Nell'universo spettacolare del Capitale diventato totalità l'Arte diventa uno strumento potente di sovversione, a patto che se ne superi il carattere reificato di merce. Il superamento dell'Arte come fattore di alienazione diventa allora l'Arte del Superamento.
Lucio Vasta
Cronopio Cervellatore
Prolegomeni per il “Manifesto Costitutivo per l’Arte del Superamento”
Il fallimento del superamento dell’arte è forse dovuto all’equivoco di aver voluto far coincidere il termine superamento col termine abolizione. Essendo l’Arte nelle sue forme e dalle sue origini, manifestazione identificativa dell’Uomo, entità biologica immaginativa, l’abolizione dell’Arte equivarrebbe all’eliminazione dell’Uomo.
Per superamento dell’Arte occorre invece intendere l’abolizione dei meccanismi che rendono l’Arte schiava della cultura/civiltà/società dominante, che se n’appropria fagocitandola e digerendola, di fatto, immunizzandosi.
La posizione e l’obbiettivo dell’Internazionale Situazionista erano quindi - almeno in un primo tempo- di operare questo superamento non eliminando l’Arte ma l’oggetto artistico in quanto tale. L’artista non deve più produrre oggetti artistici, bensì se stesso. I situazionisti ritenevano che l’oggetto artistico in quanto “cosa” non potesse sfuggire suo malgrado e al di là delle intenzioni dell’artista, alla propria mercificazione; ma, anche se così non fosse, l’atto creativo, che pone l’artista nella condizione di oggettivarsi nella propria creazione, produce alienazione. Alienazione che per i situazionisti può essere evitata soltanto se l’artista produce se stesso e l’ambiente in cui opera e vive, in altre parole producendo una nuova società in perenne trasformazione. In questo modo, l’artista è sia soggetto sia oggetto realizzato in un continuo rinnovamento di esperienze costruite chiamate situazioni.
L’Arte a questo punto non potrà più intendersi come ornamento/trofeo culturale elitario, ma come personale e collettiva rivoluzione continua.
Parrebbe a prima vista che la Performing Art e la Body Art, forse anche inconsapevolmente, perseguano questa strada ma in realtà anche per queste forme d’Arte il limite sta nella ricerca di una comunicazione estetica concettuale che prevede ancora un soggetto/oggetto (artista) ed un
destinatario (fruitore).
Le “Situazione”, immaginata dall’I.S., invece prevede la costruzione intelligente di momenti e manifestazioni giocose collettive in grado di portare alla luce i reali desideri di ognuno e di farne nascere di nuovi e genuini.
L’Urbanistica Unitaria, le derive e i detournament erano gli strumenti per portare allo scoperto le contraddizioni della società capitalista, della cultura borghese con le sue forme di propaganda, di irregimentazione e di coercizione.
Tutto questo con lo scopo dichiarato di lavorare alla costruzione cosciente di una nuova civiltà.
Un così ambizioso progetto, per la sua intrinseca essenza “rivoluzionaria” avrebbe avuto bisogno di tempo per raccogliere adesioni e per raggiungere una massa critica tale da poter registrare, se non un successo, almeno un segno tangibile di modificazione della percezione della società da parte di larga parte di popolazione. Pur teorizzando le necessarie fasi temporali il pensiero dei situazionisti accellerò fortemente e Guy Debord, in particolare, preoccupato di dogmatizzare il concetto fondativo rivoluzionario, con un rigore inconciliabile, fece sì che l’esperienza situazionista stessa bruciasse le tappe, così che dalla fondazione dell’Internazionale Lettrista - sua progenitrice più diretta - allo scioglimento dell’I.S. passarono pochi anni (dal 1952 al 1972). Anni trascorsi tra litigi, espulsioni e radicalizzazioni.
1972-2010
A distanza di quasi quarant’anni dalla fine dell’I.S. qual è l’attuale stato delle cose? L’I.S. e i suoi adepti avevano visto lontano ma si erano probabilmente sbagliati nel valutare la reale decomposizione della società borghese. Forse in anticipo sui tempi Debord ha lucidamente e ferocemente criticato la così detta società del benessere del dopo guerra, poi sfociata in quella consumistica più spinta che ha visto auge a partire dagli anni 80; da quando, cioè, la mercificazione e arrivata alla svendita delle speranze e dei desideri dell’Uomo con bisogni sempre più artificialmente indotti.
L’attuale crisi finanziaria/economica globale sta però mostrando in toto la vera faccia del “sistema” che si sbarazza senza esitare di quanto è superfluo per la propria sopravvivenza e cioè della forza lavoro che non è più in grado, per sopragiunti limiti di povertà, di consumare a sufficienza. I governi statali da una parte proteggono il sistema, dall’altra se stessi, Con gli - più o meno efficaci - ammortizzatori sociali fanno passare milioni di persone dallo stato di consumatori a quello di assistiti. Quella d’assistiti è, per i più fortunati che ne godono, una condizione momentanea e gli ammortizzatori hanno lo scopo non di arrestare la caduta ma di renderla silenziosa e pertanto innocua per i governi ed il sistema stesso, facendo, di fatto, regredire una larghissima parte della popolazione dalla schiavitù comoda dei falsi bisogni alla schiavitù drammatica dei bisogni fondamentali: il cibo e un riparo. Ideali necessità di libertà e giustizia non sono più elusi ma addirittura seppelliti dalla situazione contingente.
Spesso, anzi continuamente, si sente proclamare dagli organi di informazione/disinformazione ufficiali che la situazione non è catastrofica, perché lo stato sociale sta reggendo. Nel frattempo la povertà dilaga e la forbice si apre sempre di più e ci sono ricchi sempre più ricchi, ricchi diventati
poveri e poveri sempre più poveri. Se il sistema non regge sarà catastrofe e verrà il tempo dei lupi ma se il sistema regge sarà dramma e verrà comunque il tempo dei lupi: infatti, se prima della crisi il 20% della popolazione godeva dello 80% delle risorse, dopo la crisi è probabile che il 2% della popolazione avrà messo le mani sul 98% delle risorse, lasciando il 98% della popolazione in uno stato di guerra permanente per la evidente insufficiente spartizione del restante 2% della torta.
Proviamo ad abbandonare i catastrofismi e ad essere ottimisti; immaginiamo invece che tutto andrà a posto e che nel giro di poco tempo si tornerà ad una visione di un mondo quale era quello prima della crisi. Che cos’ è che a quel punto vedremmo? Bene, l’ambiente circostante non potrà che apparire ai più smaliziati come se fossimo all’interno del ventre materno, immersi nel liquido
amniotico, suggenti linfa vitale in una passività assoluta. In questa “poetica” visione metaforica il ventre materno rappresenta il “sistema tecnologico finanziario economico e sociale”; il liquido amniotico rappresenta lo “spettacolo diffuso”, che ci protegge e c’impedisce di venire in contatto con la realtà del sistema, e noi, ancora non nati, che siamo allo stesso tempo la necessità del sistema e la sua causa. Siamo noi che abbiamo generato il sistema che ci alimenta come una madre.
Pensare oggi, all’attuale situazione, in termini di lotta di classe e di proletariato può sembrare ridicolo; le classi sociali, lungi dall’essere state superate, si sono modificate esteticamente e la lotta di classe in questo modo elusa; merito del “benessere” elargito, e dello spettacolo diffuso. Esiste ancora un “capitale”, esiste ancora una “borghesia” ed esiste ancora un “proletariato”, inteso come salariato e reso sempre più “precariato”, ma tutto è confuso non si riesce più bene a capire a colpo d’occhio chi sta da una parte e chi dall’altra. Tutti sono affascinati dallo spettacolo. E’ la “struttura” ad essere cambiata, ad essersi reticolata ed il reagente è divenuto dominatore inquinante, ed è un “Sistema Automatico”. Tutti sono ormai schiavi del sistema, sia il capitale sia la borghesia, il proletariato il sottoproletariato ecc. E gli scarti, le aberrazioni, della “società civile”, e cioè le mafie e le tirannie ora sono i cani da guardia del sistema.
S’impone la necessità di smantellare o almeno di contrastare questo “sistema” che a patto di una piccola rinuncia d’apparente libertà e giustizia, promette felicità e, un presto ritrovato, benessere, ma generando guerre, oppressioni, genocidi, catastrofi ambientali e infinite sofferenze nelle popolazioni più deboli e indifese. Un sistema nascosto agli occhi della gente che è massa ipnotizzata dallo spettacolo diffuso e non riesce a percepire il disastro, e se qualcosa percepisce, volta lo sguardo, preoccupato di perdere quel poco o tanto in cui si è oggettivato: il lavoro, la casa, i beni, la famiglia, gli amici ... - senza comprendere che senza reagire prima o poi perderà tutto comunque, se non lui i suoi discendenti -.
In quest’oggettivazione è lo spettacolo diffuso; lo spettacolo che è l’oppio dei popoli.
Ci s’impone di smantellare questo sistema ed il nostro impegno artistico dovrà essere “per una ri-creazione futuribile dell’universo”: la costruzione di un futuro possibile che ha bisogno per effettuarsi che il nostro sforzo sia per la decrescita, per la salvaguardia della natura, per la salvaguardia dell’Umanità.
Questo è quanto la Storia c’impone oggi, ed intendiamo agire, per quanto ci compete.
In qualità di artisti, consapevoli del lungo cammino che sarà necessario percorrere, senza rinunciare alla meta finale ma guardando ad essa come alla Stella Polare, riteniamo che il primo passo per l’eliminazione della nostra alienazione consiste nel rimanere proprietari delle nostre opere sfuggendo, di fatto, e giuridicamente al mercato. Nei contenuti delle nostre opere, il principale obbiettivo sarà lo smascheramento dello spettacolo diffuso, per far sì che un numero sempre più grande di persone possano vedere l’invisibile, il ventre, la caverna dove vegetiamo, la gabbia che c’imprigiona e della quale siamo noi stessi le sbarre: il Sistema Tecnologico Finanziario Economico Sociale. E lo faremo gratis, utilizzando gli strumenti che ci hanno mostrato i situazionisti ed inventandone di nuovi. Le derive, i detournament le situazioni saranno le nostre armi. Poi verrà quel che verrà!
Poiché, quando si tratta di rivolta, ciascuno di noi ha bisogno di posteri!
L’Arte deve essere tensione dialettica e quindi un percorso e non un fine
L’Arte deve distinguersi dall’artigianato e non deve necessariamente- anzi è sconsigliabile – dar vita a produzioni a regola d’Arte.
L’Arte deve essere aperta concretamente e non astrattamente, deve interrogare più che proclamare, non può essere dominata dalla bellezza ma deve perseguire l’efficacia.
L’Arte deve essere libera, ed al di fuori di qualsiasi mercato; deve pertanto liberarsi dai formalismi, dagli schemi, dagli stili e dalle catalogazioni. Deve mutare continuamente per evitare il formarsi di gabbie e catene anche culturali.
L’Arte deve essere autonoma espressione del pensiero critico senza essere sottomessa al gusto.
L’Arte per essere libera deve essere per tutti e per nessuno. Non deve avere fini di lucro e non può prestarsi a speculazioni se non intellettuali. Tutti possono, ed è auspicabile, dichiararsi artisti e produrre opere d’Arte.
L’opera d’Arte non deve avere né padroni né servi ma un unico perenne proprietario e cioè l’artista che l’ha prodotta. Deve essere sempre liberamente accessibile per tutti e non può essere sottomessa ad alcun diritto d’autore.
Noi vogliamo cantare l’amore per la giustizia e per l’abitudine al dissenso.
Il coraggio, il dono, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra Arte
ARTISTI DI TUTTO IL MONDO SCATENATEVI
11 febbraio 2010