Tra la piccola Oneglia
di inizio Ottocento e l'Argentina dei libertadores sulle tracce di
Manuel Belgrano, un viaggio affascinante alla ricerca dell'uomo celato nelle vesti dell'eroe
nazionale. L'evocazione di un mondo e di un'epoca nell'ultimo romanzo
di Marino Magliani. Da leggere.
Riccardo Ferrazzi
Il creolo e la Costa
Un altro Magliani, un
Magliani diverso, che fa il detective in prima persona e si lancia
sulle tracce di un problematico episodio nella vita di un eroe
sudamericano: Manuel Belgrano, il nume tutelare della Repubblica
Argentina.
Si dà il caso che il padre di Belgrano fosse un emigrato italiano, originario di Oneglia, e più precisamente della Costa, una frazione in cui vivono ancora altri Belgrano. Nessuno più di Magliani, originario della val di Prino e frequentatore di Oneglia fin dall’infanzia, è l’investigatore adatto per districarsi fra epistolari, cronache di oscuri cronisti ottocenteschi, storia locale, topografia, urbanistica, economia, usi e costumi.
Belgrano, creatore della bandiera argentina
E
Manuel Belgrano? Cos’ha fatto nei mesi di agosto e settembre e
ottobre del 1815, prima di tornare in Argentina? Questo è
l’interrogativo che a poco a poco si fa strada nell’indagine. Una
prima risposta verrà da un ignoto corrispondente, che si cela sotto
lo pseudonimo di El Sapo, si dice mosso da vaghe considerazioni
sentimentali, e scrive quanto segue: “…contrariamente a quanto
numerosi storici lascino intendere o dichiarino senza tema di essere
smentiti, Belgrano è stato a Costa d’Oneglia, paese natale del
padre, nell’agosto del 1815 (altre fonti ammettono sia stato a
settembre dello stesso anno, ma non cavilliamo). Vi rimase per lunghe
giornate, con probabilità tra le dodici e le quindici.”
A questo punto
Magliani è costretto a indagare. Sotto la sua lente d’ingrandimento
prendono, o riprendono, vita personaggi grandi e piccoli della Storia
mondiale: universali come Napoleone, nazionali come Bernardino
Rivadavia, minimi come il conte Cabarrus (forse parente di Thérésia
Cabarrus, la ninfa egeria di Tallien e Barras, che tutta Parigi
chiamò Notre Dame de Thermidor?).
Ma non solo: Magliani ripercorre Oneglia nella sua configurazione di duecento anni fa e puntigliosamente la compara con l’attuale: sobborghi e monumenti, fiumi e ponti, coltivazioni e transumanze, tutto viene evocato a comporre un affresco di incredibile precisione.
Oneglia ai tempi del romanzo
E nonostante ciò,
sono labili gli appigli ai quali ci si aggrappa nel tentativo di
ricostruire l’escursione che Belgrano, approfittando di una
sfortunata missione diplomatica in Europa, avrebbe compiuto in
Liguria, la terra mai vista nella quale affondavano le sue radici.
Magliani approfondisce accenni, spigolature, riferimenti di ogni genere, con lo spirito del romanziere: entra nel personaggio, nella coralità del popolo ligure nella prima metà dell’Ottocento, si pone domande e prospetta soluzioni. E se da un lato ricorre agli espedienti classici della narrazione, dall’altro riecheggia atmosfere sudamericane.
È facile riconoscere la frequentazione di un narratore come Bolaño nell’inconfondibile sapore di mistero che avvolge personaggi, veri e concreti, costretti a muoversi in una realtà sfuggente, in una natura troppo vasta per essere compresa, nello spaesamento istituzionale di chi nasce sull’altra riva della “pozzanghera” (l’oceano Atlantico).
Ma è anche chiaro
che in El Sapo, misterioso pseudonimo che significa “Rospo” e che
conduce indagini parallele incredibilmente minuziose, rivive
l’anonimo manzoniano. Così come Manzoni fa parlare il suo anonimo
con ampollosa ridondanza barocca, anche Magliani connota El
Sapo con il periodare magniloquente della retorica asiana:
quella che nella prima metà del secolo scorso caratterizzava le
arringhe dei principi del foro.
Ma sempre, come necessario contrappunto, riprende il sopravvento la classica scrittura di Magliani, fatta di essenzialità e che va dritta allo scopo anche quando si distende a descrivere le sue valli, i suoi ulivi, il suo mare.
Marino Magliani
E al termine di un’indagine sulla quale ha continuato a pesare il dubbio, la pervicace domanda “Ma questo viaggio segreto sarà poi avvenuto davvero?”, ecco la prova, reperita per caso ma non per questo meno convincente, riprodotta addirittura con tanto di fotografia!
Al termine della sua difficile inchiesta, Magliani può affermare con sicurezza che Manuel Belgrano, come tutti gli oriundi, sentiva nel sangue il desiderio di “tornare dove non era mai stato”. Nei suoi ultimi anni di vita, con il fisico già minato da molteplici malattie, e osservando infinite precauzioni per mantenere l’incognito, venne a Oneglia per conoscere la Costa: il luogo da cui suo padre era partito alla volta del nuovo mondo.
Quel ritorno (un nostos, come lo chiama Magliani, accomunando Belgrano agli eroi omerici) sarebbe rimasto segreto se un fatto banale, un furto, non ne avesse conservato le vestigia e un fatto ancor più banale, un ritrovamento, non le avesse magicamente portate a chi, senza conoscerle, le cercava.
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