Ritorna
l'interesse per una figura centrale nel marxismo italiano degli anni
'50 e '60.
Sergio Dalmasso
Raniero Panzieri e la
stagione dei Quaderni Rossi
L’interessante e contro
corrente collana gli antimoderati, dopo i due testi su Bianciardi e
Giovanni Pirelli, prosegue con un interessante saggio di Cesare
Pianciola, filosofo torinese, già autore di studi su Marx, Arendt,
Sartre e l’esistenzialismo, sulla sempre attuale, anche se
colpevolmente dimenticata, figura di Raniero Panzieri.
Panzieri (1921- 1964) è
intellettuale e dirigente socialista dall’immediato dopoguerra.
Partecipa alle lotte contadine e alla riorganizzazione del PSI in
Sicilia, quindi, a livello nazionale, alla proposta di politica
culturale del PSI (vedi Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra, Roma,
Ediesse ed, 2011) e alla miglior fase della rivista “Mondoperaio”.
Vittorio Foa scrive di lui: Panzieri reintrodusse, in forma non
scolastica o accademica, ma militante il marxismo teorico in Italia.
Questo nella ricca e
tumultuosa fase che segue il 1956 e apre la strada ai fervidi anni
’60, alla rimessa in discussione delle ortodossie e delle certezze
e che per Panzieri significa opposizione alla scelta per il centro
sinistra del suo partito, emarginazione e ricerca di una via autonoma
che lo porta alla fondazione dei “Quaderni rossi”, sino alla
morte improvvisa e prematura.
Pianciola non percorre
l’intera vita di Panzieri, ma si sofferma sulla fase che giudica
più creativa e feconda, quella dei “Quaderni rossi” e della
riproposizione di un marxismo non scolastico.
Tre gli elementi di
ricchezza dei “Quaderni rossi” evidenziati nel testo:
Il ritorno a Marx,
attingendo non alle scuole marxiste, ma a lui direttamente, come
strumento per l’analisi del capitalismo
La lettura del
capitalismo come formazione dinamica, che supera quella di un
capitalismo italiano “straccione” e ritiene che la lotta di
classe sia prodotta ai livelli più avanzati
Il rifiuto dello
schema dell’integrazione della classe operaia.
Sempre operando una
sintesi di un pensiero e di temi molto complessi, l’autore ricava
quattro tesi dal lavoro panzieriano svolto nei suoi ultimi anni:
La critica
dell’ortodossia dello sviluppo delle forze produttive ostacolato
dai rapporti capitalistici di produzione e critica della visione
apologetica del progresso tecnico- scientifico diffusa nella
vulgata marxista.
Nel capitalismo la
concorrenza è una fase soltanto transitoria e, inversamente, la
pianificazione non è sufficiente a caratterizzare il socialismo.
Nelle lotte dei
lavoratori, sia nella società capitalistica sia nei paesi
socialisti, c’è l’istanza di una democrazia non delegata, come
potere diretto a partire dai luoghi di produzione.
Il livello della
coscienza di classe – nei suoi aspetti antagonistici e non solo
conflittuali- non si lascia dedurre dall’analisi delle
trasformazioni oggettive del capitalismo: occorre l’inchiesta
operaia.
Proprio all’uso
socialista dell’inchiesta operaia è dedicato l’ultimo scritto di
Panzieri che la legge come nesso tra elaborazione teorica e verifica
pratica. E’ questo uso critico degli strumenti sociologici, questo
uso “marxista” della sociologia ad impedire ogni caduta in una
visione mistica del movimento operaio, rimproverata a chi (Tronti,
Asor Rosa, Negri…) nel 1963, dà vita, da una frattura nei
“Quaderni rossi”, alla rivista “Classe operaia”.
Il testo, oltre ad una
analisi delle tematiche panzieriane, offre una breve biografia, una
attenta bibliografia, una postfazione di Attilio Mangano, numerose
testimonianze (Foa, Asor Rosa, Tronti, Fortini, Fofi, Lanzardo,
Ferraris, Baranelli, Lanzardo, Masi, Miegge, Mottura, Rieser) che
ripercorrono, anche criticamente, alcuni aspetti del suo pensiero. Ne
emerge uno spaccato del dibattito politico- culturale di una stagione
che può parere lontana, ma che offre elementi di analisi che si
dimostrano invece molto attuali.
La sintesi del pensiero e
dell’opera di Panzieri è inserita da Pianciola nel quadro del
dibattito culturale degli anni ‘50/’60.
La affermazione di
Panzieri come maggiore interprete del ritorno a Marx è inquadrata in
uno studio, sintetizzato in poche pagine, ma di grande profondità
sul marxismo degli anni ’60.
Pianciola riesce, con
grandissima capacità, a padroneggiare le diverse tesi del marxismo
come storicismo, come scienza positiva (Della Volpe), le tematiche
della scuola di Francoforte, la lettura di Marx fondata sui
Grundrisse, la scoperta di Lukàcs e Korsch, il materialismo di
Timpanaro, il neopositivismo.
Questa ricchezza di
dibattito e di posizioni è alla base della ricaduta politica dei
primi anni ’60 e della stagione successiva, dalle Tesi sul
controllo operaio alla “stagione delle riviste”, dal “ritorno a
Lenin” alla ricerca di parti, rimosse, della storia del movimento
operaio.
Le ultime pagine, di
grande profondità ed attualità, partono dalla valutazione di un
Panzieri rifondatore del marxismo militante in Italia, ma si chiedono
quanto resti del ricco dibattito sul marxismo e se e quanto sia
possibile riferirsi a Marx, nella complessa e mutata realtà attuale.
La panoramica offerta di
posizioni, valutazioni, interpretazioni anche diverse spazia da
Sartre a Merleau Ponty, da Aron a Bobbio, da Giolitti a Chiodi, da
Negri a Bellofiore e costituisce una sorta di saggio nel saggio che
si chiude con la valutazione della necessità di un approccio a Marx
come classico imprescindibile, ma non direttamente spendibile in un
programma politico.
Certo, Panzieri avrebbe
trovato questa conclusione “revisionista”, nel suo coraggio di
andare contro corrente, di cercare nuove strade, nella sua speranza
di un socialismo diverso da quello dei regimi autoritari che ne
avevano usurpato il nome, di accettare l’emarginazione.
Il mezzo secolo che ci
separa da lui esige bilanci, giudizi anche diversi. Ad esempio, del
tutto differenti sono le conclusioni sulla sua attualità in Paolo
FERRERO (a cura di), Raniero Panzieri, un uomo di fontiera, Milano-
Roma, ed. Punto rosso- Carta, 2005.
Un testo breve, aperto,
da discutersi, volutamente non una biografia, ma un saggio aspetti
centrali del grande laboratorio aperto da Panzieri.
Il ricordo, leggendo
queste pagine, non può non andare all’amico Vittorio Rieser che ci
ha recentemente lasciati.
Cesare
Pianciola
Raniero
Panzieri
Centro
di documentazione di Pistoia, 2014
euro
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