TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 3 ottobre 2017

4. Karl Korsch e Lenin (1920-1923)



Qualche anno fa, uscì per la la Colibrì di Milano, Il "rinnegato" Korsch. Storia di un'eresia comunista, prima (e ci risulta ancora unica) biografia italiana del filosofo e esponente del comunismo dei consigli tedesco. Il libro andò subito esaurito e non è stato più ristampato. In attesa di una possibile riedizione aggiornata del libro, ne riproponiamo il contenuto. Oggi presentiamo il terzo capitolo relativo alla scoperta del leninismo.

Giorgio Amico

La scoperta del leninismo (1920-1923)



Agli inizi del 1920 Korsch è ormai pronto ad aderire al partito comunista. In realtà si tratta di un fenomeno assai più generale che va ben al di là delle scelte individuali di Korsch e che coinvolge larga parte della base operaia dell’USPD al cui interno opera una corrente di sinistra sempre più orientata verso una rapida adesione alla Terza Internazionale. Alla conferenza di Jena del 9-10 settembre Hilferding, esponente di punta della corrente moderata maggioritaria nel partito si dichiara sia contro la riunificazione con il Partito socialdemocratico (SPD) che contro l’adesione alla Terza Internazionale suscitando la vivace reazione della minoranza.

Fra la conferenza di Jena e il congresso di Lipsia del dicembre 1919 la sinistra compie ulteriori progressi. Le incertezze della Direzione, che esita a rompere con la SPD, alimentano all’interno del partito una crescente insoddisfazione della base. Questo fermento porterà a Lipsia all’approvazione a larga maggioranza di un ordine del giorno che schiera il partito a fianco della Russia sovietica. Per la prima volta gli Indipendenti si dichiarano a favore della “dittatura del proletariato” anche se vengono espresse riserve sul regime sovietico e si condanna il terrore, pur spiegandone l’esistenza in Russia con le condizioni terribili della guerra civile.

Korsch partecipa attivamente a questo dibattito, schierandosi apertamente a fianco della Russia sovietica. Per lui l’isolamento del primo stato proletario, accerchiato da un mondo capitalistico ferocemente ostile, basta a spiegare il deficit di democrazia esistente nella società sovietica e perché l’autogoverno operaio non proceda nel senso sperato nei giorni dell’Ottobre.

“Nella stessa Russia sovietica – scriverà qualche anno più tardi ripensando a quel dibattito – uno stato proletario accerchiato da un mondo capitalistico ostile, la ‘autogestione degli operai’ non potè conseguire in modo durevole il grado di consolidamento affermato nel principio del ‘codice del lavoro’ che abbiamo già citato. Qui però è stato almeno compiuto un sincero tentativo di realizzare un vero sistema consiliare, ed è certo che tale tentativo sarà portato fino in fondo dal proletariato russo non appena il progredire della rivoluzione mondiale lo permetterà”. 1

Questa evoluzione dei rapporti di forza all’interno dell’USPD tra l’opposizione di sinistra e la direzione del partito determina nei primi mesi del 1920 l’apertura di una discussione politica pubblica fra i dirigenti sovietici e gli internazionalisti tedeschi. L’obiettivo di Lenin è di ottenere attraverso l’adesione all’Internazionale comunista dell’USPD la riunificazione in unico “partito comunista di massa” degli internazionalisti tedeschi. Queste sono anche le speranze di Korsch che al congresso straordinario della USPD, che si tiene ad Halle nell’ottobre 1920, è uno dei più accesi sostenitori dell’immediata confluenza nel Partito comunista (KPD).

La realtà vera delle cose è un po’ diversa, in privato con la moglie e gli amici pù fidati egli si dichiara allarmato dalle condizioni di ammissione all’Internazionale Comunista che nei fatti subordinano i partiti comunisti dei vari paesi al programma e alla tattica decise dal Centro di Mosca, controllato dal Partito comunista russo. 2

Una diffidenza che riemergerà a partire dal 1925 e lo metterà in piena rotta di collisione con la direzione stalinista del partito e dell’internazionale. Nonostante questa diffidenza, egli ritiene che gli intellettuali rivluzionari debbano stare a fianco delle masse. Se l’avanguardia operaia guarda a Mosca, i rivoluzionari non possono sottilizzare su questioni marginali. Importante è schierarsi con il Comintern, partito mondiale della rivoluzione, non disperdere le forze e offrire alla classe operaia una direzione politico-organizzativa all’altezza della situazione. A questo convincimento egli conformerà l’intero suo agire politico fino a quando riterrà l’URSS il paese della rivoluzione trionfante e del comunismo in costruzione. A larga maggioranza il congresso dell’USPD vota l’accettazione delle ventuno condizioni di adesione all’Internazionale comunista e l’inizio delle trattative per la fusione con la KPD.

“Si può e si deve dirlo – proclama trionfalmente il Presidente del Comintern Zinov’ev – il proletariato tedesco per primo in Europa si è risollevato da una crisi senza precedenti e ha nuovamente stretto le sue file. La vecchia scuola ha vinto. Il lavoro dei migliori rivoluzionari tedeschi non è stato vano. Un grande partito comunista è nato in Germania. Ciò provocherà avvenimenti di significato storico senza precedenti”. 3

Tra questi “migliori rivoluzionari tedeschi” c’è anche Karl Korsch che, pur non apprezzando il tono un po’ sopra le righe tipico di Zinov’ev, sicuramente ne condivide le speranze rivoluzionarie. La realtà si rivelerà fin dai giorni immediatamente successivi assai meno positiva: solo una minoranza dell’USPD aderisce al nuovo partito comunista unificato. 4



Stato e rivoluzione” e i comunisti d’Occidente

Intellettuale illustre, eccellente oratore, buon scrittore, Korsch è ammesso fin da subito al vertice del partito, anche se formalmente egli non riveste ancora incarichi di particolare importanza. Fin dall’inizio, egli similmente a molti altri ex-indipendenti si colloca all’ala sinistra in posizione defilata rispetto alla vecchia componente luxemburghiana. Teorico dei consigli, egli non idealizza la spontaneità operaia, anzi proprio perché si rende lucidamente conto dell'assoluta impreparazione del proletariato tedesco ad assumere e gestire il potere , egli vede nel leninismo

"l'elemento in grado di conciliare l'azione spontanea 'economica' di massa con la sua efficacia 'politica'. le istanze democratiche dei soviet, organizzate centralmente in 'sistema', concilierebbero le aspirazioni di autogestione operaia con le necessità tecnico-produttive". 5

La sua è un'adesione contradditoria anche se apparentemente entusiastica. E' difficile valutare quanto egli conoscesse veramente della realtà russa dove la "dittatura dei commissari" aveva già di fatto soffocato la democrazia dei soviet. 6

Gian Enrico Rusconi curatore negli anni Settanta dell'edizione italiana di larga parte degli scritti di Korsch, ha fatto notare correttamente come in questa fase egli non pare ancora possedere gli strumenti politici per comprendere a pieno il senso delle scelte leniniane. Ancora fortemente condizionata dalla sua formazione giuridica, la lettura che Korsch fa degli avvenimenti russi non riesce a vedere le difficoltà e le contraddizioni dell'esperienza in atto. Fin qui tutto bene, ma Rusconi va oltre. Per lui, Korsch tende a contrapporre l'azione economica delle masse alla politica al punto che la sua visione complessiva dei processi sociali ne risulta indebolita. Egli

"[…] risente di una concezione riduttiva e pragmatica di politica, identificata semplicemente con il complesso di misure legali, istituzionali decise dall'alto. Il concetto di 'economia' a sua volta rimane ambiguo: da un lato sembra indicare la totalità della struttura sociale -determinata marxisticamente appunto dal sistema economico- dall'altra però questo stesso sistema economico tende ad essere identificato in modo specifico con la concezione e costituzione del lavoro (Arbeitsverfassung) di volta in volta esistente". 7

E’ una tesi che non ci sentiamo assolutamente di condividere. Dell’esperienza sovietica ciò che Più di ogni altra cosa affascina Korsch è l’azione diretta delle masse. Egli pensa che l’unico fattore che non può, al di là di ogni possibile evoluzione della situazione concreta, essere completamente riassorbito o recuperato sia proprio l’autonomia operaia. Lontano dall’essere un segno di immaturità o un limite giovanile, questa identificazione totale con la classe rappresenta il segno distintivo dell’intera esperienza, politica ed umana, di Karl Korsch. Più corretto ci pare l’appunto critico di Rusconi nei confronti di un approccio ai temi dell’economia ancora largamente viziato di giuslavorismo. In questo Korsch è realmente ancora un professore di diritto.

Altrettanto evidente è come Korsch conosca relativamente poco della storia del bolscevismo e della più complessiva produzione teorica leniniana. Ma è un dato che in se significa molto poco, comune com’è ad un’intera generazione di militanti rivoluzionari. Ciò che allora conquista Korsch è il Lenin di Stato e rivoluzione, che nel 1917 si appoggia contro l'ortodossia kautskiana al Marx della Critica al Programma di Gotha e in parte almeno alle tesi del più radicale esponente del comunismo dei consigli: quell’ Anton Pannekoek destinato ad essere poi rapidamente scomunicato all'indomani stesso della rivoluzione. 8

Questa sopravvalutazione dell'importanza di Stato e rivoluzione rispetto al più complessivo corpus teorico leniniano è chiaramente espressa nello scritto Introduzione alla Critica del Programma di Gotha. Pubblicato nel 1922 l’articolo rappresenta una efficacia sintesi delle posizioni teoriche di Korsch dopo due anni di militanza nella KPD. Rileggendo la polemica fra Marx e Lassalle alla luce della polemica tra socialdemocrazia e bolscevismo degli anni Venti come un conflitto fra concezione materialistica e concezione ideologica della società, Korsch sottolinea con vigore l'ortodossia marxista di Stato e rivoluzione e l'attualità del pensiero di Marx:

"Quale immensa importanza derivi a questo proposito alla lettera sul programma di Gotha, non è più necessario doverlo documentare oggi in modo particolare. Il lettore trova la valorizzazione critica nel più puro spirito marxista e l'ulteriore sviluppo di tutti i punti della lettera sul programma nel V capitolo dell'opera classica sulla teoria e prassi della concezione marxista dello Stato: Stato e rivoluzione di Lenin. Tutte le espressioni di queste densissime 20 pagine di Lenin sul problema del rapporto fra Società e Stato e i problemi connessi della transizione dal capitalismo al comunismo, attraverso le diverse forme di democrazia e dittatura e il loro superamento grazie alla graduale evoluzione della società comunista del futuro, emergente dalla società capitalistica e in un primo momento determinata ancora per lungo tempodalle sue forme e tradizioni e quindi frenata nel suo 'libero' sviluppo, appaiono chiaramente come l'ultreriore sviluppo di quelle proposizioni di base che Marx ha sviluppato per la prima volta su questi problemi proprio nella lettera sul programma di Gotha del 1875, al culmine della sua conoscenza, in contrapposizione stridente alla concezione lassalliana e tedesco-socialdemocratica, contemporaneamente ideologica e utopistica che è rimasta quella predominante ancora sino ad oggi nel movimento operaio europeo e americano ". 9

Sono le stessi tesi che due anni più tardi Lukács svilupperà nel suo studio sull'unità e la coerenza del pensiero di Lenin. Per il filosofo ungherese con Stato e rivoluzione Lenin ristabilisce "la dottrina di Marx nella sua purezza", depurandola dalla deformazione revisionistica operata dalla socialdemocrazia tedesca. E questo perché "proprio l'attualità della rivoluzione, che è l'idea fondamentale di Lenin, è anche il punto che lo collega decisamente a Marx". 10

Per Korsh, come per Lukács la rivoluzione proletaria in Russia altro non è che la concretizzazione nella realtà pratica della concezione materialistica della storia. "Il materialismo storico è la teoria della rivoluzione proletaria": con queste parole Lukács apre il suo volumetto su Lenin, 11 sintetizzando in una definizione incisiva come uno slogan le considerazioni di Korsch sui rapporti fra teoria e prassi:

"[…] poiché la politica pratica di un vero marxista non può essere nient'altro che la prosecuzione del suo lavoro teorico di conoscenza e di propaganda con altri mezzi, in un determinato senso l'intero grandioso avvenimento storico mondiale della rivoluzione proletaria in Russia del 1917 rappresenta solo una conseguenza portata nella realtà pratica di questo stesso principio materialistico dello sviluppo della storia e della società per la cui affermazione teorica Karl Marx ha lottato e lavorato in tutte le sue opere e nel modo più energico proprio nella critica del programma di Gotha". 12

Per Korsch Lenin è soprattutto lo stratega e il teorico della rivoluzione socialista. Il rivoluzionario capace di ritrovare la straordinaria carica sovversiva del marxismo originario. Leninista intransigente e appassionato agli inizi degli anni Venti, Korsch non resterà a lungo su quelle posizioni. Legittimo diventa a questo punto chiedersi di che tipo sia, allora, il leninismo di Korsch e come questa fase di militanza comunista “ortodossa” si collochi all'interno della sua più complessiva storia politica. Ancora una volta, significativamente, è Lukács a venirci in soccorso. Cercando nel 1967 di inquadrare il suo lavoro di cinquanta anni prima su Lenin, egli lo definisce "un puro prodotto" della metà degli anni Venti,

"non privo di interesse come documento sul modo in cui uno strato di marxisti allora non insignificante considerava la personalità, la missione di Lenin. La sua posizione nel corso degli avvenimenti mondiali". Ma subito ammonisce il lettore a non dimenticare mai che quelle idee erano "determinate dalle concezioni del momento -comprese le illusioni e le esagerazioni- molto più di quanto ne fosse determinata l'intera opera teorica di Lenin". 13

Considerato da questa angolazione il 'leninismo' di Korsch e Lukács può dunque essere considerato un "puro prodotto" della particolare situazione della prima metà degli anni Venti, momento di passaggio all'antibolscevismo per l'uno, all'adesione acritica allo stalinismo per l'altro. C’è chi ha voluto vedere semplicisticamente la battaglia teorica di Korsch e Lukács come un frutto diretto del riflusso delle speranze rivoluzionarie in Europa. 14

Se può valere in parte per Lukács, come testimonia la sua resa allo stalinismo, lo stesso non si può certo dire di Korsch. Nel caso di quest’ultimo va poi particolarmente considerato il forte senso etico, eredità della formazione ricevuta in gioventù, che lo spinge ad una continua esasperata ricerca di coerenza. Spirito inquieto, segnato da una sua tragica grandezza, Korsch testimonia di un’epoca travagliata, di una generazione di “proscritti”. 15

Solo in quest’ottica la sua adesione al partito comunista acquista pieno significato, così come il carattere fortemente contradditorio della prima fase della sua militanza, segnata dalla critica aspra e talvolta ingenerosa delle posizioni di Rosa Luxemburg e di Trotsky, così come dall’accettazione incondizionata per un lungo periodo delle posizioni dell’Internazionale Comunista che giunge fino all’elogio acritico del primo Stalin. Uomo severo con se stesso e con gli altri, spigoloso nei rapporti, poco portato alla mediazione o al compromesso e in questo fortemente “impolitico”, 16 Korsch persegue con ostinazione questo suo sogno di coerenza, del tutto indifferente alla conseguenze. È pensando a uomini come lui che Marx scrive negli anni della giovinezza quella che forse rappresenta la più bella descrizione mai scritta della psicologia di un rivoluzionario:

“noi abbiamo la ferma convinzione che non il tentativo di sperimentare in pratica le idee comuniste, ma la loro elaborazione teorica formi il vero e proprio pericolo, perché […] le idee che la nostra intelligenza ha acquisito vittoriosamente, che il nostro animo ha conquistato, alle quali l’intelletto ha forgiato la nostra coscienza, sono vincoli dai quali non ci si strappa senza lacerarsi il cuore, sono demoni che l’uomo può vincere soltanto sottomettendosi ad essi”. 17



L’Ottobre tedesco

Il 1923 rappresenta per la Germania l’anno più cupo del primo dopoguerra. Tutto sembra rimesso in discussione. La crisi economica, iniziata con un’inflazione dai ritmi fino ad allora mai visti, apre la strada a una pauperizzazione spaventosa del proletariato e della piccola borghesia. In pochi mesi milioni di uomini e di donne si trovano ridotti alla fame e alla disperazione, disposti a credere a chi a destra –proprio allora appaiono in Baviera le prime bande naziste – o a sinistra pare offrire una prospettiva praticabile. Con la crisi riappare lo spettro della guerra civile. L’Internazionale comunista sembra credere che un “Ottobre tedesco” sia ormai all’ordine del giorno e che questo possa riaprire la partita a livello internazionale, spezzando quell’isolamento che dal 1917 sembra soffocare la stessa rivoluzione russa. A Mosca i dirigenti russi del Comintern pianificano a tavolino l’insurrezione e la presa del potere in Germania. Tutto è minuziosamente fissato, compresa la data dell’insurrezione. Il piano prevede la formazione di “governi operai” nei lander di sinistra, la formazione di milizie proletarie e lo scontro con l’esercito come segnale d’avvio allo sciopero generale e alla rivolta in tutto il paese.

Fino al mese di ottobre tutto sembra procedere secondo i piani prestabiliti: in Sassonia a e Turingia si formano governi operai con la partecipazione di ministri comunisti che immediatamente si dedicano all’organizzazione delle “centurie rosse”. Come previsto, il governo invia l’esercito a disarmare gli operai. Il 20 ottobre il Comitato Centrale della KPD decide all’unanimità la proclamazione dello sciopero generale. Contrariamente alle aspettative di Zinov’ev, Trotsky e Radek non succede nulla. La classe operaia non si muove. La stessa KPD resta ferma. Solo ad Amburgo l’apparato militare comunista entra in azione. Nel disinteresse totale della classe operaia e delle masse proletarie circa duecento comunisti si battono contro la polizia. Intanto l’esercito depone i governi di Sassonia e Turingia e procede sistematicamente senza colpo ferire al disarmo delle milizie operaie. La KPD è posta fuori legge, i suoi dirigenti arrestati o costretti alla clandestinità, la sua stampa proibita su tutto il territorio tedesco. 18

È uno smacco terribile, che segue quelli del 1919 e del 1921. Per la terza volta in quattro anni i comunisti tedeschi hanno provato a emulare l’assalto al Palazzo d’Inverno, per la terza volta la classe operaia non ha risposto.

Karl Korsch, che allora ha 37 anni ed è da poco diventato professore ordinario di diritto civile e del lavoro presso l’università di Iena, è uno dei protagonisti di questi avvenimenti: deputato al Parlamento di Turingia e ministro comunista della Giustizia nel “governo operaio” è costretto alla clandestinità per il ruolo svolto nell’ «ottobre tedesco» su cui non aveva, almeno a Hedda, nascosto le sue perplessità:

“Era scettico circa la possibilità di un’insurrezione rivoluzionaria, che si presumeva il governo di coalizione dovesse preparare a livello regionale, ma rimase attivo ritenendo che si dovesse prendervi parte fintantochè vi fosse stata una possibilità di successo. La sua opinione realistica era che, dopo la sconfitta del putsch di Hitler a Monaco, 19 i nazisti avrebbero cercato di penetrare in Turingia e che, anche se una rivoluzione operaia non fosse riuscita a conquistare il potere, essa sarebbe almeno stata in grado di impedire ai nazisti di impadronirsi del governo con la forza. In virtù della sua esperienza militare, Korsch era responsabile dei preparativi paramilitari; ma poteva fare ben poco. Un ufficiale russo di alto livello fungeva da loro consigliere; si addestravano e facevano lunghe marce, inviduando quali quote occupare se i nazisti avessero invaso la regione.” 20

Su posizioni di rigida ortodossia “leninista”, egli resta comunque fedele alle direttive che provengono da Mosca, anche se, come apparirà chiaro in seguito, egli non le condivide. Sostenitore della «teoria dell’offensiva», difende comunque la poltica del «fronte unico» con una socialdemocrazia di cui ancora nel febbraio del 1923 afferma il carattere “proletario”. 21

Con la disfatta comunista del 1923 hanno termine le convulsioni rivoluzionarie del primo dopoguerra. In Germania inizia un periodo di relativa stabilizzazione destinata a durare fino alla grande crisi del 1929. 22

L’«ottobre tedesco» segna un momento forte di svolta nell’evoluzione politica di Korsch. Il fallimento del piano insurrezionale comunista lo costringe ad una più approfondita riflessione sulle cause della sconfitta. Crescono i suoi dubbi sull’efficacia della direzione sovietica del Comintern: egli inizia a chiedersi se la politica russa sia indirizzata realmente all’obiettivo della rivoluzione comunista in Occidente o non risponda invece agli interessi nazionali russi. Fedele all’uso “bolscevico”, egli non lascia trasparire all’esterno questi suoi interrogativi. Al contrario, quasi ad esorcizzare questa incertezza, col crescere dei dubbi, si fa parallelamente più rigida la sua adesione alla linea ufficiale del partito che procede ormai per continui zig zag. Ne è un esempio l’intervento che Korsch pronuncia al Parlamento di Turingia il 28 febbraio 1924, a nome di un Partito comunista da poco tornato legale. Rovesciando totalmente la sua posizione, egli denuncia la profonda involuzione reazionaria di una socialdemocrazia ormai “frazione del fascismo tedesco” e come:

“Con la scusa della scelta del male minore i socialdemocratici hanno sostenuto tutte le infamie della dittatura fascista, le hanno promosse e usate in modo criminale contro lo stesso proletariato”. 23

Per Korsch di fronte al precipitare della crisi economica e politica della repubblica di Weimar solo il fascismo può salvare la borghesia tedesca dalla catastrofe, ma non il fascismo di Hitler o degli “Elmi d’acciaio”, bensì quello legale della stessa democrazia. È una posizione politicamente sterile che prelude alla teoria stalinista del «socialfascismo», ma che rispecchia la sua piena adesione alla linea del partito. Per lui, come per la KPD, la sconfitta del tentativo insurrezionale del 1923 è da considerarsi del tutto transitoria. La situazione permane rivoluzionaria: il proletariato tedesco ha perso solo una battaglia. La guerra continua, Korsch ne è sicuro, fino all’inevitabile vittoria finale.


1 K. KORSCH, Legislazione del lavoro per i consigli di fabbrica, cit., p.211.
2 P. MATTICK, The Marxism of Karl Korsch, Survey, n.53, October 1964. Ora consultabile on-line sul sito http://kurasje.tripod.com/arkiv/9300t.htm
3 Cfr. P. BROUÉ, cit., p. 417.
4 Il partito socialdemocratico indipendente era allora un grande partito di massa con quasi 900 mila iscritti, 81 deputati al Reichstag, 55 quotidiani, un'influenza superiore a quella del Partito Socialdemocratico (SPD) in regioni come la Sassonia e la Turingia, un peso decisivo nell'Unione dei Metallurgici e in altri importanti sindacati. In realtà, nonostante gli esiti del congresso di Halle, dei 900 mila membri dell’USDP soltanto 300 mila si unirono al Partito comunista. La maggioranza del gruppo parlamentare e degli eletti negli enti locali, il grosso dell'apparato organizzativo e i più importanti giornali di partito restarono con la minoranza diretta da Hilferding.
5 G.E. RUSCONI, Autonomia operaia e controrivoluzione. In KORSCH, Scritti politici, 1, cit., p. XI.
6 Sul difficile rapporto fra Stato sovietico e consigli operai vedere O. ANWEILER, Storia dei soviet, Laterza, Bari 1972; M. BRINTON, 17-21. I bolscevichi e il controllo operaio, Jaca Book, Milano 1974; G. DELLACASA, La controrivoluzione sconosciuta, Jaca Book, Milano 1977. Sulle opposizioni operaie in Russia oltre al classico A. KOLLONTAJ, L’opposizione operaia, Azione Comune, Milano 1971, riveste grande interesse lo studio di R. SINIGAGLIA, Mjasnikov e la rivoluzione russa, Jaca Book, Milano 1973. Mentre sui fatti di Kronstadt si può vedere lo scritto di I. METT, La rivolta di Kronstadt, Azione Comune, Milano 1962; la raccolta de Le Izvestija di Kronstadt curata da A. CHITARIN, Jaca Book, Milano 1970 e i due saggi di P. AVRICH, Kronstadt 1921, Mondadori, Milano 1971 e I. GETZLER, L’epopea di Kronstadt, Einaudi, Torino 1982. Infine, per una critica di parte libertaria alla “dittatura dei commissari” vedere P. AVRICH, L’altra anima della rivoluzione, Edizioni Antistato, Milano 1978; A. SKIRDA, Gli anarchici russi, i soviet, l’autogestione, Edizioni CP, Firenze 1978 - oltre che i classici P. ARSINOV, La rivoluzione anarchica in Ucraina, Sapere Edizioni, Milano 1972; L. FABBRI, Dittatura e rivoluzione, L’Antistato, Cesena 1971; E. GOLDMAN, La sconfitta della rivoluzione russa, La Salamandra, Milano 1977, VOLIN, La rivoluzione sconosciuta, Samonà e Savelli, Roma 1970.
7 G.E. RUSCONI, Autonomia operaia e controrivoluzione, cit., pp. XII e sgg.
8 Per una prima conoscenza di Anton Pannekoek e la sinistra marxista olandere è sempre di grande utilità lo studio pionieristico di S. BRICIANER, Pannekoek e i consigli operai, Musolino, Torino 1975 e i più recenti P. BOURRINET, Alle origini del comunismo dei consigli, Graphos, Genova 1995 e C. MALANDRINO, Scienza e socialismo, FrancoAngeli, Milano 1987.
9 K . KORSCH, Introduzione alla Critica del Programma di Gotha. In Scritti politici, 1, cit., p. 42.
10 G. LUKÁCS, Lenin, Einaudi, Torino 1970, pp. 13 e sgg. Dell’immensa produzione critica esistente anche in italiano su Lukács ci limitiamo qui a ricordare gli studi di Y. BOURDET, Lukács, il gesuita della rivoluzione, Sugarco Edizioni, Milano 1979 e il già citato M. LÖWY, Intellettuali rivoluzionari, La Salamandra, Milano 1978.
11 Per poi pentirsene mezzo secolo più tardi sempre in nome dell’autorità di Lenin: "E Lenin, per il quale l'attualità della rivoluzione proletaria costituiva la norma del suo pensiero e della sua prassi, si sarebbe rifiutato con tutta la passione di racchiudere in una 'definizione' così unilaterale e limitata la ricchezza di contenuto e di metodo, l'universalità sociale del materialismo storico" (G. LUKÁCS, Lenin, cit., p.114).
12 K. KORSCH, Introduzione alla Critica …., cit., pp. 42-43.
13 G. LUKÁCS, Lenin, cit, p. 114.
14 L. SOCHOR, Lukács e Korsch…, cit., p. 701.
15 Non stupisca il rimando ad un testo da sempre considerato un classico delle letteratura di destra. La lettura del libro di Salomon, per altro bellissimo, resta fondamentale per comprendere le dinamiche profonde della società weimariana. (E. von SALOMON, I Proscritti, Baldini & Castoldi, Milano 1994).
16 Felix Weil, fondatore e primo dirigente dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, lo definirà “…il tipico solitario, incapace di lavorare in un gruppo”. Cfr. a questo proposito M. JAY, L’immaginazione dialettica, Einaudi, Torino 1973, p. 56.
17 K. MARX, Il comunismo e la “Gazzetta di Augusta”, 16 ottobre 1842. In Scritti politici giovanili, Einaudi, Torino 1975, p.174.
18 Cfr. P. Broué, Présentation di V. Serge, Notes d’Allemagne (1923), Montreuil 1990, pp. 9 e sgg. Di questo testo è appena apparsa una edizione italiana a cura della genovese Graphos che a differenza dell’edizione francese raccoglie, assieme ad un’estesa introduzione e ad un ricchissimo corpo di note, l’intera serie delle corrispondenze inviate da Serge alla Correspondance internationale. [ V. SERGE, Germania 1923. La mancata rivoluzione, Graphos, Genova 2003] Sul sito Marxist Internet Archive (MIA) si può trovare la versione inglese dello scritto pubblicato nel 1931 da uno dei protagonisti dell’Ottobre tedesco . Cfr. A. THALHEIMER, A Missed Opportunity ? The German October and the Real History of 1923, www.marxists.org/archive/thalheimer/works/missed/index.htm
19 L’8 novembre 1923 Adolf Hitler organizza un tentativo di colpo di stato contro il governo bavarese che fallisce miseramente. Cfr. a questo proposito R. HANSER, Putsch!, Mondadori, Milano 1972.
20 H. KORSCH, cit., p. 11.
21 K. Korsch, Il governo operaio. In Scritti politici, 1, cit., p. 61 e sgg.
22 Cfr. a questo proposito O. K. FLECHTHEIM, cit., pp. 203 e sgg.
23 Citato in G.E. RUSCONI, Autonomia operaia e controrivoluzione, cit., pp. XV-XVI.