TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 3 febbraio 2010

Petrarca a Porto Maurizio


Porto Maurizio nel Trecento

Che la Liguria, ed in particolare la Liguria di Ponente, sia terra amata dai poeti, è risaputo. Forse non tutti sanno che anche il Petrarca ebbe a passare di qui e che l'evento fu rievocato con garbo non privo di ironia in un poemetto di fine Ottocento.

Bruno Viano

Petrarca a Porto Maurizio


“Sorge qui la Donna col Sol
col Sol si corca:
vegliar la culla, trattar l'ago col fuso.
Suoi studi sono, e far novelli avanzi.
Versi d'amore e prose di romanzi
Lascia pel libro delle sue preghiere:
Più che il suon del liuto
Ama quel della squilla che la invita
Al santo rito, e il suon del corno ell'ama
Che suo marito
a parlamento chiama.”

Questa “definizione della donna portorina nel 1300 è contenuta in un prezioso opuscolo intitolato Il Petrarca a Porto Maurizio, stampato nel 1879 presso la tipolitografia di G. Ghilini di Oneglia. L'opuscolo, opera dello storico Raffaele Andreoli, è dedicato al soggiorno di una sola notte che Petrarca fece a Porto Maurizio nel 1343, come ricordato anche da una lapide apposta sulla Chiesetta dei Cavalieri di Malta.


Di tale soggiorno-lampo Petrarca parla infatti in una lettera scritta da Napoli al cardinale Giovanni Colonna e datata 29 dicembre 1343. nella lettera, con uno stile vivacissimo, il poeta narra come, partito da Monaco su una barca a vela, abbia poi dovuto fare scalo a Porto San Maurizio; che già la notte era avanzata e con un tempo assai minaccioso. Poiché in quell'epoca di paure le porte delle mura di Porto Maurizio si chiudevano al calar del sole, al viaggiatore non fu permesso entrare in paese. Trovò così alloggio di fortuna nel rifugio per pellegrini gestito dai Cavalieri di Malta [allora ancora Ospitalieri di San Giovanni, nota nostra] in Borgo Marina. Un'accoglienza piuttosto scomoda perché Petrarca scrive: e se la fame non era e la stanchezza, non avrei avuto cuore né di cenare né di dormire. Mi sdegnai sempre più ponendo mente alle stravaganze del mare.

Fu per questo che egli, il mattino successivo, preferì, come scrive nella lettera, gli incomodi del cammino su terra alla schiavitù del navigare. Trovati in vendita alcuni agili e robustissimi cavalli di Germania ripartì con un solo accompagnatore per Genova via terra dopo aver fatto rimettere in barca i servi e le salmerie.
A questa breve avventura portorina di Petrarca, Andreoli ha dedicato il suo opuscolo in versi. Egli immagina che, durante la notte, Tommaso Raineri, Vicario della Comunità del Porto Maurizio, composta allora dei tre terzieri di San Maurizio, San Giorgio di Torrazza e S. Tommaso di Dolcedo, abbia avuto una conversazione col Poeta che gli chiede notizie sul paese, sulla popolazione.
Il poemetto, di sole sei pagine, inizia con una descrizione di Porto Maurizio innondato da un torrente di luce ripercossa agli occhi da bianchi sassi e dove un vento impetuoso imperversa tanto pe' scoscesi viottoli che i rari passanti nei lor atti e nel sembiante somigliano le affannate alme che Dante rapir vedea nell'infernal bufera: una reminiscenza di Paolo e Francesca.

Chiesetta dei Cavalieri di Malta

Mentre i due conversano, Petrarca un uom giovane ancor, grave d'aspetto si nutre con malcelata repugnanza di vil cibo, e si lamenta delle divisioni che dilaniano gli italiani chiedendo infine notizie su Porto Maurizio e sui suoi abitanti: … spesso a viaggiar costretto, di conoscer la storia ed i costumi d'ogni loco a me noto ebbi vaghezza.

Il Vicario gli illustra allora le lotte con Genova, quelle contro l'inimica Oneglia ed infine il delicato cantore di Laura fa la domanda più logica: Donne d'alto intelletto e nobil core, sospir di cavalieri e di poeti, risplendono fra voi?
Aimè, la descrizione che il Vicario, per mano di Andreoli, fa delle portorine di allora – tutte casa, famiglia e Chiesa – come riportato in principio d'articolo – delude il poeta che osserva: Franco vel dico; Penso che un anno sol di questa vita uccidere potrebbe un uomo avvezzo al tumulto del mondo.
Per fortuna non manca la nota di speranza, una vera e propria profezia: Tempo verrà che novi bisogni, in voi susciteranno i molti tesori accumulati. Al triste ulivo allora disputerà il terreno la palma altera, il verde lauro.

Ed ancora: Donne leggiadre anco fra voi sapranno di gentilezza all'uom farsi maestre. E qui bisognerebbe poter indagare che cosa il nostro Andreoli-Petrarca intendesse veramente dire con queste gentilezze di cui avrebbero dovuto farsi maestre le future portorine. Un pizzico di erotismo?
Concluso il colloquio Petrarca, sempre secondo Andreoli, se ne va dopo avere ancora auspicato che l'aspra pendice di Porto Maurizio possa essere in futuro, sorrisa anch'essa dalle Grazie.
Rimane il Vicario, scosso dalle parole del poeta, che si rivolge all'oste, per chiedere: Che sia quell'uom dotato di profetico spirito? … quel po' po' di roba ch'ei predice, nella mia testa ha messo un diavolio. Ed il rozzo taverniere dà una prima risposta: Giurerei che di mente ei non è sano per poi proseguire con aperto scetticismo: Io son sicuro che di qui a mille anni, ne più ne men di quanto oggi facciamo, tranquilli il nostro pan su questo scoglio noi mangeremo, e venderem dell'oglio.

Si chiude con una curiosa definizione di Petrarca che Andreoli attribuisce all'oste di ritorno dall'avere attinte notizie su di lui dal servo: O non ve l'avea detto, Messer Tommaso, che il vostro profeta m'avea aria di matto? Egli è un poeta.

(Da: La Casana, Anno XXXIII, n.1, gennaio-marzo 1991)