TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 8 febbraio 2010

La forza dell'instabilità: "L'avventura incompleta" del Bauhaus Immaginista (II)


Asger Jorn



Seconda parte della storia del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI). Ringraziamo l'amico Sandro Ricaldone che ci permette di "pescare" nel suo ricchissimo archivio.


Sandro Ricaldone

La forza dell'instabilità: “L’avventura incompleta” del Bauhaus Immaginista

Le successive “esperienze” (34) del M.I.B.I. costituiscono approfondimenti di problematiche più specifiche: la seconda, “décoration libre d’une centaine de piéces de vaisselle en terre blanche par un groupe d’enfants”, mette in questione il mestiere decorativo, emulato dalla felicità inventiva dei bambini in età prescolare (35) e contestato per l’insufficienza d’un substrato e di apporti conoscitivi; la terza (“Tapisseries de Jorn et Wemaëre”) introduce il tema della “dissimmetria”, elaborato successivamente in “Mouvement et forme” (uno dei testi raccolti in “Pour la forme”), come “equilibrio dinamico”, in cui coagiscono il bilanciamento statico (simmetria) ed il suo opposto (asimmetria) (36).
L’avanzata lungo la direttrice principale tracciata con gli “Incontri Internazionali della Ceramica” riprende nel 1955, con una svolta significativa nella configurazione del movimento. L’incontro di Jorn con Piero Simondo e Pinot Gallizio (37) ad Albisola, dove questi ultimi avevano allestito una mostra - pur non introducendo variazioni di rilievo nella strategia dell’artista danese, che rimarrà imperniata sui tre cardini già sperimentati con Cobra e replicati, con alterna fortuna, come si è visto, nella prima fase del M.I.B.I.: ricerca, rivista, congresso – porta alla creazione di una struttura maggiormente orientata all’operatività, più snella e con una base logistica definita. Al centro del nuovo corso si pone il “primo laboratorio di esperienze imaginiste del Movimento Internazionale per una Bauhaus Imaginista”, fondato il 25 settembre 1955, meglio conosciuto come “Laboratorio sperimentale di Alba”, che assume, stabilizzandolo, il ruolo svolto in precedenza dagli “Incontri”. Nata sul terreno comune rappresentato dall’interesse per la metodologia della ricerca scientifica (38), l’idea del laboratorio si articola diversamente nei tre protagonisti. Per Jorn si tratta essenzialmente di un luogo dove condurre (e condividere) libere esperienze creative. Nella visione di Simondo si caratterizza invece come spazio per un autoapprendimento aperto ma rigoroso, volto ad instaurare una pratica artistica diffusa, a consentire a ciascuno di “farsi la propria arte”. Gallizio, infine, vi convoglia i suoi estrosi – e ostinati – affondi sui nuovi materiali, immergendosi nella “grande era delle resine" (39), affannandosi a dominare “le macromolecole dei colloidi”. Sotto il profilo della reale operatività, secondo la concorde testimonianza di Piero Simondo e Giorgio Gallizio (40), il Laboratorio di Alba solo a tratti (41) ospitò esperienze collettive e funzionò prevalentemente come studio di Pinot. Nondimeno, rimane il riferimento ideale attorno a cui si raccolgono le iniziative ed i principali contributi del periodo che si estende sino alla fondazione dell’I.S.: dal Congresso, che sancisce attraverso la “Plate-forme d’Alba” la stretta collaborazione con Debord e Wolman, alla progettazione da parte di Constant dell’“Accampamento per gli zingari” (42). E si pone, storicamente, come esempio fondativo di un nuovo modo di concepire l’attività artistica, che troverà negli anni ’60 nell’ambito delle correnti cinetiche sviluppi di rilievo sebbene non del tutto conformi all’archetipo albese, o – su lunga altra direttrice - come prefigurazione d’una “soggettività collettiva” che pure ha seguito un suo percorso serpeggiante nella vicenda contemporanea delle arti. Parafrasando una delle affermazioni di Jorn citate più sopra si può quindi argomentare, con una certa verosimiglianza, che il Laboratorio sperimentale sia stato in realtà “l’esperimento” del M.I.B.I., la cui riuscita – al di là di ogni valutazione quantitativa (43) – si è realizzata nella sua stessa creazione.
Dopo la fondazione del Laboratorio gli sforzi della nuova equipe si concentrano, in prima battuta, sulla pubblicazione di una nuova rivista, “Eristica” (44), che esce, dopo non poche difficoltà, nel luglio 1956. Il programma, nella sintesi di Simondo, recita: “Gli artisti soffrono oggi di un’annosa, secolare, deficienza linguistica: la eristica, come metodo del linguaggio aperto – ad – ogni – possibilità, è forse lo scilinguagnolo?”. L’impianto degli articoli si collega alle tesi svolte in “Immagine e forma”, che Jorn rielabora nel nuovo testo “Forma e struttura” (45) senza una marcata evoluzione, limitandosi a ribadire la sua ribellione contro il “carattere neutro” dell’architettura funzionalista e l’asserto secondo cui “le forme novelle precedono le destinazioni nuove”. Del termine “struttura” Simondo analizza l’uso, attribuendo al modo prescrittivo e valutativo il costume estetico-critico ove il rapporto forma-struttura “implica un inconfessato finalismo, precisamente una prescrizione, per usare un termine Dewjano”; al modo descrittivo e classificatorio il costume tecnologico, che considera la struttura come compimento di un processo senza riconoscerle alcuno “specifico valore di qualità” ed, infine, al modo strumentale e tecnico di controllo il costume metodologico, che agisce attraverso ipotesi di lavoro intenzionalmente formulate ed in cui “la struttura finita può essere oppure no lo strumento di controllo di una prossima operazione – il tessuto complesso assunto come elementare di una nuova opera”. Elena Verrone (46) propone infine in “Funzioni architettoniche di destinazioni democratiche” una critica pressante del discorso di Walter Gropius per l’inaugurazione della Hochschule fur Gestaltung di Ulm (47), in cui fa carico all’architetto tedesco ddi sostenere un programma pedagogico volto ad adeguare - attraverso il lavoro condotto in team con altri specialisti di settore e la competizione con i tecnici della funzionalità - la professione dell’architetto “al mondo della produzione industriale”.


Laboratorio Sperimentale di Alba

Proprio sul rapporto fra le arti libere e le attività industriali si focalizza l’altra manifestazione organizzata nel 1956, il “1° Congresso Mondiale degli Artisti Liberi” (48). Accompagnato da polemiche che nella prima giornata determinano il ritiro di Baj e del Movimento Nucleare, il dibattito congressuale non sembra aver fornito risposte convincenti alla questione affrontata. Gallizio, nel discorso inaugurale, si limita a deprecare il fatto che “la macchina ci sta soffocando” e ad auspicare “una parola novella che dia fiato agli annoiati, ai castrati, agli urlanti”. Dal canto proprio, Jorn imputa al primo Bauhaus di essersi rinchiuso nel dominio ristretto dell’artigianato “insignifiant en comparaison de celui de l’industrie et de celui de l’art libre” e di non aver osato rimpiazzare anche le accademie di belle arti, “qui, contrairement aux facultés scientifiques des Universités, sont restés des entreprises purement speculatives et formalistes” (49). E rileva la necessità della creazione di un istituto di esperienze e teorizzazioni artistiche che, dice, “est notre but précis et direct”.
A fronte dell’impasse registrata nella discussione del tema generale il Congresso vede emergere, intorno alla situazione dell’architettura, nuovi orientamenti che volgono in positivo la critica formulata da Jorn.
Constant, che si unisce in questa occasione al M.I.B.I., esprime una posizione di ottimismo tecnologico, affermando che “aujourd’hui l’architecture voit à sa disposition une technique de construction d’une richesse infinie. (…) Elle sera capable d’intégrer dans son esthètique le maniement de volumes et de vides comme l’entend le sculpteur, le colorisme spatial issu de la peinture, afin de créer un art des plus complets, qui sera à la fois lyrique par ses moyens, et social par sa nature même” (50). Analogamente Ettore Sottsass jr. afferma che “Tutte le possibilità espressive del mondo plastico devono contribuire alla creazione di una nuova e finalmente vera “struttura” che non è più l’insieme dei pilastri e delle travi a reggere la costruzione ma la struttura di uno spazio intenso, modulato, aperto e continuo” (51).
La novità di maggior rilievo, in questo orizzonte, è però rappresentata dall’intervento del delegato dell’Internationale Lettriste, Gil J. Wolman, che – pur collimando in larga misura con le posizioni già espresse in precedenza da Jorn - pone un accento più diretto su “un’arte rivolta a produrre innovazioni non immediate nella realtà effettiva della vita” nel cui ambito “tutto ciò che si può realizzare d’ora in poi … ha valore solo nella misura in cui risponde al problema dello stile vitale, e nella misura in cui tale risposta è giusta”. Così le “sperimentazioni prive di utilità e di senso” proposte dall’artista danese (52) vengono collocate in una prospettiva di azione comune, rappresentata dall’“Urbanisme unitaire (che) deve diventare, con ogni mezzo, il quadro e l’occasione per dei giochi eccitanti” (53).
Nel contesto della contrapposizione al funzionalismo razionalista, che aveva dato origine ai contatti fra il M.I.B.I. e l’I.L. (54), lo scarto rispetto alle enunciazioni di Jorn si profila più netto di quanto non appaia ad un primo sguardo. Perché, nonostante la costante preoccupazione “d’etablir le contact le plus étroit avec le peuple et le milieu intellectuel en general”, la battaglia avviata da quest’ultimo rimaneva pur sempre entro i confini dello specialismo artistico, ponendosi come espressione delle ragioni di un’avanguardia “inapplicabile” nei confronti dell’ascesa di tendenze sostenitrici di un’arte “applicata” alle esigenze del mondo industrializzato. Le tesi dell’Internationale Lettriste, che Debord e Wolman venivano puntualizzando in quel torno di tempo nei testi concernenti la derive ed il détournement apparsi sulla rivista surrealista belga “Les levres nues” (55), spiazzavano già allora, prima che fosse esplicitata la tensione verso il superamento dell’arte, l’impostazione jorniana, comunque incentrata sulla “forma”, dispiegandosi in pratiche e comportamenti calati direttamente nella sfera urbana e nei rapporti interpersonali o di gruppo. Venivano in sostanza accantonate - a favore del gioco e, più tardi, della “situazione costruita” – le problematiche legate ad una concezione tradizionale (e, per così dire, “materiale”) dell’opera (56). Nella maturazione di un simile approccio si intrecciavano componenti surrealiste – il desiderio, le passioni, l’hasard objectif – ed altre di matrice lettrista – l’“opposizione completa a tutto il movimento estetico conosciuto” (57); le “insopportabili provocazioni … lanciate (poesia ridotta alle lettere, racconto metagrafico, cinema senza immagine) (58)” estranee nella sostanza sia alla posizione di Jorn che del Surrealismo riteneva principalmente l’ispirazione automatista sia a quella di Simondo, la cui opera aveva all’epoca declinazioni espressioniste (59). La loro convergenza, quindi, sebbene non rappresenti per Debord quel “pas en arrière” evocato da Vincent Kaufmann (60), è senza dubbio una intesa, od una piattaforma, provvisoria, un’alleanza non destinata a perdurare, contro un avversario comune.
Lo stesso uso del termine sperimentazione sembra darsi in due accezioni differenti: l’una derivata da parte dei membri del Laboratorio di Alba dalla ricerca scientifica e dai relativi protocolli; l’altra identificata da Debord nella tendenza dei “comportements que nous aimons … à établir toutes les conditions favorables à leur complet développement” ma impegnata nel contempo a “faire passer les règles du jeu d’une convention arbitraire à un fondement moral” (61). Lo iato fra l’affermazione teorica e le concrete realizzazioni consentirà successivamente a Debord di ironizzare su “la pensée italo-experimentale”, espressione della prima delle posizioni sopra illustrate, senza peraltro affrontarne l’effettiva articolazione (62). In ogni caso, sia pure a posteriori, questa presa di posizione (di stampo tipicamente lettrista) evidenzia come l’incontro fra il M.I.B.I. e l’I.L. non abbia implicato un reale dibattito, ma si sia realizzato sulla base di una più modesta intesa operativa, quale è quella adottata in chiusura del Congresso, incentrata sull’“Urbanisme unitaire” (63).


Giuseppe "Pinot" Gallizio

L’adesione degli esponenti del M.I.B.I. alla risoluzione finale (presumibilmente predisposta da Wolman, che di lì a poco sarà escluso dall’I.L.), segna di fatto il trapasso della leadership da Jorn a Debord. La manifestazione successiva, una mostra all’Unione Culturale di Torino, propiziata da contatti assunti dallo scultore Franco Garelli, viene infatti organizzata da Simondo con Debord (che produce un volantino d’invito (64) con frasi detournées) all'insaputa di Jorn che è costretto in extremis a farsi carico del trasporto delle opere e non nasconde la sua profonda irritazione. “C’etait formellement convenu entre nous – scrive - que le premier pas a gagner apres le congres etait la distribution de ces resultats en dehors d’Italie. A la place de nous permettre de faire celà Debord m’annonce que vous vous permettez d’engager tous nos forces communs dans une manifestation d’apparence a Torino ... Une action commune doit etre le resultat d’un accord commun. J’ai plutot l’impression que vous me prenez pour votre valet.”
Poco dopo saranno gli albesi a dissociarsi velatamente dalla “Lettre ouverte aux responsables de la Triennale d’art industriel a Milan” (65), rei di aver negato al M.I.B.I. gli spazi per la costruzione di un padiglione sperimentale, inviata a nome del movimento per iniziativa di Jorn (ma riconducibile alla penna di Debord), un concentrato di insulti all’indirizzo di Pica, Broggini, Lombardo e Mollino che provoca le immediate dimissioni di Sottsass.
A distanza di qualche mese, sarà Jorn stesso ad essere posto sotto accusa da Debord nell’ambito del c.d. “Affaire de Bruxelles”, una strana commedia degli errori che per poco non portò ad una definitiva rottura fra i due. Dal resoconto che di quest’incidente fa Simondo (66) risulta che, in occasione della mostra alla Galerie Taptoe (67), all’inizio del febbraio 1957, Debord, Simondo – che si trovava a Parigi - e Jorn si fossero dati appuntamento nell’atrio della Gare du Nord, per partire insieme alla volta di Bruxelles. Jorn salì direttamente sul treno, mentre Debord e Simondo l’aspettavano nel punto convenuto. Debord, pare, si ostinò – per principio o puntiglio - a non cercare Jorn sul treno, così che questi partì solo. Ne seguì un convulso carteggio in cui entrambe le parti (sul versante Jorn era coinvolto anche Rumney (68)) minacciavano la rottura dei rapporti. La vicenda si concluse solo ad aprile con una rappacificazione sancita da un documento in quattro punti firmato da Jorn, Debord e Michèle Bernstein (69).
Tutte queste schermaglie rendono testimonianza d’una condizione confusa, che necessitava d’un chiarimento di fondo, che non tarderà a venire. Nel giugno 1957 il matrimonio di Simondo e di Elena Verrone è occasione di una nuova riunione ad Alba con Jorn e Debord, reduci dalla pubblicazione di “Fin de Copenhague”. I quattro si trasferiscono per qualche giorno ad Albisola, dove li raggiunge Constant: vengono messe in cantiere monografie di Gallizio e Simondo, si decide di rivedersi a Cosio d’Arroscia, dove gli sposi avrebbero trascorso l’estate. Sarà in questo remoto e antico paese del Ponente Ligure che il 27 luglio 1957 Asger Jorn, Pinot Gallizio, Walter Olmo, Piero Simondo, Elena Verrone, Michèle Bernstein, Ralph Rumney voteranno a maggioranza la liquidazione dei vecchi gruppi e la creazione dell’Internazionale Situazionista (70). Finiscono le “avventure incomplete” del Bauhaus Immaginista e dell’I.L., insieme a quella forse mai realmente iniziata del Comitato Psicogeografico di Londra. Ha principio “Une nouvelle legende” (71).

Note:

34. Il termine “esperienza” sottolinea la dimensione in progress e insieme sperimentale delle attività svolte.
35. In realtà si trattava di Martha e Olga Nieuwenhuys che, a seguito del matrimonio con Matje van Domselaar, erano entrate a far parte della famiglia di Jorn. All’epoca (estate 1955) avevano rispettivamente nove ed otto anni.
36. Asger Jorn, “Pour la forme”, op. cit. pag. 87-100. Da notare che la citazione da cui muove il ragionamento di Jorn appartiene a Mondrian.
37. Piero Simondo (Cosio d’Arroscia, 1928), già studente di chimica e – all’epoca - di filosofia, allievo di Francesco Casorati all’Accademia Albertina di Torino, aveva conosciuto ad Alba, in occasione di una conferenza, il Dottor Giuseppe Gallizio (Alba 1902 – 1964) detto Pinot (erroneamente menzionato in numerosi saggi come Giuseppe Pinot-Gallizio), già farmacista, partigiano, creatore di un’azienda per la produzione di caramelle, docente d’erboristeria presso il locale Istituto enologico, consigliere comunale, archeologo dilettante, versato in cultura popolare. Gallizio si valse dell’esperienza di ceramista di Simondo per ricostruire le forme di vasi del neolitico di cui aveva rintracciato dei reperti sulle rive del Tanaro e Simondo – sostenitore di una visione dell’arte come esperienza antispecialistica e diffusa - iniziò Gallizio alla pittura. Sull’incontro con Jorn Gallizio scrive nel suo diario: “1955 – Incontro con Jorn, e svolta decisiva della libertà di ricerca”. Simondo scrive invece, in “Ricordo Asger Jorn” (“Ocra. Circolare sui problemi dell’arte” n. 11, Genova, ottobre 1986): “Asger Jorn era bello, biondo, occhiazzurri, c'era, si vedeva, suonava l'ukulele e pareva non occuparsi d'altro, quella sera, oltraggiosamente, che di quel suo piccolo chitarrino, un giocattolo buffo nelle mani di un uomo grande e grosso, con mani di chi lavora con le mani. (…) Abbiamo cominciato a parlare insieme quella sera stessa, sul tardi, mentre gli altri pittori di Albisola folleggiavano a mezzanotte sulla spiaggia, in quella saletta di bar, dove esponevo occasionalmente, su invito degli amici Siri, Sciutto e Caldanzano, pitture su legno fatte con resine naturali, e abbiamo continuato per ore. Devo confessare che è stato come un innamoramento, una fascinazione intellettuale: parlavamo e pareva che avessimo cose da dire, che ci capissimo, che avessimo qualcosa in comune da fare e la disponibilità per farlo. Incredibile ancora oggi in questo silenzio pieno di parole che ci avvolge soffocante”.
38. “Noi esigiamo gli stessi mezzi e possibilità economiche e pratiche delle quali già si servono le ricerche scientifiche naturali con formidabili risultati. La ricerca artistica è identica alla ‘scienza umana’, ciò che per noi è la ‘scienza interessata’, non la scienza puramente storica. Questa ricerca deve essere condotta dagli artisti coadiuvati dagli scienziati”. (V. le “Note sulla formazione d’un Bauhaus immaginista”, nella seconda pagina della copertina di “Eristica”, Alba, luglio 1956, pubblicata anche in veste di volantino).
39. Pinot Gallizio, “Manifesto della pittura industriale. Per un’arte unitaria applicabile” (dal Laboratorio sperimentale di Alba, agosto 1959) in “Notizie – Arti Figurative” n. 9, Torino, ottobre 1959.
40. Pier Giorgio Gallizio (Alba 1935 – 2003) fece parte della Sezione italiana dell’Internazionale Situazionista sotto il nome di Giors Melanotte sino all’esclusione nell’estate 1960.
41. In un testo inedito “Guarda chi c’era! Guarda chi c’è!” (2002), Simondo sostiene altresì che parte del repertorio fotografico relativo alla vicenda del Laboratorio fu prodotto ad hoc. Sul punto concordava Giorgio Gallizio, che dal canto proprio ha testimoniato come i macchinari riprodotti nella monografia de “La Bibliothèque d’Alexandrie” dedicata a Pinot Gallizio (Internazionale Situationniste, Paris 1960) nulla avevano a che fare con la produzione della “pittura industriale”. Le effettive modalità di realizzazione dei rotoli sono state illustrate da Giorgio Gallizio nel video di Pietro Balla e Monica Repetto, “Dérive Gallizio”, (produzione Monica Repetto; co-produzione Fondazione Ferrero Onlus, Roma 2000).
42. La maquette viene realizzata da Constant fra il 1956 e l’inizio del 1957. Da notare, nonostante la diversità dei presupposti, la consonanza formale con l’opera degli artisti neoplastici olandesi (ad es. con Cesar Domela) ai cui antipodi Constant si era posto nel periodo Cobra.
43. In ogni caso, oltre alle presenze di Gallizio, Simondo, Jorn, Melanotte, Olmo, sono da registrare nel periodo del Congresso le comparse di Gil J. Wolman, Jacques Calonne (musicista dodecafonico e pittore belga, già legato a Cobra, che - secondo l’aneddotica asseverata da Simondo - teneva un coniglio nella vasca da bagno dell’albergo), Klaus Fischer (editore della rivista “Kunstwerk”), Pravoslav Rada, Jan Kotik, Enrico Baj, dello scultore torinese Franco Garelli, e del critico Agnoldomenico Pica, ed, in seguito, soggiorni di Constant, Guy Debord e Maurice Wyckaert, nonché una pluralità di visite, fra cui quella di Lucio Fontana, documentata da un intervento nel diario/libro degli ospiti di Pinot Gallizio.
44. Il titolo della rivista (che compare come “Bollettino d’informazione del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista” n. 2, luglio 1956), proposto da Simondo, si riferisce all’arte di disputare per far prevalere la propria tesi prescindendo dalla verità o falsità di quanto si sostiene, insegnata dai Sofisti. Il periodico, stampato ad Alba dalla Tipografia G. Boeris appare come edito dal Dott. Giuseppe Gallizio. In copertina una litografia di Piero Simondo. Il sommario riporta inoltre: redattore capo P. Simondo, direttore E. Verrone, segretario gen. A. Jorn; comitato di redazione: avv. P. Accetti, pittore E. Baj, prof. L.U. Barberis, scrittore Chr. Dotremont, archeologo P.V. Glob, ing. W. Korun, architetti C. Hannoset, Dahlmann-Olsen, E. Sottsass jr., ceramista T. d’Albisola.
45. Da notare che dopo la Fondazione dell’Internazionale Situazionista era stata originariamente prevista la prosecuzione di “Eristica”, progetto poi sostituito, a seguito di incomprensioni con Simondo (v. lettere di Debord a Simondo del 22 agosto 1957; a Jorn, del 19 settembre 1957; a Rumney del 24 settembre 1957 in Guy Debord, “Correspondance”, volume 1 (juin 1957 – août 1960), Fayard, Paris 1999, pagg. 21, 28, 31), con la pubblicazione dell’ “Internazionale Situationniste”.
L’attenzione di Jorn verso il la relazione tra forma e struttura era stata sollecitata dalla lettura del saggio “Struttura come forma” dell’architetto Luigi Moretti, apparso sul n. 6 (dicembre 1951 – aprile 1952) della rivista “Spazio”, diretta dallo stesso Moretti in una linea di ricerca d’una rinnovata unità dei linguaggi artistici. Da notare che Moretti, nel testo richiamato, risale alla secolare triade vitruviana costituita da firmitas, venustas, utilitas per proporre una visione dell’architettura in equilibrio tra fattori tecnici, sociali ed espressivi: “Si può tentare allora di chiarire che un’opera è architettura allora che una delle n strutture (in senso costruttivo) possibili, coincide con una forma soddisfacente il gruppo di funzioni richieste e con una forma aderente ad un determinato andamento espressivo “dell’anima dell’alveare umano” quale raccolto dall’architetto”. Per Moretti, insomma, forma-struttura, forma-funzione e forma-espressione debbono essere “coincidenti, identiche, ciascuna indistinguibile dall’altra”, soluzione che si distacca tanto dalla preminenza assegnata da Bill alla funzione quanto dalla dissimmetria fra questi tre elementi invocata da Jorn.
46. Elena Verrone (Alba 1931 – Torino 2002). Di formazione filosofica (allieva di Pietro Chiodi), è stata membro del M.I.B.I. e figura tra i fondatori dell’Internazio-nale Situazionista. Sposata con Piero Simondo, ha lavorato a lungo nell’editoria e nella scuola. Del testo citato “Eristica” ospita soltanto la prima parte; la prosecuzione non risulta mai esser stata pubblicata.
47. Il discorso di Gropius è apparso in “Domus” n. 315, Milano febbraio 1956)
48. Il Congresso si svolse nel Municipio di Alba, dal 2 all’8 settembre 1956. Tra le manifestazioni a latere: la “1a mostra retrospettiva di ceramiche futuriste” anch’essa allestita nel Municipio con pezzi di Mario Anselmo, Romeo Bevilacqua, Farfa, Fillia, Alf Gaudenzi e Tullio d’Albisola, riuniti da quest’ultimo; la mostra del Laboratorio Sperimentale al Politeama Corino di Alba con opere di Jorn, Gallizio, Simondo, Constant, Rada, Kotik, Wolman e Garelli. L’allestimento accostava le opere a grandi striscioni realizzati da Wolman con frasi spiazzanti (“Toutes les toiles sont garanties coton pur”, “Les arts dignes à l’huile” ecc.) secondo un criterio che due anni prima Jorn aveva tentato vanamente di far adottare nella mostra di ceramiche ospitata dalla Triennale di Milano.
49. Il discorso di Jorn è stato pubblicato nel fascicolo “Contre le fonctionnalisme”, cit..
50. Constant, “Demain la poèsie logera la vie”, in “Documents relatifs à la fondation de l’Internationale Situationniste”, Ed. Allia, Paris 1985, pag. 595-596. Com’è noto queste posizioni porteranno Constant a concepire dapprima l’“Accampamento degli Zingari”, da realizzarsi ad Alba, di cui avrebbe dovuto anche predisporre il Piano Regolatore, ed in seguito alla progettazione di New Babylon.
51. Ettore Sottsass jr. (Innsbruck 1917), architetto di levatura e carriera internazionale operante a Milano, aveva aderito al Movimento Spaziale nel 1949. Partecipa al M.I.B.I. fra il 1954 ed il gennaio 1957. Le sue dimissioni sono causate dalla pubblicazione della polemica “Lettre ouverte aux responsables de la Triennale d’Art Industrie à Milan” datata 1 gennaio 1957 e firmata, per il M.I.B.I. da M. Bernstein, Constant, M. Dahou, G. Debord, J. Fillon, P. Gallizio, A Jorn, R. Rumney, P. Simondo, E. Verrone, G.J. Wolman. La relazione svolta al Congresso di Alba, intitolata “Per un Bauhaus immaginista contro un Bauhaus immaginario” è stata pubblicata su “Casa e Turismo” n. 12, Milano 1956.
52. in “Immagine e forma”, cit.
53. V. Gil J. Wolman, “Relazione al 1° Congresso Mondiale degli Artisti Liberi”, in Mirella Bandini “L’estetico, il politico”, Officina Edizioni, Roma 1977, pag. 266 (traduzione italiana da “Intervention von Wolman, delegierter der Lettristichen Internationale auf dem Kongress in Alba, im september 1956” in Spur, Spezialnummer über den Unitären Urbanismus, n. 5, Munchen 1960)
L’espressione “Urbanisme unitaire” viene usata per definire le teorie urbanistiche sviluppate dall’IL, a partire dal 1953 a partire dalle riflessioni di Gilles Ivain (Ivan Chtcheglov) “Formulaire pour un Urbanisme nouveau”; questa denominazione comparve però per la prima volta soltanto nel 1956, nella relazione di Wolman al Congresso di Alba; in precedenza si era invece parlato otre che di “Urbanisme nouveau”, di “Urbanisme symbolique”.
Come è noto, l’“Urbanisme unitaire” è definito nel n. 1 di “Internationale Situationniste” (giugno 1958): “Théorie de l'emploi d'ensemble des arts et techniques concourant à la construction intégrale d'un milieu en liaison dynamique avec des expériences de comportement”.
54. V. la lettera di Jorn a Baj dell’ottobre 1954 in Baj – Jorn, op. cit., pagg. 104 – 105.
55. V. G.-E. Debord - G.J. Wolman Mode d’emploi du détournement, in Les levres nues, n. 8, Bruxelles maggio 1956, pagg. 2-9. e G.-E. Debord, Théorie de la dérive, in Les levres nues, n. 9, Bruxelles novembre 1956, pagg. 6-13.
56. In questo senso ritengo non appropriata l’interpretazione proposta da Vincent Kaufmann, che nel suo “Guy Debord. La révolution au service de la poèsie” (Fayard, Paris 2001,l pag. 125 ss.), parla di “un’arte senza opere” in termini di una volontaria rinuncia e come espressione di una disposizione melanconica di fondo.
57. G.-E. Debord, “Rapport sur la construction des situations”, Paris 1957, pag. 11,
58. G.-E. Debord, Gil J. Wolman, “Pourquoi le Lettrisme”, in “Potlach” n . 22, Paris, 9 septembre 1955.
59. Diverso il caso di Pinot Gallizio, che sarà il solo ad inserirsi a pieno titolo nel filone delle provocazioni di ascendenza lettrista, capaci di scatenare “une inflation mortelle dans les arts”, con la “pittura industriale”.
60. V. Kaufmann, op. cit., pagg. 150 ss..
61. G.-E. Debord, “L’Architecture et le Jeu”, in “Potlach” n. 20, Paris, 30 mai 1955.
62. E’ lecito domandarsi per quale motivo Debord abbia continuato (sebbene non a lungo) a tollerare nell’I.S. la presenza di altri artisti le cui opere potevano anch’esse venir giudicate “plus « déjà vus », plus prévisibles encore que des tableaux actuellement à la mode à la Galerie Stadler” (V. G.-E. Debord, “Remarques sur le concept d’art experimental”, documento interno destinato ai membri dell’Internazionale Situazionista, datato 15 ottobre 1957, nell’appendice documentaria del volume di Mirella Bandini “L’estetico, il politico”, Officina Edizioni, Roma 1977, pag. 297). Ma va ricordato che secondo la dichiarazione di Michèle Bernstein a Greil Marcus a proposito dell’esclusione di Wolman, “Ci sono sempre due ragioni per qualsiasi cosa. C’è sempre il motivo buono e c’è sempre il vero motivo”. (V. G. Marcus, “Tracce di rossetto”, Leonardo Editore, Milano 1991, pag. 387)
63. Résolution finale du Congrés (documento dattiloscritto con correzioni ed integrazioni a mano qui riprodotte in corsivo, firmato per approvazione da Debord, conservato nell’Archivio Gallizio presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino).
“Les personnes soussignées, en leur nom propre et au nom des groupes qu’elles representent, s’accordent actuellement sur les point suivants:
I - Necessité d’une construction organique (prec.: intégrale) du cadre de la vie par un urbanisme unitaire qui doit utiliser l’ensemble des arts et des techniques modernes, tenus pour des simples moyens.
II - Caractère perimé d’avance de toute rénovation apportée à un art dans ses limites traditionelles. Ouverture d’une experience illimitée dans les arts particulier en rapport dialectique avec un emploi commun.
III - Reconnaissance d’une interdépendance essentielle entre l’urbanisme unitaire et un style de vie à venir, qui doit être dés à present indiqué (prec.: defini) et defendu.
IV - Affirmation de ce style de vie dans la perspective d’une liberté réelle plus grande et d’une plus grande domination de la nature et de l’univers.
V – Décision de combattre l’urbanisme fonctionnaliste retrograde et d’experimenter des constructions revolutionnaires et organiques.
VI - Unité d’action entre les signataires sur ce programme, par l’echange de publications et de courier, la preparation d’entreprises collectives, le soutien reciproque dans les manifestations et polemiques qu’ils engagent, l’élaboration commune des formes nouvelles.
J. Calonne, Constant, G. Gallizio, A. Jorn, Kotik, Rada, Piero Simondo, E. Sottsass jr., Elena Verrone, Wolman”.
(Il testo della risoluzione è riportato anche, con qualche abbreviazione ne “La plate-forme d’Alba”, in “Potlach” n. 27, Paris, 2 novembre 1956).
64. Nel volantino "Manifestate a favore dell'Urbanesimo unitario" viene citata per la prima volta la "pittura industriale di Pinot Gallizio, che non fu peraltro esposta in quella sede. La manifestazione, inaugurata il 10 dicembre 1956, includeva opere di Constant, Cherchi, Debord, Fillon, Gallizio, Garelli, Jorn, Olmo, Simondo. Non risulta aver partecipato Wolman, benché menzionato nell'invito. Contrariamente a quanto indicato da Mirella Bandini ne "L'estetico, il politico", dalla corrispondenza fra Jorn, Simondo e Debord risulta che quest'ultimo non venne per la prima volta ad Alba e Torino in occasione di questa iniziativa ma nei mesi precedenti. La difficoltà a reperire il rifornimento di carburante gli impedì infatti di essere presente. Sempre dalla corrispondenza (inedita) si rileva come la conferenza sull'Internationale Lettriste (che non ebbe luogo) dovesse svolgersi secondo la tipica modalità “discrepante” spesso utilizzata in seguito da Debord, ossia mediante la diffusione di una registrazione su nastro magnetico.
65. In una lettera inviata in copia al Laboratorio di Alba, Sottsass scrive: “Caro Ferraris, ti mando copia della lettera che ho spedito a Jorn. Credo che non occorrano altre parole per spiegare le mie idee a proposito di quanto è successo: l’unica cosa che ti devo far sapere è che da Alba mi hanno telefonato i componenti italiani del movimento pregandomi di notificarti che sono totalmente estranei alla cosa e assolutamente contrari al tono della lettera inviata da Parigi. Mi hanno assicurato che scriveranno direttamente alla Triennale”.
Nella copia di una lettera indirizzata dagli “albesi” a Debord si legge: “Nous ne voulons pas discuter l’efficace de cette façon d’agire mais on voit que la methode d’insulter est seulement en fonction negative. En plus l’attaque direct et personnel empêche la possibilité de poursuivre la polemique positive des idées et l’action envers les institutions”.
Successivamente, in una lettera inedita, inviata a Simondo il 23 febbraio 1957, Debord scriverà: “Oscar a d’abord nié tant ce qu’il a pu. Puis enfin il a avoué qu’il nous avait manouvré, vous et nous, dans l’histoire de la Triennale”.
66. In “Guarda chi c’era! Guarda chi c’è”, cit..
67. La mostra “Première exposition de psychogéographie presentée par le Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste, l’Internationale Lettriste et le Comité Psychogéographique de Londres” ebbe luogo dal 2 al 26 febbraio 1957. Dopo l’inaugurazione della mostra, Jorn si recò a Londra con Rumney.
68. Rumney riferisce concisamente l’episodio, attribuendo a Debord la decisione non esplicitata di non recarsi a Bruxelles (v. “Le Consul”, Editions Allia, Paris 1999, pag. 49).
69. “Le 2 avril 1957, Debord, Jorn et Michèle Bernstein ont conclu l’affaire de Bruxelles en s’accordant sur les points suivants:
1° Toute action personelle, dans le mouvement, doit etre soumise à un accord préalable.
2° Tout désaccord eventuel doit être réglé par une discussion ouverte dans le cadre du mouvement. Tout obstacle apporté à la discussion, entre nous, est a priori erroné.
3° Les soussignés reconnaissent l’importance de notre action commune , souhaitent que dure l’accord déjà etabli entre les groupes actuels, et l’extension future d’un tel accord sur ces bases, dans la perspective d’une efficacité plus vaste.
4° Tous les désaccords précédents, toutes les manoeuvres précédentes doivent être considérés comme sujets d’experiences révolus. Tous les reproches avancés à ce sujet sont annulés.
Asger Jorn, G.-E. Debord, M. Bernstein”.
70. Rumney e Simondo concordano nel riferire che il “Rapport sur la construction des situations” non fu discusso a Cosio (V. Rumney, op. cit., 46; e Simondo, op. cit., pagg. 35-36). Anche la lettera del 4 aprile 1958 di Debord a Pinot Gallizio a proposito della pubblicazione del “Rapport” in Italiano corrobora questa tesi. Scrive infatti Debord: “Ce Rapport peut être présenté comme l’expression théorique adoptée à la conférence de fondation de l’Internationale Situationniste à Cosio d’Arroscia – et on peut dire qu’il exprime la pensée des dirigeants de l’Internationale” (v. G. Debord, “Correspondance”, cit., pag. 81).
71. V. la lettera ad Asger Jorn del primo settembre 1957 in G. Debord, “Correspondance”, cit., pag. 24.



Sandro Ricaldone è nato nel 1951 a Genova, dove tuttora risiede. Dall’inizio degli anni ’80 – parallelamente alla proposta di giovani artisti con mostre in Italia ed all’estero – ha avviato una serie di approfondimenti su alcuni gruppi e movimenti attivi nel secondo dopoguerra, da Cobra a Fluxus, soffermandosi in particolare sul Lettrismo ed il Bauhaus Immaginista, pubblicati originariamente su “Ocra”, una rivista non commerciale creata nel 1982. In quest’ambito ha successivamente presentato e organizzato mostre di Isou, Lemaître, Dufrêne, Simondo, Gallizio e varie rassegne, fra cui “Jorn in Italia. Gli anni del Bauhaus Immaginista” (1996).
In tempi più recenti ha contribuito a mostre quali “Fluxus Constellation”, “Sentieri interrotti”, “Il viaggio dell’uomo immobile”, “Attraversare Genova” ed al catalogo della mostra “Aprés la fin de l’art” (Musée d’Art Moderne de Saint-Etiènne, 2002-3). Da molti anni collabora su temi d’arte contemporanea a “Il Secolo XIX”.