Lo stalinismo nel
movimento operaio italiano
Togliatti, Ingrao e
l'impiccagione del capo della rivoluzione ungherese Imre Nagy
Alle
cinque del mattino del 16 giugno 1958 i tre principali dirigenti del
governo rivoluzionario ungherese, abbattuto dai carri armati russi
nel novembre 1956, Imre Nagy, Pál Maléter e Miklós Gimes venivano
impiccati nel cortile del carcere di Budapest dopo un processo
segreto durato una sola settimana, da lunedì 9 a domenica 15
giugno.
In
realtà il processo era iniziato a febbraio, ma era stato sospeso per la richiesta ai dirigenti sovietici del segretario del PCI Palmiro Togliatti di rimandare tutto
a dopo le elezioni politiche italiane del 25 maggio per evitare che
l'immagine del partito ne uscisse troppo danneggiata in vista di una
campagna elettorale che si annunciava difficile.
Unanime
fu la protesta in Italia e all'estero contro le modalità del
processo e le condanne a morte, così come accesa fu la discussione
nel Parlamento italiano.
L'Unità
del 19 giugno dedicò la prima pagina ai fatti di Budapest. Sotto un
grande titolo "GRAVE DISCORSO DI PELLA IN UN INFUOCATO DIBATTITO
ALLA CAMERA. Il governo sfrutta la campagna anticomunista per
provocatorie iniziative contro la distensione", appaiono una
presa di posizione di Togliatti e l'intervento di Ingrao. Riportiamo
integralmente il primo documento e i passi salienti del secondo, a dimostrazione di come l'abbandono dei toni e delle tematiche staliniane fosse nel 1958 ancora di là da venire. Ma la cosa che ci stupisce di più è come, nonostante le continue prove di conformismo date nei momenti in cui si doveva avere il coraggio di scegliere, non ultima l'assenso alla cacciata dal partito dei suoi sodali de il Manifesto, si sia costruita da parte di una certa sinistra la leggenda, pervicacemente alimentata fino alla sua morte, di un Ingrao "eretico" e libertario .
G.A.
Giudizio di Togliatti
sulla sentenza Nagy*
Il compagno Togliatti ha
rilasciato la seguente dichiarazione a "Paese-Sera" :
Ho visto che deputati di
tutte le correnti, e a cominciare dai fascisti, naturalmente, hanno
fatto rumorose dichiarazioni a proposito del processo e della
condanna dei capi della rivolta ungherese del 1956. Per conto mio,
non ho nulla di particolare da dichiarare. So che i compagni che
dirigono dal novembre 1956 il partito e il governo ungherese hanno
avuto successo nella opera loro di restaurazione dello Stato
popolare, hanno risolto la maggior ' parte dei loro gravi problemi e
conquistato la fiducia della maggior parte delle classi lavoratrici.
Il tribunale che ha sentenziato è un organo popolare e
rivoluzionario. Ad esso spettava il compito di valutare i fatti e di
trarne le conseguenze.
Posso aggiungere soltanto
due considerazioni.
La prima è che in
Ungheria, nel 1956. si combatté con le armi per rovesciare il regime
popolare, per portare il paese nel campo degli imperialisti
staccandolo dal campo socialista. Comprendo che i reazionari, allo
scopo di ingannare qualcuno, chiamino "rivoluzionari"
questi che sono e rimangono i loro obiettivi. Non si pretenderà che
li chiamiamo in tal modo anche noi. La lotta in Ungheria fu dunque
una esasperata lotta politica e di classe, fra la reazione e un
regime popolare che dovette, alla fine, difendersi con tutti i mezzi.
Fra questi mezzi, non poteva non esserci un tribunale popolare
rivoluzionario per giudicare non già coloro che, ingannati e
trascinati dagli eventi, presero le armi, ma coloro che istigarono,
favorirono. diressero l'assurda e criminale sommossa del mese di
ottobre e i successivi atti insurrezionali. La lotta politica, quando
diventa aperta guerra di classe e guerra civile, ha le sue leggi
inesorabili, alle quali non si sfugge.»
La seconda considerazione
che intendo fare è che ancora oggi, nonostante la sconfitta subita
nel 1956, il blocco cosiddetto occidentale, capeggiato dagli Stati
Uniti d'America, pone come una rivendicazione e obiettivo
fondamentale il rovesciamento dei regimi popolari e socialisti
dell'Europa Orientale, a cominciare dall'Ungheria.
Non vi è stato sinora il
minimo indizio di dìstensione a questo proposito. Coloro che
strillano per le
condanne di Budapest sono
dunque anche degli ipocriti, in molti casi, perché vi sono tra di
loro parecchi che non solo hanno sempre applaudito alla lotta per
rovesciare i regimi popolari e socialisti, ma forse vi hanno anche
direttamente contribuito.
Circa il fatto che la
sentenza non seguì immediatamente. vorrei ricordare soltanto che da
noi. a quasi dieci anni di distanza, si è avuta la condanna
all'ergastolo (le nostre leggi escludono, infatti.
la pena di morte) per un
comandante partigiano che, nella guerra di popolo per la liberazione
dallo straniero. non aveva fatto altro che il suo dovere.
Il discorso del
compagno lngrao*
(...)
Coloro i quali guidano
questa campagna non sono mossi in alcun modo da sentimenti di umanità
o dall'amore per la libertà.
Siate sincero on. Pella:
ciò che vi muove non sono questi sentimenti, ma il fatto che siano
stati colpiti quei capi della controrivoluzione che voi desideravate
trionfassero con le armi, in Ungheria, sul regime di democrazia
popolare.
In altri termini, la
verità e che voi fate la vostra scelta di classe a favore dei
gruppi, capitalistici e reazionari.
Ebbene, noi facciamo la
nostra scelta di classe: l'abbiamo fatta in Ungheria. (...)
Cosa e avvenuto in
Ungheria? Vi e stata una rivolta armata diretta a rovesciare con le
armi il regime di democrazia popolare e nel momento in cui i capi
della controrivoluzionc avevano nelle mani il potere, non hanno
esitato a scatenare e a permettere la più selvaggia delle
repressioni.
Oggi voi qui protestate
contro il processo ai capi della controrivoluzione (...)
Onorevole Pella, ma per
fortuna in Ungheria (...) vi è stato chi ha avuto la forza di
sbarrare il cammino alle forze della controrivoluzione, secondo la
dura necessità del momento. Necessità dura, ma necessità.
(...)
Si è visto in questi
giorni come siano presenti, concrete e numerose le forze che vogliono
apertamente un regime di reazione e come queste forze lavorino, si
organizzino e agiscano. È dunque ipocrita scandalizzarsi se c'è chi
risponde a questi attacchi reazionari, si rifiuta di capitolare e
difende lo Stato e il regime dalle rivolte armate dei gruppi
controrivoluzionari. (...)
Noi ci auguriamo che la
sentenza di Budapest sia la fine di un periodo aspro e doloroso.
Dobbiamo però dire una parola chiara a tutti coloro che sono
preoccupati per le sorti della pace in questo momento e che vogliono
una distensione reale. (...)
Questo non si ottiene in
alcun modo associandosi a questo attacco contro il mondo socialista,
a questa campagna di divisione, ma respingendola, condannandola,
facendo comprendere quale è la scelta fondamentale che deve fare un
partito operaio e ogni democratico. (...)
Nel 1956 è stato
condotto un attacco forsennato contro di noi proprio sui fatti di
Budapest. Noi abbiamo affrontato la prova e siamo usciti da essa più
forti. (...)
* I titoli sono quelli originali