Domenica 7 dicembre 2014
alle ore 16.00
a Ospedaletti presso La
Piccola, ex scalo merci (via Cavalieri di Malta)
Paolo Veziano presenta
il libro
Ombre al confine
L'espatrio clandestino
degli ebrei stranieri dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra
1938-1940
Introducono Marino
Magliani e Corrado Ramella
Ombre al confine
«Era uno spettacolo
triste dinanzi al quale non si poteva restare indifferenti, faceva
male al cuore vederli passare come ombre diretti verso il confine».
Queste affermazioni sono state ripetute negli anni centinaia di volte
dalla gente della Riviera che le conserva stampate con caratteri ben
leggibili ed indelebili nella memoria e nel cuore. Frasi che per la
loro incisività sono più che sufficienti a descrivere lo
smarrimento e la pervasiva e dolorosa sensazione di una popolazione
che assistette sbigottita alla interminabile processione di una
umanità dolente.
Parole che dimostrano in
maniera eloquente come larga parte della popolazione non fosse stata
intossicata – o almeno non ancora – da quella velenosa propaganda
antisemita che, servendosi della stampa, aveva ritratto anche i
peloti con sembianze demoniache. Il rifiuto di questa immagine, il
ripetuto contatto fisico con persone prive di ogni cosa, così
lontane dallo stereotipo dispregiativo del ricco ebreo, fecero
rinascere nella gente semplice il naturale e mai del tutto sopito
slancio a soccorrere le persone in difficoltà.
Tra le voci che
circolavano e che tuttora sono presenti in un ambito più ristretto
della memoria collettiva, la più vigorosa ed insistente è
certamente quella relativa a presunti casi di ebrei derubati, uccisi
e gettati in mare. Queste notizie sono da considerarsi, oggi,
destituite di ogni fondamento, anche se, visto quel che succede
attualmente in prossimità delle coste della Sicilia, non sarebbe del
tutto impensabile. È noto, però, come il mare sia un mostro che
rapisce e inghiotte le sue vittime, le consuma ma ne restituisce
sempre i resti.
Nessuna sua vittima è mai stata depositata dalle correnti sulle spiagge italiane o francesi e, su questa circostanza, nessun particolare emerge dai documenti della polizia francese. La notizia fantasiosa degli omicidi commessi per derubare gli ebrei è stata estratta dal voluminoso e sigillato contenitore della memoria orale e ha trovato giusta collocazione nell’opera di uno dei maggiori scrittori liguri della seconda metà del Novecento: Francesco Biamonti.
Biamonti sapeva bene che
questa notizia era infondata, ma in Le parole la notte se ne serve in
chiave strettamente narrativa per attribuire una connotazione
negativa alle cittadine rivierasche, e a Sanremo in particolare.
Biamonti aveva all’epoca poco più di dieci anni, poteva ascoltare
dalla voce degli adulti il racconto di quanto stava accadendo sulla
costa e di cui quei particolari erano parte integrante. Ricordava
dunque perfettamente quella vicenda e amava rievocarla, raccontava
inoltre di essere stato, probabilmente nel 1944, all’età di sedici
anni, anche involontario protagonista di un curioso episodio.
Recatosi assieme al
fratello Giancarlo nell’uliveto di loro proprietà, situato sulle
alture del suo paese, San Biagio della Cima, trovò il piccolo
casolare occupato da alcuni ebrei che vi si erano momentaneamente
rifugiati, nell’attesa della notte più adatta per passare di là.
I fratelli, nonostante la giovane età, non si fecero intimorire
dalla loro inattesa presenza e ne ascoltarono il racconto. Riuscirono
solo dopo insistiti tentativi a far comprendere agli ospiti che le
colline, dietro le quali essi sostenevano continuamente si trovasse
la Francia, nascondevano in realtà una valle ancora italiana: quella
del torrente Nervia.
Fu Francesco ad indicare che la loro pericolosa meta si trovava dietro l’ultima linea di creste, perfettamente riconoscibile anche per via dell’inconfondibile apertura di quel Passo del Cornà che, negli anni, gli sarebbe diventato tanto caro. Francesco Biamonti fu dunque un testimone privilegiato, un profondo conoscitore di questo aspetto della memoria popolare e forse il suo più autorevole cantore.
Passo del Cornà |
Dopo la sua morte, ogni
risvolto della sua opera letteraria, dalle influenze agli stilemi, è
stato studiato a fondo; poco, o per nulla riconosciuto invece –
forse perché dato troppo frettolosamente per scontato – è stato
questo suo indiscutibile merito.
Nel suo libro forse più bello, Vento largo, i passeur muovono i traffici caratteristici degli anni del dopoguerra. Anche il protagonista, Varì, è costretto quasi controvoglia a continuare il suo dignitoso lavoro in quegli anni difficili ma, per caratteristiche e per vissuto, questo personaggio sembra appartenere, più che al presente, alla non lontana stagione del passaggio degli ebrei.
Si può ritenere invece
più verosimile la notizia del presunto arricchimento di un numero
ristretto di addetti ai lavori, per effetto dei ripetuti furti di
valigie. Più che di furto sarebbe forse più corretto parlare di
mancata consegna; in qualche caso poteva effettivamente accadere che,
a causa del sovraffollamento delle barche, i bagagli al seguito non
potessero essere imbarcati. Si dice che in questi casi i passeggeri
ricevessero la falsa rassicurazione che sarebbero stati caricati sul
trasporto successivo e consegnati in un secondo momento. Per
comprensibili ragioni di riservatezza questa voce non è stata
confermata dagli spedizionieri e non ha trovato riscontri nelle carte
francesi.
Sembra avere invece
maggior credibilità la voce data per certa da più di uno
spedizioniere secondo cui alcuni funzionari locali avrebbero
regolarmente preteso sia da loro sia dai passeggeri una tangente sui
trasporti. La denuncia orale dei concussi trova riscontro oggettivo
in una lettera confidenziale scritta da una persona rimasta anonima
ma che dimostrava di essere comunque bene informata. La missiva,
ricca di particolari in qualche caso inesatti, denunciava l’esistenza
di una vera e propria combriccola di speculatori della quale
avrebbero fatto parte anche funzionari di polizia, milizia e finanza.
Non è da escludere che la lettera possa essere frutto del
risentimento di qualche funzionario rimasto escluso dalla spartizione
delle tangenti.
Abbiamo visto come il
rumore provocato da queste voci avesse costretto Achille Peruzzi ad
aprire un’inchiesta. Sappiamo anche che questa si concluse con
l’esito che a Roma qualcuno auspicava: le prove della colpevolezza
dei concussori non furono trovate.