TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 29 settembre 2019

Sulla Sierra con Fidel. Piccola storia popolare della rivoluzione cubana



Iniziamo oggi la presentazione di un quadernetto uscito nel 1995. In pratica, una piccola storia popolare della rivoluzione cubana. Oggi parliamo di come era Cuba agli inizi degli anni Cinquanta.

Giorgio Amico

Sulla Sierra con Fidel
Piccola storia popolare della rivoluzione cubana


1. CUBA AGLI INIZI DEGLI ANNI CINQUANTA

Considerata un paradiso dai ricchi turisti nordamericani in cerca di avventure, celebrata soprattutto per le sue spiagge meravigliose e per le grandi case da gioco, agli inizi degli anni cinquanta Cuba, la "perla delle Antille" , celava dietro un apparenza di relativa prosperità contraddizioni laceranti. Nel 1950 la World Bank descriveva così la realtà contraddittoria dell'isola caraibica:

"L'economia cubana soffre di un alto grado di instabilità. Ogni anno c'è una lunga stagione morta in cui la maggior parte dei lavoratori dello zucchero sono disoccupati e il più grande equipaggiamento di capitale del paese resta inutilizzato... un'economia stagnante ed instabile con un elevato livello di insicurezza...". (1)

L'anno successivo la missione Truslow, inviata dal Dipartimento di Stato USA per analizzare le ragioni dell'arretratezza dell'isola, denunciò in un lungo rapporto le profonde contraddizioni di un sistema economico che, nonostante l'apparente ricchezza, manteneva ancora tutti gli elementi tipici della dipendenza economica: la mancanza di spirito imprenditoriale di una borghesia quasi interamente dedita ad attività speculative, l'insufficienza degli investimenti, la carenza cronica delle infrastrutture sociali ed amministrative. Anche da questa indagine emergeva soprattutto l'elemento della stagnazione, reso drammaticamente evidente dal fatto che, nonostante l'isola a causa dell'andamento favorevole del prezzo dello zucchero sui mercati internazionali stesse in quel momento attraversando un eccezionale periodo di prosperità e le riserve auree fossero le più elevate dell'America Latina, il reddito pro-capite si manteneva di poco superiore a quello del 1920. Per le statistiche poco più di trecento dollari l'anno, cioè meno di un dollaro il giorno in media a persona; nella realtà, considerato il fortissimo divario esistente fra strati ricchi e poveri della popolazione, la stragrande maggioranza dei cubani disponeva di un reddito assai inferiore. E ciò era particolarmente vero per la popolazione delle campagne, dove si concentrava ancora oltre il settanta per cento degli abitanti dell'isola. I contadini, considerati alla stregua di vere e proprie bestie da soma, erano totalmente abbandonati a se stessi e lasciati privi di ogni assistenza. Nessuno si occupava di loro, essi erano i grandi dimenticati della società cubana. Colpisce il fatto che in un paese che si diceva cattolicissimo, dove restava fortissimo il peso politico ed economico di una gerarchia ecclesiastica che dopo la rivoluzione accuserà il poder popular di voler scristianizzare la società, non esistessero quasi chiese nelle campagne. (2) Le malattie infettive infierivano per la scarsissima igiene e per la malnutrizione, colpendo soprattutto i bambini. Il passo che segue, tratto da un libro inchiesta pubblicato negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta, basta a far comprendere quali fossero le reali condizioni di vita per milioni di persone nella Cuba prerivoluzionaria :

"I parassiti crescono e si moltiplicano nel corpo dei bambini. alcuni di questi vermi, delle dimensioni di una matita, si raccolgono in grovigli o gomitoli, ostruiscono il sistema intestinale e bloccano la defecazione provocando morti strazianti. questi parassiti s'introducono nel corpo attraverso la pianta dei piedi dei bambini che camminano scalzi sul terreno infestato. Quando un bambino è morto, i vermi possono uscire strisciando dalla sua bocca o dalle sue narici, in cerca di un altro organismo vivente". (3)

La malnutrizione era generalizzata. Le famiglie contadine vivevano di farinacei e legumi. Nelle città per le classi popolari le cose non erano poi tanto migliori. Il 25 % della popolazione era disoccupata, ma nelle campagne la grande maggioranza dei contadini non lavorava più di tre o quattro mesi all'anno, nel periodo della zafra, il raccolto della canna da zucchero. Di contro un piccolo gruppo di latifondisti dominava incontrastato. Meno dello 0,1% del numero totale delle aziende controllava più del 20% delle terre coltivabili; l'8% del totale ne controllava più del 70%. Quanto alla classe operaia, questa era numericamente debole, impiegata in forme di produzione di scarso livello tecnico, inquadrata da sindacati diretti da leaders spesso corrotti, legati alla dittatura o alle organizzazioni gangsteristiche nordamericane che sull'isola gestivano traffici rilevanti connessi alle case da gioco e alla prostituzione. (4) Agli occhi di un osservatore attento Cuba appariva come un paese neocoloniale, caratterizzato da una struttura economica profondamente distorta, con tassi di sviluppo molto bassi, una totale dipendenza dagli Stati Uniti e un debolissimo livello di industrializzazione. Una società arretrata, segnata da vistose ingiustizie, ancora basata su un'agricoltura connotata dallo strapotere del latifondo e dall'estrema povertà delle grandi masse contadine. Proprio quello che con passione nell'ottobre 1953 un giovane avvocato, Fidel Castro, accusato di insurrezione contro i poteri dello Stato, denunciava nella sua autodifesa davanti al Tribunale straordinario di Santiago:

"..L' 85% dei piccoli agricoltori cubani paga un affitto e vive sotto la minaccia perenne della cacciata dalle sue parcelle di terra. Più della metà delle migliori terre coltivate è in mano straniere. In Oriente, che è la provincia più estesa, le terre della United fruit Company e della West Indian Company vanno dalla costa nord alla costa sud. Ci sono duecentomila famiglie contadine che non hanno neanche un metro di terra su cui seminare ortaggi per i loro figli affamati, mentre restano incolte nelle mani di interessi poderosi, quasi trecentomila caballerías (5) di terre produttive. Se Cuba è un paese prevalentemente agricolo, se la sua popolazione è in gran parte contadina, se è stata la campagna a fare l'indipendenza, se la grandezza e la prosperità della nostra nazione dipendono da una popolazione agricola sana e vigorosa che ami e sappia coltivare la terra, da uno Stato che la protegga e la guidi, come è possibile che continui questo stato di cose...?" . (6)

LA DITTATURA DI FULGENZIO BATISTA

La corruzione diffusa e la concezione della politica come mezzo di arricchimento personale, tristi eredità del dominio spagnolo, restavano le caratteristiche più visibili del sistema politico cubano, al di là del variare dei regimi e dei partiti. Dopo la prima dittatura Batista, dal 1944 era al governo il Partito Rivoluzionario Autentico, caratterizzato da un timido e incoerente liberalismo incapace di affrontare i gravi problemi del paese. Nel 1947 Eduardo Chibás fondò il Partito del Popolo Cubano (o Partito Ortodosso) che si richiamava all'eredità di José Martí e adottava un programma nazionalista e moralizzatore non privo di contraddizioni e di incoerenze sul piano della denuncia dello sfruttamento imperialistico da parte delle grandi multinazionali nordamericane. Tuttavia, secondo la testimonianza di Fidel Castro, in quegli anni dirigente della organizzazione studentesca del Partito:

"Molta gente in gamba militava in quel partito. Si batteva soprattutto contro la corruzione, il furto, gli abusi, l'ingiustizia e denunciava continuamente gli abusi della prima dittatura di Batista. (7) Nell'università il partito si rifaceva a tutta una tradizione di lotta, ai martiri della facoltà di medicina, massacrati nel 1871, (8) e alla lotta contro Machado (9) e Batista." (10)

Nel 1952 dovevano svolgersi le elezioni presidenziali e il partito ortodosso sembrava favorito. Ma, pochi giorni prima delle elezioni, il 10 marzo 1952, quando la vittoria degli ortodossi appariva ormai certa, un colpo di stato militare pilotato da Washington, dove si temeva che il cambiamento di regime potesse in qualche modo danneggiare gli interessi americani, riportò al potere il generale Fulgenzio Batista, che godeva del sostegno incondizionato del governo degli Stati Uniti e del Pentagono e nei fatti era l'uomo dei monopoli americani, dei grandi latifondisti e della Chiesa. Proclamatosi dittatore, Batista appena due anni dopo si fece eleggere presidente con elezioni farsa e subito adottò una politica di stampo autoritario: la Costituzione venne sospesa, le relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica interrotte, il Partito Comunista (11) messo fuorilegge. Verso il movimento operaio e la stessa opposizione borghese del Partito Ortodosso il regime sviluppò una azione violentemente repressiva che andò via via assumendo aspetti sempre più apertamente terroristici. Venendo a interrompere bruscamente una fase di ascesa delle lotte popolari, il golpe di Batista segnò la fine di un'epoca e il crollo definitivo delle speranze in una pacifica evoluzione democratica del quadro politico cubano. La nuova situazione venutasi a creare all'Avana, contribuì a fare emergere nuove figure politiche. Tra queste fin da subito la più significativa apparve essere quella di Fidel Castro, già leader studentesco e ora avvocato radicale.

NOTE:
  1. H. Thomas, Storia di Cuba, Torino 1973, pag. 900
  2. Vedere il bel libro-intervista del domenicano brasiliano Frei Betto, Fidel Castro: la mia fede, Milano 1986, pag. 168.
  3. R. Brennan, Castro, Cuba and Justice, New York 1959, p. 273, cit. in: H.L. Matthews, La verità su Cuba, Milano 1961
  4. Per un quadro complessivo della situazione economico-sociale nella Cuba prerivoluzionaria vedere: Umberto Melotti, La rivoluzione cubana, Milano 1967. Per una ricostruzione storica delle vicende cubane sono disponibili in italiano la monumentale opera dello storico inglese Hugh Thomas (Storia di Cuba, Torino 1973) e il più agile volumetto di Roberto Massari (Storia di Cuba, Roma 1987) che però ha il difetto di fermarsi all'inizio degli anni Quaranta. Per una collocazione delle vicende cubane nel contesto più generale del continente latino-americano si possono vedere gli studi di Tulio Halperin Donghi (Storia dell'America Latina, Torino 1968) e di Hubert Herring (Storia dell'America Latina, Milano 1971). Per una prima informazione possono essere utili i quaderni di Vanna Ianni (L'universo dei Caraibi, Firenze 1991) e di José Luis Luzón Benedicto (Cuba, Milano 1993). Per uno studio complessivo della rivoluzione cubana, l'unica opera apparsa in Italia resta l'ormai pressochè introvabile volume di Saverio Tutino (L'Ottobre cubano, Torino 1968). Per un’ analisi della politica cubana degli ultimi anni sono disponibili lo studio marxista rivoluzionario della francese Janette Habel (Cuba fra continuità e rottura, Roma 1990) e il libro intervista di Gianni Minà (Fidel, Roma 1994).
  5. La caballería è un'unità di misura di superficie di uso comune a Cuba che corrisponde a 13,43 ettari.
  6. F. Castro, La storia mi assolverà, Roma 1995, pag. 42
  7. Fulgenzio Batista, autore d un pronunciamento militare aveva già governato Cuba in modo dittatoriale dal 1933 al 1944.
  8. Il riferimento è a un episodio della lotta di indipendenza contro la Spagna.
  9. Gerardo Machado, presidente nel 1925, alla scadenza del suo mandato, rifiuterà di dimettersi, instaurando una sanguinosa dittatura.
  10. Frei Betto, op.cit., pp.123-124
  11. Fondato nel 1925 da Julio Antonio Mella, il Partito Comunista Cubano nel 1938 si era fuso con altre forze nazionaliste e rivoluzionarie assumendo il nome di Partito Socialista Popolare che mantenne fino alla fusione nel 1961 con il Movimento 26 Luglio.
1. Continua