TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 23 settembre 2010

Da leggere: Il Dottor Antonio di Giovanni Ruffini


Monet, Bordighera (1884)

Il Dottor Antonio, scritto in inglese da Giovanni Ruffini (originario di Taggia, patriota mazziniano esule in Inghilterra) e pubblicato ad Edimburgo nel 1855, rivelò agli inglesi la bellezza della Riviera di Ponente. "E' un fatto" dirà nel 1903 Edmondo De Amicis, assiduo ospite di Bordighera "che fra i primi inglesi che vennero qui a passare l'inverno non c'era nessuno che non avesse letto «Il Dottor Antonio»".
Del romanzo - una tenera e disperata storia d'amore e patriottismo – pubblichiamo l'incipit e un passo del XIII capitolo.

Giovanni Ruffini

Il Dottor Antonio


In un bello e splendido giorno di aprile del 1840, una elegante carrozza da viaggio tirata da quattro cavalli di posta correva di pien galoppo nella strada della Cornice, famosa fra gli eleganti giramondo: strada, come ognun sa, che percorre da Genova a Nizza tutta la riviera di ponente.

Poche strade più belle di questa sono in Europa; - e poche certamente, come questa, riuniscono in sè tre condizioni di bellezza naturale: il Mediterraneo da un lato, dall'altro gli Appennini, e di sopra il puro cielo d'Italia. Per sovrappiù, l'industria dell'uomo ha fatto ogni sforzo, se non per superare, almeno per non rimanere inferiore alla natura. Un seguito di città e di paeselli, alcuni graziosamente stesi sulla riva, bagnati ai piedi dalle onde argentine; altri sparsi come una mandra di bianche agnelle sui fianchi della montagna, o pittorescamente elevati sulla cima di una catena di monti sublimi; qua e là qualche santuario sospeso in alto sopra uno scoglio bagnato dal mare, o mezzo perduto sulla collina fra il verde del bosco; palazzi marmorei, e ville dipinte sorgenti fra vigneti aprichi, giardini vagamente fioriti, e boschetti di aranci e di limoni; un'infinità di bianchi casini con gelosie verdi, sparsi per i clivi di quei colli, sterili un tempo, ora coperti di terrazzine, l'una sull'altra elevate a raccorre il poco terreno, e vestiti in cima di oliveti; tutto insomma quanto v'è, creazione della mano dell'uomo, mostra l'operosità e l'industria di una razza di popolo vigorosa e gentile.

Costretta lungo la costiera capricciosamente dentata, la strada va innanzi irregolare e serpeggiante; talora a livello col mare fra spalliere di tamerici, aloè ed oleandri: talora su qualche scosceso fianco di monte, in mezzo a nere foreste di pini, sorgenti in tanta altezza che l'occhio ritraesi spaventato dal guardare l'abisso soggetto; qua nascosta dentro gallerie scavate nel vivo sasso; là scoperta fra una lunga estensione di terra, di cielo e di acqua; talora rivolta verso la terra quasi volesse aprirsi il passo fra il monte; tale altra piegata all'improvviso in opposta direzione quasi volesse precipitarsi a capofitto nel mare. La varietà della prospettiva derivata da quella continua mutazione di punti di vista, richiama all'idea le infinite vedute di una lanterna magica. Se ci venisse fatto dare a questo abbozzo un pochino - soltanto un pochino del reale colorito locale - faremmo una maravigliosa pittura! Ma non possiamo. Ritrarre quest'atmosfera trasparentissima, l'azzurro dilicato del cielo, e l'azzurro cupo del mare, e le dolci graduazioni della tinta di queste montagne ondeggianti, che l'una sull'altra si elevano, vince il potere della parola. Appena vi basterebbe il pennello di D'Azeglio, o di Stanfield.



Una mirabile estensione di coste ondulate di colline sopra un fondo di alte montagne distese in semicircolo da levante a ponente; e di tratto in tratto interrotte da capi e baje, e seminate di città e villaggi singolarmente caratteristici: -Ventimiglia colla sua corona di castelli del medio evo smantellati; - Mentone si gaja sulla riva aprica; - Roccabruna così ben chiamata dalle scure e accigliate sue tinte; - Turbia e il suo monumento romano, memoria del più grande impero che sia
stato in terra, la quale ora adombra sotto di sè il diminutivo principato di Monaco; - Villafranca e il suo faro. Più in là, correndo a mezzodì, traspariva vaporosa in distanza la lunga e bassa striscia delle coste di Francia, con Antibo alla sua estremità; e più in là ancora a ponente, le fantastiche linee azzurre dei monti di Provenza. Qua e là una cima nevosa spiccava arditamente fra le altre; si sarebbe detta qualche canuta alpe progenitrice affacciatasi a vedere se tutto andasse bene tra i suoi più giovani rami.

Gli occhi e l'animo di Lucy tacitamente facevano festa a questa prospettiva; sulla quale le calde tinte del sol cadente projettavano un magico splendore d'indicibile effetto. E come il sentimento delle bellezze fra le quali viveva, ogni dì cresceva più forte nella nostra gentil giovane inglese; a grado a grado incominciò a trovar vane e inadeguate ad esprimere i suoi sentimenti, le stabilite usuali formole di ammirazione, che aveva tanto profuso da principio. Sir John, benchè da lungo tempo famigliare a questa scena, era invece entusiasta nel lodarla; e finiva lamentandosi che l'osteria non fosse da questa parte del Capo di Bordighera.

Ma il golfo di Spedaletti, e que' tre noti promontorii a levante, trovarono un caldo avvocato in Lucy, la quale difendeva la loro superiorità. Confessava che la veduta verso le coste della Francia era più svariata ed estesa; ma dichiarava che non aveva quell'armoniosa unità e il carattere di melanconica grandezza onde era distinta la veduta dell'osteria. - «Un pittore,» disse Lucy, «potrebbe preferire la prima; ma un poeta, ne son sicura, troverebbe quest'ultima più ferace di pensieri e d'immagini insinuantisi nel cuore.»