TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 3 marzo 2011

Pasquale Stanziale, Spettri situazionisti (I)


Pasquale Stanziale è uno dei massimi studiosi italiani del situazionismo e dell'opera di Guy Debord. Iniziamo a pubblicare la relazione tenuta al convegno "L'internazionale situazionista alla prova del tempo" svoltosi nel 2008 presso l'Università di Napoli "Federico II".

Pasquale Stanziale


Spettri situazionisti
L’acqua e il vento nel marketing del futuro



1- Le avanguardie e il tempo

1.1
L’uomo a una dimensione di H. Marcuse viene pubblicato nel 1964, intanto a Los Angeles è uscito nel 1949 Dialettica del’illuminismo di T. W. Adorno e M. Horkheimer, nel 1966 vengono pubblicati gli Scritti di J. Lacan, Le parole e le cose di M. Foucault è del 1966, Mytologies di R. Barthes vede la luce nel 1970, Critica della vita quotidiana di H. Lefebvre è del 1962, Logica del senso di G. Deleuze è pubblicato nel 1968, intanto in quegli anni è già in libreria il libro di G. Lukàcs sul giovane Marx e quindi nel 1960 Storia e coscienza di classe. La società dello spettacolo di G. Debord e il Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem vedono la luce nel 1967. Dal 1958 al 1969 a Parigi viene pubblicata la rivista Internationale Situationniste.

1.2
Scrivono M. Hardt e A. Negri in Impero a proposito de La società dello spettacolo: "pur nel suo stile delirante, si tratta probabilmente della migliore articolazione della consapevolezza contemporanea del trionfo del capitale". E in una pagina successiva i due autori aggiungono che "a oltre trent’anni dalla sua presentazione l’analisi di Guy Debord della società dello spettacolo risulta sempre più pertinente e urgente. Nella società imperiale, lo spettacolo occupa uno spazio virtuale, o, rigorosamente, un non luogo politico. Lo spettacolo viene unificato e diffuso in modo tale che è impossibile distinguere tra un dentro e un fuori - naturale o sociale, privato o pubblico" (M. Hardt A. Negri 2002).

E N. Klein in No logo nota come a proposito degli interventi di interferenza culturale (culture jamming - New York 2000) "Furono Guy Debord e i Situazionisti ispiratori e teorici della rivolta degli studenti a Parigi nel maggio 1968, a teorizzare per primi il potere di un semplice détournement, di una deviazione intesa come estrapolazione di immagini, messaggi e oggetti dal loro contesto per creare un nuovo significato". (N. Klein 2001).

In Una felicità paradossale G. Lipovetsky (2007) nota che "la soggettività del neo consumatore si afferma più nel rapporto con se stesso che in quello con l’oggetto. Come scriveva Guy Debord “lo spettacolo è il cattivo sonno della società moderna incatenata che non esprime in definitiva se non il suo desiderio di dormire"." Più avanti Lipovetsky inizia il capitolo Piaceri privati, felicità dolente con l’incipit del Capitale richiamato dal deturnamento debordiano: "L’intera vita delle società sovrasviluppate si presenta come un immenso accumulo di segni del piacere e della felicità."

1.3
L’avanguardia situazionista è stata figlia del proprio tempo, lo ha appreso con il pensiero, ma come ogni avanguardia degna di rispetto ha aperto a nuove prospettive, a nuovi processi conoscitivi, a percorsi inediti. Si tratta, quindi, di riaffermare ulteriormente (A. Jappe 1999) il valore delle teorie relative alla spettacolarità anche attraverso una serie di passaggi, di riferimenti e di riscontri con riferimenti anche all’area cultural studies. Un insieme di analisi da intendersi come contributo ad una teoria critica della società del nostro tempo. Questo di là da opposizioni e tentativi definitivi di bilancio (F. D’Agostini 1999). Certo non esiste l’ultima parola in questo ambito ma è importante individuare sintomi, tracce, nuclei teorici.

1.4
Debord rappresenta, nell’epoca di stabilizzazione del capitalismo- nella fase iniziale della globalizzazione dell’economia- colui che ha delineato una sintesi piuttosto originale di arte, filosofia e politica. Questi tre ambiti si articolano in modo coerente nel situazionismo debordiano.

1.5
Sul retroterra artistico, filosofico e politico di Debord è stato scritto molto e in modo esplicativo (tra tutti A. Jappe 1999) e anche chi scrive ha esaminato questo retroterra indicandone i percorsi fondamentali (P. Stanziale 1998 2002). Pensiamo però che sia utile (ri)esaminare quanto Debord ha prodotto negli anni ’50. Una produzione che, da una parte, rappresenta il punto di sintesi delle influenze e delle prime elaborazioni, da un’altra parte struttura in modo già significativo i nuclei teorici che in seguito Debord svilupperà.

1.5.a- I lettristi, a cui Debord si unisce all’inizio degli anni ’50, riprendono temi dei primi surrealisti e del dadaismo. Essi vogliono anzitutto l’autodistruzione delle forme artistiche. L'arte tradizionale viene condannata a morte e viene proposta la tecnica del détournement (riutilizzo creativo di elementi già esistenti). I lettristi tendono a superare la distinzione tra artista e spettatore, tra vita e arte. Si nota, poi, una decisa contiguità tra l'estetica e le azioni lettriste con il primo surrealismo: lo stesso rifiuto del lavoro, un'aspirazione massimalista alla rivoluzione, l'affermazione della soggettività nonché una certa tendenza alla secessione e all'esclusione. Viene affermata l'idea che gli elementi per una libera vita sono già presenti nella cultura come nella tecnica: essi vanno solo organizzati in modo diverso. Al centro delle istanze lettriste vi è la costruzione di situazioni poetiche, di stati affettivi corrispondenti ad un nuovo modo di vivere. Altri temi importanti, visti in una prospettiva marxiana, sono l'urbanismo e la vita quotidiana, quest'ultima studiata principalmente da H. Lefebvre, autore di una Critique de la vie quotidienne. Con Lefebvre successivamente i situazionisti e Debord romperanno in modo clamoroso.

Dal 1953 i lettristi si occupano di ricerche psicogeografiche, ovvero dei rapporti tra ambienti e stati d'animo. Viene delineata la tecnica della deriva intesa come serie di passaggi casuali ed emotivamente significativi tra ambienti e quartieri urbani diversi. I lettristi collaborano con la rivista surrealista Les lèvres nues di cui fanno parte A. Jorn e Constant provenienti dal Gruppo Cobra.

1.5.1
Il deturnamento del cinema avviene in piena atmosfera lettrista (nel 1951 a Cannes Debord ha incontrato i lettristi) e trova una prima attuazione con Hurlements en faveur de Sade (“Il n’y a pas de film. Le cinéma est mort. Il ne peut plus y avoir de film. Passons, si vous voulez, au débat”) del 1952, quando ormai Debord si è stabilito a Parigi. Successivamente, nel 1954, vede la luce Potlatch e Debord incontra Asger Jorn.

Nel 1957 viene fondata l’Internationale Situationniste e Debord scrive uno dei documenti-cardine del situazionismo: Rapport sur la construction des situations et sur les conditions de l'organisation et de l'action de la tendance situationniste internationale. Questo documento, unitamente a Immagine e forma (Mouvement international pour une Bauhaus imaginiste) di A. Jorn (1954) (in L. Caruso S. M. Martini 1975) costituiscono un insieme significativo della fase originaria delle teorie situazioniste e dei loro sviluppi diretti e/o collaterali.



1.5.2
Il testo di Asger Jorn anticipa temi ripresi negli anni sessanta e relativi al rapporto economia-arte, alla reificazione, all'opera d'arte come contro-valore. In questo testo, abbastanza articolato, vengono inizialmente prese in esame le forme dello sviluppo moderno della pittura, della scultura e dell'architettura. Si denuncia l'iniziativa di F. L. Wright di realizzare un museo che finisce per essere un ambiente in cui "sono sepolte le opere d'arte senza passare prima nella vita di ogni giorno."

Si passa quindi ad una critica dell'architettura, intesa come "arte per formare il nostro ambiente", ma ormai immobilizzata su vecchi problemi, senza una prospettiva nuova che ridefinisca il rapporto uomo-ambiente. Da qui la necessità di "trasformare il programma funzionalista di là da ogni necessità assoluta dell'oggetto." Jorn quindi cerca di ridisegnare una concezione dinamica della forma e del cambiamento ponendo in evidenza alcuni parametri significativi:

- l'evoluziome formale ha luogo attraverso brusche rotture;
- l'uso crea la forma ideale;
-esistono un conservatorismo delle forme e un radicalismo delle forme stesse.

Tutto ciò viene a costituire un punto di partenza propositivo per una nuova Bauhaus la quale, per Jorn, dovrà avere un respiro artistico internazionale e basarsi su un corpo dottrinario definito, strutturato intorno ad un’ unica definizione dialettica dell'arte articolata su tre ambiti:

- estetico: l'arte è la realizzazione del non-conosciuto, è il realizzare l'irrealizzabile, è il principale punto di riferimento dell'uomo e la sua completa possibilità;
- etico: l'arte è la realtà soggettiva, è la capacità di un essere o di una comunità, è l'espressione di una manifestazione vitale;
- logico o scientifico: l'arte è la natura vista come un temperamento, è la fedele immagine dell'oggetto, è l'osservazione non interessata.
A questi tre ambiti corrispondono tre prospettive di analisi dell'arte :

- analisi estetica, relativa agli effetti sensoriali, di choc e di novità dell'oggetto artistico;
- analisi etica, relativa all'utilità, agli interessi umani ed alla funzionalità sociale dell'oggetto artistico;
- analisi scientifica, relativa alla costruzione dell'oggetto artistico in relazione alle sue possibilità.

Jorn cerca con questo- che è un vero e proprio programma di intervento e di analisi con evidenti prospettive politiche- cerca di superare il formalismo dottrinario imputabile ai rinnovatori della Bauhaus e a Gropius e ciò anche per il fatto che sarebbe stupido ignorare che “…nel frattempo si è imposto il surrealismo… “. Da questo manifesto presero avvio scissioni e costituzioni di gruppi e movimenti tra cui la rivista Reflex, il gruppo De Stijl, la rivista Cobra . Abbiamo poi la confluenza dell'Internationale lettriste nel movimento per la Bauhaus Imagista. Siamo nel 1956. Nel 1957 G. E. Debord comincerà a parlare della costruzione di situazioni .

1.5.3
Il testo di Debord Sur la construction des situations et sur les conditions de l'organisation et de l'action de la tendance situationniste internationale è un rapporto del Comité Psychogéographique de Londres presentato, nel 1957, ai membri dell'Internationale lettriste del movimento per una Bauhaus Imaginiste come base di discussione e come documento per la propaganda (in L. Caruso S. M. Martini cit). Con questo documento Debord traccia l'ambito teorico di base del Situazionismo individuando due prospettive di indubbia valenza strategica: un rinnovato valore politico dell'arte di là da ogni valore di scambio borghese e la critica serrata dell'industria culturale, proseguendo, in un certo modo, sulla via aperta dalla Scuola di Francoforte. L'unificazione delle due prospettive avviene nell'ambito di una propugnata rivoluzione da attuare attraverso i partiti operai. Punti fondamentali di questa rivoluzione saranno la costruzione di situazioni (situazioni che, per inciso, sono naturalmente compatibili con l’unica forma organizzativa possibile che è quella dei Consigli formulata dai teorici del Socialismo), un diverso assetto del territorio mediante il concetto di urbanismo unitario, la deriva intesa come gioco spaziale-emotivo riguardante un uso creativo degli ambienti e la delineazione di una nuova area di ricerca, quella psicogeografica relativa al rapporto tra l'ambiente ed il comportamento individuale. Abbiamo infine il détournement (vedi punto 1.5.a), una pratica di spiazzamento, di decontestualizzazione e di riutilizzo creativo di elementi della civiltà borghese. Si tratta chiaramente di un documento che definisce già tutte le direttrici critiche presenti nella rivista Internationale Situationniste. Il documento si divide in sei parti che sono:

-rivoluzione e controrivoluzione nella cultura moderna;
-il disfacimento, stadio supremo del pensiero borghese;
-verso una Internazionale Situazionista;
-piattaforma per una opposizione provvisoria;
-ruolo delle tendenze minoritarie nel periodo di riflusso;
-i nostri compiti immediati .

Nella prima parte l'assunto principale è che "ciò che si chiama la cultura riflette e prefigura, in una società data, le possibilità di organizzazione della vita. La nostra epoca è caratterizzata principalmente dal ritardo dell'azione politica rivoluzionaria rispetto allo sviluppo delle possibilità moderne di produzione, che richiedono una superiore organizzazione del mondo." Questo perché "ogni anno si pone sempre più decisamente il problema del dominio razionale delle forze produttive e della formazione della civiltà su scala mondiale."

Il capitalismo, inoltre, "inventa nuove forme di lotta-dirigismo del mercato" e ciò sfruttando "le degenerazioni delle direzioni operaie e neutralizzando mediante tattiche riformiste le opposizioni di classe." È evidente la proiezione in avanti di queste analisi che prefigurano i problemi connessi con la globalizzazione dell'economia, con le strategie del capitalismo mondiale e con l'avanzata di una borghesia che Debord inquadra come impegnata a détourner il gusto del nuovo verso forme inoffensive e confuse.

Debord quindi esamina i percorsi del futurismo, del dadaismo e del surrealismo ponendo in evidenza le loro degenerazioni. La conclusione di questa prima parte è che "bisogna andare più avanti e razionalizzare di più il mondo, condizione prima per renderlo più appassionante." In tale ambito M. Löwy (2001) sottolinea come Debord, rispetto a Breton, sia più razionalista e vicino al materialismo francese dell’Illuminismo

1.5.4
Nella seconda parte viene ulteriormente sviluppata una analisi critica della cultura borghese per ciò che riguarda le varie tendenze letterarie e artistiche in generale, ma anche religiose. Il punto centrale di queste analisi è che "la crisi della cultura moderna si conclude come disfacimento ideologico. Niente di nuovo è costruibile su queste rovine e il semplice esercizio dello spirito critico diviene impossibile dato che ogni giudizio è in conflitto con altri, ognuno si riferisce a residui di sistemi d'insieme ormai vecchi, oppure a imperativi sentimentali personali. Il disfacimento si è esteso a tutto. Appare così l'uso massiccio della pubblicità commerciale influire sempre di più sui giudizi relativi alla creazione culturale, ciò che era un antico processo. Si è giunti ad uno stato di assenza ideologica in cui agisce solo l'attività pubblicitaria, escluso ogni giudizio critico preliminare, ma non senza attivare un riflesso condizionato del giudizio critico."

Siamo, in effetti, alla stessa chiaroveggenza della Società dello spettacolo, alla denuncia di stereotipi imposti all'immaginario collettivo di cui il fenomeno Sagan-Drouet ne è uno dei più rilevabili alla fine degli anni '50. Anche l'architettura non sfugge a questo disfacimento che ha tout gagné. Debord conclude accennando ad una possibile presa di coscienza della decadenza del pensiero borghese da parte delle minoranze dell'avanguardia come punto di partenza per un rinnovato pensiero critico.

1.5.5
Nella terza parte Debord centra le sue proposte d'intervento anzitutto sulla costruzione di "ambientazioni contingenti della vita e della loro trasformazione in qualità passionale di ordine superiore." Da qui il concetto di urbanismo unitario "da realizzare attraverso l'impiego dell'insieme delle arti e delle tecniche, come mezzi che possono portare ad una strutturazione integrale dell'ambiente." Ciò in modo dinamico e sperimentale, non escludendo, ad esempio, la costruzione di quartieri stati-d'animo per cui è possibile pensare che "ogni quartiere di una città dovrà tenderera provocare un sentimento semplice a cui il soggetto si esporrà con conoscenza di causa."

Debord scrive poi del gioco situazionista come di una attività che recupera l'unità della vita di là dalle separazioni poste in atto dalla borghesia e riscontra "nell'abbondanza di bassezze televisive una delle ragioni dell'incapacità della classe operaia americana a politicizzarsi." Il comportamento della deriva (in tale ambito Debord postula l'uso creativo della televisione e del cinema come rappresentazione diretta di un attualità giocata) e le analisi psicogeografiche rientrano per Debord in una pratica relativa al fatto che "la vita di un uomo è una successione di situazioni fortuite di cui si ha, sia che le une non sono proprio simili alle altre che esse, nella gran maggioranza, tanto indifferenti e appannate, danno perfettamente l'impressione della somiglianza." Particolare rilievo assume il conflitto "tra il desiderio e la realtà ostile a tale desiderio: ciò che sembra essere la sensazione del deflusso temporale."

1.5.6
La quarta e la quinta parte strutturano un approccio organizzativo e delineano l'analisi dei percorsi delle avanguardie artistico-rivoluzionarie per tutto quello che riguarda il rapporto tra creazione culturale e rivoluzione mondiale.

1.5.7
Nell'ultima parte brevemente Debord si occupa delle forme di opposizione al modo di vivere capitalistico e in particolare della necessità di "distruggere, con tutti i mezzi iper-politici, l'idea borghese di felicità." Si tratta di presentare una alternativa rivoluzionaria alla cultura dominante. Perché "si sono interpretate abbastanza le passioni: si tratta ora di trovarne altre."


1.6
Correlati a queste analisi i successivi film di Debord, Sur le passage de quelques personnes à travers una assez courte unité de temps, del 1959 e Critique de la séparation del 1961 in cui è ormai affiorante il tema del tempo che, unitamente a quello della soggettività ed all’ambito dell’oggettivazione, della reificazione e dell’ideologia, delinea uno degli insiemi polari intorno a cui ruota una parte delle teorie debordiane.

1.6.a- Il problema del tempo prenderà forma in vario modo nei lavori di Debord, qui (in Sur le passage.. e Critique..), come nell’altro film In girum imus nocte et consumimur igni, la temporalità, la nostalgia, il rifiuto, vengono ad essere gli elementi centrali di una narrazione che Löwy colloca nel genere del romanticismo nero con riferimento a "quella tradizione utopica e sovversiva del romanticismo che va da William Blake a William Morris e da Charles Fourier ad André Breton… al romanzo nero del XVIII secolo" (M. Löwy cit.).

1.6.b- I problemi del tempo- e del suo consumo libero- sono presenti, direttamente e/o indirettamente in quasi tutti i lavori di Debord. "Non abbiamo niente di nostro tranne il tempo di cui godono gli stessi che non hanno alcuna dimora." (B. Graciàn in G. Debord 2002). Esso è strettamente connesso con la soggettività e con lo scenario sociale della sua epoca. Tra vari riferimenti alla temporalità troviamo il rifiuto del tempo e dell’invecchiamento e "la sensazione che tutto si perde nella polvere del tempo."

In Sur le passage...del 1959 Debord scrive "Ho lasciato fare al tempo. Ho lasciato perdere ciò che bisognava difendere." E in quel film sistematicamente iconoclasta che è In girum… - film in cui abbastanza opportunamente Lowy (2001) individua “un testo splendido nella scrittura, dal linguaggio poetico, filosofico, sociale e politico a un tempo“ - Debord (1978) afferma che "La sensazione dello scorrere del tempo è sempre stata per me molto viva ."

1.6.c- Anche per quanto riguarda l’arte l’orizzonte temporale diventa una dimensione fondamentale. Per Debord (e Costant) l’arte rappresenta ciò che eternizza l’evento vissuto sottraendolo al flusso temporale. Ossessionato da ciò che è oggettivazione e reificazione Debord ritiene che quello che conta è l’opera d’arte nel suo consumo immediato, rifiutando la sua forma-merce e la sua conservazione (M. Perniola 1998). Il soggetto creatore e l’atto creativo sono (come per i primi surrealisti) il tutto dell’arte per Debord (ma anche un limite come sostiene opportunamente Perniola cit.), si tratta di uno spazio-tempo situazionale che è parte costitutiva dell’evento artistico. Il momento del vissuto appassionante e creativo prevale sulla reificazione e sul narcisismo individualistico (M. Perniola cit.). L'attività estetica si realizza così con la costruzione di situazioni spazio-temporali, di ambienti in cui le persone condividono e interagiscono in un gioco di sensazioni e di desideri. La situazione costruita - come Debord la definisce – viene a trasformarsi in evento, con la sospensione del tempo economico e produttivo, liberando l'eros e il gioco reciproco tra soggetti in un ambito festivo in cui si annulla ogni differenza di classe. Una vita autentica dovrebbe essere, per Debord, una vita intesa come sommatoria dei transiti da realizzare attraverso la continua dilatazione temporale della serie di questi eventi.

1.6.d- Ne La società dello spettacolo i capitoli 5 e 6 si occupano della dimensione temporale (che tratteremo nel capitolo seguente) mentre vediamo che vari sono i riferimenti al tempo nell’ambito della critica della vita quotidiana. Nel n. 6 dell’IS (1961) in Prospettive di modificazioni coscienti della vita quotidiana Debord affronta il problema del consumo del tempo vissuto, denunciando il fatto che nelle società capitalistiche il tempo che il soggetto non dedica alla produzione- e alla accumulazione del risparmio- è considerato tempo perduto. Questo in una vita quotidiana caratterizzata da alienazione e sfruttamento e da una povertà imposta, in cui vi è rarità di tempo libero. Debord sottolinea come nella quotidianità viene lasciata gran parte della ricchezza e dell’energia vitale: ciò che costituisce un problema politico che richiede la trasformazione rivoluzionaria della vita quotidiana.

1.6.e- Per quanto riguarda il soggetto debordiano esso è marcato profondamente dallo scorrere del tempo. È il soggetto del desiderio, quello che coniuga quartieri e stati d’animo. È il soggetto creativo che costruisce situazioni appassionanti. Questo soggetto cerca di resistere alla reificazione imperante e la sua classe sociale è il proletariato, ovvero quella "immensa maggioranza di lavoratori che hanno perduto ogni potere sull’impiego della propria vita." (G. Debord 2002).

I situazionisti nei loro scritti insistono spesso sulla negazione continua della soggettività ridotta a sopravvivenza (R. Vaneigem 2002), generalmente accettata e condivisa nel sistema capitalistico. A tale negazione, dopo averne posto in evidenza le strategie, essi oppongono una soggettività radicale (R. Vaneigem cit.) che nasce da un rovesciamento di prospettiva storico-sociale in cui la povertà della vita quotidiana diviene un’area di investimento politico (P. Stanziale 1995) e il vissuto individuale illuminato dal valore sovversivo dei sentimenti (R. Vaneigem cit) .

(continua)

Pasquale Stanziale è nato a Cascano di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, laureato in Filosofia, docente di Storia e Filosofia nei Licei, collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di Filosofia politica, la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007).