TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 16 agosto 2022

Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi

 


Giorgio Amico


Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi

2. L'espatrio in Austria

Nel suo sintetico lavoro su Pappalardi Dino Erba sostiene che questi «nel dicembre 1922 espatriò in Austria con Luigi Bello, un compagno di Castellamare che, dopo essere stato licenziato dall'Ilva, aveva svolto attività nel sindacato dei pastai e dei mugnai». La cosa ovviamente é impossibile considerato che, come si è visto, fino agli inizi del 1923 il dirigente comunista è ancora a Napoli, dove viene arrestato il 5 febbraio. L'errore nasce da una dichiarazione rilasciata alle autorità di polizia proprio da Luigi Bello, che in piena guerra, nel 1941 viene arrestato dalla polizia di Vichy e estradato in Italia. Ricondotto a Napoli e duramente interrogato agli inizi del 1942 il Bello ricostruisce la sua quasi ventennale vita in clandestinità all'estero, dichiarando agli agenti della polizia politica di essere espatriato con Pappalardi nel novembre 1922. Sono passati quasi vent'anni, forse il Bello confonde le date, più probabilmente mescola nella sua confessione verità e menzogna per intorbidare le acque e proteggere chi lo aveva aiutato ad espatriare. Non lo sappiamo, resta il fatto che Erba si sbaglia, nel dicembre 1922 Pappalardi è ancora in Italia.

In realtà l' ex segretario della Camera del Lavoro era espatriato qualche mese più tardi nella primavera del 1923 subito dopo essere stato rilasciato. Oltrepassato il confine austriaco, Pappalardi e Bello si erano stabiliti per un breve periodo a Vienna probabilmente a casa di Torquato Lunadei anche lui politicamente molto vicino a Bordiga, già delegato del Pcd'I al Quarto Congresso dell'Internazionale comunista e poi fiduciario a Vienna del Partito comunista, incaricato proprio di gestire oltre che i rapporti con il Partito comunista austriaco anche l'accoglienza dei rifugiati italiani.

Ma perché proprio Vienna? La risposta la troviamo in un lungo studio di Renato Monteleone dedicato all'emigrazione politica italiana verso la capitale austriaca nel 1923:

«Gli arresti di febbraio avevano inferto un durissimo colpo all'organizzazione di partito, liquidando il grosso dei dirigenti. […] Nel frattempo, mentre incalzava la persecuzione poliziesca, era cominciato un intenso movimento di espatrio di comunisti o comunque di oppositori al regime, decisi o disposti a continuare all'estero la lotta antifascista. Per la sua posizione geografica Vienna sembrò prestarsi bene come punto d'appoggio per questa emigrazione politica, specie per quanti intendevano congiungersi coi centri operanti nell'Europa centrale o dirottare verso l'Unione Sovietica. Ma è probabile che nel puntare sulla capitale austriaca ci fosse (almeno inizialmente) anche una certa esagerata aspettativa dalle posizioni di potere detenute dai “rossi”.

Bisogna però anche ricordare che fin dal 1919-'20 socialisti e comunisti italiani avevano avuto diverse occasioni per prendere contatto con i compagni viennesi. Anzi, in quegli anni in cui si trattò di riallacciare i collegamenti internazionali in Europa e con l'Unione Sovietica, Vienna fu una delle principali “stazioni” nella rotta dei corrieri clandestini che facevano la spola tra l'Italia e Berlino e Mosca. Nella direzione di Vienna anche Innsbruck fu un importante centro di transito e tale rimase nel 1923, tanto che il PCI vi inviò un suo fiduciario, Ernesto Tamburini, con l'incarico di assistere e di istradare verso la Germania i profughi politici dell'Italia.

Questa precededente attività clandestina spiega la presenza a Vienna di gruppi di comunisti e socialisti italiani, costituitisi già da qualche anno sia pure in modo instabile (perché le partenze e gli arrivi si susseguivano con una certa frequenza).» Il dato è confermato da una lettera del 2 marzo 1923, con cui Gramsci e Gennari da Mosca informano il comitato esecutivo del Pcd'I che l'esecutivo allargato del Comintern ha deciso di aprire suoi Uffici a Berlino e a Vienna. L'Ufficio di Vienna è incaricato in particolare di aiutare il Partito italiano nell'organizzazione del lavoro illegale. Inoltre si creerà un « Comitato di soccorso » per i rifugiati italiani come copertura dell'attività illegale dell'ufficio.

Il soggiorno dei due militanti stabiesi fu comunque di breve durata. A metà maggio Lunadei comunicò alla direzione del partito che i «compagni di Napoli, Papalardi [sic] ed amico, sono già partiti per B. [Berlino]».

2. continua