TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 20 novembre 2020

Novità in libreria. Quando Togliatti e Stalin spiavano il Vaticano

 


Novità il libreria

Matteo Manfredini, Il gesuita comunista (Rubbettino editore, pp. 244, euro 15)


L'inizio degli anni Cinquanta rappresenta il momento di maggior tensione nel dopoguerra fra la Chiesa cattolica e i suoi vertici vaticani e il partito comunista e il mondo laico. Dopo il grande successo della DC alle elezioni politiche del 1948, oltre Tevere si manifestano forti spinte reazionarie finalizzate ad andare oltre, ed era molto, a quanto già ottenuto con il Concordato mussoliniano entrato poi nella Costituzione della repubblica. Pulsioni reazionari che preoccuparono non poco le sinistre e gli stessi partiti laici che comunque sostenevano De Gasperi e i governi centristi e che fecero sospettare l'esistenza di un progetto di trasformazione dell'Italia repubblicana in uno Stato confessionale e autoritario modellato sul Portogallo dell'ultracattolico Salazar. Nel 1953 la cosiddetta legge truffa, che intendeva modificare i meccanismi elettorali, per garantire alla DC di governare senza il condizionamento di altri partiti, fu per molti la conferma di questi progetti, ispirati dai massimi vertici vaticani se non da papa Pacelli in persona.Esemplare fu alle elezioni comunali per la città di Roma del 1952 la cosiddetta lista Sturzo, voluta direttamente da Pio XII per impedire la possibile vittoria di una lista di sinistra, utililizzando, contro il parere di De Gasperi, monarchici e fascisti e mobilitando di nuovo i Comitati civici di Gedda che nel 1948 così buona prova avevano dato delle loro capacità di convogliare masse consistenti di voti sui candidati cattolici. Manovre a cui non furono estranei un giovane Andreotti già ben inserito nei meccanismi del potere e il Segretario di stato vaticano Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, che diverrà poi negli anni Sessanta Paolo VI, il primo papa della reazione postconciliare che culminerà poi con l'integralista Woytila e infine con l'ultraortodosso Ratzinger.

È in questo clima avvelenato e intollerante che matura la crisi di un gesuita, Alighiero Tondi, astro nascente dell'Università Pontificia Gregoriana. Convinto democratico ed antifascista, padre Tondi, aderisce al PCI. Togliatti, consapevole della delicatezza del momento politico e dei pericoli che la democrazia sta correndo, decide di mantenere segreta l'adesione e di utilizzare il gesuita, ben inserito ai vertici vaticani, come informatore. Per un anno padre Tondi tenne informato il partito di ciò che si tramava nelle segrete stanze vaticane, fornendo notizie preziose sui rapporti fra la Curia romana e l'estrema destra monarchica e fascista. Si era nel cuore della guerra fredda e il PCI manteneva un fortissimo legame con l'Unione Sovietica e i paesi di quello che allora si chiamava il campo socialista. Non stupisce quindi che all'ambasciata sovietica le informazioni del gesuita potessero essere di grande interesse soprattutto per quanto riguardava la rete clandestina che il Vaticano aveva costruito, di concerto con la CIA, nell'Est Europa a sostegno di quella che la stampa cattolica chiamava la “Chiesa del silenzio”. E anche in questo campo, Tondi si rivelò utilissimo.

Come è ovvio questo doppio gioco non poteva restare segreto a lungo e dopo un anno Alighiero Tondi fu costretto ad uscire allo scoperto, abbandonando la Compagnia di Gesù e dichiarandosi apertamente come un esponente del PCI. La cosa generò uno scandalo enorme e la reazione violenta del mondo cattolico. Andreotti intervenne direttamente su Luigi Einaudi, allora presidente della Repubblica, perché impedisse al figlio Giulio, patron della casa editrice Einaudi, la pubblicazione dei libri che l'ex gesuita aveva scritto per denunciare l'intromissione del potere vaticano nella politica e nella finanza italiana. In più occasioni la polizia intervenne a vietare comizi dell'ex prete, diventato giornalista dell'Unità.

Sposatosi con una compagna di partito, poi diventata senatrice, Alighiero Tondi poco a poco tornò nell'ombra, soprattutto con l'avvento del papato Roncalli e il nuovo clima creatosi nella Chiesa di cui diretta conseguenza fu l'apertura ai socialisti e la nascita dei primi governi di centro sinistra.

Ormai vecchio e dimenticato, Alighiero Tondi, nel frattempo rimasto vedovo, entrò di nuovo in crisi e ritornò alla Chiesa che lo riaccolse, riammettendolo addirittura nel ruolo sacerdotale. Una vittoria, se non politica perchè la cosa non interessava ormai più nessuno, sicuramente morale per la Chiesa che, come è noto, opera su tempi lunghi e sa aspettare. Alighiero Tondi concluse la sua vita tormentata e contraddittoria nel 1984 a Reggio Emilia.

La sua storia, oggi dimenticata e sconosciuta ai più, è ricostruita nel libro “Il gesuita comunista” di Matteo Manfredini, da poco in libreria per Rubbettino editore. Un libro utile, non solo a conoscere la vita di uomo che per un breve periodo godette di grande notorietà, ma soprattutto a capire meglio un'epoca controversa della nostra storia repubblicana.


G.A.