TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 3 novembre 2020

Confessioni di un ladro di libri

 


Giorgio Amico

Confessioni di un ladro di libri

Giuliano Galletta su Il secolo XIX di oggi ha pubblicato un racconto davvero molto bello sull'arte antica del furto di libri. Leggerlo mi ha suscitato un piacere malinconico, come certe vecchie foto dimenticate, ritrovate poi per caso in un cassetto.

Si, l'ammetto, in gioventù praticai anch'io quell'arte. Smisi presto, troppo maldestro e timoroso per una pratica che richiedeva destrezza ma soprattutto una espressione imperturbabile e la capacità, come i guerrieri ninja, di rendersi praticamente invisibili. Io non ero un ninja, diventavo rosso, mi sentivo osservato, insomma una frana totale con caratteristiche che più che a Arsenio Lupin mi accomunavano a Fantozzi.

Ma non fraintendete. Impacciato si, ma pentito mai. Né allora, né oggi che pure sono un preside in pensione e un vecchio nonno.

In quel tempo, il '68 o giù di lì, rubare libri era una specie di sport. Qualcuno lo definiva una legittima riappropriazione da parte del proletariato giovanile della cultura e della storia proletaria. Si trattava ovviamente di opere di sinistra, preferibilmente estrema, ma nel mazzo finiva pure qualche libro anche lui rivoluzionario, ma di un altro tipo. Emmanuelle, capostipite di una letteratura pornografica che riprendeva adattandolo ai tempi il modello del romanzo licenzioso del Settecento, ricordo fu tra le prede più ambite.

Il più bravo di tutti, un vero genio del furto librario con destrezza, era un ex bordighista poi diventato situazionista o sedicente tale, più vecchio di noi di qualche anno, che ci dava appuntamento davanti alla vetrina di una nota e ben fornita libreria savonese, per poi chiedere quale libro volessimo. Coltissimo, non si esimeva dal fornire suggerimenti preziosi per noi che allora ne sapevamo veramente poco.

“Conosci quello – diceva indicando un volume – è fondamentale per la comprensione del nuovo cinema francese. Te lo consiglio”. Presa l'ordinazione, entrava e dopo un poco usciva con il libro accuratamente celato sotto il giubbotto. Non lo faceva gratis, ma si accontentava di un prezzo politico molto modico.

A Firenze, dove eravamo andati a un convegno di un gruppo chiamato Invariance, assistetti al suo capolavoro, rubare alla Feltrinelli, infilandolo sotto il maglione, un gigantesco e costosissimo dizionario inglese. Un'impresa al limite dell'impossibile.

Compagni così non ne nascono più.