TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 14 marzo 2022

Danilo Montaldi, la conricerca e il rapporto con Socialisme ou Barbarie

 


Giorgio Amico

Danilo Montaldi, la conricerca e il rapporto con Socialisme ou Barbarie

Il soggiorno a Parigi sorte comunque l'effetto positivo di consolidare i rapporti con i compagni francesi già conosciuti in occasione di iniziative del Partito di Damen. Tutti coloro che si sono confrontati con l'opera di Montaldi concordano nel sottolineare la centralità nella sua riflessione del rapporto con il gruppo di marxisti critici raccolto intorno alla rivista francese Socialisme ou Barbarie. Per Stefano Merli l'influsso francese avrebbe portato Montaldi a concepire il marxismo come sociologia:

« Infatti Montaldi, a differenza di Guiducci e Pizzorno, e piuttosto sulla scorta delle influenze di 'Socialisme ou Barbarie' (dopo un soggiorno a Parigi del 1950), ripropone una concezione del marxismo come sociologia, ricollegandolo a tutto un filone rivoluzionario creativo, come antidoto e alternativa all'ortodossia del riformismo secondinternazionalista e al dogmatismo staliniano. Ed è all'interno di questa battaglia, che egli incomincia a far circolare nella cultura italiana i nomi di Lukacs, Benjamin, Korsch, ecc. e le ricerche di D. Mothè e Paul Romano sulla condizione operaia nella grande fabbrica » (Stefano Merli, L'altra storia. Bosio, Montaldi e l'origine della nuova sinistra, Milano, Feltrinelli 1977, p. 17.)

E che a Montaldi si debba una conoscenza più approfondita delle tesi della rivista francese in Italia lo rimarca Philippe Gottraux, autore di una pregevole storia della rivista e del gruppo di eretici del marxismo che la redige:

«Questo personaggio, divenuto relativamente noto nella sinistra radicale italiana per il suo originale percorso nell'estrema sinistra antistalinista del dopoguerra, ha contribuito, grazie ai suoi inserimenti in vari ambienti, a far conoscere più ampiamente le posizioni di SouB nella penisola» (P. Gottraux, “Socialisme ou Barbarie”. Un engagement politique et intellectuel dans la france de l’Après-guerre, Lausanne, Payot, 1997, pp. 247-248.)

Un rapporto non a senso unico. La conoscenza di Montaldi rappresenta un'aquisizione importante anche per il gruppo francese, come chiarisce Dominique Frager, uno dei pochi membri ancora in vita di SouB:

«Montaldi si recava a Parigi abbastanza spesso, fin dalla sua prima visita nel 1953, durante la quale aveva incontrato SouB, e ognuna di queste visite era per noi, e per me in particolare, un'esperienza emozionante, non solo per le notizie che portava sulle lotte sociali e sulla situazione politica in Italia, ma forse ancora di più per la carica di realtà viva che dava a queste informazioni e che emanava dalla sua stessa persona, dando almeno ai miei occhi sostanza all'idea rivoluzionaria.» (Dominique Frager, Socialisme ou barbarie. L'aventure d'un groupe (1946-1969), Paris, Syllepse, 2021, p. 63)

Secondo Mariuccia Salvati: «per Montaldi l'incontro [...] significò la possibilità di arricchire il campo politico radicale italiano con una concezione della testimonianza operaia che si trasformerà poi in pratica diffusa, sotto forma di inchiesta, nei gruppi militanti. A sua volta Moltaldi gioca un ruolo fondamentale per la diffusione delle teorie della rivista francese in Italia […] anche tra le più ampie frange intellettuali critiche della sinistra, che da noi erano meno succubi che in Francia del Partito comunista staliniano» (M. Salvati, Per una biografia intellettuale in “Parolechiave” n. 38, 2007)

Tesi ulteriormente ribadita nell'ambito di una più complessiva valutazione dell'intero percorso montaldiano.

« Una lettura più riavvicinata consente di stabilire la presenza riconosciuta del giovane Montaldi (con il suo gruppo politico cremonese) nei primi anni Cinquanta, dentro la rivista, quale unico referente italiano. È un rapporto che si trasformerà con alcuni dei suoi esponenti in amicizia duratura (come dimostrano in particolare le visite di lefort a Cremona nel 1964, nel 1973 e 1974) e, in secondo luogo, l'attenzione alla cultura operaia come fulcro dei primi anni della rivista e come centro dello scambio e dell'interesse per Montaldi».(Mariuccia Salvati, Montaldi e la sociologia. In G. Fofi- M. Salvati, Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento, Roma, Viella 2021, p. 86)

Una tesi, a dir la verità, già avanzata al momento della morte di Montaldi da Sergio Bologna:

« Nella seconda metà degli anni '50, ben prima di “Quaderni Rossi” e “Classe Operaia”, egli è stato il punto di riferimento in Italia di quella trama segreta ma importante di gruppi internazionali che, ponendosi oltre le dissidenze storiche bordighiste e trotzkiste, stvano elaborando la piattaforma politica dell'operaio massa., “Socialisme ou Barbarie”, “Solidarity”, “Facing Reality”, quanto restava del comunismo tedesco anni '20, sono diventati patrimonio teorico per merito di Danilo Montaldi». (Primo Maggio, n.5, Primavera 1975)

C'è poi chi, come Enzo Campelli ritiene che i rapporti tra l'intellettuale cremonese e il gruppo di «Socialisme ou barbarie» siano fondamentali per comprendere la genesi del metodo della conricerca da parte di Montaldi:

«Di conricerca, sia pur implicitamente, parlava “Socialisme ou barbarie” già nel 1952, ed è da qui che Montaldi trae, sviluppandole, le indicazioni più precise. Denunciando la pretesa di una sociologia falsamente «operaia» da poco apparsa soprattutto negli Stati Uniti, di analizzare concretamente i rapporti sociali nei luoghi di produzione, “Socialisme ou barbarie” scriveva che la produttività di “pseudosociologi di indagare sulle attitudini degli individui rispetto al loro lavoro e ai loro compagni e di mettere a punto i migliori metodi di adattamento sociale” incontra un insuperabile ostacolo, dovuto alla loro stessa prospettiva di classe, che inverte i termini reali della contraddizione operaia: “questo scacco mostra i presupposti di un'analisi veramente concreta del proletariato. L'importante è che questo lavoro sia riconosciuto dagli operai come momento della propria esperienza, un mezzo di formulare, di condannare e di confrontare una conoscenza ordinariamente implicita, piuttosto "sentita" che riflessa, e frammentaria. Tra questo lavoro e la sociologia di cui parlavamo c'è tutta la differenza che separa la situazione del cronometraggio in una fabbrica capitalistica da quella di una determinazione collettiva nel caso di una gestione operaia... Il lavoro che noi proponiamo si fonda sull'idea che il proletariato sia impegnato in una esperienza progressiva che tende a far saltare il quadro dello sfruttamento; non ha dunque senso che per gli uomini che partecipano a tale esperienza”. Questo lavoro avrebbe dovuto rivolgersi, secondo “Socialisme ou barbarie”, alle relazioni dell'operaio verso il suo lavoro, ai rapporti con gli altri operai e con gli altri strati sociali, ai legami operai con la vita sociale al di fuori della fabbrica, con una tradizione ed una storia propriamente proletarie, ed alla sua conoscenza, della società totale». (Enzo Campelli, Note sulla sociologia di Danilo Montaldi: alle origini di una proposta metodologica, La Critica Sociologica, n. 49, 1979. Per i passi citati da Campelli cfr. C. Lefort, L'expérience prolétarienne, in Socialisme ou barbarie, n. 11, 1952.)

E alla forte influenza esercitata Lefort si rifà anche Luigi Parente nel suo studio su Montaldi e il Sessantotto:

«Sulla condizione operaia in particolare egli si rifà al metodo di C. Lefort, il quale contesta l'economicismo dell'operaio, e di conseguenza anche la pratica corrente dei marxisti di leggere il solo aspetto politico dell'organizzazione del proletariato, mentre è stato inspiegabilmente trascurato - a dire dello stesso teorico di «Socialisme ou Barbarie» - come gli uomini, posti nelle condizioni del lavoro industriale, si appropriano di questo lavoro e vi costruiscono le proprie .relazioni con il resto della società. È questo l'assunto di base de L'expérience prolétarienne di Claude Lefort, in «Socialisme ou Barbarie», n. 11, dicembre 1952 (…) la novità che emerge dalla sua proposta è nella direzione del superamento del rimosso del marxismo ortodosso verso la socialità operaia, che contraddistingue la vita dell'operaio sia all'interno che all'esterno del mondo della fabbrica. “Questa classe non può essere conosciuta che da se medesima - è la conclusione del teorico francese che rimarrà come è noto il leit-motiv dell'analitica sociale di Montaldi - che alle condizioni che colui che interroga ammetta il valore dell'esperienza proletaria, metta radici nella situazione e faccia suo l'orizzonte sociale e storico della classe”.»(Luigi Parente, Il sessantotto e Danilo Montaldi. In L. Parente (a cura di), Danilo Montaldi e la cultura di sinistra del secondo dopoguerra, Napoli, La Città del Sole, 1988, pp. 53-54)

Un concetto dunque, largamente condiviso anche se non mancano le obiezioni di chi, come Toni Negri, tende a relativizzare l'influsso lefortiano contrapponendogli una presunta “pratica padana”:

« Non v'è dubbio che Danilo avesse ben masticato ed assimilato le discussioni francesi, sia politiche che di metodo, che invariabilmente facevano centro su Socialismo ou Barbarie: ma la "conricerca" di Montaldi, è qualcosa di più, è una pratica tutta "padana". Intendo dire che "conricerca" è qui un atteggiamento che oggi potremmo chiamare "biopolitico" un'immersione radicale dentro le contraddizioni soggettive, antagoniste, della società "padana" in feroce trasformazione sotto un'irresistibile pressione capitalista. »

Ma il rapporto con i “sociobarbari” non si limita al tema, assai controverso, della paternità del metodo della conricerca, ma tocca l'ambito ben più vasto di come, dopo il sostanziale fallimento del comunismo terzinternazionalistico in tutte le sue componenti, trotskista e bordighista incluse, debba porsi il problema del partito.

«È proprio grazie all’influenza di Socialisme ou Barbarie- annota Arturo Peregalli - che Montaldi inizia a riflettere sul problema del partito, o meglio, come di diceva allora, sull’organizzazione della classe. Egli pensa alla formazione di un’organizzazione basata sull’attività politica cosciente dei rivoluzionari, dentro le esperienze di lotta, di vita, di rapporti sociali con la classe. L’elaborazione della teoria del partito viene intesa come sintesi del momento pratico, attivo, cosciente e antagonistico dell’esperienza diretta proletaria. Montaldi dirà che gli aderenti a questo partito devono essere dei militanti organici non al partito, ma alla classe.» (Arturo Peregalli, Danilo Montaldi nella storia del movimento operaio, p 5. www.aptresso.org)

(Dalle bozze provvisorie di: Danilo Montaldi (1929-1975). Vita di un militante politico di base)