Seconda parte della relazione tenuta al convegno "L'internazionale situazionista alla prova del tempo" svoltosi nel 2008 presso l'Università di Napoli "Federico II". La prima parte è stata postata il 3 marzo.
Pasquale Stanziale
Spettri situazionisti (2)
LA SOCIETA' DELLO SPETTACOLO: PROPOSTA PER UN DETOURNEMENT
2.1
La società dello spettacolo di Debord rappresenta inconfutabilmente un punto di non ritorno nell’ambito di una teoria critica della società, critica, nel senso che sarà sempre della Sds che occorrerà tener conto per comprendere correttamente le strategie di autoriproduzione e accumulazione capitalistiche. Proposte di analisi come quelle contenute nei concetti di accesso rifkiniano, di new economy, di alienazione biotecnologica, di economia finzionale, viste in una loro collocazione critica, non possono non essere ricondotte alle concezioni di fondo della Sds, unitamente alle analisi di R. Vaneigem e degli altri situazionisti ortodossi e non. La Sds corrisponde, come abbiamo già detto, ad una fase storica di ristrutturazione del capitale - nella seconda metà del ‘900 - che consolida talune strategie di dominio nell’ambito produttivo e dà origine a nuove direttrici di consumo relative al passaggio all’avere e al baudrillardiano simulare. La Sds riflette tutto ciò con una consapevolezza critica innegabile.
2.1.a- È possibile inoltre verificare come vi sia una corrispondenza tra elementi teorici debordiani ed alcuni significativi ambiti analitici contemporanei. In particolare la distinzione debordiana tra società in cui lo spettacolo è concentrato, diffuso e integrato (Sds e Commentari del 1988) viene, per molti aspetti ad avere un riscontro con le fasi dello sviluppo del capitalismo dei consumi esaminate da Lipovetsky (2007) ovvero: 1) la fase della nascita dei mercati di massa, 2) la fase del ciclo storico che inizia negli anni ’50 caratterizzata dalle società del consumo di massa- e che richiama ampiamente lo spettacolare diffuso debordiano, 3) la fase infine che va oltre lo standing ed è caratterizzata dai consumi emotivi ed è pertinente alla organizzazione economica post-fordista e al turboconsumerismo segnando il destino felice dell’ homo consumericus. Questa terza fase corrisponde, per moltissimi aspetti a quella dello spettacolo integrato nel suo senso ultimo (G. Debord 1988), quando la spettacolarità "si è mescolata ad ogni realtà…. perché l’esperienza pratica del compimento sfrenato della volontà della ragione mercantile mostra, rapidamente e senza eccezioni, che il divenir-mondo della falsificazione era (è) anche un divenir-falsificazione del mondo." (G. Debord cit.).
2.2
La lettura che quindi è possibile proporre oggi della Sds può anche essere giocata attraverso un détournement, ovvero:
1) partire dalle analisi critiche legate al dibattito teorico proprio del movimento operaio alla fine degli anni ‘60;
2) prendere atto di un processo critico che abbraccia temi quali il tempo (di cui già ci siamo occupati), il territorio e la cultura;
3) approdare quindi all’ambito profetico della fenomenologia della società dello spettacolo, fondamentale riferimento per la critica del capitalismo colto nel suo sviluppo storico.
Avendo premesso che il lavoro di Debord va pure visto nel contesto di varie elaborazioni teoriche proprie della variabile compagine situazionista, ci si potrà accingere alla sua lettura, percorrendone la sua caratteristica struttura articolata nelle note 221 tesi raccolte in nove capitoli.
2.3
La definizione di una base storico-filosofica da cui partire è fornita certamente dal lungo capitolo 4. Esso inizia individuando l’orizzonte storico come spazio proprio per la costruzione di una prospettiva di analisi e di azione politica, e termina affermando che "ogni teoria rivoluzionaria è nemica di ogni ideologia rivoluzionaria" un concetto fondamentale questo che avrà un ruolo non secondario nella veritable scission dell’IS. Muovendo da Hegel e Marx, Debord mostra le carenze proprie dei socialismi e dell’anarchismo. Egli fornisce una critica del burocratismo staliniano, ma anche delle illusioni neoleniniste e del Trotsky ispiratore della Quarta internazionale (Tesi 113), affermando invece la validità dei Consigli operai come la realtà più alta del movimento operaio (Tesi 118). Il percorso debordiano risente, qui, come molti hanno già scritto, delle analisi del primo Lukàcs, di Korsch, di Gramsci e di Pannakoek, unitamente alle idee portate avanti, in quegli anni da Socialisme ou Barbarie e Arguments.
2.4
Nei capitoli 5 e 6 il rapporto fra tempo e storia viene da Debord esaminato nel suo sviluppo, procedente da un tempo ciclico senza conflitti ad un tempo irreversibile proprio del medioevo. Con l’ascesa della borghesia si afferma il tempo storico, anch’esso irreversibile, ma il cui uso è vietato alla società dalla borghesia padrona (Tesi 144). A tale tempo irreversibile corrisponde il tempo-merce della produzione corrispondente, a sua volta, al tempo pseudociclico del consumo. Si tratta del tempo spettacolare proprio di un’epoca senza festa (Tesi 154), una dimensione in cui lo spettacolo viene a porsi come “falsa coscienza del tempo” (Tesi 158).
2.5
Nel capitolo 7 Debord mostra come lo spazio divenga lo scenario del capitalismo e come la strutturazione del territorio, alterando in modo strumentale il rapporto tra città e campagna, miri a realizzare un maggior controllo delle persone e quindi il loro isolamento. Una rivoluzione che tenderebbe ad affermarsi nell’ambito dell’urbanismo viene individuata da Debord in un ritorno ai bisogni ed alle condizioni dei lavoratori fatte proprie dai Consigli.
2.6
Nel capitolo 8 il consumo spettacolare viene da Debord denunciato come consumo della cultura-merce anche nei suoi correlati sociologici di comodo. "La cultura che viene ad affermarsi va negata unitamente al linguaggio che la veicola" mentre “il plagio necessario” e il “détournement” vengono a costituire prospettive di recupero creativo del senso.
2.7
L’ultimo breve capitolo tratta in nove tesi del trionfo dell’ideologia (qui, come in tutta la Sds, il termine ideologia va inteso in senso rigorosamente marxiano) nella sua materializzazione che è lo spettacolo. La falsa coscienza, in tal modo, "celebra il proprio trionfo che è il trionfo di una base materiale relativa ad una verità capovolta." La lotta è dunque per un’effettiva verità e per l’emancipazione da questa base materiale.
Pasquale Stanziale
Spettri situazionisti (2)
LA SOCIETA' DELLO SPETTACOLO: PROPOSTA PER UN DETOURNEMENT
2.1
La società dello spettacolo di Debord rappresenta inconfutabilmente un punto di non ritorno nell’ambito di una teoria critica della società, critica, nel senso che sarà sempre della Sds che occorrerà tener conto per comprendere correttamente le strategie di autoriproduzione e accumulazione capitalistiche. Proposte di analisi come quelle contenute nei concetti di accesso rifkiniano, di new economy, di alienazione biotecnologica, di economia finzionale, viste in una loro collocazione critica, non possono non essere ricondotte alle concezioni di fondo della Sds, unitamente alle analisi di R. Vaneigem e degli altri situazionisti ortodossi e non. La Sds corrisponde, come abbiamo già detto, ad una fase storica di ristrutturazione del capitale - nella seconda metà del ‘900 - che consolida talune strategie di dominio nell’ambito produttivo e dà origine a nuove direttrici di consumo relative al passaggio all’avere e al baudrillardiano simulare. La Sds riflette tutto ciò con una consapevolezza critica innegabile.
2.1.a- È possibile inoltre verificare come vi sia una corrispondenza tra elementi teorici debordiani ed alcuni significativi ambiti analitici contemporanei. In particolare la distinzione debordiana tra società in cui lo spettacolo è concentrato, diffuso e integrato (Sds e Commentari del 1988) viene, per molti aspetti ad avere un riscontro con le fasi dello sviluppo del capitalismo dei consumi esaminate da Lipovetsky (2007) ovvero: 1) la fase della nascita dei mercati di massa, 2) la fase del ciclo storico che inizia negli anni ’50 caratterizzata dalle società del consumo di massa- e che richiama ampiamente lo spettacolare diffuso debordiano, 3) la fase infine che va oltre lo standing ed è caratterizzata dai consumi emotivi ed è pertinente alla organizzazione economica post-fordista e al turboconsumerismo segnando il destino felice dell’ homo consumericus. Questa terza fase corrisponde, per moltissimi aspetti a quella dello spettacolo integrato nel suo senso ultimo (G. Debord 1988), quando la spettacolarità "si è mescolata ad ogni realtà…. perché l’esperienza pratica del compimento sfrenato della volontà della ragione mercantile mostra, rapidamente e senza eccezioni, che il divenir-mondo della falsificazione era (è) anche un divenir-falsificazione del mondo." (G. Debord cit.).
2.2
La lettura che quindi è possibile proporre oggi della Sds può anche essere giocata attraverso un détournement, ovvero:
1) partire dalle analisi critiche legate al dibattito teorico proprio del movimento operaio alla fine degli anni ‘60;
2) prendere atto di un processo critico che abbraccia temi quali il tempo (di cui già ci siamo occupati), il territorio e la cultura;
3) approdare quindi all’ambito profetico della fenomenologia della società dello spettacolo, fondamentale riferimento per la critica del capitalismo colto nel suo sviluppo storico.
Avendo premesso che il lavoro di Debord va pure visto nel contesto di varie elaborazioni teoriche proprie della variabile compagine situazionista, ci si potrà accingere alla sua lettura, percorrendone la sua caratteristica struttura articolata nelle note 221 tesi raccolte in nove capitoli.
2.3
La definizione di una base storico-filosofica da cui partire è fornita certamente dal lungo capitolo 4. Esso inizia individuando l’orizzonte storico come spazio proprio per la costruzione di una prospettiva di analisi e di azione politica, e termina affermando che "ogni teoria rivoluzionaria è nemica di ogni ideologia rivoluzionaria" un concetto fondamentale questo che avrà un ruolo non secondario nella veritable scission dell’IS. Muovendo da Hegel e Marx, Debord mostra le carenze proprie dei socialismi e dell’anarchismo. Egli fornisce una critica del burocratismo staliniano, ma anche delle illusioni neoleniniste e del Trotsky ispiratore della Quarta internazionale (Tesi 113), affermando invece la validità dei Consigli operai come la realtà più alta del movimento operaio (Tesi 118). Il percorso debordiano risente, qui, come molti hanno già scritto, delle analisi del primo Lukàcs, di Korsch, di Gramsci e di Pannakoek, unitamente alle idee portate avanti, in quegli anni da Socialisme ou Barbarie e Arguments.
2.4
Nei capitoli 5 e 6 il rapporto fra tempo e storia viene da Debord esaminato nel suo sviluppo, procedente da un tempo ciclico senza conflitti ad un tempo irreversibile proprio del medioevo. Con l’ascesa della borghesia si afferma il tempo storico, anch’esso irreversibile, ma il cui uso è vietato alla società dalla borghesia padrona (Tesi 144). A tale tempo irreversibile corrisponde il tempo-merce della produzione corrispondente, a sua volta, al tempo pseudociclico del consumo. Si tratta del tempo spettacolare proprio di un’epoca senza festa (Tesi 154), una dimensione in cui lo spettacolo viene a porsi come “falsa coscienza del tempo” (Tesi 158).
2.5
Nel capitolo 7 Debord mostra come lo spazio divenga lo scenario del capitalismo e come la strutturazione del territorio, alterando in modo strumentale il rapporto tra città e campagna, miri a realizzare un maggior controllo delle persone e quindi il loro isolamento. Una rivoluzione che tenderebbe ad affermarsi nell’ambito dell’urbanismo viene individuata da Debord in un ritorno ai bisogni ed alle condizioni dei lavoratori fatte proprie dai Consigli.
2.6
Nel capitolo 8 il consumo spettacolare viene da Debord denunciato come consumo della cultura-merce anche nei suoi correlati sociologici di comodo. "La cultura che viene ad affermarsi va negata unitamente al linguaggio che la veicola" mentre “il plagio necessario” e il “détournement” vengono a costituire prospettive di recupero creativo del senso.
2.7
L’ultimo breve capitolo tratta in nove tesi del trionfo dell’ideologia (qui, come in tutta la Sds, il termine ideologia va inteso in senso rigorosamente marxiano) nella sua materializzazione che è lo spettacolo. La falsa coscienza, in tal modo, "celebra il proprio trionfo che è il trionfo di una base materiale relativa ad una verità capovolta." La lotta è dunque per un’effettiva verità e per l’emancipazione da questa base materiale.
2.8
Questo tragitto del détournement si conclude aprendosi e ritornando ai primi tre capitoli che disegnano tesi il cui valore è continuamente avvalorato dal riscontro periodico con la realtà del capitalismo contemporaneo. Le 72 tesi dei primi tre capitoli tracciano un percorso organico, partendo dal concetto di separazione - che riprende in una prospettiva innovativa sia il concetto di alienazione (sulla linea Hegel, Feuerbach, Marx) che il concetto di scissione (del Lukàcs della Teoria del romanzo 1920) - per giungere al concetto di falsa unità che informa di sé tutta la realtà spettacolare. La separazione che si compie per Debord (con riferimento anche all’eccesso di metafisica lukàcsiano) sembra portare a compimento quel processo di scissione tra il soggetto e se stesso originato dalla rottura dell’unità presente nel mondo greco e ormai in via di compimento nel capitalismo. La separazione è dunque tra il vissuto e la sua rappresentazione, ovvero la rappresentazione tende ad accumularsi e a predominare sul vissuto che, nella società capitalistica, viene sempre di più a marginalizzarsi e a diventare, nella sua verità, solo il momento di una rappresentazione totalizzante che sappiamo falsa.
2.8.a- Qui è possibile accennare ad alcune convergenze tra il situazionismo con alcune teorie psicoanalitiche (malgrado Debord) sviluppatesi in Francia in quegli anni. Una convergenza, ad esempio, è il rifiuto di Debord e di Lacan del maoismo – Lacan ai maoisti che lo contestavano : “volete un padrone, l’avrete!”- E. Roudinesco 1995). Vediamo, poi, che anche Lacan usa il termine deriva dall’inglese drive come traduzione del termine trieb che significa pulsione, istinto. Freud aveva parlato- relativamente all’economia della psiche di una soddisfazione allucinatoria, che tende a prendere il posto della realizzazione del desiderio: lo spettacolo, secondo Debord, viene, in modo sempre più organizzato (a misura di marketing), a sostituire una possibilità reale di vita con immagini fantasmatiche. E Lacan (1974) aggiunge che la realtà soggettiva è supportata e sostituita dal fantasma che la sostiene a livello del desiderio (J. Lacan 1974) .
2.8.b- Ci sembra opportuno, a questo punto, un riferimento alla teoria lacaniana per cui il soggetto (Es), orientato naturalmente verso l’oggetto del desiderio, è costretto a rivolgersi a sostituti dell’oggetto del desiderio per realizzare il suo Io immaginario secondo una processualità in cui chi dirige il gioco è l’Ordine simbolico o grande Altro. Teoria che costituisce certo un contributo teorico forte. In questa struttura soggettiva operano i registri del reale, dell’immaginario, e del simbolico comprendente, quest’ultimo, l’economia e la sua egemonia, un Ordine che ben contribuisce alla costituzione dell’Io fornendo identificazioni, gadget, fiction, in una parola agisce, in gran parte attraverso lo spettacolare debordiano. Il soggetto, insomma, deve necessariamente alienarsi se vuole essere accettato dalla società, dato che questa richiede "una fedeltà sempre mutevole, una serie di adesioni continuamente deludenti a prodotti fasulli" (G. Debord 1997) rimuovendo in tal modo i suoi autentici bisogni e desideri. In tale ambito l’inconscio non è più parte di una topica che lo vede interno al soggetto ma viene da Lacan esternalizzato come grande Altro che, certo ha una ipoteca strutturalista, ma che ha un notevole ruolo relativamente al rapporto tra il reale desiderante (senza fine) del soggetto e l’ideologia materializzata (G. Debord 2002) dell’economia capitalista che, attraverso lo spettacolo, fagocita continuamente l’immaginario.
Pasquale Stanziale è nato a Cascano di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, laureato in Filosofia, docente di Storia e Filosofia nei Licei, collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di Filosofia politica, la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007).
Questo tragitto del détournement si conclude aprendosi e ritornando ai primi tre capitoli che disegnano tesi il cui valore è continuamente avvalorato dal riscontro periodico con la realtà del capitalismo contemporaneo. Le 72 tesi dei primi tre capitoli tracciano un percorso organico, partendo dal concetto di separazione - che riprende in una prospettiva innovativa sia il concetto di alienazione (sulla linea Hegel, Feuerbach, Marx) che il concetto di scissione (del Lukàcs della Teoria del romanzo 1920) - per giungere al concetto di falsa unità che informa di sé tutta la realtà spettacolare. La separazione che si compie per Debord (con riferimento anche all’eccesso di metafisica lukàcsiano) sembra portare a compimento quel processo di scissione tra il soggetto e se stesso originato dalla rottura dell’unità presente nel mondo greco e ormai in via di compimento nel capitalismo. La separazione è dunque tra il vissuto e la sua rappresentazione, ovvero la rappresentazione tende ad accumularsi e a predominare sul vissuto che, nella società capitalistica, viene sempre di più a marginalizzarsi e a diventare, nella sua verità, solo il momento di una rappresentazione totalizzante che sappiamo falsa.
2.8.a- Qui è possibile accennare ad alcune convergenze tra il situazionismo con alcune teorie psicoanalitiche (malgrado Debord) sviluppatesi in Francia in quegli anni. Una convergenza, ad esempio, è il rifiuto di Debord e di Lacan del maoismo – Lacan ai maoisti che lo contestavano : “volete un padrone, l’avrete!”- E. Roudinesco 1995). Vediamo, poi, che anche Lacan usa il termine deriva dall’inglese drive come traduzione del termine trieb che significa pulsione, istinto. Freud aveva parlato- relativamente all’economia della psiche di una soddisfazione allucinatoria, che tende a prendere il posto della realizzazione del desiderio: lo spettacolo, secondo Debord, viene, in modo sempre più organizzato (a misura di marketing), a sostituire una possibilità reale di vita con immagini fantasmatiche. E Lacan (1974) aggiunge che la realtà soggettiva è supportata e sostituita dal fantasma che la sostiene a livello del desiderio (J. Lacan 1974) .
2.8.b- Ci sembra opportuno, a questo punto, un riferimento alla teoria lacaniana per cui il soggetto (Es), orientato naturalmente verso l’oggetto del desiderio, è costretto a rivolgersi a sostituti dell’oggetto del desiderio per realizzare il suo Io immaginario secondo una processualità in cui chi dirige il gioco è l’Ordine simbolico o grande Altro. Teoria che costituisce certo un contributo teorico forte. In questa struttura soggettiva operano i registri del reale, dell’immaginario, e del simbolico comprendente, quest’ultimo, l’economia e la sua egemonia, un Ordine che ben contribuisce alla costituzione dell’Io fornendo identificazioni, gadget, fiction, in una parola agisce, in gran parte attraverso lo spettacolare debordiano. Il soggetto, insomma, deve necessariamente alienarsi se vuole essere accettato dalla società, dato che questa richiede "una fedeltà sempre mutevole, una serie di adesioni continuamente deludenti a prodotti fasulli" (G. Debord 1997) rimuovendo in tal modo i suoi autentici bisogni e desideri. In tale ambito l’inconscio non è più parte di una topica che lo vede interno al soggetto ma viene da Lacan esternalizzato come grande Altro che, certo ha una ipoteca strutturalista, ma che ha un notevole ruolo relativamente al rapporto tra il reale desiderante (senza fine) del soggetto e l’ideologia materializzata (G. Debord 2002) dell’economia capitalista che, attraverso lo spettacolo, fagocita continuamente l’immaginario.
2.9
Debord tratta del dominio proprio di una società che è dello spettacolo, in cui "più tende ad affermarsi l’apparire, più l’uomo è separato dalla vita" (G. Debord 2002). Lo spettacolo allora si fa rapporto sociale e visualizza in modo totalizzante e pervasivo il suo essere capitale. Sono presenti in questi assunti del primo capitolo rielaborazioni tratte dal giovane Marx, quando scrive dell’alienazione nella società borghese, mentre il secondo capitolo riprende il concetto di feticismo della merce sulla linea Marx-Lukàcs.
Debord afferma che il predominio dello spettacolo si attua attraverso l’occupazione della vita sociale da parte della merce. A ciò corrisponde la vittoria del valore di scambio sul valore d’uso in una società che sancisce la vittoria dell’economia autonoma. Ma è nel rapporto tra economia e società che Debord individua una possibile forma di riscatto là dove, infine, l’economia finirebbe col dipendere pur sempre dalla società e dalla lotta di classe. Parafrasando Freud, Debord scrive che "là dove c’era l’es economico deve venire l’Io" (G. Debord cit.) e afferma che “il desiderio della coscienza” e “la coscienza del desiderio” costituiscono un unico progetto mirante all’abolizione delle classi.
Questo passaggio, in genere abbastanza ignorato, rappresenta invece un punto importante dato che, malgrado l’avversione di Debord per le scienze umane in generale, rispecchia ancora una volta un nucleo critico importante della psicoanalisi di Lacan. Questi, mostrando come in effetti la spaltung, la scissione, sia costitutiva dell’essere umano e rappresenti una condizione per cui il soggetto deve alienarsi per accedere - ed essere riconosciuto - all/dall’Ordine simbolico. Siamo qui sul piano di una alienazione strutturante (P. Stanziale 1995).
Debord tratta del dominio proprio di una società che è dello spettacolo, in cui "più tende ad affermarsi l’apparire, più l’uomo è separato dalla vita" (G. Debord 2002). Lo spettacolo allora si fa rapporto sociale e visualizza in modo totalizzante e pervasivo il suo essere capitale. Sono presenti in questi assunti del primo capitolo rielaborazioni tratte dal giovane Marx, quando scrive dell’alienazione nella società borghese, mentre il secondo capitolo riprende il concetto di feticismo della merce sulla linea Marx-Lukàcs.
Debord afferma che il predominio dello spettacolo si attua attraverso l’occupazione della vita sociale da parte della merce. A ciò corrisponde la vittoria del valore di scambio sul valore d’uso in una società che sancisce la vittoria dell’economia autonoma. Ma è nel rapporto tra economia e società che Debord individua una possibile forma di riscatto là dove, infine, l’economia finirebbe col dipendere pur sempre dalla società e dalla lotta di classe. Parafrasando Freud, Debord scrive che "là dove c’era l’es economico deve venire l’Io" (G. Debord cit.) e afferma che “il desiderio della coscienza” e “la coscienza del desiderio” costituiscono un unico progetto mirante all’abolizione delle classi.
Questo passaggio, in genere abbastanza ignorato, rappresenta invece un punto importante dato che, malgrado l’avversione di Debord per le scienze umane in generale, rispecchia ancora una volta un nucleo critico importante della psicoanalisi di Lacan. Questi, mostrando come in effetti la spaltung, la scissione, sia costitutiva dell’essere umano e rappresenti una condizione per cui il soggetto deve alienarsi per accedere - ed essere riconosciuto - all/dall’Ordine simbolico. Siamo qui sul piano di una alienazione strutturante (P. Stanziale 1995).
2.9.a- È inevitabile, a questo punto, affrontare un importante nodo teorico riguardante quel rapporto indissolubile tra economia, spettacolo e immaginario. Nodo borromeo che si fa struttura divenendo un nucleo dialettico in grado di articolare in modo evolutivo le intuizioni debordiane. Questa struttura traduce fondamentalmente il significato e il significante della merce ovvero l’immagine-merce, il feticcio-merce, ovvero fascinazione, illusione, scambio, consumo. Ciò in una fase di evoluzione strutturale dell’economia verso una evidente ed affermata sua autonomia che può essere ben correlata alle marxiane due astrazioni/alienazioni (A. Jappe 1999) ovvero lo Stato e il Denaro riguardanti il divenire membro di una comunità e l’accesso al mondo del lavoro. L’ipostatizzazione di queste astrazioni/alienazioni si concreta nello spettacolo da intendersi come ideologia materializzata (G. Debord 2002). Questi riferimenti che attualizzano, attraverso Debord, le istanze del giovane Marx vengono riaffermate- come giustamente sottolinea Jappe (cit)- nel Capitale che individua nell’astrazione, corrispondente alla forma-merce, ciò che muove l’economia moderna.
2.9.b- Come nota, poi, M. Pezzella (1996) il potere economico richiama immediatamente un immaginario inseparabile dal desiderio, un immaginario che va oltre il valore d’uso realizzando il valore di scambio. Si tratta qui di individuare “ l’economia nella sua cultura” (W. Benjamin 1986 in Pezzella cit.) che mostra come economia e immaginario siano termini legati da un indissolubile legame funzionale nell’ambito di quella economia libidinale di cui parla Lyotard (1978). Per quanto riguarda lo spettacolo esso non è una sovrastruttura - nel tradizionale linguaggio marxista - e neanche una simulazione (J. Baudrillard 1979). Esso, nel contesto della Sds, è allo stesso tempo: una figurazione dell'immaginario, una tecnica di produzione e un motore della circolazione del capitale.
2.9.c- Versante di articolazione di questa struttura, e costituente importante di essa, è il desiderio. Il desiderio rappresenta un tema centrale nell’ambito delle scienze umane in Francia a partire dagli anni ’30 a seguito delle famose lezioni di A. Kojéve sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel. "È il Desiderio (cosciente) di un essere a costituire questo essere come Io e a rivelarlo come tale ….. l’Io del Desiderio è un vuoto che riceve un contenuto positivo reale solo dall’azione negatrice che soddisfa il Desiderio.. "(A. Kojéve 1947). Ed è sul desiderio che teorizzeranno, tra molti, G. Deleuze, F. Guattari e Lacan che scrive "Lo sfruttamento del desiderio è la grande invenzione del discorso del capitalista, perché dopotutto bisogna indicarlo col proprio nome. Devo dire che è un marchingegno maledettamente riuscito... "(1974).
2.9.d- Anche nei situazionisti il desiderio ha una ruolo centrale sia in Debord che in Vaneigem il quale struttura una vera e propria antropologia del desiderio (P. Stanziale 2004) risvolto inevitabile di una soggettività radicale (R. Vaneigem 1996 2004).
2.10
Il terzo capitolo probabilmente è il più francofortese. Nella sua unità fittizia, lo spettacolo maschera le contraddizioni e le lacerazioni della società e dei poteri che la dominano. La banalizzazione, la vedette specializzata nel vissuto apparante, le finte lotte spettacolari: tutto ciò rappresenta un artificiale che traduce nello spettacolare la falsificazione della vita sociale. Uno spettacolare che si presenta sullo scenario globale come concentrato o diffuso a seconda della miseria che smentisce o mantiene.
(continua)
2.9.b- Come nota, poi, M. Pezzella (1996) il potere economico richiama immediatamente un immaginario inseparabile dal desiderio, un immaginario che va oltre il valore d’uso realizzando il valore di scambio. Si tratta qui di individuare “ l’economia nella sua cultura” (W. Benjamin 1986 in Pezzella cit.) che mostra come economia e immaginario siano termini legati da un indissolubile legame funzionale nell’ambito di quella economia libidinale di cui parla Lyotard (1978). Per quanto riguarda lo spettacolo esso non è una sovrastruttura - nel tradizionale linguaggio marxista - e neanche una simulazione (J. Baudrillard 1979). Esso, nel contesto della Sds, è allo stesso tempo: una figurazione dell'immaginario, una tecnica di produzione e un motore della circolazione del capitale.
2.9.c- Versante di articolazione di questa struttura, e costituente importante di essa, è il desiderio. Il desiderio rappresenta un tema centrale nell’ambito delle scienze umane in Francia a partire dagli anni ’30 a seguito delle famose lezioni di A. Kojéve sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel. "È il Desiderio (cosciente) di un essere a costituire questo essere come Io e a rivelarlo come tale ….. l’Io del Desiderio è un vuoto che riceve un contenuto positivo reale solo dall’azione negatrice che soddisfa il Desiderio.. "(A. Kojéve 1947). Ed è sul desiderio che teorizzeranno, tra molti, G. Deleuze, F. Guattari e Lacan che scrive "Lo sfruttamento del desiderio è la grande invenzione del discorso del capitalista, perché dopotutto bisogna indicarlo col proprio nome. Devo dire che è un marchingegno maledettamente riuscito... "(1974).
2.9.d- Anche nei situazionisti il desiderio ha una ruolo centrale sia in Debord che in Vaneigem il quale struttura una vera e propria antropologia del desiderio (P. Stanziale 2004) risvolto inevitabile di una soggettività radicale (R. Vaneigem 1996 2004).
2.10
Il terzo capitolo probabilmente è il più francofortese. Nella sua unità fittizia, lo spettacolo maschera le contraddizioni e le lacerazioni della società e dei poteri che la dominano. La banalizzazione, la vedette specializzata nel vissuto apparante, le finte lotte spettacolari: tutto ciò rappresenta un artificiale che traduce nello spettacolare la falsificazione della vita sociale. Uno spettacolare che si presenta sullo scenario globale come concentrato o diffuso a seconda della miseria che smentisce o mantiene.
(continua)
Pasquale Stanziale è nato a Cascano di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, laureato in Filosofia, docente di Storia e Filosofia nei Licei, collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di Filosofia politica, la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007).