TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 3 maggio 2018

Quando a Savona c'era "il Potere Operaio"




Savona '68, inizia la danza

Giorgio Amico

Quando a Savona c'era "il Potere Operaio"

Alla fine del 1967 un gruppo di studenti (fino ad allora noti soprattutto per la frequentazione del mitico Bar Euterpe) da vita a una aggregazione politica dai caratteri ancora incerti. Affascinati dal castrismo e dall'esperienza del Che, ma anche dal maoismo della Rivoluzione culturale, quei giovani iniziano un percorso di discussione e di studio che li porta già agli inizi del 1968 a darsi forma di gruppo politico e a cercare contatti e punti di riferimento a livello nazionale.

In particolare si guarda al Potere operaio pisano di Sofri e Cazzaniga, ma una andata a Pisa non porta risultati e all'Unione dei Comunisti Italiani (Servire il popolo) di cui emerge immediatamente al primo contatto diretto il carattere caricaturale. Contatti più stabili vengono stabiliti con il Potere Operaio di Torino, gruppo che raccoglie i superstiti dei Quaderni rossi ed in particolare con Emilio Soave che di fatto è la figura di collegamento fra l'esperienza panzieriana e la nuova realtà del PO torinese. Parente di una nostra compagna, Soave ci ospita in casa sua. Iniziamo così a partecipare alle riunioni del gruppo, sedendo emozionati sulle panche della leggendaria sede dei Quaderni Rossi. Da Torino ci arrivano materiali che iniziamo a far circolare a Savona,

Nel 1968 il gruppo si chiama ormai il Potere Operaio di Savona ed inizia un intervento sul territorio con volantinaggi in alcune fabbriche (Arcos di Albisola, Italsider di Savona) ed un lavoro capillare nel quartiere operaio di Piazzale Moroni dove viene impiantato un doposcuola sul modello dell'esperienza della scuola di Barbiana di Don Milani.

Attraverso il lavoro di quartiere si stabiliscono contatti con alcuni giovani operai che, senza aderire formalmente, forniscono però informazioni dirette e documentazione sulla realtà di fabbrica, permettendo così l'inizio di un abbozzo di inchiesta operaia. In questa attività forme di collaborazione vengono stabilite con i giovani dello PSIUP e con gruppi anarchici dissidenti dalla FAI e in particolare con Franco Salomone.

    Uno dei quaderni diffusi allora

I fatti di Cecoslovacchia portano ad un allargamento del gruppo con l'avvicinarsi di giovani in rottura con la Federazione Giovanile Comunista. Dopo una lunga ricerca, troviamo finalmente una sede in una soffitta del quartiere Villetta, accanto al seminario vescovile e ad un austero collegio per fanciulle di buona famiglia (che tentammo inutilmente di portare sulla cattiva strada), che diventa presto un luogo di incontri (e di amori intensi ma di breve durata) e un vago surrogato di comune. Il gruppo intanto si è allargato fino a contare una ventina di elementi di cui però solo la metà attivi a tempo pieno.

Intensa è l'attività in ambito studentesco incentrata soprattutto sul Liceo Classico. Alle nostre riunioni partecipano anche studenti universitari impegnati nelle prime occupazioni a Genova di cui ci fanno un regolare resoconto non privo di ironia. E non mancano neppure i tentativi di provocazione. Nell'estate del 1968 una bomba carta esplode su di una finestra della Prefettura. La polizia indirizza immediatamente le indagini verso di noi. Portati in Questura, siamo interrogati e pesantemente minacciati. Gli inquirenti sembrano convinti della nostra colpevolezza, ma dopo un paio di settimane la cosa si sgonfia per l'assoluta mancanza di indizi. Sapemmo più tardi che tutto era partito dalla soffiata di un informatore che aveva segnalato la nostra presenza quella notte in un locale molto vicino al luogo dell'attentato e riferito i nostri discorsi piuttosto accesi.

A differenza di molte altre realtà simili che in quei mesi turbinosi nascono in Italia (magari per spegnersi nell'arco di qualche mese) il Potere Operaio savonese si distingue per una intensa attività di ricerca. Eravamo assolutamente consapevoli dei nostri limiti politici e della nostra totale impreparazione teorica, e dunque della necessità di colmare al più presto le lacune. Spacciandoci per ricercatori, trascorremmo buona parte delle mattinate dell'estate del '68 nella biblioteca dell'Unione Industriali a raccogliere dati sulla realtà economica savonese in vista di un più organico intervento di fabbrica. Costante era la nostra partecipazione alle attività del Circolo culturale Calamandrei che organizzava allora partecipatissimi dibattiti ed incontri (fondamentale fu quello con gli studenti giapponesi della Zengakuren) e del gruppo di giovani cinefili (animato da Tatti Sanguineti) che ci permise di conoscere il giovane cinema americano di controinformazione e soprattutto i filmati sul Maggio girati dalla Commissione cinema del Comitato delle occupazioni.

    Il mitico ciclostile di PO in mostra al Priamar

Sulla base di questi stimoli il gruppo abbandona progressivamente l'originale terzomondismo per avvicinarsi alle posizioni della Sinistra comunista. Centrale in questo percorso di maturazione è il nostro incontro con un ex militante di Programma comunista, Valentino Campi, uno strano mix di situazionismo e bordighismo (che ci dicono ancor oggi in giro per il mondo a far mattane), vicino alle posizioni del gruppo francese Invariance. A Pasqua '69 assieme ad un altro compagno e a Valentino vado a Firenze al convegno dellla branca italiana di Invariance, in quell'occasione conosco Jacques Camatte, straordinaria figura di teorico marxista. L'impatto è forte, ma il gruppo francese, interamente dedicato al lavoro di ricerca teorica (Camatte sta lavorando al suo grande studio sui Grundrisse), non soddisfa la nostra voglia di impegno militante. Così come deludenti si rivelano gli incontri con militanti de il Programma comunista. Chiusi nelle loro granitiche certezze i bordighisti ci parlano solo di “Amadeo” (“come dice Amadeo...”, “come scrive Amadeo...”) e non perdono occasione di rinfacciarci, quasi fosse una colpa, la nostra natura di studenti piccolo-borghesi. Il tutto si risolve in una serie di letture frenetiche, in lunghe discussioni ed in una finale liberatoria litigata.

Chi non ci rinfaccia nulla e non assume atteggiamenti parternalisti è invece Arrigo Cervetto con cui entriamo in contatto diretto tramite un simpaticissimo e ultradinamico militante leninista (Giulio Pisano, scomparso purtroppo troppo presto) incontrato in uno dei nostri volantinaggi. Cervetto ci ascolta, ci pone domande, si interessa delle nostre attività. L'impatto che ha su di noi è straordinario. Nello spazio di un mese il gruppo si scioglie ed entriamo in massa in Lotta comunista. Inizia così un nuovo percorso, ma questa è un'altra storia.