Nel
1945-47 rapporti intensi legarono il Grande Oriente d'Italia di Guido
Laj e il Partito comunista di Palmiro Togliatti. Una pagina
interessante della storia italiana del dopoguerra, ancora oggi poco
conosciuta.
Giorgio Amico
Massoneria, Partito comunista e
Chiesa cattolica nell'Italia del dopoguerra
Ricostituitasi
all'indomani della caduta del fascismo, già nei primi giorni del
governo Badoglio la Massoneria comincia a riorganizzarsi, alla luce
del sole nei territori liberati dagli Alleati, clandestinamente nella
parte d'Italia ancora occupata dai tedeschi. Logge clandestine
nascono a Roma, Milano e nelle più importanti città italiane,
mentre molti Liberi Muratori partecipano attivamente alla Resistenza.
Una lotta a cui la Massoneria versò un pesante contributo di sangue
a partire dai 18 massoni romani trucidati nell'eccidio delle Fosse
Ardeatine.
Una opposizione ben nota
a Mussolini e al governo della Repubblica Sociale, tanto che Giovanni
Preziosi, Ispettore generale per la demografia e la razza
della RSI, nell'agosto 1944 giunge a proporre la pena di morte
mediante fucilazione per i massoni clandestini e Julius Evola (tanto
caro all'attuale Grande Oratore del Grande Oriente d'Italia che non perde occasione per esaltarne importanza e "attualità" del pensiero), dopo
esser volato già nel settembre 1943 al Quartier Generale di Hitler
per ricevere disposizioni, si stabilisce a Vienna dove opera
attivamente fino all'arrivo dei russi e alla fine delle ostilità al
servizio dell'ufficio speciale delle SS incaricato della liquidazione
definitiva della Massoneria nei territori occupati dalle armate del
Reich.
Quella che rinasce dopo
il ventennio fascista, che aveva visto la devastazione delle logge e
la messa fuorilegge dell'istituzione, è dunque una massoneria che
guarda a sinistra, al Partito repubblicano di Randolfo Pacciardi e al
Partito socialista di Nenni, ma anche ai comunisti. Soprattutto dopo
la fine dell'effimera esperienza del Partito democratico del lavoro
prima e dell'Unione Democratica Nazionale poi, il Grande Oriente
d'Italia si volge decisamente a sinistra. Netta è la preclusione
antifascista, mentre forti sono le preoccupazioni per una Democrazia
cristiana che presenta forti elementi di integralismo religioso.
In quest'ottica già
dalla primavera 1945 contatti vengono stretti con il Partito
comunista a cui il GOI fa pervenire tramite un alto dignitario del
Rito Scozzese, materiali interni e circolari. Significativa è anche
la presenza massonica nelle fila del partito di Togliatti: solo a
Roma i massoni iscritti al partito sono tra i 100 e i 150.
Altrettanto forte l'interesse del PCI per le vicende, invero
piuttosto travagliate (sono operanti diversi gruppi massonici che si
combattono aspramente), della Libera Muratoria italiana. In un
documento, conservato presso la Fondazione Istituto Gramsci,
contrassegnato dalla dicitura a penna “segreto”, si stabilisce di
“introdurre nella massoneria un certo numero di compagni allo scopo
di influenzarne l'indirizzo politico; cosa non solo possibile data la
situazione interna della massoneria, ma particolarmente opportuna
dato che la M. ha una certa influenza sui ceti medi (piccola
borghesia radicale)”.
Con molta spregiudicatezza il Pci apre alla
Massoneria. Così il 10 marzo 1946 lo stesso segretario Palmiro
Togliatti tiene alla Normale di Pisa una prolusione su Giuseppe
Mazzini, con Garibaldi figura di riferimento fondamentale per la
Massoneria italiana, in cui esalta la figura dell'esule come il più
grande riformatore italiano dell'Ottocento. “Mazzini – afferma
Togliatti – giganteggia perchè la sua intuizione riformatrice e le
sue idee riformatrici sono inserite in una concezione generale del
mondo e della vita dalla quale egli ricava una direttiva per
l'azione”. Concezione generale del mondo e della vita, sia detto
per inciso, che il Grande Oriente rivendicava orgogliosamente come
propria fin dalla sua fondazione all'indomani dell'unità d'Italia.
Approcci che inquietano
le autorità, massoniche e non solo, americane, ormai entrate
nell'ottica dell'incipiente guerra fredda. Chiarimenti in merito
vengono chiesti al GOI, che è in attesa di riconoscimento, anche su
pressioni insistenti di gruppi massonici concorrenti come il gruppo
diretto da Liborio Granone che, allo scopo di accreditarsi come il
più filoamericano, invia lettere di fuoco alla Gran Loggia di New
York per denunciare le compromissioni del GOI con i comunisti.
Guido Laj
Nonostante le
preoccupazioni americane il Grande Oriente insistette a puntare sulla
sinistra nel suo complesso e in particolare sul Pci perchè la
Repubblica in via di definizione costituzionale nascesse laica e
aconfessionale e dunque per il rigetto degli accordi fra Stato e
Chiesa negoziati da Mussolini nel 1929, i famosi Patti lateranensi.
In questo senso,il Gran Maestro del GOI, Guido Laj, inviò un proprio
delegato al Pci proponendo un patto di collaborazione su tre punti:
lotta all'integralismo clericale, divorzio e scuola laica. Lo stesso
Laj alla vigilia del voto alla Costituente si recò personalmente da
Togliatti per comunicargli che “la massoneria non poteva neppure
considerare l'ipotesi che i patti del Laterano potessero essere
recepiti nella Costituzione”. Togliatti gli assicurò che il Pci
era fermamente della stessa opinione, ma il giorno dopo, rompendo con
socialisti e laici, i rappresentanti comunisti votarono compatti
assieme alla DC per l'inserimento.
Come sottolinea Giuseppe
Vacca nel suo recentissimo lavoro su comunisti e democristiani nel
“lungo dopoguerra” a Togliatti interessavano le masse cattoliche
per l'influenza che avrebbero potuto esercitare sui vertici della
gerarchia ecclesiastica in funzione filocomunista all'interno e
filosovietica all'estero. Un lucido tentativo di inserire una zeppa nel fronte occidentale e staccare la Chiesa dalla logica della Guerra
fredda e dall'abbraccio con Washington. In quest'ottica, avallata dai
sovietici e da Stalin, anche il momentaneo idillio con il Grande
Oriente d'Italia poteva essere tranquillamente sacrificato.
I massoni
si sentirono traditi e ci restarono male, ma non per questo cessarono
di auspicare l'adozione di una decisa politica riformatrice da parte
di tutta la sinistra Pci compreso. Illusioni spazzate vie nel breve
arco di due anni dagli sviluppi della situazione nei paesi dietro la
cortina di ferro dove la massoneria veniva messa fuorilegge e
perseguitata con la stessa durezza usata dai regimi fascisti
filonazisti durante la guerra. Anche per i massoni il punto di
rottura fu rappresentato dai fatti cecoslovacchi dell'inizio 1948 con
l'assassinio del primo ministro Jan Masaryk, la presa del potere del
Pc e la messa fuorilegge della massoneria, molto influente nel paese, di cui Masaryk era stato un illustre esponente. Da allora non ci
furono più rapporti con il Pci, anche se non pochi massoni restarono
iscritti al partito.