TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 6 dicembre 2020

Italo Calvino, studioso di fiabe 3. Dimenticare Disney per ricercare il volo magico dello sciamano

 


Giorgio Amico

Italo Calvino, studioso di fiabe 3. Dimenticare Disney per ricercare il volo magico dello sciamano


Come ogni materiale legato alla Tradizione la fiaba richiede una particolare attenzione da parte di chi le si avvicina. Il metodo suggerito da Calvino è guardare alle favole con occhi ottocenteschi, cercando di dimenticare gli stereotipi disneyani:

“E del resto, basta una sommaria scorsa a una qualsiasi raccolta fedele alla tradizione orale per capire che il popolo (parlo, beninteso, d'un popolo ottocentesco, che non ha conosciuto né le vignette di Chiostri ai "libri delle fate" Salani, né la Biancaneve di Disney, condizione di verginità che in qualche parte d'Italia esiste ancora) non "vede" le fiabe con le immagini che paiono naturali a noi, abituati dall'infanzia ai libri illustrati. Le descrizioni sono quasi sempre scheletriche, la terminologia è generica: nelle fiabe italiane non si parla mai di castello ma di palazzo; non si dice mai (o quasi mai) principe e principessa ma figlio del re, figlia del re”

Per Calvino le favole sono prima di tutto vere:

“le fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d'un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano”

Nelle fiabe raccolte da Calvino centrali sono alcuni temi. Prima di tutto l'ambientazione medievale:

“l'impronta medievale sulla fiaba popolare resta, e forte. Quanti tornei per la mano delle principesse, quante imprese da cavalieri, e quanti diavoli, quanta contaminazione con le tradizioni sacre! Si dovrà dunque necessariamente indagare come uno dei momenti più importanti della vita "storica" della fiaba, quello dell'osmosi tra fiaba ed epopea cavalleresca, che si può supporre abbia avuto un suo importantissimo epicentro nella Francia gotica e di lì abbia propagato la sua influenza in Italia attraverso l'epica popolare”.

Altro elemento forte, legato all'ambiente contadino dove, come si è visto, la fiaba si è conservata nei secoli, è la miseria che rappresenta il dato realistico da cui spesso il racconto prende inizio. Scrive Calvino:

“Di contro al mondo dei re, quello dei contadini. L'avvio "realistico" di molte fiabe, il dato di partenza d'una condizione d'estrema miseria, di fame, di mancanza di lavoro è caratteristico di molto folklore narrativo italiano”

Anche se può apparire strano, soprattutto alla luce un po' dolciastra dei film di Disney, l'amore gioca un ruolo minore nelle storie:

“Nelle fiabe – annota Calvino - non s'incontra quasi mai lo schema per noi più facile ed elementare di storia d'amore: l'innamoramento e le traversie per giungere alle nozze (forse solo in qualche triste fiaba sarda, del paese in cui si fa l'amore alla finestra, si sviluppa questo tema). Le innumerevoli fiabe di conquista o liberazione d'una principessa, trattano sempre di qualcuna che non s'è mai vista, una vittima da liberare per prova di valore, una posta da vincere in una giostra per adempiere a un destino di fortuna, oppure ci se n'è innamorati in un ritratto, o solo a sentirne il nome,(...) innamoramenti astratti o simbolici, che hanno del sortilegio, della maledizione”.

La cosa si spiega con il dato culturale che l'amore, inteso come innamoramento, è un elemento moderno, quasi assente nella tradizione. La favola tradizionale privilegia il sesso, spesso raccontato in modo diretto e con un linguaggio molto libero. Per Propp è il retaggio di antichi riti di passaggio e di culti della fertilità. E questo spiega perché nelle edizioni correnti, non solo per bambini ma anche per adulti, le fiabe siano state pubblicate in versioni censurate. Solo in tempi relativamente recenti sono iniziate a uscire versioni integrali fedeli agli originali racconti orali, spesso suscitando vivaci discussioni, come nel caso delle fiabe raccolte da Afanasiev accusate in alcuni passaggi di sfiorare la pornografia.

Quanto alle fiabe liguri, come ci si può aspettare, forte è la presenza del mare. In cinque delle sette fiabe liguri della raccolta di fiabe italiane di Calvino emerge come comune denominatore la presenza del mare, in due casi già presente nel titolo (L’uomo verde d’alghe, Il bastimento a tre piani).

Accanto al mare c’è la campagna spesso caratterizzata da grande povertà: situazioni di malnutrizione in famiglie povere, spesso troppo numerose, sono richiamate dalla presenza di personaggi piccoli ed incapaci di sviluppo e crescita (Il pastore che non cresceva mai) o al contrario eccezionalmente grandi e voraci: C’era una donna con una figlia grande e grossa e tanto mangiona che proprio per queste sue caratteristiche è motivo di disperazione per la madre che deve mantenerla

Uno studioso importante, Francesco Sarchi rileva, appoggiandosi su Carlo Ginzburg che per spiegare la diffusione delle credenze sciamaniche dall'Asia all'Europa propone la sequenza storica cacciatori siberiani - nomadi delle steppe - Sciti - Traci – Celti, la presenza nelle fiabe liguri di elementi propri della cultura sciamanica. In particolare nella fiaba intitolata  Corpo senz'anima, proveniente dalla Riviera ligure di Ponente,  egli vede la trasposizione di un rito iniziatico legato al simbolismo dell'albero diffuso in tutta Europa fino alla Bretagna, la Scandinavia e la Russia:

“Innanzi tutto apprendiamo che Giuanin ottiene il permesso di andare per il mondo a far fortuna, in altre parole raggiunge l'autonomia delle persone adulte, solo dopo essere riuscito ad abbattere un grande pino. In tutta l'area europea l'albero ricopre una funzione importante nei riti di Maggio, o meglio ancora nei riti con cui, durante il periodo che va dall'inizio della primavera a San Giovanni, si celebra il rinnovamento stagionale della vegetazione, segno della rinascita della natura. Al culto agrario che assume anche i tratti di una festa dei morti in quanto centrata sull'inscindibile nesso tra morte e resurrezione è legato anche un rito di iniziazione dei giovani che consiste nella partecipazione alle operazioni di taglio, trasporto ed innalzamento di un grande albero. Sono rimaste tracce di questo rituale anche nel folklore dell'estremo Ponente Ligure e nelle aree limitrofe: a Baiardo ed a Briga, anche se, in entrambi i casi il rituale è stato sottoposto ad un tentativo di razionalizzazione storica e maldestramente ricoperto con un rivestimento medievale.(...) In una leggenda bretone troviamo un mago cattivo, chiamato anch'egli Corpo Senz'anima, che tiene prigioniera una principessa. Questo è accomunato all'antagonista della nostra fiaba non solo dal nome, anche la sua anima si trova in un uovo, "nascosto dentro uno scrigno, e lo scrigno è nascosto in una caverna, nascosta dentro una montagna" e per ucciderlo bisogna rompergli in fronte quest'uovo. (...) Giuanin, invece, per i suoi poteri di trasmutazione animale ricorda il giovane protagonista di una fiaba norvegese che ottiene allo stesso modo del ragazzo ligure la possibilità di diventare leone, falco e formica e l'eroe di un'antica bylina russa, Volkh Vseslavic, il mago figlio di un serpente capace di trasformarsi in lupo, falco e formica, toro, ermellino e pesce. E' stato possibile rinvenire elementi caratterizzanti la narrazione, raccolta da J. B. Andrews ad Arzeno alla fine del secolo scorso, in Bretagna, in Russia ed in Norvegia, vale a dire in ambito celtico, slavo e germanico, e nello scarto tra le diverse serie di metamorfosi animali descritte possiamo intravedere le tracce dell'azione di filtro e di trasmissione operata dalla cultura celtica”.

(Francesco Sarchi, Tracce della storia notturna nelle fiabe liguri (in  Anthropos e Iatria , anno XIV, n. 2 aprile – giugno 2010)  

Una tesi affascinante che da sostegno scientifico alla tesi da cui Italo Calvino era partito per il suo lavoro di raccolta. L'idea che  nella fiaba si nasconda l'ultima testimonianza di riti e miti antichissimi, sopravvissuti ai millenni proprio perché ben custoditi dall'inconscio collettivo del mondo contadino.

(Ultima parte di una lezione tenuta a Quiliano nel gennaio 2018 nell'ambito dei corsi dell'UniSabazia. Le citazioni di Calvino sono tratte dalla introduzione alla sua raccolta di fiabe italiane pubblicata da Einaudi.)