TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 9 maggio 2018

Caso Moro. Noi ricordiamo un'altra storia




Giorgio Amico

Caso Moro. Noi ricordiamo un'altra storia

Da settimane stiamo assistendo ad una operazione di disinformazione di grande portata consistente nella riduzione dell'intera vicenda italiana degli anni '70 (fatta di grandi lotte, stragi sanguinose, minacce golpiste, scandali senza colpevoli) al solo caso Moro. Una vera e propria beatificazione di Moro (grazie al criminale e folle avventurismo delle BR che ne fecero un martire) che disinvoltamente tace dei grandi scandali che lo videro protagonista, degli omissis sui tentativi di golpe e sulle stragi di Stato, dell'arroganza estrema del potere. "Noi non ci faremo processare sulle piazze" fu la sua risposta minacciosa alla contestazione e intanto scoppiavano le bombe e tintinnavano le sciabole. Moro fu certo una vittima del terrorismo, ma non una vittima innocente. Quell'Italia corrotta e feroce, fatta di stragi coperte dal potere, di morti misteriose e impunite (Pinelli per citarne una), di repressione del dissenso e di scandali, che lo vide poi cadere vittima del folle progetto brigatista, era anche (e forse soprattutto) la “sua” Italia, frutto di una politica che con Andreotti l'aveva visto assoluto protagonista per decenni. Lo stesso terrorismo d'altronde (prima nero e poi rosso) fu il prodotto di una strategia lucidamente progettata tendente a destabilizzare la società per stabilizzare il potere DC messo in discussione dalla lotte operaie e studentesche del '68-'69.  

Considerazioni estremistiche? No, ricordi di chi in quegli anni c'era e non ha dimenticato. Come Aldo Giannuli, autorevole storico, docente universitario e consulente delle procure di Milano (strage di piazza Fontana) e Brescia (strage di piazza della Loggia), oltre che della Commissione Parlamentare sulle Stragi, che a proposito del caso Moro scrive:

“In realtà, a un progetto di restaurazione conservatrice Moro serviva più morto che vivo. (…) Considerato da questo punto di vista, il rapimento Moro è la storia di un'azione fallita dal suo nascere. Gli italiani ebbero la sensazione (in realtà esagerata) che il terrorismo potesse vincere o, quantomeno, mettere seriamente in crisi il sistema politico. Reagirono stringendosi intorno allo Stato, pure così inefficiente, e ai partiti che lo rappresentavano, prima fra tutti la DC, che beneficiò di una larghissima amnistia. In poche settimane il caso Lockheed, il processo di Catanzaro, lo scandalo dei petroli e i mille episodi di corruzione a livello locale vennero di colpo cancellati. Le Br, con la loro azione, avevano restituito alla DC una legittimazione ormai perduta.”

(Da: Aldo Giannuli, Bombe a inchiostro, BUR, 2008, p. 403-404)