TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 2 settembre 2018

Armando. Il situazionista venuto dal lager



Si dice Internazionale situazionista e immediatamente si pensa a Debord. In realtà l'avventura situazionista è un crogiolo di storie personali. 

Giorgio Amico

Armando. Il situazionista venuto dal lager

La sezione olandese è una delle più piccole dell'Internazionale. In tutto cinque membri: Anton Alberts, Constant, Jacqueline de Jong, Har Oudejans e Armando. Per l'artista, anticonformista anche nella vita, Armando non è uno pseudonimo, ma il nome vero, assunto in ricordo della nonna italiana, quello che egli sente come suo, tanto da sostenere una lunga battaglia legale per farlo accettare anche dai registri dello stato civile. A più riprese dichiarerà che semmai lo pseudonimo è il nome “ufficiale” con cui è stato registrato alla nascita. Io sono Armando – dichiara- Armando e basta, il cognome non mi serve e non lo voglio. Riuscirà a spuntarla e da allora anche per lo Stato sarà Armando e basta. E questo già la dice lunga sulla determinazione e la tenacia del personaggio, ma anche sul suo anarchismo di fondo. Non sono molte le tracce che ha lasciato della sua permanenza nell'Internazionale situazionista. Giusto un paio: la firma - insieme ad Anton Alberts, a Constant e a Har Oudejans - sotto il Primo Proclama della Sezione olandese apparso sul numero 3 della rivista e la partecipazione alla Terza Conferenza dell'IS, tenutasi a Monaco dal 17 al 20 aprile 1959.

Armando in realtà si chiamava Herman Dirk van Dodeweerd ed era nato ad Amsterdam il 18 settembre 1929, un mese prima del crollo di Wall Street, e dunque, come scriverà di sé Debord, nel segno della rovina. Bambino, va a vivere a Amersfoort, una cittadina vicino a Utrecht che durante la guerra ospita un grande campo di “transito” per gli ebrei olandesi che lì vengono concentrati per essere poi smistati nei campi di sterminio di Auschwitz, Sobibór e Theresienstad. La sua famiglia abita in una casa posta sul tragitto fra la stazione ferroviaria e il lager e il bambino assiste sgomento al continuo passaggio di lunghe file di prigionieri. Uno spettacolo di crudeltà e di desolazione che lo segnerà profondamente per il resto della vita e che influenzerà potentemente la sua produzione artistica.

    Amersfoort 1944

Dal 1949 al 1954 studia storia dell'arte all'Università di Amsterdam. Come molti situazionisti Armando è una figura eclettica: pittore e scultore, ma anche scrittore, violinista e poeta. Un tipo di poesia molto particolare la sua: un collage di spezzoni di conversazioni raccolti per strada e nei caffè, mescolati con annunci pubblicitari e locandine, a formare veri e propri puzzle linguistici.

Nel 1954 tiene la sua prima personale alla Galerie Le Canard di Amsterdam, una vecchia libreria antiquaria trasformata nel 1950 in galleria d'arte da Hans Roduin, poeta e autore teatrale di una certa fama. Nel clima torpido dei primi anni '50, Le Canard si impone immediatamente all'attenzione per il suo dichiarato anticonformismo. Nei suoi sette anni di esistenza, chiuderà nel 1957, l'ex libreria sarà il luogo di incontro degli artisti sperimentali e la sede ufficiosa del gruppo olandese del movimento CoBrA. Vi si terranno una settantina di mostre oltre che serate musicali e di danza, incontri letterari, spettacoli di mimi e teatro di marionette. Il tutto all'insegna del più sfrenato avanguardismo. E' lì che, dopo gli studi accademici, Armando si forma come artista, a stretto contatto con il movimento CoBrA per partecipare poi nel 1958, assieme a Henk Peeters, Jan Schoonhoven, Jan Hendrikse e Kees van Bohemen alla fondazione del Gruppo Informale Olandese.



Armando non è un artista puro, per vivere fa un po' di tutto: il pugile, il musicista in una banda gitana, il giornalista - redattore della rubrica artistica della rivista De Haagsche Post e poi freelance da Berlino- infine dalla fine degli anni Sessanta l'attore e il regista teatrale e televisivo.

All'inizio del 1959 aderisce all'Internazionale situazionista. Una permanenza tutto sommato breve visto che nella primavera del 1960 è già fuori.

Dopo l'esclusione, Armando partecipa all'esperienza di “Zero = O, Rivista per la nuova concezione nelle arti visive” e ad altre esperienze d'avanguardia. Le sue opere si caratterizzano per i colori forti (il nero e talvolta il rosso) e per la cupezza dei toni. La guerra e soprattutto l'esperienza tragica della vicinanza al lager di Amersfoort è sempre presente nel suo lavoro. Lo dimostra l'uso insistito di materiali (bulloni, lastre di metallo) che ricordano caserme, reticolati, carri armati. Ma anche nel 1967 la pubblicazione di un libro di interviste ai volontari olandesi nelle SS. Un tentativo di preservare la memoria, di dare un senso all'orrore. 


Muore a Potsdam il 1 luglio 2018.