Si parla tanto di
Genova in questi giorni, spesso anche a sproposito. Un bel libro,
appena pubblicato, di Donatella Alfonso e Luca Borzani aiuta a capire
come (in bene e in male) la città sta cambiando.
Guido Festinese
Genova. Trasformazioni
sociali e conflitti, tra levante e ponente
ova è una città
complessa, investita in pieno dal processo di de-industrializzazione,
e al contempo, almeno a far data da un quarto di secolo fa, il 1992
delle discusse celebrazioni colombiane, tornata quasi a pieno titolo
nel processo di valorizzazione turistico- culturale, con scelte
azzeccate, e molti processi avviati di risanamento e riutilizzazione
di aree in abbandono. Troppo spesso persi per strada.
Genova è la ferita
aperta del G8 2001 che, ogni luglio, torna a bruciare, e quella
improvvisa e atroce del crollo del Ponte Morandi. Genova è una città
laboratorio perché quello che succede lì è un sostanzioso indizio
di quanto potrebbe accadere anche altrove, in Italia. Nel bene e nel
male. Per esempio è una delle città più vecchie d’Europa, è un
luogo dove la dispersione scolastica è del 30 per cento, e dove ogni
anno diverse migliaia di giovani se ne vanno in cerca di fortuna
altrove.
Degli altri giovani,
quelli che arrivano ed hanno perlopiù la pelle più scura e voglia
di vivere con dignità una parte apparentemente maggioritaria di
Genova non sa (quasi) che fare, e riduce il tutto a un problema di
ordine pubblico. Li vorrebbe solo veder andar via, perché assorbire
nel proprio tessuto sociale metastatico e ottuso qualcuno che viene
da fuori è complicato e richiede fatica, mentre una risposta
securitaria è un’apparente panacea che permette di dormire beoti
sogni di tranquillità. Genova era una roccaforte della sinistra, e
non lo è più. Pochissimi sono andati a votare.
E chi lo ha fatto, nei
quartieri dipanati come una striscia di perplessità e rancori nei
venti chilometri che corrono faticosamente tra il levante e il
ponente, schiacciati tra monti urbanizzati selvaggiamente e mare, ha
votato Cinque Stelle o Lega. Da un anno è al governo una maggioranza
di destra guidata dal sindaco Bucci, presentatosi come uomo pratico
del fare che ha avuto come priorità il tasto ossessivo della
sicurezza e l’apparenza delle dichiarazioni roboanti, e che ha
praticamente costretto alle dimissioni Elisa Serafini, un assessore
alla cultura troppo «liberal» per i furori clericali e leghisti.
Per esempio d’accordo con il patrocinio (negato) al Gay Pride.
Colpa della sinistra? Anche. Anzi, sicuramente. Non si vive di
rendita di posizione a sinistra su un passato anche glorioso, ma
inchiavardato nel cemento della retorica.
Non si vive di rimpianti,
specie se si abbandonano a se stessi quei formidabili presidi di
democrazia del territorio (e questo è un territorio difficile,
policentrico, instabile, sfaldato) che sono oggi le associazioni dei
cittadini. Cattoliche e laiche. Volontaristiche, nate sull’onda di
un problema da risolvere o radicate con alterne fortune dai tempi del
«mutuo soccorso», ed era un secolo e mezzo fa. Sono i dati che
emergono da un libro coraggioso, Genova, appunti sulla città,
pubblicato da Il Canneto editore, e nato in modo particolare: da un
lato gli spazi di «carta bianca» che lo storico sociale Luca
Borzani cura sull’edizione ligure di Repubblica, da quando non è
più a presiedere la cultura della Fondazione del Palazzo Ducale, ora
in mano al comico Luca Bizzarri.
Dall’altro la tempra di
cronista e storica di Donatella Alfonso, che ogni numero monografico
di Borzani è andata ad approfondire passando a tappeto ogni via dei
quartieri di Genova, da Occidente a Levante, lungo le assi delle due
valli cittadine, nel cuore di quel centro storico «patrimonio
dell’umanità» che sempre più invece è patrimonio delle
passerelle politiche, o di un degrado affrontato con meschina
muscolarità. A commento del tutto, le crude foto di Genova di Fabio
Bussalino e Andrea Leoni: in bianco e nero, come la città oggi.
Il Manifesto – 18
agosto 2018