Giorgio
Amico
Il
processo ai Templari e lo scioglimento dell'Ordine
Nel 1099 la
conquista della Palestina e di Gerusalemme fa aumentare enormemente
il numero dei pellegrini diretti in Terrasanta. Molti erano privi di
risorse, molti si ammalavano lungo il viaggio, inoltre le vie di
comunicazioni marittime e terrestri restavano insicure. Nascono così
ordini religiosi allo scopo di proteggere i pellegrini, ospitarli,
dar loro cure mediche. Come l'ordine dell'Ospedale di S. Giovanni di
Gerusalemme, riconosciuto dal Papa nel 1113 anche se già nel 1048 il
Beato Gerardo di Amalfi aveva ottenuto dal Califfo d'Egitto
l'autorizzazione a costruire un ospedale in Gerusalemme.
Nel 1118
nasce l'Ordine dei “Poveri commilitoni di Cristo e del Tempio di
Salomone”, più comunemente conosciuto come Templare dal fatto che
il loro quartier generale era ubicato nel luogo ove in antico sorgeva
il Tempio di Gerusalemme costruito da Salomone e distrutto dai romani
nel 70 dC.
Quello del
Tempio è fin dalle origini un ordine di monaci combattenti,
destinato a proteggere i pellegrini dagli attacchi dei mussulmani.
Come gli altri monaci fanno voto di castità e ubbidienza, ma sono
prima di tutto guerrieri, l'élite della nobiltà feudale.
Presto
l'Ordine del Tempio diventa una potenza senza rivali nel mondo
cristiano. Padrone di terre, fattorie, castelli in tutta Europa.
Dalle sue Commende un flusso incessante di risorse affluisce in
Terrasanta passando per Parigi , vero quartier generale in Occidente
dell'Ordine.
Rapidamente
l'Ordine acquisisce una posizione privilegiata nei rapporti fra
cristianità e Terrasanta, grazie alla sua organizzazione e al
rispetto che lo circonda, l'Ordine emette lettere di credito (la
prima forma di assegno) che sono accettate in ogni paese cristiano e
permettono ai mercanti e ai pellegrini di spostarsi da un luogo
all'altro senza portare con sé grandi somme di denaro.
Il Tempio di
Parigi, in particolare, diventa il centro europeo della finanza e per
il re di Francia una sorta di banca cassiera, fornendo per un secolo
prestiti alla corona.
Sempre più
ricco, l'Ordine acquisisce straordinari privilegi da papi e sovrani
in forza dei quali diventa un'istituzione sottomessa solo al papa,
totalmente indipendente da ogni altra autorità religiosa o politica,
esente da tasse e da obblighi di qualunque natura. Grazie a ciò
l'Ordine acquisisce il controllo di larga parte del traffico
marittimo verso la Terrasanta, si fornisce di una grande flotta,
gestisce porti e scali, scatenando le gelosie delle corporazioni dei
mercanti, dei banchieri e delle repubbliche marinare italiane.
Quando nel
1209 con la caduta di Acri la Terrasanta ritorna sotto il controllo
mussulmano, l'Ordine Templare perde la sua ragione d'esistere. Mentre
gli Ospedalieri di San Giovanni continuano sul mare la lotta contro
l'Islam (prima a Cipro, poi a Rodi e infine a Malta), i Templari (con
l'eccezione di Spagna e Portogallo dove partecipano alla guerra di
riconquista contro i Mori) sono ormai solo un Ordine enormemente
ricco dedito a traffici di ogni tipo, composto in larga parte di
cavalieri francesi e con il suo centro a Parigi, dove risiede il Gran
Maestro.
Terminata
l'epoca d'oro delle crociate e il fervore religioso che le animava la
ricchezza e il potere dei Templari, spesso ostentati con grande
arroganza, iniziano a essere guardati con sospetto soprattutto da chi
come Filippo IV di Francia, si era votato interamente a consolidare
l'unità del regno intorno alla corona e ad un apparato
amministrativo centralizzato, embrione del nascente stato nazionale
moderno, non più dipendente dalla Chiesa o dalla aristocrazia.
Un impegno
che richiedeva la disponibilità continua di grandi somme di denaro e
la messa sotto controllo del potere ecclesiastico. Indebitato con il
Tempio, che dal 1285 finanzia la sua politica, fortemente contestato
dal popolo di Parigi (dopo una svalutazione particolarmente pesante
della moneta, nel giugno 1306, il re era di misura sfuggito alla
folla inferocita che aveva invaso la reggia, rifugiandosi nella sede
dell'Ordine), Filippo decide di scaricare il malcontento sugli ebrei.
Il 22 luglio 1306 in tutta la Francia gli ebrei, accusati di
complottare contro il re e la cristianità, vengono arrestati, i
loro beni confiscati e poi venduti all'asta a beneficio della corona,
i loro affari trasferiti alle banche italiane a cui il re si è
rivolto per diminuire il peso finanziario dei templari; molti vengono
uccisi, gli altri espulsi dal Regno. L'operazione è un successo, ma
non basta. Il re mira più in alto. La persecuzione e cacciata degli
ebrei diventa' la prova generale dell'attacco in preparazione al
Tempio.
Filippo sa
bene che fino a che il Tempio fosse sopravvissuto come istituzione
autonoma il potere regio non si sarebbe mai potuto pienamente
affermare. Questo, unito al bisogno drammatico di recuperare fondi,
convince il re a superare ogni indugio e ad agire, consapevole
dell'appoggio di gran parte della nascente borghesia bancaria e
commerciale, ansiosa quanto lui di scrollarsi di dosso vincoli
feudali sentiti ormai come obsoleti.
Il 13
ottobre 1307 i templari vengono arrestati su tutto il territorio del
Regno e delle sue dipendenze italiane. In quel momento l'Ordine conta
circa 4000 membri, di cui la metà in Francia. I cavalieri sono
qualche centinaio.
L'accusa è
terribile: i cavalieri praticano riti segreti in cui rinnegano
Cristo, si danno a pratiche contro natura, adorano un idolo. In una
parola l'Ordine del Tempio da primo difensore della cristianità si è
ormai trasformato in una setta segreta di eretici dediti
all'adorazione di Satana.
Sottoposti a
feroci torture molti cavalieri confessano quanto viene loro imputato
dagli inquisitori. Via via si aggiungono nuovi particolari: l'idolo
veniva unto con il grasso di neonati arrostiti, i corpi dei templari
deceduti erano arsi e le loro ceneri usate per preparare pozioni
magiche, Satana in persona in forma di gatto presiedeva le riunioni
capitolari accompagnato da demoni in forma di fanciulle con cui i
cavalieri si accoppiavano in orge abominevoli. Sono le stesse accuse
rivolte un secolo prima a catari e valdesi, che vengono ora riprese
dagli inquisitori con lo stesso intento: discreditare l'Ordine,
scatenare una campagna d'odio nei suoi confronti, giustificare
l'eliminazione fisica dei suoi membri. Filippo deve sopprimere
l'Ordine per incamerarne le ricchezze, doveva quindi dimostrare che
non si tratta di semplici deviazioni di qualche Templare anche
illustre, ma che l'Ordine stesso si è trasformato in una setta
eretica. Tutti i templari, qualunque sia il ruolo rivestito, sono
dunque colpevoli. I verbali dell'inquisizione ritornavano utili e
furono abbondantemente utilizzati.
Colpire il
Tempio significa colpire il Papato. Filippo agì al di fuori delle
norme vigenti senza richiedere, come previsto, l'autorizzazione
preventiva del Papa. Egli sapeva di poterlo fare. Il pontefice,
Clemente V, era un francese, doveva a lui la sua elezione e risiedeva
ad Avignone e non a Roma. Il Re ignorò ogni norma e consuetudine:
non furono rispettate le immunità di cui i cavalieri godevano, gli
inquisitori erano di nomina regia, agli accusati non fu permesso di
difendersi.
Tenuti in
isolamento, agli arrestati fu promesso che se avessero confessato
sarebbero stati risparmiati e riconciliati con la Chiesa. Le prime
confessioni produssero confessioni a catena. Chi non si piegava
veniva torturato. Nella sola Parigi 36 prigionieri morirono sotto
tortura.
Nel
frattempo fu avviata una grande campagna propagandistica contro
l'Ordine utilizzando francescani e domenicani da sempre ostili al
Tempio.
Ben presto
anche i vertici cedettero: il 25 ottobre 1307 il Gran Maestro Jacques
de Molay ammise tutte le colpe senza essere sottoposto a tortura.
Nonostante
la sua sudditanza nei confronti del Re, Clemente V non si mostrò
agli inizi convinto delle accuse. Infuriato dalla mancanza di
rispetto del Re nei suoi confronti, all'inizio del 1308 rifiutò di
sopprimere l'Ordine, affermò che gli inquisitori regi non avevano il
potere di indagine e riservò a se ogni decisione in merito. Filippo
rispose intensificando la propaganda antitemplare e convocando prima
gli Stati Generali a Tours e poi una grande assemblea dei vescovi di
Francia a Poitiers con l'intento di intimidire il Papa. Clemente V
cedette e abbandonò ogni velleità di opporsi al Re. Per salvare la
faccia costituì commissioni papali nei vari paesi per investigare
direttamente. Fuori del regno di Francia l'iniziativa non ebbe
praticamente seguito, i Templari non furono perseguiti o, se lo
furono, risultarono assolti o sottoposti a lievi penitenze per colpe
minori. In Francia le conseguenze di questa decisione papale furono
significative: interrogati dagli inquisitori papali gran parte dei
cavalieri ritrattarono le confessioni dichiarando che queste erano
state loro estorte sotto tortura o con la promessa dell'impunità.
Filippo fu
costretto ad intervenire e costrinse il papa a nominare un giovane di
22 anni, fratello di un suo cortigiano, vescovo di Parigi. Questi,
nella sua veste di inquisitore di Francia, condannò al rogo come
eretici relapsi i cavalieri che avevano ritrattato, facendone
bruciare circa 120. Sempre su pressione del Re, il Papa convocò un
Concilio ad Avignone per condannare l'Ordine. Ma i cardinali
rifiutarono di pronunciarsi per mancanza di dati certi. La cosa
rischiava di andare per le lunghe, Filippo aveva fretta di concludere
anche perché crescevano le perplessità e i dubbi fra aristocratici
e grandi borghesi. Il 22 marzo 1311, su richiesta del re, Clemente V
emanò un atto pontificio che sopprimeva l'Ordine e trasferiva le sue
proprietà agli Ospitalieri, ma in Francia si trovò ben poco essendo
gran parte dei beni già stati requisiti dalla monarchia.
Nel maggio
1312 Clemente si pronunciò in merito ai cavalieri sopravvissuti.
Eccettuati i relapsi (cioè coloro che avevano ritrattato), essi
dovevano essere relegati in monastero per passarvi in penitenza il
resto dei loro giorni. I principali dignitari dell'Ordine furono
invece condannati al carcere a vita.
Il 18 marzo
1314 i quattro alti dignitari comparvero davanti al Re e al popolo di
Parigi per sentire proclamata la sentenza. Il Gran Maestro Jacques de
Molay dichiarò solennemente che l'Ordine era innocente dei crimini
ascrittigli, denunciò l'operato del Re e del Papa e affermò di
meritare la morte per aver confessato per paura delle torture. Il
precettore di Normandia, Geoffroi de Charnay si associò.
La reazione
di Filippo fu spietata: De Molay e Geoffroi de Charnay furono
immediatamente bruciati come eretici relapsi.
Così finiva
l'Ordine del Tempio e si concludeva il primo grande processo politico
della storia, un processo in qualche modo destinato a prefigurare nei
suoi lineamenti essenziali (la costruzione di un teorema accusatorio,
l'uso su larga scala di campagne propagandistiche, il terrore come
strumento di pressione, l'uso di una burocrazia professionale) i
peggiori aspetti di quello che sarebbe poi diventato nel XX secolo lo
Stato moderno, centralizzato e burocratico, nelle sua involuzione
totalitaria.
(2009)