TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 13 marzo 2020

Se dietro la pandemia si intravede la vita




Nel Grande Tempo degli archetipi pandemia ed epidemia sono momenti legati comunque, per quanto negativi possano sembrarci, al ciclo dell’esistenza, che si rinnova anche in queste forme tragiche ed a volta terrificanti 

Raffaele K, Salinari

Se dietro la pandemia si intravede la vita

Il grande Houdini il mago della fuga, diceva spesso: «Se sapessi cosa viene dopo Abra, potrei sfuggire anche alla morte». Ora, ingenuamente, tutti penseremo a completare la magica parola ma, ovviamente, nulla di quanto auspicava il mago potrebbe accadere, perché? Semplicemente perché, come Houdini ben sapeva, noi abbiamo perduto il potere che nasce dalla conoscenza etimologica di quella magica parola che significa, letteralmente, «io creo ciò che dico». Ma il logos, la parola creatrice, mantiene in potenza tutta la sua forza poietica, che viene messa in atto ogni qualvolta la pronunciamo.

Ecco, allora, che certe parole usate per definire una condizione che oggi tocca direttamente ognuno di noi, vanno comprese nella loro forza etimologica, appunto perché il loro potere sia nelle nostre mani e ce ne si possa servire anche in funzione positiva.

Oggi due di queste parole sono «epidemia» e «pandemia», entrambe con lo stesso etimos, entrambe con un suono altamente negativo per ciò che veicolano e, dunque, ancora più bisognose di essere capovolte, o almeno rimodulate nel loro significato.

«Epidemico» significa «sulla popolazione»; sin qui nulla di nuovo, ma forse è più interessante richiamare la divinità del mondo antico associata a questa parola: Dioniso. Quando il dio fa il suo ingresso in una comunità a lui ignota, immediatamente il suo culto dilaga contagiando persone di ogni estrazione sociale, proprio come un virus sconosciuto. Perciò viene definito il dio epidemico. Eppure una delle ragioni del successo del suo culto stava proprio nell’unicità del suo rapporto con chi venerava, un rapporto personale ed al tempo stesso universale, com’è appunto la malattia.

Ma Dioniso è soprattutto il dio che rappresenta l’archetipo della Vita indistruttibile, di quella ciclicità dell’esistenza che egli incarna attraverso una caratteristica veramente scandalosa: Dioniso è un dio che muore; muore per rinascere, come ci insegna la Natura Naturans nella varietà delle sue forme.

L’altra parola, per certi versi, è ancora più potente: pandemia. Certo il prefisso di origine greca indica la totalità dell’infezione ma, ancora una volta, nella parola stessa troviamo una sorta di contravveleno, un germe positivo di speranza. Anche qui ci riferiamo ad un dio antico, quel Pan che governa ed esprime le forze naturali, primigenie.

Plutarco in un suo scritto chiamato De defectu oraculorum, riporta la cronaca di un episodio narratogli da un certo Epiterse: «All’improvviso dalla nebbia sul mare si sentì una voce dall’isola di Paxos. Quando sarai a Palodes, annuncia che Pan il grande è morto. Quando infine giunsero a Palodes, non un soffio di vento, non un’onda. Allora Thamus, a gran voce, dalla poppa della nave e rivolto verso la terra, annunciò che il grande Pan era morto. Ed egli non aveva quasi finito, che si levò un lamentoso pianto, non di uno solo, ma di molti, misto a stupore. E siccome molti uomini vi erano presenti, ben presto la voce si sparse per Roma. L’imperatore Tiberio, allora, mandò a chiamare Thamus, e tanta fu la sua fede nel racconto del marinaio che volle informarsi e fare indagini su questo Pan: i filologi di corte congetturarono che fosse il figlio di Ermes e Penelope».

Un altro dio che muore, un’altra divinità legata alla Natura. Ma il grande dio Pan non è mai morto, molti lo incontrano nei momenti meno opportuni della loro vita, quando un attacco di panico li gela sul posto e li rende incapaci di qualsiasi azione. E allora, in conclusione, queste brevi ascendenza mitologiche, cosa ci dicono?

Noi sappiamo, o dovremmo sapere, che il mito viene ben prima della storia ma, soprattutto, che la travalica ponendosi nel Grande Tempo degli archetipi. E dunque pandemia ed epidemia sono momenti legati comunque, per quanto negativi possano sembrarci, al ciclo dell’esistenza, che si rinnova anche in queste forme tragiche ed a volta terrificanti.

Eppure, se riusciamo a cogliere i fenomeni nel loro divenire ciclico, nella logica della Zoè, della Vita senza aggettivi né forme caratterizzate, la paura e l’ansia, grandi nemiche della lucidità ed anche delle difese immunitarie, si attenuano, dandoci una forza d’animo che forse è il presidio più potente contro il morbo: questa è la volontà di vivere come la Vita ci dice di fare.

il Manifesto - 13 marzo 2020