E così, in silenzio, all'improvviso, se ne è andato anche Gigi. L'avevo incontrato poco prima di Natale al Prolungamento, io diretto al Priamar, lui alla spiaggia per un tuffo invernale che era, come mi raccontò, ormai diventata una abitudine quotidiana. Abbiamo parlato a lungo, come fanno i vecchi, del tempo che passava e di noi che ce ne andavamo con lui senza sapere bene dove fossimo diretti. Con la sua solita aria sfottente, Gigi aveva, ridendo, detto cose molto profonde in cui mi ritrovavo totalmente.
Gigi rideva sempre e buttava tutto in battuta, ma in lui ho sempre visto una vena malinconica e un po' amara, come di chi abbia ben chiara l'inumanità del mondo in cui ci tocca vivere e come la solitudine e l'incomprensione siano purtroppo spesso il prezzo da pagare proprio per averlo capito e detto.
A Gigi volevo bene. Insieme avevamo fatto parecchie cose e altre ancora ne avremmo fatte se non fosse arrivato il covid a bloccare tutto. Di tutte ricordo l'intervento sul carcere di Savona e il giornaletto che insieme facemmo, finché ce lo lasciarono fare, io come responsabile della scuola in carcere e lui come animatore culturale.
Quando quell'esperienza finì, e finì presto perché alle "Autorità" non garbava, un giovane detenuto nordafricano mi regalò una sura del Corano dipinta su un foglio da disegno. "Non avere paura - diceva - perché anche nei momenti più difficili non sei mai solo. Il Signore cammina al tuo fianco".
Non avere paura, Gigi, cammina tranquillo sul nuovo sentiero che hai intrapreso, noi non ti dimentichiamo e siamo con il nostro cuore accanto a te.