TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 4 novembre 2020

Sean Connery, Rudyard Kipling e la Massoneria

 


Giorgio Amico

Sean Connery, Rudyard Kipling e la Massoneria

Il 31 ottobre moriva a Nassau Sean Connery, il primo indimenticabile 007, un mito per la nostra generazione, anche se onestamente nel primo film, quello che lanciò la serie, a colpirci decisamente di più fu l'apparizione folgorante di una statuaria Ursula Andress, sorgente dalle acque come una Venere rinascimentale appena coperta da un bikini bianco che, come ha scritto qualcuno, turbò i sonni di un'intera generazione di adolescenti.

Unanime il cordoglio in tutto il mondo, d'altronde proprio grazie al personaggio di 007 Connery era diventato un mito universale. Ma pure qualche differenza navigando su internet si trova. Qualcuno penserà una a perdita di tempo. Sicuramente ci sono cose più importanti da seguire. Ma che volete, noi anziani, ormai fuori dal processo produttivo qualcosa dobbiamo pur fare in attesa che il presidente della Liguria Toti ci mandi tutti, come il vecchio cavallo della Fattoria degli animali, alla fabbrica della colla.

Ebbene, per tornare a Connery, mentre in Italia si è parlato esclusivamente del personaggio di James Bond nel mondo anglosassone e particolarmente in Inghilterra, si è sviluppato in rete un vivace dibattito sull'appartenenza o meno dell'attore alla Massoneria.

Il perché è semplice. Nel 1975 Connery, insieme ad un grande Michael Caine, gira L'uomo che volle farsi re, spettacolare film di John Huston, tratto da un racconto del 1888 di Rudyard Kipling compreso nella raccolta The Phantom 'Rickshaw & other Eerie Tales.



Lo scrittore, premio Nobel per la letteratura nel 1907, viveva allora in India e risentiva fortemente, come l'argomento di questi racconti giovanili chiaramente dimostra, del fascino esercitato dall'esoterismo sulla cultura borghese di fine Ottocento. Kipling era stato solo due anni prima iniziato giovanissimo, aveva appena 23 anni, alla Loggia "Hope and Perseverance" n.782 all' Oriente di Lhaore, loggia di cui fu subito segretario. Non stupisce quindi che anche i suoi scritti ne risentissero e L'uomo che volle farsi re è pieno di riferimenti alla Massoneria a partire dal protagonista del racconto, un ex soldato inglese, amante del whisky scozzese e delle donne, ma soprattutto orgoglioso della sua appartenenza alla Massoneria che ostenta fin dalla sua prima entrata in scena.

Da qui l'equivoco su Connery massone. L'attore aveva saputo rendere così bene il personaggio che era impossibile che non fosse anche lui un “figlio della vedova”, il modo con cui i massoni si definiscono fra loro. E invece no. Sean Connery era solo un grande attore, capace di immedesimarsi totalmente con i personaggi che rappresentava al punto che per lo spettatore non c'era più possibilità di distinzione fra finzione e realtà, fra attore e personaggio.

Nel caso di Kipling invece la cosa è diversa, l'esoterismo non fu per lui un interesse passeggero, né la sua appartenenza alla Massoneria un fatto episodico. Kipling fu massone fino in fondo e tutta la sua opera è improntata a questa vera e propria scelta di vita. Lo testimonia Il libro della giungla, opera massonica per eccellenza non a caso ripreso da un altro grande massone inglese di quell'epoca, Sir Robert Baden-Powell, per l'ideazione della branca infantile dello scoutismo, i lupetti. Scoutismo che, nonostante nel mondo cattolico sia stato in larga parte gestito dalla Chiesa, è zeppo di simboli, riti e soprattutto principi squisitamente massonici.

Di Rudyard Kipling, che fu anche un buon poeta, ricordiamo l'omaggio alla sua Loggia d'iniziazione, in assoluto la migliore rappresentazione che mai un Libero Muratore abbia dato degli ideali di fraternità e di tolleranza dell'Istituzione che unisce uomini di ogni lingua, etnia, religione. Si intitola “La mia Loggia Madre” ed è ancora oggi un testo di riferimento ideale per i massoni di tutto il mondo.




La mia Loggia Madre


C’erano Ruhdle, il capo stazione,

Beasely, delle “strade e lavori”,

Ackam della Intendenza,

Donck addetto alle Carceri

E Blacke il sergente istruttore

Che fu per due volte il nostro Venerabile.

C’ era anche il vecchio Franjee Edujee

Che aveva il magazzino “Alle derrate Europee”.

Fuori, noi dicevamo “sergente”, signore, salute, salam”

Ma dentro soltanto “fratello” ed era così bello dire così!

Ci incontravamo sulla livella e ci lasciavamo sulla squadra.

Ed io ero il secondo Diacono della mia Loggia Madre, laggiù!

C’ era ancora Bola Nath il contabile,

Saul, l’ israelita di Aden,

Din Mohamed dell’ Ufficio Catasto,

Il Signor Chuckerbutty,

Amir Sing, il Sick,

E Castro delle “Officine di riparazione”

Che era cattolico romano.

Le nostre insegne non erano ricche,

Il nostro Tempio era vecchio e nudo,

Ma noi conoscevamo gli antichi Landmarks

E li osservavamo scrupolosamente.

Quando getto uno sguardo indietro,

Mi vien spesso alla mente questo pensiero:

In fondo, non vi sono degli increduli,

Se non forse noi stessi!

Infatti tutti i mesi, dopo la Tornata,

Ci riunivamo per fumare

(Non osavamo fare banchetti

Per tema di infrangere le regole di casta di taluni Fratelli)

E parlavamo a cuore aperto di Religioni e di altre cose

Riportandosi, ciascuno di noi, al Dio che conosceva meglio.

L’ uno dopo l’ altro i Fratelli

Prendevano la parola:

Nessuno si agitava,

Ci separavamo all’ aurora, quando si svegliavano i pappagalli:

E mentre noi, dopo tante parole

Ce ne tornavamo a cavallo,

Maometto, Dio e Shiva

Giocavano stranamente a nascondino nelle nostre teste.

Spesso, dopo quel tempo,

I miei passi erranti al servizio del Governo

Hanno portato il saluto fraterno

Dall’ Oriente all’ Occidente,

Come ci fu raccomandato,

Da Kohel a Singapore.

Ma come vorrei rivederli i miei Fratelli neri e bruni

E sentire il profumo dei sigari indigeni

Mentre circola chi li accende

E mentre il vecchio distributore di limonate

Russa sul piantito dell’ office.

Oh! Ritrovarmi perfetto Massone

Ancora una volta nella mia Loggia dei tempi passati!

Di fuori si diceva: “Sergente, signore, salute, salam”

Ma, dentro, soltanto “fratello” ed era così bello dire così!

Ci incontravamo sulla livella e ci lasciavamo sulla squadra,

Ed io ero secondo Diacono nella mia Loggia Madre.