TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 10 aprile 2022

Il tempo della rivolta

 


Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo almeno a vivere il tempo della rivolta”. Lo scrisse Camus agli inizi degli anni '50 e il concetto ha mantenuto nel tempo intera la sua validità. Ma cosa vuol dire oggi rivolta? Ce lo spiega uno studio accurato e affascinante di Donatella Di Cesare di cui presentiamo l'incipit.

Donatella Di Cesare

Il tempo della rivolta

“La rivolta irrompe ovunque nel mondo. Si accende, si spegne; torna a propagarsi. Varca i confini, scuote le nazioni, agita i continenti. Uno sguardo alla mappa delle sue esplosioni repentine, dei suoi moti imponderabili, ne attesta l’intermittenza nel frastagliato paesaggio politico del nuovo secolo. All’estensione si accompagna l’intensità. La topografia delinea uno scenario dove il confronto si fa contrasto, dissidio, lotta aperta. Le proteste dilagano, gli atti di disobbedienza si moltiplicano, gli scontri si intensificano. È il tempo della rivolta.

Sebbene il fuoco sembri labile, e l’evento fugace, la rivolta non può essere considerata una congiuntura effimera. Nelle sue alternanze è un fenomeno globale che promette di essere duraturo. Neppure la pandemia ha potuto fermarla. Mentre molti si interrogavano già sulla pólis sparita, sullo spazio pubblico perduto, la rivolta è riemersa, travolgente e incontenibile, da Buenos Aires a Hong Kong, da Rio de Janeiro a Beirut, da Londra a Bangkok. La miccia di una nuova deflagrazione si è accesa a Minneapolis. I can’t breathe, le ultime parole di George Floyd, pronunciate mentre il suo carnefice continuava a soffocarlo, hanno assunto un valore emblematico per via di una coincidenza non casuale, rivelata dal segreto sincronismo della storia. Quella morte terribile non è stata effetto del biovirus che toglie il respiro, ma opera di un sopruso razzista perpetrato con tecnica poliziesca.

D’un tratto il respiro è apparso in tutto il suo significato esistenziale e politico. I can’t breathe è assurto a inno delle rivolte, insieme atto d’accusa contro la prevaricazione e denuncia di quel sistema d’asfissia che ruba il fiato. Nel vortice compulsivo del capitale, quella spirale catastrofica che ha reso il respiro un privilegio per pochi, è l’affanno degli sfruttati che viene in primo piano, di quanti devono piegarsi al ritmo accelerato senza pausa, dei più vulnerabili confinati all’angustia opprimente. I can’t breathe è divenuto così lo slogan che rivendica il diritto di respirare, cioè il diritto politico di esistere”.


Donatella Di Cesare insegna Filosofia teoretica alla Sapienza Università di Roma. È tra le voci filosofiche più presenti nel dibattito pubblico sia accademico sia mediatico. Tra le sue pubblicazioni recenti ricordiamo Terrore e modernità (2017) e Marrani. L’altro dell’altro (2018).
Per Bollati Boringhieri ha recentemente pubblicato Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri» (2014 e 2016), Heidegger & Sons. Eredità e futuro di un filosofo (2015), Tortura (2016), Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione (2017; Premio Pozzale per la saggistica 2018; Premio Sila per economia e società 2018) e Sulla vocazione politica della filosofia (2018; Premio Mimesis Filosofia 2019) e Virus sovrano? L’asfissia capitalistica (2020


Donatella Di Cesare
Il tempo della rivolta
Bollati Boringhieri, 2020