Che cosa individua e perpetua la posa e l’iconografia di un dio, di un guerriero, di un eroe raffigurati in pittura o in scultura nella Grecia antica? Che cosa rende stabile ed efficace il vocabolario iconografico, cui si ricorre con fiducia per diffondere valori? Ma non solo pittura, scultura o danza – con le pose e i gesti dei personaggi che rappresentano – ma anche il modo di camminare, parlare e apparire in pubblico, l’etichetta, sono nella Polis arti mimetiche, mezzo di costruzione di cittadinanza e di valori sociali e divengono perciò tema politico. Attraverso lo studio delle arti mimetiche nella Grecia antica, Maria Luisa Catoni analizza le complesse strategie della comunicazione non verbale e il loro ruolo in ambito sociale e politico: un problema ancor oggi di grande attualità
Claudio Franzoni
In piedi o seduti parliamo col corpo
I neuroni specchio e gli antichi Greci? L'accostamento del tutto inatteso viene proposto nella «Postilla 2008» che Maria Luisa Catoni premette alla riedizione del suo libro sugli schemata nella Grecia classica (2005). Il termine schema aveva nell'antichita' una gamma di significati piuttosto larga, che andava da un ambito puramente astratto (la geometria) a un piano molto piu' concreto, quello degli «schemi» disegnati dal corpo umano che si muove: i gesti, le posture, i comportamenti, in definitiva quelle che gli antropologi chiamano «tecniche del corpo». Ma il libro di Catoni e' tutt'altro che un repertorio di gesti antichi, anche se continuamente ci imbattiamo in precisi atteggiamenti, posizioni e movimenti. Il problema infatti non e' quello di offrirne una semplice ricostruzione, tanto piu' che potremmo scoprire che essi non sono poi molto cambiati nel tempo: un erudito napoletano del primo Ottocento, in un saggio ancora oggi apprezzato per la sue anticipazioni, aveva sostenuto che la gestualita' dei napoletani coincidesse addirittura con quella degli antichi coloni greci. Il punto non e' insomma quale gestualita' caratterizzasse gli antichi, ma in che modo essa entrasse nella realta' in movimento della vita, nelle dinamiche relazionali, nella dimensione artistica, nel dibattito politico, nella riflessione filosofica. Ogni epoca ha infatti complessi codici di comportamento sociale, codici per definizione non scritti, ma non per questo meno attivi nella vita quotidiana; dalla maniera di stare seduti a quella di camminare, dalla cura di se' al comportamento in pubblico, dai movimenti di un attore sulla scena a quelli di un uomo politico davanti alle telecamere - per fare solo alcuni esempi - tutte le «tecniche del corpo» sono sottoposte anche oggi a una attentissima verifica, anche se magari non sempre consapevole o visibile; e spesso ci sfugge che persino gli stati d'animo piu' intensi vengono espressi non mediante espressioni «spontanee», ma attraverso forme codificate. Impariamo cosi' da Aristofane che i ricchi camminano in un certo modo e che se uno vuole parlare in pubblico «in modo virile» deve farlo appoggiandosi al bastone da passeggio; e l'uomo politico deve essere consapevole che ogni suo minimo movimento, in particolare l'uso del mantello, sara' osservato e giudicato attentamente dal suo uditorio. Ma e' soprattutto nella danza - nella Grecia antica strettamente connessa al teatro e, come tale, intrecciata alla vita religiosa e politica della citta' - che l'autrice individua il campo in cui i modi del corpo diventano anche «moti dell'animo> >, in cui cioe' gli atteggiamenti fisici si saldano anche a valori (o disvalori) morali. A sua volta la danza - come accade peraltro anche in eta' moderna - diventa zona di mediazione con le altre arti, la pittura e la scultura innanzitutto, nel senso che le figure di danza si prestano bene a diventare figure dipinte o scolpite. Il fatto e' che nella Grecia classica non sembrano esserci barriere tra la sfera artistica e l'esperienza quotidiana, e si ha addirittura l'impressione che il luogo della bellezza non sia in prima battuta l'arte, ma la realta' stessa: e' nel comportamento di ogni giorno nei diversi istanti della vita della polis che vengono misurate l'eleganza e la grazia degli uomini (ma, come sostiene Senofonte, anche dei cavalli ben addestrati!). Questo legame tra esperienza concreta e rappresentazioni visive (e artistiche in generale) veniva spiegato dai Greci stessi con la forte disposizione dell'essere umano all'imitazione: e' grazie ad essa che il bambino arriva a conoscere la variegata complessita' del reale e che l'uomo puo' rappresentarla nel teatro, nella danza, nelle arti figurative. E i neuroni specchio? Le recenti scoperte dei neurofisiologi dimostrano che l'imitazione e l'empatia costituiscono risposte immediate e involontarie, in tutto e per tutto naturali, come del resto era stato intuito da Aristotele; giustamente Catoni osserva che queste scoperte potranno aiutarci a chiarire meglio il ruolo dei processi imitativi, da un lato nell'elaborazione del linguaggio, delle forme rappresentative ed espressive, dall'altro nel meccanismo di ricezione delle opere d'arte da parte degli osservatori di ieri (e di oggi).
(Da: La Stampa-Tuttolibri, 10 gennaio 2009)
In piedi o seduti parliamo col corpo
I neuroni specchio e gli antichi Greci? L'accostamento del tutto inatteso viene proposto nella «Postilla 2008» che Maria Luisa Catoni premette alla riedizione del suo libro sugli schemata nella Grecia classica (2005). Il termine schema aveva nell'antichita' una gamma di significati piuttosto larga, che andava da un ambito puramente astratto (la geometria) a un piano molto piu' concreto, quello degli «schemi» disegnati dal corpo umano che si muove: i gesti, le posture, i comportamenti, in definitiva quelle che gli antropologi chiamano «tecniche del corpo». Ma il libro di Catoni e' tutt'altro che un repertorio di gesti antichi, anche se continuamente ci imbattiamo in precisi atteggiamenti, posizioni e movimenti. Il problema infatti non e' quello di offrirne una semplice ricostruzione, tanto piu' che potremmo scoprire che essi non sono poi molto cambiati nel tempo: un erudito napoletano del primo Ottocento, in un saggio ancora oggi apprezzato per la sue anticipazioni, aveva sostenuto che la gestualita' dei napoletani coincidesse addirittura con quella degli antichi coloni greci. Il punto non e' insomma quale gestualita' caratterizzasse gli antichi, ma in che modo essa entrasse nella realta' in movimento della vita, nelle dinamiche relazionali, nella dimensione artistica, nel dibattito politico, nella riflessione filosofica. Ogni epoca ha infatti complessi codici di comportamento sociale, codici per definizione non scritti, ma non per questo meno attivi nella vita quotidiana; dalla maniera di stare seduti a quella di camminare, dalla cura di se' al comportamento in pubblico, dai movimenti di un attore sulla scena a quelli di un uomo politico davanti alle telecamere - per fare solo alcuni esempi - tutte le «tecniche del corpo» sono sottoposte anche oggi a una attentissima verifica, anche se magari non sempre consapevole o visibile; e spesso ci sfugge che persino gli stati d'animo piu' intensi vengono espressi non mediante espressioni «spontanee», ma attraverso forme codificate. Impariamo cosi' da Aristofane che i ricchi camminano in un certo modo e che se uno vuole parlare in pubblico «in modo virile» deve farlo appoggiandosi al bastone da passeggio; e l'uomo politico deve essere consapevole che ogni suo minimo movimento, in particolare l'uso del mantello, sara' osservato e giudicato attentamente dal suo uditorio. Ma e' soprattutto nella danza - nella Grecia antica strettamente connessa al teatro e, come tale, intrecciata alla vita religiosa e politica della citta' - che l'autrice individua il campo in cui i modi del corpo diventano anche «moti dell'animo> >, in cui cioe' gli atteggiamenti fisici si saldano anche a valori (o disvalori) morali. A sua volta la danza - come accade peraltro anche in eta' moderna - diventa zona di mediazione con le altre arti, la pittura e la scultura innanzitutto, nel senso che le figure di danza si prestano bene a diventare figure dipinte o scolpite. Il fatto e' che nella Grecia classica non sembrano esserci barriere tra la sfera artistica e l'esperienza quotidiana, e si ha addirittura l'impressione che il luogo della bellezza non sia in prima battuta l'arte, ma la realta' stessa: e' nel comportamento di ogni giorno nei diversi istanti della vita della polis che vengono misurate l'eleganza e la grazia degli uomini (ma, come sostiene Senofonte, anche dei cavalli ben addestrati!). Questo legame tra esperienza concreta e rappresentazioni visive (e artistiche in generale) veniva spiegato dai Greci stessi con la forte disposizione dell'essere umano all'imitazione: e' grazie ad essa che il bambino arriva a conoscere la variegata complessita' del reale e che l'uomo puo' rappresentarla nel teatro, nella danza, nelle arti figurative. E i neuroni specchio? Le recenti scoperte dei neurofisiologi dimostrano che l'imitazione e l'empatia costituiscono risposte immediate e involontarie, in tutto e per tutto naturali, come del resto era stato intuito da Aristotele; giustamente Catoni osserva che queste scoperte potranno aiutarci a chiarire meglio il ruolo dei processi imitativi, da un lato nell'elaborazione del linguaggio, delle forme rappresentative ed espressive, dall'altro nel meccanismo di ricezione delle opere d'arte da parte degli osservatori di ieri (e di oggi).
(Da: La Stampa-Tuttolibri, 10 gennaio 2009)
L'Autrice
Maria Luisa Catoni è ricercatore di Archeologia classica presso la Scuola Normale di Pisa e docente di Iconografia dell’arte antica all’Università di Pisa. Tra le sue opere il volume "Il patrimonio culturale in Francia" (Electa, Milano 2007), il catalogo "La forza del bello. L’arte greca conquista L’Italia". (Skira, Milano 2008) e il recentissimo "Bere vino puro" (Feltrinelli)
Maria Luisa Catoni
La comunicazione non verbale nella Grecia antica
Bollati Boringhieri, 2008
Euro 20