TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 17 novembre 2021

La tratta degli schiavi e lo sviluppo dell'economia inglese


La tratta degli schiavi fu uno dei fattori principali che portarono alla rivoluzione industriale e resero l'Inghilterra la principale potenza economica mondiale. Il sangue degli schiavi si trasformò in capitali che permisero un rapidissimo sviluppo delle industrie britanniche. Ricordiamo ancora che nel corso della trattazione viene quasi costantemente usata dagli autori citati il termine “negro/negri”. Ovviamente non esiste alcun intento denigratorio nell'uso del termine che rispecchia il momento culturale in cui quelle opere furono redatte o tradotte in italiano. Trattandosi di citazioni, abbiamo ritenuto corretto mantenere il termine originario e non procedere a censure postume in nome di quello che oggi si considera un linguaggio politicamente corretto.


Giorgio Amico

La tratta degli schiavi e lo sviluppo dell'economia inglese


La tratta degli schiavi, gestita ormai quasi con carattere di monopolio dagli Inglesi, era parte integrante di un più esteso sistema commerciale chiamato "Grande Circuito" (Davidson ) o "triangolare" (Williams) fondato su tre assi: dai porti inglesi partivano navi cariche di manufatti a basso prezzo dirette alle coste africane. Arrivate sulle coste africane, le navi inglesi vendevano le merci alle popolazioni costiere e ripartivano per l'America cariche di schiavi. Scaricati e venduti gli schiavi nelle isole dello zucchero gli inglesi tornavano in patria con un carico di prodotti coloniali. I profitti erano rilevanti e derivano dalla vendita di beni di consumo alle popolazioni africane, dalla vendita degli schiavi ai proprietari di piantagione americani e infine dalla vendita in Inghilterra dei prodotti delle piantagioni, soprattutto zucchero e tabacco.

Il Seicento e il Settecento furono i secoli d'oro del commercio triangolare. Per l'lnghilterra lo sviluppo impetuoso del commercio triangolare rappresento la base stessa del suo futuro sviluppo industriale. È sempre Williams, il primo a studiare a fondo questo fenomeno, a darcene la migliore descrizione:

«Il traffico triangolare forni un triplice incentivo all'industria britannica. I negri venivano acquistati con manufatti inglesi; trasportati nelle piantagioni, essi producevano zucchero, cotone, indaco, melassa e altri prodotti tropicali, la cui trasformazione creava nuove attività industriali in Inghilterra, mentre il mantenimento dei negri e dei loro padroni nelle piantagioni offriva un altro mercato all'industria inglese, all'agricoltura della nuova Inghilterra, e alle pescherie di Terranova. Nel 1750 era difficile trovare una città commerciale o manifatturiera in Inghilterra che non fosse in qualche modo collegata con il traffico triangolare o con quello diretto con le colonie. I profitti ricavati costituirono uno dei principali elementi di quell'accumulazione di capitale che finanziò in Inghilterra la rivoluzione industriale”. (13)

Tutta l'industria inglese ebbe rapporti intensi e continuati con il traffico triangolare, a partire ovviamente dalla navigazione e dall' industria cantieristica. Il XVIII secolo sarà il periodo di maggior sviluppo delle città portuali inglesi. Bristol, Liverpool, Glasgow ebbero, in quanto centri commerciali, lo stesso ruolo che Manchester e Birmingham avrebbero avuto più tardi nel periodo industriale. Anche l'industria ebbe un forte impulso dallo sviluppo dei commerci legati alla tratta. Come ci ricorda Williams:

«lo sviluppo di Manchester è strettamente collegato a quello di Liverpool, suo sbocco sul mare e sul mercato mondiale. Il capitale accumulato da Liverpool con il commercio degli schiavi si riversò nell'entroterra per fertilizzare le energie di Manchester e le merci prodotte da questa città per il mercato africano vennero trasportate da navi negriere di Liverpool». (14)

La stessa industria metallurgica ebbe stretti legami con la tratta; ceppi, catene, lucchetti, ferri per schiavi, venivano prodotti dalle industrie inglesi e venduti assieme a fucili, (Birmingham divenne anche il centro del commercio di armi ) , forni per lo zucchero, ruli per spremere la canna, coltellerie. Un insieme di merci interamente destinato al mercato africano e delle piantagioni americane. Lo stesso sviluppo dell'industria cantieristica diede ulteriore impulso all'industria pesante, con la nascita delle prime fonderie a Liverpool. Tali e tanti erano gli interessi degli industriali inglesi nel sistema economico della schiavitù, che, quando il Parlamento affrontò il problema dell'abolizione, i produttori e i commercianti di ferro, rame, ottone e piombo di Liverpool presentarono una petizione contro la proposta che avrebbe creato disoccupazione nella città.

Molte delle banche che nel Settecento furono create a Liverpool e a Manchester, erano direttamente collegate al commercio triangolare; Così come fin dal loro nascere nel 1692 i Lloyds di Londra assicuravano le navi che operavano per la tratta e il commercio con le Indie. Furono anni di grandi innovazioni tecniche, stimolate direttamente dalle necessità del nascente sistema industriale: si poteva soddisfare la crescente domanda di manufatti soltanto elaborando di continuo nuovi e più funzionali sistemi di produzione. «Era nato 1'industrialismo e fu il commercio dell'Africa Occidentale con tutti i suoi agganci, che presiedette a questo evento». (15).

L'economia inglese andò sempre più basandosi sull'esportazione di manufatti industriali, le nuove industrie - basate su tecniche nuove - avevano bisogno di mercati stranieri in espansione e di materie prime a basso prezzo, e non di schiavi nelle piantagioni. Lo sviluppo industriale era ormai in contraddizione col monopolio dello zucchero, base della economia di piantagione. Agli industriali inglesi non garbava che , a causa dei dazi protezionistici sui generi alimentari, il costo del lavoro tendesse costantemente ad aumentare. Questo fece si che per la prima volta si creassero in Inghilterra le condizioni politiche per l'abolizione della tratta e della schiavitù. Infatti, prima del 1783, tutte le classi della società britannica erano unite nella difesa della tratta; l'opinione pubblica era d'accordo con il deputato Temple Luttrell che nel 1777 apertamente dichiarava:

«Alcuni gentiluomini possono, in verità, considerare il commercio degli schiavi empio e disumano; ma se vogliono conservare e sviluppare le nostre colonie, ciò che può farsi solo con il lavoro dei negri africani, è certo meglio procurarci quei lavoratori per mezzo di navi inglesi piuttosto che acquistarli con la mediazione di Francesi, Olandesi, e Danesi». (16)

Trent'anni più tardi le condizioni erano cambiate, le colonie dello zucchero non solo erano superate, ma anche dannose; nel 1828 si calcola che gravassero annualmente sul popolo inglese per più di un milione e mezzo di sterline. I capitalisti manchesteriani, ansiosi di ridurre i salari, sostenevano una campagna durissima contro i dazi sui grani e lo zucchero. La Lega contro la Legge sui grani dichiarava addirittura di basarsi sullo stesso giusto principio che aveva visto nascere la Società contro la schiavitù. Gli abolizionisti, fino ad allora piccola minoranza di intellettuali senza alcun peso politico, si videro dal un giorno all'altro appoggiati congiuntamente dagli industriali e dal Governo. Williams fa rilevare come l'attacco alla tratta degli schiavi (abolita nel 1807 ), la lotta. contro la schiavitù (abolita nel 1833), l'abolizione dei dazi sullo zucchero e sul grano del 1846 fossero tre fasi,tra loro inseparabili di un unico processo che doveva portare dal mercantilismo all'affermarsi di un'economia industriale basata sul "laissez faire":

«L'attacco agli interessi indo-occidentali fu qualcosa. di più di un attacco allo schiavismo :fu un'offensiva contro il monopolio; loro avversari erano non soltanto coloro che erano mossi da. sentimenti umanitari, ma i capitalisti (…) gli spiriti umanitari, aggredendo il sistema nel punto più debole, e più indifendibile, parlavano un linguaggio che le masse potevano comprendere: non avrebbero mai potuto riuscirvi cent'anni prima, quando tutti gli interessi capitalistici fondamentali erano schierati a difesa del sistema coloniale». (17).

L'aspetto più interessante di tutta questa tragica vicenda resta tuttavia come, nonostante un'esperienza tanto orribile da essere paragonata dagli esponenti più radicali del movimento afroamericano alla Shoah, gli schiavi siano riusciti a mantenere i caratteri centrali della loro cultura anche nei luoghi del Nuovo Mondo dove furono forzatamente deportati. Ma prima fi passare a trattare questo argomento, è importante esaminare brevemente perché proprio nel periodo in cui la schiavitù come sistema produttivo perde interesse per gli uomini d'affari inglesi, essa diviene la base di un originale sistema economico nel Sud degli Stati Uniti.

Note


13) E. Williams, op.cit., pag.68.
14) Ivi, pag.91.
15) B, Davidson, op.cit., pag.84.
16) E.Williams, op.cit, pag.65.
17) Ivi, pag.184.
18) E. Genovese, L'economia politica della schiavitù. Torino 1972, p. 18.
19) P.C. Carle- J.-L.Comolli, op. cit., pp. 80-81.
20) C. Gorlier, Storia dei negri degli Stati Uniti, Firenze 1963, p. 18.


2. continua