TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 4 marzo 2020

Capitalismo e distruzione della natura. Greta Thunberg e Anton Pannekoek


Si discute molto di Greta Thunberg e della sua battaglia per uno sviluppo sostenibile. Molti, anche a sinistra, criticano la mancanza di una visione ecologica del marxismo visto sbrigativamente come una ideologia ottocentesca della crescita delle forze produttive. In realtà, come dimostra questo scritto del 1909 di Anton Pannekoek, eminente marxista olandese e uno dei padri del comunismo dei consigli, la questione era chiara nelle sue linee essenziali già agli inizi del secolo scorso. Anche in questo ambito la storia del Novecento conferma come la sconfitta dell'ondata rivoluzionaria degli anni Venti abbia comportato l'imbarbarimento della vita sociale in tutti i suoi aspetti compreso quello della sostenibilità ambientale. E questo paradossalmente a partire proprio dall'industrializzazione (capitalistica di Stato) forzata nell'URSS staliniana prima e nella Cina maoista poi.

Anton Pannekoek

La distruzione della natura (1909)*

Numerosi scritti scientifici lamentano con trepidazione la crescente distruzione delle foreste. Ma non è solo la gioia che ogni amante della natura prova per la foresta che deve essere presa in considerazione. Ci sono anche importanti interessi materiali, addirittura vitali per l'umanità. Con la scomparsa di grandi foreste, territori noti nell'antichità per la loro fertilità, densamente popolati, veri e propri granai per le grandi città, sono diventati deserti rocciosi. La pioggia ormai vi cade raramente, mentre devastanti piogge torrenziali distruggono gli strati sottili di humus che dovrebbero fertilizzarli.

Dove la foresta di montagna è stata spazzata via, i torrenti alimentati dalle piogge estive trasportano enormi masse di pietre e sabbia, che devastano le valli alpine, disboscano e distruggono i villaggi i cui abitanti non hanno colpa "del fatto che il guadagno personale e l'ignoranza abbiano distrutto la foresta nelle alte valli e nella regione delle sorgenti"

"Interesse personale e ignoranza": gli autori, che eloquentemente descrivono questo disastro, non si soffermano sulle sue cause. Probabilmente credono che sia sufficiente sottolineare le conseguenze per rimpiazzare l'ignoranza con una migliore comprensione del fenomeno e per annullarne gli effetti. Non vedono che si tratta di un fenomeno parziale, uno dei molti effetti del capitalismo, questo modo di produzione che è lo stadio supremo della ricerca del profitto.

Come è accaduto che la Francia sia diventata un paese povero di foreste, al punto da importare ogni anno centinaia di milioni di franchi di legname dall'estero e spendere molto di più per mitigare le disastrose conseguenze della deforestazione attraverso il rimboschimento delle Alpi? Sotto il Vecchio Regime, c'erano molte foreste demaniali. Ma la borghesia, al potere dopo la Rivoluzione francese, non ha visto in queste foreste demaniali che uno strumento di arricchimento privato. Gli speculatori hanno deforestato tre milioni di ettari di boschi per trasformare il legno in oro. Il futuro era l'ultima delle loro preoccupazioni, solo il profitto immediato contava.

Per il capitalismo tutte le risorse naturali hanno il colore dell'oro. Più velocemente vengono sfruttate, più il flusso d'oro si accelera. L'esistenza di un settore privato ha come effetto che ogni individuo cerca di trarne il maggior profitto possibile senza nemmeno pensare per un attimo agli interessi dell'umanità. Pertanto, ogni animale selvatico ha un valore monetario, qualsiasi cosa esistente in natura e in grado di produrre profitto è immediatamente oggetto di una corsa allo sterminio. Gli elefanti africani sono quasi scomparsi, vittime di una caccia sistematica per recuperare l'avorio. La situazione è simile per gli alberi della gomma, che sono vittime di un'economia predatoria in cui si stanno semplicemente distruggendo gli alberi senza ripiantarne di nuovi. In Siberia, si dice che gli animali da pelliccia stiano diventando sempre più scarsi a causa della caccia intensiva e che la specie più preziosa potrebbe presto scomparire.

In Canada, vaste foreste vergini sono ridotte in cenere, non solo dai coloni che vogliono coltivare la terra, ma anche dai "cercatori" in cerca di giacimenti di minerali preziosi; costoro trasformano i pendii delle montagne in rocce nude per ottenere una migliore vista d'insieme del terreno. In Nuova Guinea è stato organizzato un massacro di uccelli del paradiso per soddisfare il costoso capriccio di un miliardario americano. Le follie della moda tipiche di un capitalismo sprecone hanno già portato allo sterminio di specie rare; gli uccelli marini della costa orientale d'America devono la loro sopravvivenza solo a un rigoroso intervento statale. Tali esempi potrebbero essere moltiplicati all'infinito.

Ma le piante e gli animali non possono essere usati dagli umani per i loro fini? Qui, lasciamo completamente da parte la questione della conservazione della natura come si porrebbe senza l'intervento umano. Sappiamo che gli umani sono padroni della terra e che trasformano completamente la natura per i loro bisogni. Per vivere, siamo completamente dipendenti dalle forze della natura e dalle risorse naturali; dobbiamo usarle e consumarle. Questo non è ciò di cui stiamo trattando qui, ma solo del modo in cui il capitalismo ne fa uso.

Un ragionevole ordine sociale dovrà utilizzare i tesori della natura messi a sua disposizione in modo tale che ciò che viene consumato venga allo stesso tempo sostituito, in modo che la società non si impoverisca e possa arricchirsi. Un'economia chiusa che consuma gran parte delle semenze cerealicole sta diventando più povera e ha maggiori probabilità di fallire. Questo è il modo di gestione della natura del capitalismo. Questa economia che non pensa al futuro vive solo nel presente. Nell'attuale ordine economico, la natura non è al servizio dell'umanità, ma del capitale. A governare la produzione non sono le esigenze dell'umanità, ma l'appetito del capitale per il profitto, per l'oro.

Le risorse naturali vengono sfruttate come se le riserve fossero infinite e inesauribili. Con le conseguenze dannose della deforestazione per l'agricoltura, con la distruzione di animali e piante utili, appare la naturale limitazione delle riserve disponibili e il fallimento di questo tipo di economia. Roosevelt riconosce questo fallimento quando vuole convocare una conferenza internazionale per fare il punto sullo stato delle risorse naturali ancora disponibili e adottare misure per prevenire il loro spreco.

Naturalmente, questo piano in sé è un puro esercizio di retorica. Lo Stato può certamente fare molto per prevenire lo spietato sterminio di specie rare. Ma lo Stato capitalista è solo un triste rappresentante del bene comune perché deve piegarsi agli interessi essenziali del capitale.

Il capitalismo è un'economia senza cervello che non può regolare le sue azioni in base alla coscienza dei loro effetti. Ma la sua natura devastatrice non deriva solo da questo fatto. Nel corso dei secoli passati, gli esseri umani hanno sfruttato in maniera insensata la natura senza pensare al futuro di tutta l'umanità. Ma il loro potere era ridotto. La natura era così vasta e potente che con i loro mezzi tecnici limitati essi non potevano che infliggerle un danno circoscritto. Il capitalismo, invece, ha sostituito alla domanda locale la domanda globale, ha creato mezzi tecnici per sfruttare la natura.

Oggi sono enormi masse di materiale che subiscono colossali misure di distruzione e sono spostate da potenti mezzi di trasporto. La società sotto il capitalismo può essere paragonata alla forza gigantesca di un corpo privo di ragione. Nel momento in cui il capitalismo sviluppa un potere illimitato, allo stesso tempo devasta l'ambiente in cui vive in un modo privo di senso. Solo il socialismo, che può dare a questo potente corpo un pensiero e un'azione consapevoli, sostituirà contemporaneamente la devastazione della natura con un'economia ragionevole.

*Zeitungskorrespondenz. n° 75, 10 luglio 1909. Traduzione nostra dalla versione francese.