Oggi alle ore 18.00 a Savona nei locali della SMS Libertà e Lavoro e Mille Papaveri Rossi di Lavagnola, si terrà l'incontro organizzato dalla Sez. ANPI “Fratelli Briano” con Giorgio Amico dal titolo: "Pinot Gallizio, l'arte come percorso di liberazione della vita".
Proponiamo il ricordo
di Pinot Gallizio uscito sulla Gazzetta di Alba nel cinquantenario
della morte.
Il 13 febbraio 1964
moriva, a 62 anni, una delle personalità albesi più
affascinanti del Novecento, che fece della sua casa un centro
di movimenti d’avanguardia europei.
Mezzo secolo ci
separa, oggi, anche dalla scomparsa di Pinot Gallizio
(1902-1964): nel giro di un anno Alba ha dovuto consumare tre
anniversari luttuosi, che impressionano per quanto sono
ravvicinati e per come ora li soppesiamo. Beppe Fenoglio,
Giacomo Morra e Gallizio se ne vanno tutti improvvisamente, tra
gli estremi del 18 febbraio 1963 e del 13 febbraio 1964:
impossibile non farsene influenzare, non parlare di un prima e
di un dopo, non riconoscersi nella posizione avvantaggiata e
rammaricata dei posteri.
Oggi siamo felici e
orgogliosi di constatare le tracce della consacrazione e
dell’accettazione di trovare il nome di Gallizio nelle storie
delle avanguardie del secondo Novecento, le sue opere a Londra,
Parigi, Madrid…; chi ci tiene, può dire tranquillo che Gallizio
è uno degli ambasciatori di Alba nel mondo. Qualcuno se n’era
accorto già mezzo secolo fa, ma non faceva parte di una compagnia
numerosa.
Tra i suoi rotoli di
pittura industriale – l’oggetto che a Gallizio viene
schematicamente associato, come il sigaro a Groucho Marx o i
tulipani all’Olanda – ne avanza uno, in più spezzoni
ritagliato, che porta un titolo divertente e “aperto”: Le
acque del Nilo non passarono ad Alba. Il viaggio a ritroso delle
ricostruzioni e dei riconoscimenti lo attribuisce a una tela di
oltre 13 metri, dipinta nella primavera del 1958: agli inizi del
periodo situazionista, dunque, al battesimo della pittura da
vendersi a metraggio.
Si sa bene quanto
siano divertenti e poetici i titoli delle opere di Pinot Gallizio:
anche quando riportano un intercalare, o si rivestono di un titolo
altrui (detournandolo), sono sempre il corrispettivo ideale,
persino autonomo, delle sue visioni magiche, o al minimo del suo
temperamento ironico. Nel 1958, la classe dirigente di Alba non
sapeva metabolizzare correttamente l’idea di un estroso ex
farmacista fabbricante di caramelle alle erbe, di un consigliere
comunale dalla molto vivace opposizione, di un competente
insegnante di erboristeria e aromateria (amatissimo dai suoi
studenti, come da tutti i giovani) che si mescolava, lui “vecchio”
cinquantenne, a venti-trentenni provenienti da Parigi, Amsterdam,
Cosio d’Arroscia, intestando la sua casa-laboratorio a
succursale creativa di movimenti d’avanguardia di portata
europea.
Gallizio, dal canto
suo, non forniva (apposta) dati rassicuranti a chi liquidava a
priori il suo serissimo gioco, moltiplicando le «mattane»,
offrendo generosamente spunti per l’aneddotica presente e
futura: come quando, ricordava suo figlio Pier Giorgio, fece
sprizzare grumi di colore scoppiandoci dentro dei petardi, sul
tetto lungo e piatto di una rimessa in cortile, a beneficio dei
deliziati, scandalizzati vicini. Ma una parte di lui certamente
soffriva dell’incomprensione – soprattutto del fatto che non
gli venisse attribuito lo sforzo e il credito di una vera e
propria ricerca artistica, condannandolo epidermicamente
all’estemporaneità e al velleitarismo: «Vorrei che tutti mi
capissero, all’infuori dei soldi e della gloria», scriverà. Se
però Le acque del Nilo non passarono ad Alba, inutile sperare che
la sua città si dimostri un terreno fertile e ricettivo: il
titolo è dunque un piccolo sberleffo vendicativo, un’obliqua,
satirica accusa.
Una nota di satira la
esprime, naturalmente, anche il titolo Lichene spregiudicato, il
dipinto del 1961 che speriamo rimanga nella collezione del Comune
di Alba, affisso in quella sala consiliare dove Gallizio ha avuto
un seggio per una quindicina d’anni, rimanendo, crediamo, ben
poco seduto e molto in piedi a proporre, polemizzare, affabulare.
Il lichene ci richiama il mondo vegetale, la cui chimica Gallizio
padroneggiava; e ci fa saltare in scenari “preistorici”, di
rocce e caverne, che tanto sono stati fecondi per la sua
immaginazione di adolescente e di artista che cerca lo stupore e
la paura dell’uomo del neolitico. Di quell’ignoto artefice che
(spiega Gallizio nel prezioso documentario Rai girato pochi mesi
prima della sua morte) un giorno decise di graffiare una parete, o
di adornare un vaso, perché voleva «giocare»…
Di tanti licheni
possibili, pare ovvio che in un quadro di Pinot Gallizio ne
finisca uno spregiudicato, spudorato, anticonformista: la sana,
positiva spregiudicatezza di Gallizio, artista libero, «amateur
professionnel», coinvolto in un gioco millenario.
http://www.gazzettadalba.it/2014/02/pinot-gallizio-maestro-incompreso-di-alba/