Silvia Campese
Carlo Giusto: la
pittura come antidoto
“Arrivo ogni mattina
nel mio studio con in mano il giornale. La prima reazione è quella
di strappare le pagine. Poi prendo la tela bianca, tra le dita il
pennello: inizio a dipingere senza coinvolgere né cuore né mente.
Dipingo in modo gestuale. E il brandello del quotidiano strappato mi
torna in mente”.
Descrive così, Carlo
Giusto, il suo lavoro di artista che lo accompagna da una vita che
non smette di mutare, insieme al passare del tempo. Un lavoro dove
compaiono elementi costanti del suo contenuto artistico, con valenze
diverse ma altrettanto intense, a partire dal collage, nei
quadri più recenti utilizzato con maggior rigore compositivo,
abbandonando l'elemento proprio della Pop Art e dell'informale.
Carlo Giusto, “artista
del proprio tempo”, mai indifferente al mondo e alla società che
lo circondano, registra, a modo suo, il caos dell'epoca, il dolore
per lo sgretolamento dei valori da lui condivisi sin dalla
giovinezza. Per questo le nuove opere raccontano, attraverso elementi
simbolici, l'amarezza del presente in un'evoluzione artistica
significativa. Un nuovo tassello di una lunga carriera.
Dai paesaggi degli inizi
degli anni cinquanta, fatti di luce e scaglie di colore, all'opera
informale e all'incontro-scontro con la Pop Art americana, Carlo
Giusto ha raccontato l'uomo e le sue emozioni in una visione che ha
sempre lasciato spazio alla speranza, alla fiducia verso un ”uomo
nuovo” che salverà il mondo dalle brutture e dalla violenza
passando per le emozioni. “Nei miei quadri – ha scritto Carlo
Giusto in uno de suoi tanti fogli di appunti – si notano delle
macchie, delle linee, delle zone di colore che non corrispondono a
nessuna realtà, ma secondo la legge della mia cultura interna,
preparano musicalmente e accrescono l'emozione di chi guarda. Creo
così, in qualche modo, un ambiente emotivo”.
Dopo una fase che scivola
verso l'Informale, la sua continua capacità di mettersi in gioco e
di confrontarsi con il mondo lo portano, attorno alla metà degli
anni sessanta, a riflettere sui linguaggi dei mezzi di comunicazione
di massa con lo sguardo volto verso la Pop Art statunitense, sino
all'adesione nel 1964, a COND, un gruppo formato insieme a Mesciulam,
Parini e Rigon, che prende il nome “Cond” da
condizionamenti. Quei tentativi, cioè, da parte dei mass media di
limitare indirettamente la libertà dell'uomo attraverso una serie di
messaggi visivi violenti e ripetuti.
A tutto questo Giusto
risponde con un linguaggio artistico che risente della Pop Art,
ma con il tocco contenutistico e concettuale tipico dell'arte
italiana. E' l'epoca di opere come “Figure” del 1964 e “Ritratto”
del 1967 dove l'icona Pop è inserita in un cotesto che svincola dal
linguaggio aggressivo e frenetico della pubblicità e del video.
La sua riflessione sulla
società, però, non si ferma. La perdita di valori, la svuota
dell'uomo, smarrito in una società in cui non ci sono più punti di
riferimento e porta il linguaggio Pop di Giusto a una personale
evoluzione: il tratto, i colori rimangono quelli di una pittura
che attinge al linguaggio popolare, ma la figura umana scompare, o
meglio al suo posto rimane un puro involucro di abiti. Abiti che
ballano indossando il nulla. Tuttavia, nella pochezza del presente,
prevale, ancora una volta, la speranza: compare l'elemento simbolico
dell'aquilone, dove, in un gioco di incastri, la tela si inserisce in
un altro sfondo, creando un gioco vibrante di movimento ed emozioni
senza mai perdere fluidità.
Ma la barbarie, non solo
culturale, dei nostri tempi, costringe Giusto a un ulteriore
passaggio che comporta una chiusura in se stesso, da cui sfugge
soltanto attraverso la pittura. Ricompare l'elemento esterno,
estrapolato dalla società: il ritaglio di giornale. Se, però, un
tempo si trattava di un gesto di rabbia, in uno strappo rotelliano,
oggi il frammento è prelevato e inserito nella composizione
pittorica con rigore. Quasi la costatazione di un mondo in cui
convivono sfaccettature differenti da cui è impossibile
sfuggire. Il tentativo, però, è ancora costruttivo: mettere ordine
nel caos. Il quotidiano ritagliato, che trova un proprio spazio nelle
emozioni, positive e negative della tela, costituisce un tentativo di
organizzazione del disordine. Un antidoto alla disgregazione sociale
e, indirettamente, alla perdita dell'Io. Ancora una volta, Giusto
lascia trasparire, tra il buio, un messaggio di speranza e fiducia
nell'essere umano e nella storia: quella con “s” maiuscola,
quella che lascerà un segno passando anche per la sua tavolozza.
Atelier Gulli
Savona (Corso Italia 201 r)
Savona (Corso Italia 201 r)
15 novembre dalle ore 17.00
CARLO GIUSTO
“SOLUZIONI POSSIBILI”
Dipinti e collages
La mostra resterà aperta fino all'8 dicembre 2014.
Orari: tutti i giorni 10.30 -12.30 / 15.30 -19.30