Riceviamo
e pubblichiamo questo intervento di Giuliano Arnaldi di
TribaleGlobale a proposito dell'immane catastrofe nepalese.
Tribaleglobale mantiene da anni una presenza culturale in Nepal.
Giuliano Arnaldi
Nepal: memoria e
futuro sotto le macerie di Durbar Square?
Le notizie che arrivano dal Nepal sono devastanti sotto molti punti di vista. La tragedia più grande è l'immane perdita di vite umane: i paese più poveri pagano sempre il prezzo più alto anche davanti alle catastrofi naturali, e forse ciò accade perché i diversi capitalismi che condizionano l'intero pianeta non esportano valori ma schemi di vita dove il maggior profitto si deve ottenere con la minima spesa. Le città crescono senza controlli, sono costruite senza alcun ritegno, con materiali scadenti e senza alcuna attenzione a ciò che accadrà dopo che il costruttore avrà incassato il suo danaro.
Purtroppo la natura si sta accanendo contro popoli che nonostante la loro povertà sono custodi del bene preziosissimo di un sistema di valori millenario, ma vivo e vivificato nei fatti quotidiani come nei riti e nei luoghi che ad essi sono destinati.
Quei luoghi, e specialmente il Nepal , sono una riserva di energia vitale per l'intera umanità, per ciascuno di noi: quando racconto ai ragazzi del mio paese cosa c'è dietro ad un semplice oggetto usato per cagliare il burro o quando faccio suonare una campana tibetana vedo accendersi curiosità e attenzione, come se quegli oggetti lontani fossero in grado di risvegliare sentimenti sepolti anche nel profondo nei nostri cuori...ma la riserva non è inesauribile.
Ecco il pericolo: che sotto i templi di Durbar Square resti una cultura, un modo di vivere la vita che fino alle 11.56 del 25 aprile era ben vivo nella grande parte del popolo Nepalese, e testimoniato nei suoi riti. Ho avuto la fortuna di rendermene conto, come tutti coloro che hanno visitato quei luoghi.
Un evento così traumatico può cambiare radicalmente il rapporto tra le generazioni , ovvero il sistema attraverso il quale si tramanda la tradizione.
Può comprensibilmente
far venire la voglia di cercare scorciatoie: Il Nepal ha visto tante
catastrofi nel suo lunghissimo tempo, ma mai c'è stato alle porte
qualcuno pronto ad offrire un aiuto così rapido, efficiente e
avvelenato dal prevalere assoluto del profitto. Forse a questo giro
non saremo noi occidentali, saranno altri capitalismi...sarà
l'India, il Pakistan o più probabilmente la Cina che non a caso era
presente con imponenti strutture di soccorso già poche ore dopo la
tragedia.
Non credo che i Cinesi
saranno disponibili a rispettare una visone del mondo così
antitetica rispetto alla loro e a favorirne il mantenimento. La
fortuna del Nepal è stata fino ad oggi la sua neutralità oggettiva,
il fatto di non essere appetito come il Tibet, di essere popolato da
genti affidabili e dedite al lavoro, di avere un management
economico, commerciale e finanziario giovane ma serio : c'erano
in qualche modo le potenzialità per diventare "zona franca"
, la Svizzera di quella parte del mondo.
Come reggerà l'urto
della fame di business (perché purtroppo c'è business anche dentro
una tragedia) dei suoi ingombranti vicini? Che fare? In modo
istituzionale niente: siamo probabilmente fuori da quegli scenari. In
modo personale tanto: mantenere viva l'attenzione, diffondere la
conoscenza di quelle culture, condividere piccoli progetti di
piccole realtà e sostenerle: chi ha amici in Nepal li cerchi, si
faccia spiegare , cerchi di capire cosa si può fare di concreto
oltre il buonismo nel business della solidarietà. A partire da un
minuto dopo il terremoto, dalle 11.57 del 25 aprile. In fondo
quella data per noi qualcosa vuol dire.