TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 29 novembre 2021

Franco Astengo, Bordiga nell'insensibilità della indifferenza


 

Franco Astengo

Bordiga nell'insensibilità della indifferenza


Bordiga, il fascismo e la guerra, 1926-1944”, pubblicato da Massari: un testo nel quale Giorgio Amico, storico attento delle diverse “derivazioni comuniste” del XX secolo, affronta il tema dell’atteggiamento tenuto dal fondatore del P.C.d’I verso il fascismo e la guerra.

Un testo molto documentato che richiama molti degli autori che nel tempo si sono cimentati con questo passaggio storico interrogandosi sulla sorta di “insensibilità dell’indifferenza” che il primo segretario del Partito Comunista tenne nei confronti delle tragedie di quello scorcio di secolo.

Sono molti gli episodi che colpiscono nel corso della lettura e non vale la pena richiamarli in questa sede.

E’ il caso invece di soffermarsi su di una operazione intellettuale che percorre, quasi come filo rosso, tutto il lavoro di Amico e che può essere raccolta nella frase finale che l’autore parafrasa traendola dal linguaggio hollywoodiano : l’Humphrey Bogart della “è la condizione umana bellezza” (”é la stampa bellezza, e tu non puoi farci niente: “Quarto Potere” regia di Orson Welles, 1941).

Non si tratta però di una semplice presa d’atto della realtà da affrontare come tale.

Siamo invece dentro nella storia di Bordiga ad una visione nella quale la condizione umana e la teoria politica sono portate dentro l’estremo di una rigida visione del determinismo storico.

Piuttosto ci si dovrebbe chiedere : ci troviamo nella condizione umana o nella miseria della condizione umana?

Il libro ci conduce verso questo interrogativo: attorno all’ing. Bordiga che lascia (momentaneamente) la politica perché un “suo”disegno è stato sconfitto si stava muovendo l’epopea di un secolo.

In quei decenni di esercizio da parte di Bordiga dell’assenteismo dell’indifferenza si consuma una crisi epocale del capitalismo, sale al potere Hitler mentre Stalin vince la lotta per il potere, scoppia la Guerra Civile Spagnola, si avvia la Shoah e il tutto, alla fine, è ricoperto dal ferro e dal fuoco del più esteso conflitto della storia.

Si staglia nell’immaginario collettivo e nella quotidianità della vita lo scontro tra il bene e il male: anzi tra il “Bene” e il “Male” con le maiuscole ben evidenziate.

Il Bene e il Male però non interessano :non c’è spazio però per prendere partito ; tutto è putrido e ci penserà lo scorrere del fiume mentre siamo fermi sulla sua riva a presentarci i cadaveri di coloro che il fato ha deciso di far soccombere.

Non traspare neppure il dilemma di tanti operai rosi dal dubbio: “sarà necessario perdere la guerra, tra lutti e rovine, per togliere di mezzo il fascismo ? E far così trionfare quello che si pensava potesse essere il Bene”.

Nel suo lavoro Amico non passa il guado della fine della guerra, della ripresa dell’attività politica di Bordiga che rimarrà chiuso soltanto all’interno dello stesso concetto che aveva accompagnato il suo “star fuori” quando l’esprimersi avrebbe comportato il pericolo della reprimenda da parte del delegato di polizia.

Bordiga concederà una sola intervista televisiva, per la trasmissione “Nascita di una Dittatura”: lo farà soltanto perché l’autore, Sergio Zavoli è stato il commentatore del suo amato giro d’Italia nel “Processo alla Tappa”.

Ecco:la storia della prima fase di vita del comunismo italiano sembra scorrere tra due poli: l’interrogarsi sul dilemma tra “pessimismo dell’intelligenza e “ottimismo della volontà” e l’ “insensibilità dell’indifferenza”.

Entrambe le opzioni finiranno sconfitte, come sempre o quasi, dal trionfo della “Realpolitik” e dal gioco sottile dell’autonomia del politico portato da chi, in quel momento, sapeva parlare la “langue russe”.

Ma questa sarebbe un’altra storia.


(Da: sinistra savonese.it)