Giorgio Amico
Caso Moro. Noi
ricordiamo un'altra storia
Da settimane stiamo
assistendo ad una operazione di disinformazione di grande portata
consistente nella riduzione dell'intera vicenda italiana degli anni
'70 (fatta di grandi lotte, stragi sanguinose, minacce golpiste, scandali senza colpevoli) al solo caso Moro. Una vera e propria beatificazione di Moro (grazie al criminale e folle avventurismo delle BR che ne
fecero un martire) che disinvoltamente tace dei grandi scandali che lo
videro protagonista, degli omissis sui tentativi di golpe e sulle
stragi di Stato, dell'arroganza estrema del potere. "Noi non ci
faremo processare sulle piazze" fu la sua risposta minacciosa
alla contestazione e intanto scoppiavano le bombe e tintinnavano le
sciabole. Moro fu certo una vittima del terrorismo, ma non una vittima innocente. Quell'Italia
corrotta e feroce, fatta di stragi coperte dal potere, di morti misteriose e impunite (Pinelli per citarne una), di repressione del dissenso e di
scandali, che lo vide poi cadere vittima del folle progetto
brigatista, era anche (e forse soprattutto) la “sua” Italia,
frutto di una politica che con Andreotti l'aveva visto assoluto
protagonista per decenni. Lo stesso terrorismo d'altronde (prima nero e poi rosso) fu il prodotto di una strategia lucidamente progettata tendente a destabilizzare la società per stabilizzare il potere DC messo in discussione dalla lotte operaie e studentesche del '68-'69.
Considerazioni
estremistiche? No, ricordi di chi in quegli anni c'era e non ha
dimenticato. Come Aldo Giannuli, autorevole storico, docente universitario e consulente
delle procure di Milano (strage di piazza Fontana) e Brescia (strage
di piazza della Loggia), oltre che della Commissione Parlamentare sulle Stragi, che a proposito del caso Moro scrive:
“In realtà, a un
progetto di restaurazione conservatrice Moro serviva più morto che
vivo. (…) Considerato da questo punto di vista, il rapimento Moro è
la storia di un'azione fallita dal suo nascere. Gli italiani ebbero
la sensazione (in realtà esagerata) che il terrorismo potesse
vincere o, quantomeno, mettere seriamente in crisi il sistema
politico. Reagirono stringendosi intorno allo Stato, pure così
inefficiente, e ai partiti che lo rappresentavano, prima fra tutti la
DC, che beneficiò di una larghissima amnistia. In poche settimane il
caso Lockheed, il processo di Catanzaro, lo scandalo dei petroli e i
mille episodi di corruzione a livello locale vennero di colpo
cancellati. Le Br, con la loro azione, avevano restituito alla DC una
legittimazione ormai perduta.”
(Da: Aldo Giannuli, Bombe
a inchiostro, BUR, 2008, p. 403-404)