Giorgio Amico
La Grande Madre. Dalle Veneri neolitiche al Flauto magico
Figure femminili scolpite si ritrovano in tutto il bacino del Mediterraneo- Sono le cosiddette Veneri neolitiche. Fino a non molto tempo fa si pensava che le più antiche avessero tra i 30 e i 40 mila anni. È il caso delle Veneri dei Balzi Rossi e di Willendorf. Statuette di piccole dimensioni, qualche volta in ocra rossa. Ricordiamo di passata che l'ocra rossa, simbolo del sangue e dunque di vita, veniva spesso usata nelle sepolture ad indicare la sopravvivenza in un'altra dimensione del defunto. Scoperte più recenti, nei siti di Berekhat Ram (Israele 1981) e Tan Tan (Marocco 1999) hanno retrodatato, con un balzo all'indietro vertiginoso, le prime Veneri a 300 mila anni fa.
Si tratta con ogni evidenza di un simbolismo connesso alla fertilità anche se il carattere di questo culto risulta in sostanza ancora incerto. Ed in effetti, tanti sono ancora i misteri irrisolti. Mentre nelle pitture rupestri sono prevalenti raffigurazioni di animali e le figure umane sono spesso figure maschili mascherate da animali, e dunque immediato è l'accostamento a riti riguardanti la caccia, nella scultura si rappresentano figure femminili mai mascherate, sempre nude. Oggetti pensati per stare in piedi conficcati nel terreno e dunque oggetti di culto.
In quelle antichissime culture il corpo femminile, generatore di vita, fu sentito come sede della Forza numinosa che anima il Cosmo. Una realtà misteriosa attorno a cui ruotava un sistema di riti. Ma di che tipo di riti si trattasse resta sconosciuto. Erano riti maschili, femminili o misti? E che legame avevano con i riti dei cacciatori rappresentati nelle pitture? Non lo sappiamo.
La Grande Dea partogenetica, cioè autogenerata, è generatrice di vita, e quindi rappresentata spesso nella posizione del parto, dispensatrice di fertilità, nutrice, rappresentata con seni e glutei prominenti, ma anche reggitrice della morte. Il tema centrale del simbolismo della Dea ruota attorno al mistero della nascita e della morte. L'utero, la vulva, i seni, le natiche diventano i segni costitutivi della simbologia della Dea.
La scoperta della ceramica determina la nascita di altre forme simboliche. Levi Strauss ce lo racconta ne La vasaia gelosa. Il vaso diventa rappresentazione della forma femminile. Il contenitore del principio vitale. Una cosa è certa. Fin da tempi remotissimi la donna, in quanto madre, diventa non solo il simbolo della vita, ma anche dell'immortalità, cioè della continuazione della vita in un'altra dimensione. La forza magica della donna appare altrettanto misteriosa di quella del cosmo e a questo direttamente legata da una molteplicità di fili invisibili. È un potere che turba gli uomini. Chi è padrone del mistero della vita lo è anche di quello della morte. La dialettica santa-strega non è una scoperta moderna, ma una costante della storia dell'umanità ed esprime il tentativo inconscio del genere maschile di porre sotto controllo quelle forze misteriose che il corpo femminile sembra possedere.
Nel 1851 Johann Bachofen, eminente storico tedesco, collega il culto della dea ad una teoria generale dello sviluppo sociale. Le società più antiche sarebbero state matriarcali con discendenza matrilineare. E questo anche per la mancanze di conoscenze su come avviene la fecondazione dell'ovulo. Le pietre della fertilità, su cui le donne si strofinavano o scivolano per restare incinte, dimostrano come in origine la fecondazione non venisse collegata allo sperma maschile, ma a potenze numinose esterne presenti in luoghi ben precisi o evocabili con riti particolari. Una tesi ripresa parzialmente anche da Freud per il quale il culto delle divinità femminili rappresenta l'emergere di fantasie inconsce universali. Jung nella sua teoria degli archetipi, ci ritornerà con il principio femminile dell'Anima.
Nel 1955 Erich Neumann sviluppa le tesi junghiane in un'opera fondamentale La Grande Madre. Il matriarcato viene visto non tanto sul piano sociale o politico, ma come una realtà che ancora opera nella psiche dell'uomo. Importante la conclusione a cui perviene: “la cultura primitiva è in larga misura il prodotto del gruppo femminile”.Una tesi oggi largamente accettata e ripresa in particolare da Joseph Campbell per il quale si può parlare di una grande rivoluzione nei rapporti con il sacro, parallela alla trasformazione della società da matriarcale in patriarcale. Anche nei riti gli uomini prendono il sopravvento. Lo sciamano, come tramite con il sacro e dunque espressione delle forze positive del cosmo sostituisce la sciamana ridotta allo stato di strega e dunque potenza negativa e malefica.
Inutile dire che il femminismo riaprirà la questione, recuperando Bachofen e cercando in alcune sue espressioni, che si rifanno sia a tradizioni esoteriche sorte a a cavallo del XIX e del XX secolo, sia a ricerche scientifiche come quelle di Margaret Murray, di ripristinare la tradizione primordiale. È la cosiddetta religione delle streghe, il neopaganesimo della Wicca, con riti legati ai cicli lunari e della vegetazione.
Riprendendo in modo più scientifico le tesi di Bachofen e fondandole su una robusta ricerca archeologica la studiosa lituana Marija Gimbutas (1921-1994) ritrova in tutta Europa. dal Baltico ai Balcani, numerosissime tracce che rivelano “la grammatica e la sintassi di una sorta di meta linguaggio” primordiale. Simboli che rappresentano un sistema ideologico organico, la religione del primo periodo agricolo del bacino del Mediterraneo. Una religione incentrata su una figura femminile, la Dea, fonte di vita, Grande Madre dal cui grembo sgorga la vita di tutte le cose, la “Signora” delle piante e degli animali.
Tracce di una religione precedente, legata alla rivoluzione agricola del neolitico, scomparsa poi dopo l'arrivo degli indeuropei, portatori di una visione maschile del sacro incentrata su culti solari. La religione degli dei solari, prende il posto della dea lunare, signora della notte e dell'acqua. Ma la Dea non sparisce nel nulla, essa continua a vivere nella psiche della specie, generando le fantasie inconsce di cui parla Freud. Lo testimoniano, al di là dei significati massonici dell'opera, la Regina della notte e il Sarastro mozartiani.
La Dea primigenia viene assunta, anche se in posizione subalterna, nella religione solare olimpica. Il mondo classico erediterà le dee (Atena, Minerva, Era, Artemide, Ecate) che diventeranno spesso spose degli dei celesti. Divinità della natura, della terra, della generazione in una società, diventata patriarcale, dove il potere politico e religioso è saldamente nelle mani degli uomini, la Dea resta padrona della notte e dei suoi riti, sempre più legata alla morte e ad una magia vista come pericolosa.
L'invasione degli indoeuropei rovescia totalmente i valori tradizionali. Il guerriero prende il posto dell'agricoltore-allevatore. Il maschio sottomette definitivamente la femmina. Il padre prende il posto della madre. Il rapporto con il numinoso diventa, e per la chiesa cattolica lo è ancora, monopolio maschile.Nondimeno, la religione della Dea e i suoi simboli sopravvissero, come una corrente sotterranea, sotto la forma della dea vergine, signora degli animali e delle piante, non maritata a un dio, di cui è esempio Artemide. Un culto sotterraneo, misterico di cui Apuleio, che ne fu iniziato e forse sacerdote, nell' Asino d'oro, (II secolo d.C.) ci ha lasciato una traccia vivissima.
“Io, madre di tutte le cose, signora di tutti gli elementi, principio di tutte le generazioni nei secoli, la più grande dei numi, la regina dei Mani, la prima dei celesti, archetipo immutabile degli dei e delle dee, a cui concedo di governare col mio assenso le luminose volte del cielo, le salutari brezze di mare, i lacrimati silenzi degli inferi; io, la cui potenza, unica se pur multiforme, tutto il mondo venera con riti diversi, con diversi nomi”.
La fine del mondo classico non segna la morte della Dea, in epoca cristiana essa riappare nella figura della Madonna, la Vergine Madre, collegata con l'acqua e le sorgenti miracolose simbolo di vita e di purificazione. Ma questo è un altro discorso.
(Testo di una lezione tenuta nell'ottobre 2016 presso il MUDA di Albisola)