TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 18 agosto 2022

Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi. 3 Il periodo berlinese

 


Giorgio Amico

Un rivoluzionario dimenticato. Michelangelo Pappalardi 3

Il periodo berlinese


A Berlino Pappalardi entra in contatto con elementi della «Sinistra tedesca» e per un breve periodo rappresenta il Pcd'I presso il Partito comunista tedesco (Kpd).

Agevolato dalla buona conoscenza della lingua tedesca, che parla e scrive con grande proprietà, egli ha probabilmente i primi contatti diretti con Karl Korsch, intellettuale di punta del partito, professore ordinario di diritto civile e del lavoro presso l'università di Iena, deputato al Parlamento di Turingia e ministro della giustizia nel «governo operaio del Land». Da Berlino Pappalardi tiene informato Bordiga del dibattito in corso nel partito tedesco e dei forti contrasti che iniziano a manifestarsi anche nei confronti dell'Internazionale e del partito russo dove si sta affermando sempre più la leadership di Stalin.

Berlino era allora un crocevia della politica europea, soprattutto per le forze della sinistra rivoluzionaria e della destra estrema. Emissari del Comintern e rappresentanti dei vari partiti comunisti si mescolavano agli esiliati controrivoluzionari russi e ad esponenti dei più vari movimenti revanscisti tedeschi. Come racconta Mauro Canali nella sua documentatissima ricerca sulle spie dell'OVRA, a Berlino Pappalardi incontrò Vanni Buscemi, un giovane comunista di Mazara del Vallo

Poco tempo prima, il 13 marzo 1923, il giovane era stato arrestato mentre tentava di passare clandestinamente il confine con la Francia a Ventimiglia. Il 19 marzo Canuto Rizzatti, prefetto di Porto Maurizio, inviò un'informativa ''urgentissima'' alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza il cui oggetto era ''l'arresto del comunista Buscemi Giovanni''. La relazione identificava Buscemi come ''comunista, propagandista, antimilitarista'' per proseguire sottolineando: ''Il Buscemi all'atto dell'arresto chiese di essere tradotto in questo capoluogo dicendo di dover fare rivelazioni di indole politica. Interrogato, rilascio' un 'Pro Memoria', nel quale si fa cenno a varie circostanze politiche, che sono state trasmesse alle autorità competenti per gli opportuni provvedimenti''. Da quel momento Buscemi era passato al servizio della polizia politica che favorì il suo espatrio in modo da utilizzarlo come informatore negli ambienti dell'emigrazione comunista almeno fino al 1928 quando si trasferì negli Stati Uniti dove iniziò una carriera di sindacalista socialdemocratico e anticomunista al servizio degli apparati polizieschi e di spionaggio americani. Pappalardi non parlò mai di questo incontro. Montana invece ne trattò nella sua autobiografia:

«A Berlino incontrai il Prof. Michele Pappalardo [sic], un fanatico che seguiva Bordiga. Era un napoletano e conosceva un po’ di tedesco. Arrivò da Vienna Toni Ribarich. Due ex deputati comunisti, Misiano ed Ambrogi, dedicavano il miglior tempo a fare i cascamorti davanti alle ragazze dei negozi, comprando baci ‘con l’incollish’, dicevano».

Dunque Pappalardi si inserisce negli ambienti comunisti berlinesi dimostrando buone doti politiche tanto che l'Internazionale comunista progettò di spostarlo negli Stati Uniti per lavorare allo sviluppo delle attività del Partito comunista all'interno della comunità italoamericana, ma poi per motivi imprecisati non se ne fece nulla. Un episodio, come tanti altri nella vita di Pappalardi, su cui ancora oggi si conosce molto poco. Così come nulla si sa dei motivi che lo convinsero a trasferirsi in Francia, ancora una volta accompagnato da Luigi Bello.

Secondo Dino Erba, autore dell'unica ricerca su Pappalardi purtroppo infarcita di errori e imprecisioni, dopo il fallimento dell'Ottobre tedesco Pappalardi avrebbe deciso di abbandonare Berlino e di riparare in Francia. In realtà il passaggio in Francia avvenne nel mese di settembre, esattamente un mese prima del precipitare della situazione tedesca. Il dato è certo. Il 22 settembre 1923 Michelangelo Pappalardi e Luigi Bello sono fermati dalla polizia di Basilea e trovati privi di documenti validi sono arrestati. Il 25 settembre il Dipartimento di polizia di Basilea chiese informazioni su Luigi Bello alla Questura di Napoli che rispose in data 17 ottobre fornendo i dati richiesti e che sui due non esistevano carichi pendenti. Pappalardi e Bello dichiararono di essere esuli italiani e che la loro intenzione non era di fermarsi in Svizzera ma di passare in Francia. Di  conseguenza i due furono rilasciati ed espulsi dal territorio elvetico.  

3. continua