissapori con Dangelo si concretarono nella richiesta di revoca a Dangelo dell’incarico di redigere il catalogo della mostra (v. cartolina di Jorn a Baj del 9 ottobre 1954, in Baj – Jorn, op. cit, pag. 103).
30. V. lettera a Baj del giugno 1954 (in Baj – Jorn, op.cit., pag. 81), dove Jorn scrive: “Aujourd’hui j’ai parlee avec Mazotti au sujet de cette con gres a Albisola. (…) Il faut faire 6 discours et j’ai deja ecrit a Jaguer pour le demander de faire une sur le rapport entre peintre et poete. Je compte de demander a Estienne de faire un discour sur le problème: “Pourquoi esiste t’il des critiques d’art?”. Il faut demander a Tapier aussi de faire un discour. Je pense sur l’utilité et l’inutilité des theories dans l’art”.
31. Asger Jorn, “Immagine e forma”, estratto in edizione italiana redatto, su copia manoscritta dell’autore, da Sergio Dangelo, Epi – Edizioni Periodiche Italiane, Milano. Il quaderno, finito di stampare il 30 ottobre 1954, fu pubblicato come primo numero del “Bollettino d’informazione del Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste” (su alcune copie fu poi applicata l’etichetta “Eristica. Bollettino d'Informazione del Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste, n. 1”).
32. Il “I Congresso dell’Industrial Design” si svolse a Milano, presso il Teatro dell’Arte (adiacente alla sede della Triennale) dal 28 al 30 ottobre 1954. Max Bill vi tenne una relazione su “Industrial Design e Società”.
33. Asger Jorn, “Interpellation au Congrés International de l’Industrial Design” in “Contre le fonctionnalisme” (Paris, 1957 o 1958, fascicolo poi incluso in “Pour la forme. Ebauche d’une methodologie des arts”, Internazionale situationniste, Paris 1958). Da notare come – in questo scritto – venga rimarcata la necessità di trovare una nuova base filosofica per rinnovare la ricerca artistica ed architettonica e l’esplicito riferimento alla teoria della “complementarità” formulata dal fisico danese Niels Bohr (secondo cui il dualismo riscontrato nell’ambito dei processi di misura, paleserebbe l’esistenza di aspetti della realtà fisica - come la velocità e la posizione di una particella, non determinabili se non alternativamente - che si completano escludendosi).









Sandro Ricaldone è nato nel 1951 a Genova, dove tuttora risiede. Dall’inizio degli anni ’80 – parallelamente alla proposta di giovani artisti con mostre in Italia ed all’estero – ha avviato una serie di approfondimenti su alcuni gruppi e movimenti attivi nel secondo dopoguerra, da Cobra a Fluxus, soffermandosi in particolare sul Lettrismo ed il Bauhaus Immaginista, pubblicati originariamente su “Ocra”, una rivista non commerciale creata nel 1982. In quest’ambito ha successivamente presentato e organizzato mostre di Isou, Lemaître, Dufrêne, Simondo, Gallizio e varie rassegne, fra cui “Jorn in Italia. Gli anni del Bauhaus Immaginista” (1996).
In tempi più recenti ha contribuito a mostre quali “Fluxus Constellation”, “Sentieri interrotti”, “Il viaggio dell’uomo immobile”, “Attraversare Genova” ed al catalogo della mostra “Aprés la fin de l’art” (Musée d’Art Moderne de Saint-Etiènne, 2002-3). Da molti anni collabora su temi d’arte contemporanea a “Il Secolo XIX”.