TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 2 marzo 2011

Il "dottor Shock" malato di omofobia



Navigando in rete abbiamo trovato questo intervento del nostro amico Marco Sferini. Ci è piaciuto tanto che lo facciamo nostro. Come Vento largo crediamo che combattere l'omofobia sia una battaglia, prima che politica, di civiltà da portare avanti ogni giorno nel proprio quotidiano perchè ciascuno di noi conosce qualche "dottor Shock".


Marco Sferini

Il “dottor Shock” malato di omofobia



Ieri sera ero a cena fuori. Capita spesso tra riunioni di partito di vario genere. Orecchiette alle cime di rape per primo e pollo con i carciofi per secondo. Poi un dolce e una crema di whisky: l’unico alcolico che bevo volentieri. Al tavolo nostro si avvicina un conoscente, un dottore. Un medico generico, simpatico, molto pacato, dai tratti del professionista che sa ascoltare. Abbiamo conversato già altre volte. La cosa ricapita e mi fa piacere. Ad un tratto, da un discorso all’altro, si parla di omosessualità. Il discorso viene preso da entrambi alla lontana, con venature di psicologia forse un po’ spicciola e con qualche elemento di sociologia altrettanto spicciola.
E fin qui tutto bene. Se non che, ecco la sorpresa. Il nostro caro dottore ad un tratto dice…: “In fondo gli omosessuali, alla fine dei conti, sono malati e c’è un origine patologica dei loro comportamenti.”. Io e chi mi sta accanto rimaniamo interdetti, assolutamente fermi. Blocco la mia voglia di far roteare le pupille degli occhi, di sgranarle e di dare fiato alla bocca con qualche espressione poco consona alla calma conosciuta sino a quel momento dal discorso. Poi mi riprendo e dico al dottore che un’origine psicologica c’è probabilmente per mille altre problematiche e che non è certamente escluso che alcune persone provino attrazione per le persone del proprio sesso magari per qualche coercizione o condizionamento di non si sa bene chi o cosa.

Ma il dottore va avanti, scavalca le epoche ed arriva a dirmi che la rovina del mondo è causata dalla disgregazione familiare e che persino l’impero dei romani avrebbe subito la sorte rovinosa che conosciamo per via della dissoluzione del sacro nucleo tra uomo e donna.
E pensare che io avevo sempre creduto che fosse stata colpa dei barbari, del progressivo logoramento dell’istituzionalismo imperiale, della crescente autonomia richiesta dai territori e della contrapposizione economica tra oriente e occidente a causare la fine di quel grande apparato statale creato da Cesare, da Augusto e dai loro discendenti!
E allora, se è vero tutto questo, è anche vero che l’omosessuale è un malato! Perché non c’è confine che tenga, non c’è diga erigibile, non c’è steccato che possa essere costruito per arginare una tesi che si fonda solamente sul giudizio etico, su una forma di disprezzo anche estetico (la condanna dei Pride – che il nostro medico fa… – come manifestazioni che esaltano la dimensione della depravazione e del cattivo gusto in ogni senso, in ogni dove, in ogni dimensione possibile….), su una montagna di pregiudizi che solo il potere dell’ignoranza può alimentare e sedimentare come verità assolute, indiscutibili e tramandabili.



Usciamo dal ristorante e parlo con il mio amico. Il nostro “dottor shock” è alle spalle… Parlo e mi domando (e vi domando): ma un medico generico, con quasi 1.500 mutuati, con un’idea della sessualità e dell’omosessualità del tipo di cui sopra, cosa mai potrebbe dire ad un ragazzo o ad una ragazza che andasse da lui per un consiglio, per un aiuto anche parzialmente psicologico, di sostegno emotivo e, crepi l’avarizia delle ipotesi, anche di natura meramente sessuale?
Cosa direbbe ad un adolescente che avesse paure, dubbi e timori sulla sua sessualità? Se questi dubbi riguardassero l’essere omosessuale, gli direbbe che è un malato da curare? Gli direbbe che è colpa della madre protettiva all’ennesima potenza o del padre che gli ha imposto le donne come compagnia?
Un medico di questo genere mi fa paura, mi spaventa. Di più: mi inquieta. Perché nega nel profondo l’ispirazione genuina della sua professione: alleviare le sofferenze delle persone e aiutarle a vivere meglio. Spargendo pregiudizi e alimentando fobie sociali non si aiuta nessuno a comprendere un dato elementare che, come moltissime cose ritenute elementari, è difficile da capire e da mettere in pratica: che l’omosessualità tutto potrà essere, ma non è una patologia, non è una malattia.
La “gayte” non esiste, così come non esiste la “lesbicosi” o la “transgenderia”. Non so se quel dottore leggerà mai queste mie parole, ma glielo voglio comunque dire attraverso queste righe, direttamente o indirettamente: si legga Epicuro e rifletta sul senso della felicità, sulla sua naturale propensione ad essere agognata da tutti gli esseri viventi come “piacere”, come momento di liberazione da ogni dolore, da ogni fatica, da ogni pensiero cupo e oscuro. La felicità come liberazione, sì. Anche in una rivoluzione c’è la felicità: perché una rivoluzione o libera da qualcosa di peggio di ciò che comporta in seguito o rivoluzione non è. Diceva Saint Just a proposito della fertilità di quella francese oltre i confini del suo paese: “La felicità è una idea nuova in Europa”.
E il nostro caro medico si legga anche Oscar Wilde… legga di Stonewall e legga soprattutto delle sofferenze, quelle sì vissute con sintomi propri di malattie…, che un numero incalcolabile di persone ha vissuto per avere la sola colpa di essere un uomo e voler bene ad un uomo, di essere una donna e voler bene ad una donna, di essere un essere umano e voler bene nei confronti di chi amava…
Nemmeno la Chiesa Cattolica arriva a condannare l’omosessualità come “malattia”: condanna il rapporto omosessuale, ma non l’ “essere” omosessuale. Errore e errante, per la Chiesa. Persona e sua espressione amorosa e sessuale per me.
“Dottor shock” ci ha davvero scioccati, ci ha riportato a pensare che ci eravamo sbagliati. Che esiste ancora qualcuno che, con grande disinvoltura, pensa che un omosessuale sia un malato e che mini le fondamenta del caposaldo della storia umana e del mondo: quel grande luogo dove accadono anche le più enormi tragedie tra parenti e tra serpenti… la famiglia.
Non si condanni mai la famiglia come unica genesi del male del mondo, ma per favore nemmeno la si santifichi in quanto atomo del corpo sociale, dello sviluppo individuale e collettivo.



Caro dottore, c’è una sola malattia veramente incurabile: è la stupidità. Ed è ancora più incurabile se lo stupido è in totale “buona fede”. E’ una stupidità senza ritorno: un coma da stupidità. Un coma profondo. Ci si può risvegliare… ma solo perdendo quella incredibile fede buona e quella certezza che è solo ipocrita presunzione, sterile bigotteria e ancestrale frustrazione. Berlusconi non è certo l’unico ad essere il proclamatore dell’innaturalità dell’esser gay, lesbica, bisexual o transgender. Vizi privati e pubbliche virtù è un vecchio adagio, ma quanto è mai attuale!
L’omofobia fa male sempre, anche quando non ha le sembianze di un bastone o di un coltello che ti si avventa contro. Fa male il tonfo pesante del dito puntato contro al “diverso”, fa male e provoca lividi interiori che il nostro medico non immagina nemmeno.
A lui e a Berlusconi lasciamo pure ignoranza, pregiudizio e tutta la buona fede che vogliono tenersi. Ma battiamoci per dire sempre NO ad ogni pregiudizio, anche se espresso nell’ignoranza della presunzione di buona fede: lo possiamo fare senza più piangere, anche se soffriamo; senza più rinchiuderci, anche se la luce ci fa male; senza più mentire, anche se la verità ci fa paura. Perché solo il confronto sconfigge il pregiudizio, solo il guardare in faccia i cretini che oggi ci chiamano “froci” o “malati” e li renderà squallidi agli occhi di chi non ha paura di ciò che scopre come “nuovo”. Perché solo la verità, ma per davvero, ci renderà liberi. E renderà umani, finalmente, tutti gli altri.

Savona, 1 marzo 2011




Marco Sferini (Savona, 1973). Ha studiato presso l'Università di Genova. Da sempre attivamente impegnato in campo politico e culturale. Tra i mille suoi impegni anche la cura del blog "Lanterne Rosse"