Si
dice Internazionale situazionista e immediatamente si pensa a Debord.
In realtà l'avventura situazionista è un crogiolo di storie
personali.
Giorgio Amico
Armando. Il
situazionista venuto dal lager
La sezione olandese è
una delle più piccole dell'Internazionale. In tutto cinque membri:
Anton Alberts, Constant,
Jacqueline de Jong, Har Oudejans e Armando. Per l'artista,
anticonformista anche nella vita, Armando non è uno pseudonimo, ma
il nome vero, assunto in ricordo della nonna italiana, quello che
egli sente come suo, tanto da sostenere una lunga battaglia legale
per farlo accettare anche dai registri dello stato civile. A più
riprese dichiarerà che semmai lo pseudonimo è il nome “ufficiale”
con cui è stato registrato alla nascita. Io sono Armando –
dichiara- Armando e basta, il cognome non mi serve e non lo voglio.
Riuscirà a spuntarla e da allora anche per lo Stato sarà Armando e
basta. E questo già la dice lunga sulla determinazione e la tenacia
del personaggio, ma anche sul suo anarchismo di fondo. Non sono
molte le tracce che ha lasciato della sua permanenza
nell'Internazionale situazionista. Giusto un paio: la firma -
insieme ad Anton Alberts, a Constant e a Har Oudejans - sotto il
Primo Proclama della Sezione olandese apparso sul numero 3 della
rivista e la partecipazione alla Terza Conferenza dell'IS, tenutasi a
Monaco dal 17 al 20 aprile 1959.
Armando in realtà si
chiamava Herman Dirk van Dodeweerd ed era nato ad Amsterdam il 18
settembre 1929, un mese prima del crollo di Wall Street, e dunque,
come scriverà di sé Debord, nel segno della rovina. Bambino, va a
vivere a Amersfoort, una cittadina vicino a Utrecht che durante la
guerra ospita un grande campo di “transito” per gli ebrei
olandesi che lì vengono concentrati per essere poi smistati nei
campi di sterminio di Auschwitz, Sobibór e Theresienstad. La sua
famiglia abita in una casa posta sul tragitto fra la stazione
ferroviaria e il lager e il bambino assiste sgomento al continuo
passaggio di lunghe file di prigionieri. Uno spettacolo di crudeltà
e di desolazione che lo segnerà profondamente per il resto della
vita e che influenzerà potentemente la sua produzione artistica.
Amersfoort 1944
Dal 1949 al 1954 studia
storia dell'arte all'Università di Amsterdam. Come molti
situazionisti Armando è una figura eclettica: pittore e scultore, ma
anche scrittore, violinista e poeta. Un tipo di poesia molto
particolare la sua: un collage di spezzoni di conversazioni raccolti
per strada e nei caffè, mescolati con annunci pubblicitari e
locandine, a formare veri e propri puzzle linguistici.
Nel 1954 tiene la sua
prima personale alla Galerie Le Canard di Amsterdam, una vecchia
libreria antiquaria trasformata nel 1950 in galleria d'arte da Hans
Roduin, poeta e autore teatrale di una certa fama. Nel clima torpido
dei primi anni '50, Le Canard si impone immediatamente all'attenzione
per il suo dichiarato anticonformismo. Nei suoi sette anni di
esistenza, chiuderà nel 1957, l'ex libreria sarà il luogo di
incontro degli artisti sperimentali e la sede ufficiosa del gruppo
olandese del movimento CoBrA. Vi si terranno una settantina di mostre
oltre che serate musicali e di danza, incontri letterari, spettacoli
di mimi e teatro di marionette. Il tutto all'insegna del più
sfrenato avanguardismo. E' lì che, dopo gli studi accademici,
Armando si forma come artista, a stretto contatto con il movimento
CoBrA per partecipare poi nel 1958, assieme a Henk Peeters, Jan
Schoonhoven, Jan Hendrikse e Kees van Bohemen alla fondazione del
Gruppo Informale Olandese.
Armando non è un artista
puro, per vivere fa un po' di tutto: il pugile, il musicista in una
banda gitana, il giornalista - redattore della rubrica artistica
della rivista De Haagsche Post e poi freelance da Berlino- infine
dalla fine degli anni Sessanta l'attore e il regista teatrale e
televisivo.
All'inizio del 1959
aderisce all'Internazionale situazionista. Una permanenza tutto
sommato breve visto che nella primavera del 1960 è già fuori.
Dopo l'esclusione,
Armando partecipa all'esperienza di “Zero = O, Rivista per la nuova
concezione nelle arti visive” e ad altre esperienze d'avanguardia.
Le sue opere si caratterizzano per i colori forti (il nero e talvolta
il rosso) e per la cupezza dei toni. La guerra e soprattutto
l'esperienza tragica della vicinanza al lager di Amersfoort è sempre
presente nel suo lavoro. Lo dimostra l'uso insistito di materiali
(bulloni, lastre di metallo) che ricordano caserme, reticolati, carri
armati. Ma anche nel 1967 la pubblicazione di un libro di interviste
ai volontari olandesi nelle SS. Un tentativo di
preservare la memoria, di dare un senso all'orrore.
Muore a Potsdam il 1 luglio 2018.