TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 25 novembre 2020

Bordiga sconosciuto (1926-1944) 14. Bordiga, Mussolini, il fascismo e la guerra di Etiopia

 


Giorgio Amico

14. Bordiga, Mussolini, il fascismo e la guerra di Etiopia


Nonostante nel 1934 venisse sospesa la vigilanza attiva, fino alla caduta del regime nel luglio 1943 Amadeo Bordiga fu strettamente controllato da confidenti che si erano accativati oltre che la sua anche la fiducia della moglie: oltre all'avvocato Cassinelli, Virgilio Troiani, Angelo Alliotta, Ugo Girone, Luigi Villani e il misterioso fiduciario n. «145» di cui ancora resta ignota l'identità. [1] Con essi Bordiga ebbe frequenti scambi di idee in occasione dei quali espose senza reticenza il suo pensiero sui principali avvenimenti di politica internazionale e sul regime. Quelle conversazioni divennero immediatamente rapporti di polizia da cui oggi si può con un buon grado di attendibilità ricostruire quale fossero le opinioni di Bordiga negli anni, soprattutto dopo la vittoriosa guerra di Etiopia e la proclamazione dell'impero, in cui il regime ebbe effettivamente un larghissimo consenso popolare. In diverse occasioni Bordiga fa affermazioni molto forti, vere e proprie dichiarazioni di ammirazione per il regime e in particolare per l'azione soprattutto a livello internazionale di Mussolini.

Certo, esiste anche la possibilità, avanzata da qualcuno, che Bordiga, sospettando di parlare con possibile spie, si fosse fatto beffe dei suoi interlocutori calcando volutamente i toni e manifestando un consenso che in realtà non provava. Anche se questa ipotesi fosse vera, ma non esistono elementi per crederlo, si tratterebbe comunque non di una beffa, ma di una opportunistica captatio benevolentiae, finalizzata ad ottenere benefici molto concreti dal regime quali la sospensione della vigilanza, la totale libertà di muoversi nel paese e di svolgere la sua attività professionale, l'acquisizione di incarichi di lavoro, l'appoggio in una serie di cause legali che lo vedevano contrapposto ad una delle sorelle della moglie. Richieste tutte andate in porto e a cui fa riferimento il vasto carteggio con i massimi vertici della polizia citato nella ricerca di Eros Frascangeli.

Un comportamento furbesco al limite del ricattatorio che emerge con grande evidenza nel caso delle lettere “segrete” di Mussolini. Dal 1912 al 1914 Bordiga era stato uno dei più fedeli seguaci del Mussolini rivoluzionario, ferocemente antiriformista e antimassone. Una fascinazione che aveva retto al tempo, tanto che ancora negli anni Sessanta, quando egli cura una compilazione di testi, tutti rigorosamente pubblicati anonimi in quanto “tesi di partito”, come primo volume della storia della sinistra comunista italiana, inserisce anche uno scritto del Mussolini capo della estrema sinistra del Partito socialista. Causando non pochi equivoci, tanto che uno studioso illustre, assolutamente lontano dall'immaginare chi fosse l'autore dello scritto, ne aveva attribuito la paternità proprio a Bordiga che imperturbabile commentò che, se Mussolini allora era su una corretta linea rivoluzionaria, non si capiva il motivo per cui i suoi testi non dovevano essere ripresi. Ragionamento che avrebbe anche potuto avere un senso, ma solo se quei testi fossero stati firmati e quindi il lettore fosse stato messo in condizione di conoscerne l'autore. Quell'intensa collaborazione aveva prodotto un sostanzioso carteggio fra i due, dato che Bordiga viveva a Napoli e Mussolini a Milano dove era la redazione centrale dell'Avanti!. Nell'autunno del 1934 in una conversazione con un amico Bordiga tranquillamente dichiara di possedere documenti compromettenti per il Duce, ma che non intende farne uso.

“I comunisti francesi – afferma – tre anni fa mi hanno fatto chiedere, offrendomi centinaia di migliaia di franchi, una famosa lettera di Benito Mussolini scrittami nell'agosto 1914. Ma io questa lettera, e vorrei che il Duce lo sapesse, l'ho stracciata da tempo. Posseggo solo due lettere del Duce: una attacca Labriola e l'altra è insignificante”. [2]

In realtà la lettera non era stata distrutta, tanto che due anni più tardi Bordiga la faceva leggere all'avvocato Cassinelli pregandolo di mantenere la cosa assolutamente riservata. La lettera era effettivamente esplosiva, in essa il futuro Duce del fascismo attaccava duramente e con un linguaggio scurrile la politica antitedesca dello Stato francese al cui soldo presto si sarebbe messo pubblicando, proprio con fondi francesi Il Popolo d'italia e lanciando la violenta campagna interventista che lo avrebbe posto immediatamente fuori dal partito socialista. L'affare è oggettivamente spinoso, ma il rapporto di polizia, inviato da Virginio Troiani tramite cui Cassinelli manteneva i rapporti con l'OVRA, è ricco di dettagli rassicuranti:

“L'Ing. Bordiga afferma di essere onesto e di essersi sempre opposto a recare imbarazzo al Duce, come avrebbero voluto non pochi ex socialisti. Come ha distrutto la corrispondenza del Duce, riguardante l'eccitamento del popolo napoletano di togliere i binari della ferrovia e sabotare l'invio delle truppe in Africa (Libia), così l'Ing. Bordiga distruggerà qualunque altro documento in suo possesso, perché ora non si tratta solo delle fortune del Duce, ma si tratta dell'avvenire e delle fortune dell'Italia e degli Italiani!”. [3]

Un Bordiga, patriottico, preoccupato delle “fortune dell'Italia”, che usa spregiudicatamente le carte in suo possesso come una sorta di assicurazione sulla vita. Una immagine che confligge troppo col mito del rivoluzionario inflessibile e dalla “onestà morale ineccepibile”, tanto che, tranne Roberto Gremmo, nessuno di coloro che ha avuto accesso alle carte di polizia depositate presso l'Archivio Centrale dello Stato ha fatto il minimo accenno a questi due rapporti.

Ma allora, cosa pensa davvero Bordiga di Mussolini e del fascismo? Coerente con la sua visione schematica per cui fascismo e democrazia si equivalgono e fermamente convinto che, proprio perché può più facilmente fare breccia nel proletariato allontanandolo così dalla sua missione rivoluzionaria, l'antifascismo sia il peggior prodotto del fascismo, Bordiga si dichiara ferocemente avverso non solo alla politica del Partito comunista staliniano, ma anche alla Concentrazione antifascista che nel frattempo si è formata nell'emigrazione raccogliendo repubblicani, socialisti, dirigenti della vecchia CGL e massoni. Lo fa in un colloquio con il solito Alliotta che immediatamente ne gira il contenuto alla polizia:

“Cosa dovrei dirti poi – dice Bordiga all'amico – dell'ultima incarnazione dei variopinti fuorusciti, cioè della famosa... concentrazione? Professionismo politico, null'altro che professionismo. Superare il Fascismo per ritornare indietro, cioè alla politica... bloccarda, sotto le ali protettrici della massoneria? Ah no!| Io sono e rimarrò pregiudizialmente e decisamente antiparlamentarista: in questo senso sono assai più vicino a questi qui (il Bordiga accenna al Partito Fascista) e resto assai lontano da tutti i concentrazionisti, qualunque sia la loro provenienza. Ma poi, parliamoci chiaro, caro..., dunque la lotta è contro il sistema, o contro il partito, o contro la fazione? La concentrazione proclama la rinunzia a tutte le pregiudiziali, per combattere la crociata contro l'uomo e contro la sua fazione. Tutto questo per me è osceno. La Monarchia democratica o la repubblica... con Modigliani sono per me la stessa cosa – ed anzi peggio – che il Fascismo con Mussolini... Io non voglio per essi rischiare di tornare al confino, per questi signori e per questi principi. Dopo tutto perché? Per il ritorno... alla libertà? Ma cosa è questa libertà?”. [4]

Meglio il fascismo e Mussolini che la democrazia borghese, meglio la dittatura che il parlamentarismo, dichiarazioni che paiono incredibili, ma che sono puntualmente confermate da una lunga conversazione a proposito della guerra di Etiopia ripresa pressocché integralmente dal primo biografo di Bordiga, Franco Livorsi.

Il 26 maggio 1936 in casa del cognato di Bordiga a Roma, l'ex dirigente comunista si lasciò andare a una lunghissima tirata sulla situazione internazionale, sul fascismo, su Mussolini e la guerra d'Etiopia. Al colloquio erano presenti ben due informatori dell'OVRA che inviarono una lunghissima e dettagliata relazione al capo della polizia politica Di Stefano che la girò immediatamente a Mussolini. Pochi giorni prima, il 5 maggio 1936, il Duce aveva annunciato la conquista di Addis Abeba con un discorso che aveva suscitato un enorme entusiasmo nel paese. Vediamone qualche passo utile a comprendere il commento che ne farà Bordiga:

“Camicie nere della rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia! Italiani e amici dell'Italia al di là dei monti e al di là dei mari! Ascoltate! Il maresciallo Badoglio mi telegrafa: " Oggi 5 maggio alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba ". Durante i trenta secoli della sua storia, l'Italia ha vissuto molte ore memorabili, ma questa di oggi è certamente una delle più solenni. Annuncio al popolo italiano e al mondo che la guerra è finita. Annuncio al popolo italiano e al mondo che la pace è ristabilita. Non e senza emozione e senza fierezza che, dopo sette mesi di aspre ostilità, pronuncio questa grande parola. Ma è strettamente necessario che io aggiunga che si tratta della nostra pace, della pace romana, che si esprime in questa semplice, irrevocabile, definitiva proposizione: l'Etiopia è italiana! […] Nell'adunata del 2 ottobre, io promisi solennemente che avrei fatto tutto il possibile onde evitare che un conflitto africano si dilatasse in una guerra europea. Ho mantenuto tale impegno, e più che mai sono convinto che turbare la pace dell'Europa significa far crollare l'Europa. [...] Questa d'oggi e una incancellabile data per la rivoluzione delle camicie nere, e il popolo italiano, che ha resistito, che non ha piegato dinanzi all'assedio ed alla ostilità societaria, merita, quale protagonista, di vivere questa grande giornata. Camicie nere della rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia! Una tappa del nostro cammino è raggiunta. Continuiamo a marciare nella pace, per i compiti che ci aspettano domani e che fronteggeremo con il nostro coraggio, con la nostra fede, con la nostra volontà. Viva l'Italia!” [5]

È probabilmente il momento del massimo consenso popolare al regime, inevitabile che nell'incontro conviviale in casa del cognato di Bordiga, il discorso del Duce sia l'argomento principe della conversazione. E proprio dalle parole di Mussolini, a stare al dettagliatissimo resoconto degli informatori, Bordiga inizia il suo lungo ragionamento:

“Questa volta – dice Bordiga – l'aggettivo storico non esprime un luogo comune. Gli avvenimenti che si sono susseguiti sono stati veramente tali. Scommetto che se mi fossi trovato a Roma non mi sarei limitato ad ascoltarli per radio (come ho dovuto fare stando a Napoli); ma avrei voluto vederli […] Il primo discorso, cioè quello del 5 è veramente bello: deciso, preciso, ha il tono inesorabile del fatto compiuto: oggi 5 maggio dell'anno ecc. la guerra è finita ecc. ecc. Non vi sono fronzoli, non vi sono lenocinii. È l'uomo, è colui che con la sua volontà ha piegato Ginevra e tutte le coalizioni che parla alle folle di tutto il mondo. Questo è bello... ma non solo in senso estetico. Il secondo , cioè quello della notte del 7 mi è piaciuto meno. Il preannuncio che tra pochi minuti saranno annunciate le decisioni approvate dal Gran consiglio mi ha ricordato il vecchio gesto dell'oratore del comizio, che mettendo la mano in tasca per cavarne il documento preveniva solennemente la folla dell'importanza di ciò che avrebbe esso contenuto.Evidentemente questo discorso ricorda le vecchie cianfrusaglie costituzionali, le svariate deliberazioni dei consessi... Il carattere dell'Uomo si deve sentire a disagio; la sua parola non è più quella. È forse una sottigliezza sfuggita ai più ma che io credo di avere raccolta...

Vi è certamente fuori d'Italia una corrente d'idee che avanza a favore non dirò del fascismo; ma di Mussolini. Se io in questo momento mi decidessi a scrivere tutto ciò che penso (e se lo penso è perché lo constato), e come me dovrebbero constatarlo tutti coloro che non sono ciechi, sono sicuro che si direbbe che la mia non è soltanto la famosa crisi di coscienza; ma che mi sono venduto... Mussolini ha fatto cadere nella polvere tutti i vecchi idoli: imperialismo, socialismo, comunismo... Russia, massoneria, democrazia, pacifismo, sicurezza collettiva, disarmo, coalizioni, fronti unici... che cosa rimane di tutto questo? Non si vedono che delle larve che si dibattono in cerca di un soffio che dia ad esse la illusione della vita. Mussolini è un trionfatore: le folle adorano i trionfatori. Ecco la realtà che non si può confessare...[...]

Del resto hai visto con quale programma i socialisti francesi andranno al potere? È un programma perfettamente fascista... con questo di diverso che il fascismo qualche cosa di buono lo ha realizzato effettivamente. Anche coloro che affermano che tutto quel che esso ha fatto discende direttamente dal riformismo turatiano, debbono riconoscere che Mussolini lo ha perlomeno realizzato, mentre i compagni di destra non ne avrebbero mai avuto il coraggio. […]

A Napoli i recenti arresti e le ultime assegnazioni al confino hanno avuto una certa risonanza. Ho sentito fare dei nomi me me ne sono curato poco; non so neanche di che cosa si tratti. Del resto il mio pensiero in proposito è preciso e reciso: queste coteries è bene che si sciolgano definitivamente perché non hanno più ragione di esistere: esse (a meno che diventino manovrate e cioè militarizzate...) non possono che raccogliere o degli idioti o della gente prezzolata che ne trae i mezzi della vita. Il clima non è più adatto allo sviluppo. Sono organismi inutili e parassitari. Lo sconvolgimento che la guerra produsse nell'economia e nel regime politico di tutti i paesi ha creato dovunque la necessità di governi dittatoriali che si debbono reggere con la forza delle baionette. Contro le baionette non vi è nulla da fare, se ad esse non si possono opporre altre baionette... E di questo non è proprio qui il caso di parlare. Allora bisogna appartarsi ed attendere... attendere non per questa generazione, ma per quelle future. Le situazioni cambieranno. Io conservo intatta la mia mentalità: gli uomini non contano, non rappresentano nulla, non possono influire in nulla; sono i fatti che determinano le nuove situazioni. E quando le situazioni sono mature allora vengono fuori gli uomini”. [6]

Affermazioni gravi che gettano un'ombra non solo sul comunista, ma anche sull'uomo, e per questo di fatto ignorate da ricercatori di formazione bordighista, come Basile e Leni che in uno studio che si vuole scientifico di quasi ottocento pagine, dedicano all'episodio una ventina di righe e solo per dire che Bordiga “non condivise mai l'operato degli stalinisti in clandestinità. [7] In realtà, come abbiamo visto, Bordiga non era nuovo ad affermazioni di questo tipo. La sua convinzione della totale inutilità dell'azione antifascista in Italia era stata ribadita in ogni occasione. Così come le tesi su Mussolini realizzatore del programma riformista di Turati e della assoluta irrilevanza del fattore umano furono più volte ribadite in articoli e scritti del dopoguerra. Sulla base di queste ragioni si può senza timore di smentita affermare che, pur trattandosi di dichiarazioni riportate da una spia, queste nella sostanza riflettano il pensiero autentico di Bordiga. E se è così, questo vale per l'intero discorso, compresa l'iniziale insistita ammirazione per Mussolini trionfatore sull'imperialismo democratico e massonico. D'altronde l'odio profondo di Bordiga per la democrazia, espressione del grande capitale e della massoneria, rivela l'imprinting lasciato su di lui dal suo vecchio maestro Mussolini capofila nel 1912-1914 della lotta senza quartiere alla Massoneria e al “bloccardismo” democratico e riformista del PSI. Ma ancora più sconcertante è il tono compiaciuto con cui Bordiga, chiudendo il colloquio, irride al fallimento delle attività clandestine dei comunisti:

“Come vedi, se queste quattro chiacchiere che abbiamo scambiato qui, senza alcuna pretesa, dovessi renderle pubbliche, correrei il rischio di essere lapidato...proprio dai compagni. […]. Io me me sto a casa... e detesto la folla. Mi sono ritirato troppo presto dalla scena ma è tanto bello farla da spettatore e ridere, ridere soprattutto delle costole che si fracassano coloro che si cimentarono con te sulla stessa pista”. [8]

Un preannuncio di quelle che sarà pochi anni dopo l'atteggiamento verso la guerra, in cui Bordiga si augurerà la vittoria della Germania, una “sorta di fantasia astratta”, come la definisce Luigi Cortesi, ma che sarà ripresa nel dopoguerra dai bordighisti ortodossi portando all'estremo “la priorità della lotta contro la democrazia reale fino alla polemica negazionista, o comunque qualitativamente riduzionista, in materia di genocidio nazista, considerato come una menzogna dell'ordine sociale borghese”. [9] Ma di questo tratteremo nel prossimo articolo.

Note

1. Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell'OVRA, cit., p. 168.

2. ACS-PP-B/1. Appunto del 23 settembre 1934 siglato col n. 40 corrispondente a Virginio Troiani.

3. ACS-PP-B/1. Appunto del 23 aprile 1936 sempre proveniente da Virginio Troiani.

4. ACS-PP-B/1. Appunto del 15 novembre 1935, siglato col n. 591 corrispondente ad Angelo Alliotta.

5. Benito Mussolini, L'Etiopia è italiana. Ora in Eduardo e Duilio Susmel ( a cura di), Opera omnia di Benito Mussolini, Vol. XXVII, La Fenice, Firenze, 1959, pp. 265-66.

6. Franco Livorsi, Amadeo Bordiga, cit., pp. 359-66,

7. C. Basile- A. Leni, Amadeo Bordiga politico, cit., p. 611.

8. F. Livorsi, cit., p. 369.

9. Luigi Cortesi, Amadeo Bordiga: per un profilo storico. In L. Cortesi (a cura di) Amadeo Bordiga nella storia del comunismo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 37. Sulle posizioni negazioniste dei bordighisti cfr. Auschwitz, ovvero il grande alibi, Programme Communiste, n. 11 avril-juin 1960.


14. Continua