Qualche anno fa, uscì
per la la Colibrì di Milano, Il "rinnegato" Korsch. Storia
di un'eresia comunista, prima (e ci risulta ancora unica) biografia
italiana del filosofo e esponente del comunismo dei consigli tedesco.
Il libro andò subito esaurito e non è stato più ristampato. In
attesa di una possibile riedizione aggiornata del libro, ne
riproniamo il contenuto. Oggi presentiamo il primo capitolo relativo
agli anni della formazione.
Giorgio Amico
Karl Korsch.
L’apprendistato politico (1912-1919)
Nato nel 1886 a
Todstedt,vicino ad Amburgo, Karl Korsch muore nel 1961 a Cambridge,
negli Stati Uniti, dove si era rifugiato a metà degli anni Trenta
dopo l’avvento al potere in Germania dei nazisti. Il giovane
cresce in una agiata famiglia della classe media: il padre è un
importante funzionario di banca con uno spiccato interesse per la
studio della filosofia che dedica tutto il tempo libero dal lavoro a
scrivere un’opera enorme, mai pubblicata, sullo sviluppo delle
teorie di Leibniz. Il rapporto fra i due è forte. Karl prende dal
padre la passione per la ricerca, il senso critico, l’amore per la
filosofia. La madre è diversissima: del tutto indifferente ai
problemi intellettuali, di carattere volubile e capriccioso. Con lei
Karl non riesce neppure in età adulta ad avere un buon rapporto. In
qualche modo questo difficile rapporto con la madre segna la sua
vita. Hedda Korsch, compagna di vita e di militanza di Korsch, lo
ricorda nelle sue memorie:
“Se c’è una ragione
per cui Karl era tanto ordinato, fu per reazione rispetto a sua
madre. Ad esempio, durante i suoi ultimi anni di studio, lui aveva un
capanno in fondo al giardino, nel quale lavorava. Era simile alla
cella di un monaco, senza neppure una stuoia per terra, con soltanto
un tavolino e qualche sedia scomoda, e lui mi disse che era quello lo
stile di vita che amava. Le sue matite giacevano perfettamente ben
allineate sullo scrittoio. Questo suo gusto per l’ordine e per la
chiarezza più completi era grandemente favorito dal fatto che sua
madre ne era priva.”1
Quando Korsch ha undici
anni la famiglia si trasferisce a Meiningen, una città più grande,
perché a Todstedt non esistono scuole superiori e i bambini (quattro
figlie e due figli) devono continuare gli studi. Lì il giovane Karl
frequenta il liceo e inizia a interessarsi allo studio della
filosofia.
“Egli cominciò da solo
a leggere delle opere filosofiche, oltre ai testi obbligatori come i
saggi teorici di Schiller, che erano inclusi nel corso di letteratura
tedesca. Il padre di Korsch stava lavorando alla sua teoria delle
monadi, e così anche lui incoraggiò Korsch a leggere di filosofia.
In seguito questi mi disse che proprio a scuola si era sbarazzato di
tutte le idiozie degli studenti-tipo tedeschi dell’epoca: il bere
senza fine, le cerimonie collettive, sempre più birra e sempre più
escursioni domenicali all’osteria del villaggio. In seguito mi
disse di aver espulso tutto ciò dal suo sistema negli ultimi due
anni di scuola, e di non avere mai più avuto la minima intenzione di
rimettersi a farlo.” 2
Terminato il liceo, egli
si iscrive all’università di Jena dove su consiglio del padre si
dedica allo studio del diritto. Studente modello, spinto di una
vivacissima curiosità intellettuale, segue anche corsi a Monaco e a
Ginevra, dove impara il francese e ha occasione di conoscere molti
studenti russi fuggiti dal dispotismo zarista. Fin dal suo primo
ingresso nel mondo universitario egli avverte l’ipocrisia di un
ambiente accademico che cerca di celare dietro la presunta neutralità
della ricerca scientifica e il rigore formale delle tradizioni le
profonde ingiustizie e le contraddizioni sociali della Germania
guglielmina. Un vero e proprio “mandarinato”, per usare la felice
espressione di Max Weber, stato maggiore intellettuale della
borghesia e scuola di formazione per la potente burocrazia dello
Stato. 3
In reazione a questo clima, come per Walter Benjamin e per
molti altri futuri protagonisti della cultura weimariana, il primo
impegno politico del giovane Karl si colloca nell’ambito della
Freie Studentenschaft (Associazione dei Liberi Studenti),
un’organizzazione giovanile progressista e liberale nata in
opposizione alle tradizionali e reazionarie leghe studentesche che
cerca di stabilire un qualche collegamento fra mondo accademico e
società reale. Nell’ambito di questa associazione egli svolge un
ruolo dirigente che lo porta a viaggiare per tutta la Germania e a
stringere conoscenze che si riveleranno poi di grande utilità negli
anni successivi. È nel corso di uno di questi viaggi che incontra
Hedda, la futura compagna di tutta la vita, con cui allaccia una
intensa relazione intellettuale e sentimentale.
Portato alla riflessione
teorica, segue con interesse la polemica in corso tra le scuole
rivali di Heidelberg e di Marburgo sul rapporto tra filosofia e
sapere scientifico. Un dibattito che si comprende solo alla luce
della particolare situazione della cultura tedesca del periodo
precedente la prima guerra mondiale. Una fase di grande vivacità
intellettuale, caratterizzata dalla ormai quasi completa
dissoluzione della scuola neokantiana, dalla nascita della
fenomenologia husserliana e dalla crescita di tendenze
intuizionistiche (Dilthey, Simmel) in aperta reazione contro il
positivismo delle scienze naturali. Tutti elementi che in diversa
maniera riemergeranno nell’elaborazione successiva non solo di
Korsch, ma anche di Lukács che, proprio in quegli anni, risulta
fortemente influenzato dalle idee di Simmel e dalle teorie della
scuola di Heidelberg.4 Partito da posizioni kantiane, il giovane
finisce ben presto coll’avvicinarsi a Marx e alle posizioni della
socialdemocrazia in quegli anni all’apice del proprio sviluppo.
Secondo la preziosa testimonianza di Hedda:
“Leggeva un sacco: non
so quando lesse Marx per la prima volta, ma sono incline a pensare
che l’abbia fatto a scuola, perché da studente era già un
socialista dichiarato – per convinzione, anche se non militava in
alcuna organizzazione. Non aderì mai alla SPD, sebbene avesse degli
amici all’interno della SPD, soprattutto a Jena. Voleva che i Freie
Studenten si incontrassero con degli operai e con dei socialisti, e
organizzò delle serate di discussione grazie ad un suo amico,
Heidemann, il cui babbo era un rappresentante della SPD nel
parlamento locale del Mecklenburgo. Le serate venivano organizzate
come delle cene in cui uomini e donne sedevano l’uno di fianco
all’altra – e in quel caso gli operai si alternavano agli
studenti.”5
Influenzato dalla lettura
degli scritti di Sorel, sul piano dell’azione il giovane Korsch si
sente fortemente attratto dal movimento operaio e dal vitalismo
anti-sistema che esso comunque esprime. Affascinato dalla forza delle
organizzazioni politiche e sindacali della classe operaia, è al
contempo respinto dal burocratismo dell’apparato socialdemocratico
e dalla rigida ortodossia kautskiana che di fatto concepisce il
marxismo come pura scienza separata dalla prassi concreta delle masse
proletarie. In particolare lo colpisce negativamente la
contraddizione fra il gigantismo dell’organizzazione che gestisce
coperative, amministra case editrici, pubblica centinaia di giornali
e la disciplinata passività delle masse inquadrate dal partito e dai
sindacati che questo controlla.6
Il periodo fabiano
Dopo la laurea soggiorna
a lungo, insieme ad Hedda che nel frattempo ha sposato, in
Inghilterra dove fa pratica del diritto inglese e internazionale. Qui
entra in contatto con il movimento socialista e sindacale britannico
ed in particolare con la Fabian Society 7 che lo affascina per
l’attenzione posta alla formazione individuale dei militanti e
all’importanza assegnata nell’ambito della lotta politica
all’attività cosciente dei lavoratori. Nonostante da parte di
molti critici si sia privilegiata l’immagine di un Korsch teorico
astratto, in realtà fin da questa sua prima esperienza politica egli
manifesta un interesse particolare per le attivita pratiche del
movimento operaio piuttosto che per le sue elaborazioni teoriche.
“Partecipavamo –
ricorda Hedda – alle riunioni della Fabian Nursery, destinata ai
membri più giovani e fornivamo dei resoconti, soprattutto sulle
questioni tedesche”.8
Proprio nella prassi
concreta dei fabiani ed in particolare nei lavori del Committee on
the Control of Industry diretto da Beatrice Webb egli trova spunti
illuminanti per la riflessione teorica sui temi del socialismo e
dello Stato, ma soprattutto un modo per superare quella
contraddizione fra teoria e prassi che lo aveva in qualche modo reso
cauto nei confronti della socialdemocrazia tedesca. Il periodo
“fabiano” rappresenta dunque un momento importante della sua più
complessiva formazione politica. Dai fabiani egli prende il
riconoscimento della centralità nei processi sociali della coscienza
di classe dei lavoratori, intesa non come un astratto “dover
essere”, ma come prassi concreta, attività autonoma proletaria. É
un socialismo, questo del periodo inglese del giovane Korsch, dai
contorni sfumati e utopici, non privo di una certa ambiguità e di
una sostanziale predisposizione al riformismo, ma importante perché
rappresenta la base da cui egli partirà per le sue successive
esperienze. Egli manifesta una fortissima aspirazione alla
concretezza, bisogno che traspare evidentissimo dalle corrispondenze
inviate dall’Inghilterra alla rivista tedesca Die Tat negli anni
1912-1914 ed in particolare dallo scritto La formula socialista per
l’organizzazione dell’economia, forse il più importante di
questi suoi primi lavori giovanili. Fin dalle battute iniziali
l’articolo testimonia dell’insofferenza dell’autore verso
l’astratto e ripetitivo argomentare degli esponenti di punta della
SPD incapaci di andare oltre una definizione in negativo del
socialismo come mero anticapitalismo:
“Se si domanda ad un
socialista che cosa si intende per ‘socialismo’ si riceve come
risposta, nel caso migliore, una descrizione del ‘capitalismo’ e
l’osservazione che il ‘socialismo’ eliminerà questo
‘capitalismo’ con la socializzazione dei mezzi di produzione.
Tutto l’accento è posto sull’aspetto del negativo, cioè che il
capitalismo deve essere eliminato; anche l’espressione
‘socializzazione dei mezzi di produzione’ significa anzitutto
nient’altro che la negazione della proprietà privata dei mezzi di
produzione. Socialismo significa anticapitalismo. Il concetto
‘socializzazione dei mezzi di produzione’ ha un chiaro
significato negativo: nel suo aspetto positivo è vuoto e non dice
nulla”.9
Proprio la crescita
impetuosa sul piano elettorale del movimento operaio tedesco pone con
urgenza la necessità di definire in positivo la politica socialista.
Come già accade in Inghilterra anche in Germania nella battaglia
politica e sindacale occorre, dunque, saper porre in positivo
l’obiettivo ultimo del socialismo, dare significato alle parole
d’ordine, riempire di contenuti concreti quella che altrimenti
rischia di restare mera analisi del presente. Lo studio attento della
realtà del capitale deve già qui e adesso saper intravedere le
linee portanti della società futura. Il che non significa,
ovviamente, prefigurare utopisticamente il futuro, ma saper leggere
dialetticamente la realtà sociale presente. In questa visione
prospettica sta per Korsch la grandezza del contributo offerto alle
scienze sociali dal giovane Marx che va ripreso e valorizzato di
contro al marxismo volgarizzato degli epigoni.
“Il difetto del
socialismo dottrinario e utopistico – scriverà molti anni dopo nel
suo Karl Marx - consiste nel fatto che esso, nel tentativo di
raffigurare una futura condizione socialista, inconsapevolmente
assume un’immagine senza ombre dell’attuale società reale, che
nella sua concretizzazione e realizzazione riproduce inevitabilmente
questa vecchia forma sociale borghese”.10
Quello che invece importa
è riconoscere con Marx la realtà del cambiamento storico, come
concreta prassi umana. Saper cioè affrontare criticamente i rapporti
della società borghese come trasformabili non tanto o non solo sul
mero piano giuridico, quanto per mezzo dell’azione concreta degli
uomini. Questo gli sembra stia facendo in Inghilterra la Fabian
Society nei confronti della quale egli non nasconde di provare una
profonda ammirazione.
Sulla base degli scritti
d’anteguerra è difficile collocare con precisione Korsch. Di certo
si sbaglierebbe a pensare a lui come ad un convinto riformista o al
contrario come ad un marxista critico già formato Il Korsch del
periodo inglese non è né l’uno né l’altro. Il suo pensiero si
caratterizza semmai per la contradditorietà e se, per molti versi
si colloca già al di là del pragmatico socialismo fabiano, ciò è
ascrivibile soprattutto al forte impatto che hanno in quel momento su
di lui come su altri socialisti critici dell’epoca – pensiamo in
Italia al giovane Gramsci e a Mussolini- le teorie, allora molto di
moda, dei sindacalisti rivoluzionari e di Georges Sorel che egli vede
come l’ultima manifestazione del pensiero marxista.11 Un marxismo
barbaro, ma vitale, capace per la sua forza comunicativa di mettere
in crisi i dogmi dominanti del marxismo evoluzionistico e scientista
della seconda internazionale a partire proprio dalla Germania dove
più forte ed opprimente è il peso dell’ortodossia. Proprio per
questo egli ritiene sia prima di tutto necessario ridarre concretezza
ai concetti, chiarendo con precisione cosa si intende con il termine
‘socializzazione’:
“Perché anche per la
Germania occorre che i socialisti abbiano le idee più chiare su
questo problema. Non perché ci sia da aspettarsi che essi fra poco
siano chiamati a fondare lo Stato socialista del futuro. Ma perché
tra poco anche da noi le rivendicazioni del sindacalismo tanto più
semplici e vicine all’operaio di fabbrica scuoteranno fortemente i
dogmi dominanti del marxismo. Poi, di fronte, alla disgregazione che
si creerà, si porrà il problema di trovare un nuovo mezzo che
unisca internamente il movimento socialista della Germania e lo
distingua da altri movimenti. Ma questo nuovo mezzo non può essere
altro che una formula determinata, meditata e verificata, che porti
ad espressione quella che, fra tutte le organizzazioni pensabili
dell’economia, merita di essere chiamata ‘socialista’ e di
essere rivendicata da ‘socialisti’ “. 12
Korsch si dimostra qui
buon interprete del tramonto di un’epoca che sta morendo senza
saperlo. La realtà si affretterà presto a porre i proletari di
tutta Europa di fronte al tragico dilemma “socialismo o barbarie”
e non sarà la critica teorica dei sindacalisti soreliani, ma quella
ben più esplosiva dei “cannoni d’agosto” a mettere
definitivamente in crisi il marxismo della seconda internazionale. La
prima grande guerra interimperialistica con il suo seguito tumultuoso
di rivoluzioni e guerre civili porrà concretamente il problema del
superamento del sistema di produzione capitalistico, ma sembrerà al
contempo offrire anche le linee guida per la sua soluzione:
l’affermarsi di un nuovo potere, il potere dei consigli operai,
apparire di un “ordine nuovo”, espressione diretta di una
nuova,superiore fase dei rapporti sociali.
Nelle tempeste d’acciaio
Nel complesso i due anni
trascorsi in Inghilterra rappresentano un periodo felice per la
giovane coppia. Anni di intenso studio e di feconde scoperte
intellettuali, ma anche di giovanile spensieratezza. Karl e Hedda
stanno bene insieme. Chi li ha conosciuti allora, li ricorda come una
coppia affascinante e piena di vita. Una felicità destinata a
interrompersi presto. Nell’estate del 1914 Korsch, ufficiale della
riserva, è richiamato in Germania. Anche se i giornali tedeschi
parlano semplicemente di preparazione delle grandi manovre, il
richiamo dei riservisti rappresenta l’ultimo dei tanti segni
dell’avvicinarsi della guerra. Karl e la moglie ne sono pienamente
consapevoli.
“Discutemmo a lungo –
ricorda Hedda – se ritornare o meno in Germania, perché lui non
provava alcun desiderio di combattere per la “patria”, ma
decidemmo di andarvi perché diceva di desiderare ancor meno di
essere imprigionato da qualche parte in quanto straniero nemico,
privato dei contatti con qualsiasi movimento. Voleva essere con le
masse, e queste sarebbero state nell’esercito.” 13
Rientrato nel suo
reparto, il 32° Reggimento di Fanteria di stanza a Meinengen,
all’inizio delle ostilità si trova inviato in Belgio, ufficiale
di un esercito che brutalmente reprime un piccolo popolo. Senza
pensare alle conseguenze, egli si esprime pubblicamente contro
l’invasione di un paese pacifico e neutrale, definendola
apertamente una criminale violazione delle leggi internazionali.
Denunciato per insubordinazione, dopo appena due settimane di guerra
Korsch viene processato e degradato da tenente a sergente, ma questo
non gli impedisce di mantenere un atteggiamento coerente con le sue
idee. Nonostante rifiuti di portare armi, egli dà costantemente
prova di estremo coraggio tanto da essere due volte decorato con la
croce di guerra.
Ricostruendo a così
tanta distanza di tempo quegli avvenimenti, Hedda non nasconde i suoi
timori di allora per la singolare scelta pacifista del marito:
“Dal momento che era
contro la guerra, non portò mai né un fucile né una sciabola. (…)
Personalmente non avrebbe ucciso nessuno, ma riteneva che la sua
missione consistesse nel riportare a casa vivi il maggior numero
possibile di uomini del suo reparto. Questo era il suo obiettivo di
guerra. Era solito offrirsi volontario di pattuglia, e venne decorato
diverse volte (…). Noi, a casa, non riuscimmo mai a capire perché
non venisse deferito alla corte marziale…”. 14
Col cambiare delle sorti
della guerra cambia anche la condizione militare di Korsch. Nel 1917,
man mano che aumentano le perdite fra i soldati e la fine dei
combattimenti appare sempre più lontana, iniziano a manifestarsi
scioperi e agitazioni sui fronti di guerra. Nelle trincee si respira
aria di rivolta. É una situazione in cui un uomo con la sua storia,
pacifista dichiarato, ma soldato coraggioso e leale, scarsamente
attento alla disciplina formale, ma amato dalla truppa, può essere
di nuovo utile all’esercito. Reintegrato nel corpo degli ufficiali,
promosso capitano e posto al comando di una compagnia, egli passa gli
ultimi mesi di guerra in uno stato di profonda prostrazione morale,
consapevole dell’inevitabilità della sconfitta e dell’assoluta
inutilità del sacrificio di tante giovani vite. Nei fugaci incontri
con Hedda questa disperazione trabocca incontenibile:
“quasi tutti gli uomini
con cui era partito nel 1914 erano morti e lui si disperava per quei
massacri. Ma quando arrivò la ‘rivoluzione di novembre’ si
rianimò e sperò che si potesse costruire una Germania migliore”.
15
Delegato in un consiglio
di soldati, la sua unità viene smobilitata solo nel gennaio 1919.
Ancora sotto le armi, assiste dunque da lontano alla brutale
repressione dei moti spartachisti. 16 La tragica esperienza della
guerra di trincea con il suo bagaglio di orrori segna indelebilmente
la vita di Korsch. Nonostante il ritorno a casa, il recupero degli
affetti familiari, la ripresa dell’attività professionale e
politica, nulla per lui sarà più come prima, né d’altronde la
Germania riuscirà a diventare “migliore”. 17 La democrazia di
Weimar nasce malata, segnata indelebilmente dal sangue innocente di
Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Statizzazione o
socializzazione ?
Finalmente smobilitato
dall’esercito, aderisce immediatamente, quasi a dare sbocco ad
una voglia d’azione lungamente repressa, al Partito Socialista
Indipendente di Germania (USPD) che raccoglie l’ala sinistra della
vecchia socialdemocrazia. 18 Fortemente schierato contro il
revisionismo bernsteiniano e l’ortodossia kautskiana, egli crede
che una terza corrente, che definisce del “socialismo pratico” si
stia formando attorno alla visione della transizione al socialismo
come “consapevole agire dell’uomo” e della classe proletaria.
Questo convincimento attraversa tutti i suoi scritti del 1919,
riassumendo ad un superiore livello politico quell’ansia di
concretezza già visibile nel suo periodo inglese, ma ormai
largamente depurata dalle illusioni sulla praticabilità del
riformismo fabiano. Centrale nella sua riflessione diventa sempre più
l’esperienza dei consigli operai in Russia e in Germania di cui
apprezza la dirompente carica rivoluzionaria. Partito da un’ingenua
fiducia nelle potenzialità della situazione tedesca, gli appariranno
ogni giorno sempre più evidenti i limiti della sfuocata e irrisolta
democrazia sociale della neonata repubblica di Weimar dove tutti
parlano di socializzazione, ma nessuno sa cosa in concreto questo
significhi. Pur scontando una certa astrattezza di linguaggio, frutto
della sua formazione accademica – Korsch non userà mai neppure
negli anni della militanza nella KPD un linguaggio politico
“facile”- egli ha purtuttavia chiaro che
“il momento nodale
della lotta rivoluzionaria per la socializzazione si trova non già
nell’ambito della politica statale bensì in quello economico”.
19
Con questa affermazione
Korsch non intende in nessun modo svalutare l’importanza
dell’azione politica. Svolta ormai in un’ottica largamente
marxista, la sua critica si rivolge semmai decisamente contro
l’assoluta inconsistenza teorica del dibattito in corso nella
socialdemocrazia. Ancora una volta si tratta di un problema di
concretezza: se si vuole andare oltre alla vuota fraseologia
riformista sulla nazionalizzazione delle imprese, occorre porsi il
problema di quale ruolo debbano svolgere i lavoratori nel processo di
socializzazione dell’economia:
“Ogni socializzazione –
scrive agli inizi del 1919 – che vuole riconoscere gli interessi
della classe produttrice, della classe operaia, deve dunque, al di là
delle diverse forme in cui si manifesta, realizzare quest’unica
rivendicazione: partecipazione dei lavoratori alla gestione
aziendale, come gestione da parte degli operai delle loro proprie
competenze e come cooperazione dei lavoratori alla decisione del modo
e del tipo in cui la richiesta di produzione fatta dalla collettività
dev’essere realizzata nell’azienda produttiva”. 20
Ha ragione dunque Massimo
Salvadori nelle pagine dedicate a Korsch nell’ambito della sua
storia del pensiero comunista ad affermare che
“il centro dell’analisi
korschiana sul significato della socializzazione negli scritti del
1919-22 è il contemporaneo rifiuto sia della concezione della
socializzazione come semplce nazionalizzazione dei mezzi di
produzione, sia della concezione ‘conciliatrice’ basata
sull’integrazione dei consigli di fabbrica entro i confini della
struttura capitalistica in nome di una ‘apertura’ sociale e
riformistica”. 21
Ma attenzione! Se quella
di Salvadori è una lettura sostanzialmente corretta delle posizioni
korschiane, essa rischia purtuttavia di dare un’immagine parziale
di Korsch perché nella sua sinteticità non rende adeguatamente
conto del percorso tramite cui egli viene progressivamente formandosi
questi convincimenti, liberandosi via via dalle incrostazioni di una
visione evoluzionistica e legalitaria della lotta per il socialismo
ereditata dalla sua formazione giovanile prima nella Freien
Studentenschaft e poi nella Fabian Society. Va invece compreso come
questa evoluzione non sia indolore, nè avvenga in modo lineare, ma
risenta fortemente dell’evolversi precipitoso della situazione in
Germania, dove dalla rivoluzione di novembre il tema centrale è
diventato quello della socializzazione. Con l’economia in pieno
sfacelo è generale nella classe operaia, ma anche in larga parte
della piccola borghesia il sentimento che l’epoca del dominio
capitalistico sia ormai giunta alla fine e che solo il socialismo
possa salvare il paese dalla rovina. Come si è visto, Korsch
condivide questa speranza popolare nella possibilità di costruire
una Germania “migliore”. Il problema è che i rappresentanti
della sinistra (SDP e USPD), portati al potere dallo sviluppo stesso
della crisi, si dimostrano incapaci di prendere qualunque decisione.
Né rivoluzionari decisi, né riformisti coerenti essi assistono
impotenti al precipitare della situazione e al riemergere delle
vecchie classi dominanti che nel novembre 1919 avevano ritenuto più
prudente ritirarsi da parte in attesa di tempi migliori.
Buoni
oppositori parlamentari ed eccellenti quadri sindacali, ma portatori
di un’interpretazione pragmatica e volgarmente deterministica del
marxismo, i dirigenti socialdemocratici che, come lo stesso Korsch
aveva già a suo modo intuito nel 1912, non avevano mai voluto
veramente affrontare il problema teorico della transizione, si
trovano ora disarmati teoricamente e praticamente. Quanto all’USPD,
la maggioranza dei suoi quadri tende ad identificare in modo
semplicistico socialismo e controllo politico dello Stato e a pensare
di conseguenza che la socializzazione delle fabbriche verrà da se,
per decreto, una volta assunto il potere a livello parlamentare.
Nonostante queste incertezze la gravità stessa della crisi spinge in
avanti le cose e accelera il processo di radicalizzazione della
classe operaia. Korsch ritiene di conseguenza che, per quanti marcati
siano i suoi limiti, l’aspirazione dei proletari alla costituzione
dei consigli, per lui come per Gramsci organi fondamentali di
autoeducazione delle masse, sia comunque da valutare positivamente:
“Per quel periodo il
richiamo ai consigli fu una forma positiva di sviluppo della volontà
di classe rivoluzionaria proletaria verso la propria realizzazione.
Soltanto gretti borghesucci potevano allora lamentarsi della
indeterminatezza da cui era affetta quella volontà di classe, come
ogni idea non ancora realizzata completamente, e soltanto dei pedanti
senza vita potevano cercare di rimediare a questa carenza con
«sistemi» artificialmente ideati…”. 22
La spinta popolare, che
si manifesta soprattutto tramite il movimento semispontaneo dei
consigli, costringe il governo ad agire. Alla fine del 1918 viene
istituita una Commissione per la socializzazione, composta da
personaggi di spicco del mondo politico ed economico, che discute
moltissimo, ma partorisce il topolino di una legge di socializzazione
destinata a restare in gran parte lettera morta. Come testimonia Otto
Rühle, uno dei protagonisti di quella stagione politica, posta di
fronte alla gestione del potere, la socialdemocrazia si dimostra
“assolutamente incapace
di sviluppare pensieri e idee costruttive autonome per
un’edificazione socialista dello stato e dell’economia. Di
conseguenza essa da una parte non va al di là della banalità d’una
tradizionale esigenza d’agitazione, dall’altra cade nel confuso
dilettantismo di esperimenti di socializzazione a buon mercato. Alla
fine, disorientata e senza vie d’uscita, ritorna nei comodi binari
d’una politica economica capitalistica messa in atto coscientemente
e senza scrupoli. Il suo socialismo è un socialismo vuoto che manca
di ogni realtà. La sua fede ingenua nel fatto che nel quadro del
sistema capitalistico la radicale ristrutturazione dell’economia
con obiettivi socialisti si possa realizzare con gli strumenti della
democrazia, del compromesso, della crescita graduale, si dimostra un
errore fatale e come tale naufraga”. 23
E’ una riflessione,
quella di Rühle, che potrebbe essere firmata da Korsch tanto bene ne
esprime lo stato d’animo in quei primi turbinosi mesi del 1919. In
effetti Korsch, che partecipa come assistente scientifico ai lavori
della commissione, ha modo di verificare di persona l’inconsistenza
e la superficialità delle argomentazioni e delle proposte che in
quella sede vengono avanzate dai rappresentanti di spicco della
socialdemocrazia. Kautsky in particolare, che non cessa di mettere in
guardia dai pericoli di nazionalizzazioni affrettate e “immature”
considerato lo stato di crisi dell’economia e l’impreparazione
“psicologica” degli operai, gli appare più di tutti incarnare un
marxismo diventato sterile dogma. Contro questo atteggiamento
attendista e fatalistico che di fatto rimette il potere nelle mani
della borghesia si organizza nelle fila dell’USPD la cosiddetta
“corrente” del socialismo pratico sulla base di un progetto
concreto di socializzazione che sappia conciliare nel quadro più
complessivo della cosiddetta “autonomia industriale” le opposte
tendenze del centralismo e dell’autonomia, della statizzazione e
del controllo operaio.
In questa fase Korsch ragiona ancora in
termini di partecipazione e non di controllo operaio, dichiarandosi a
favore della combinazione di un certo livello di autonomia operaia
nelle fabbriche con un piano centralizzato gestito dalle istituzioni
politiche. Un ibrido di sindacalismo rivoluzionario e di riformismo
socialdemocratico non privo di contraddizioni. Così come
contradditorio risulta essere il suo stato d’animo. Se la
partecipazione ai lavori della Commissione sulla socializzazione ha
prodotto su di lui un effetto profondamente negativo, l’irrompere
sulla scena politica di una combattiva classe operaia ha ravvivato le
sue speranze nel futuro. Disgustato dell’ipocrisia dei leader
socialdemocratici che ha avuto modo di conoscere direttamente e di
frequentare, egli si ritrova in qualche modo per sempre vaccinato nei
confronti di un riformismo parolaio ed imbelle, tronfiamente
retorico, ma privo di prospettive. Al contempo, la rozza, ma vitale
democrazia sovietica gli appare indicare una luminosa via d’uscita.
Il fatto è che, come riconosce Hedda, nonostante il suo rigore
intellettuale e il suo abituale approccio critico ai problemi
“Karl non era affatto
scettico, come una persona tanto intelligente avrebbe invece dovuto
essere. Era anzi entusiasta e i suoi scritti sulla socializzazione
riflettono questo stato d’animo per quasi un anno. La rivoluzione
russa ebbe una grande influenza su di lui, e tutti noi pensavamo che
segnasse l’inizio di una nuova era.” 24
- H. KORSCH, Ricordi su Karl Korsch, Quaderni Pietro Tresso, Firenze 1999, p. 5.
- Ivi, p. 6.
- “I professori universitari tedeschi in generale, [ afferma Michael Löwy nel suo studio sul giovane Lukács] in particolare quelli del settore delle Geisteswissenschaften – facoltà umanistiche, filosofiche, giuridiche, storiche, di scienze sociali – hanno goduto nel corso del sec.XIX di una situazione particolarmente privilegiata. Questi “mandarini” che costituivano una comunità relativamente omogenea ed integrata, occupavano una posizione dominante nel sistema di stratificazione sociale prevalente in Germania, a causa del loro prestigio, influenza e rango sociale (status). Questa preminenza dell’intellighentsia accademica corrisponde a una fase precisa di sviluppo della formazione sociale tedesca: quella che vede il modo di produzione feudale in procinto di perdere la propria supremazia, senza che il capitalismo industriale abbia ancora imposto la sua egemonia definitiva […] i professori universitari controllano tutto il sistema della formazione professionale, dell’apprendistato, degli esami, dei criteri di selezione, della preparazione ideologica, ecc., necessario per il reclutamento del personale amministrativo; si trovano quindi in una posizione strategica in rapporto alla struttura politico-amministrativa dello Stato”. Cfr. M. LÖWY, Per una sociologia degli intellettuali rivoluzionari, La Salamandra, Milano 1978, pp. 28-29.
- Su questo argomento, oltre al già citato testo di LÖWY, si può vedere: G. LICHTHEIM, Guida a Lukács, Rizzoli, Milano 1978. Fondamentale per comprendere l’intero periodo resta la ricerca di H. STUART HUGHES, Coscienza e società. Storia delle idee in Europa dal 1880 al 1930, Einaudi, Torino 1972.
- H. KORSCH, cit., p. 7.
- Sulla SPD cfr. - oltre al classico testo di F. MEHRING (Storia della socialdemocrazia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1974) – W. ABENDROTH, La socialdemocrazia in Germania, Editori Riuniti, Roma, 1980 e G. ROTH, I socialdemocratici nella Germania imperiale, il Mulino, Bologna 1971. Per un’analisi della politica sindacale della socialdemocrazia cfr. N. BENVENUTI, Partito e sindacati in Germania (1890-1914), La Pietra, Milano 1981.
- Movimento politica riformista, conta fra i suoi esponenti i coniugi Sidney e Beatrice Webb e gli scrittori George Bernard Shaw e Herbert George Wells. Fondato nel 1883, prende nome da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore per simboleggiare l’adozione di una prospettiva nazionale e graduale al socialismo. Per una più approfondita conoscenza del socialismo fabiano possono essere utilmente consultati: G.D.H. COLE, Storia del pensiero socialista, vol. III.1, Laterza, Bari 1972, p. 252 e sgg. ; E. GRENDI, L’avvento del laburismo, Feltrinelli, Milano 1964.
- H. KORSCH, cit., p. 8.
- K. KORSCH, La formula socialista per l’organizzazione dell’economia. In Scritti politici, 1, Laterza, Bari 1975, pp. 6-7.
- K. KORSCH, Karl Marx, Laterza, Bari 1969, p. 35.
- Come Gramsci e Korsch, anche György Lukács fu fortemente influenzato da Sorel. Nel caso di Lukács fondamentale momento di incontro con Sorel fu l’interpretazione offertane da Ervin Szabo, esponente di punta dell’ala rivoluzionaria della socialdemocrazia ungherese. Cfr. a questo proposito la prefazione di Lukács a Storia e coscienza di classe.
- K. KORSCH, La formula socialista…, cit., p. 9.
- H. KORSCH, cit., pp. 8-9.
- Ivi.
- Ivi. In seguito alla disfatta militare della Germania l’ammutinamento dei marinai della flotta tedesca determina il crollo dell’impero, la fine della guerra e la nascita di una repubblica democratica. L’8 novembre 1918 segna la data di costituzione dei primi consigli dei soldati e il crollo della monarchia. Per un approfondimento sulla rivoluzione tedesca e il movimento dei consigli si possono fra gli altri utilmente consultare: P. BROUÉ, Rivoluzione in Germania, Einaudi, Torino 1977; F.L. CARSTEN, La rivoluzione nell’Europa centrale 1918/1919, Feltrinelli, Milano 1978; E. EYCK, Storia della Repubblica di Weimar, Einaudi, Torino 1966; P. FRÖLICH (et alii), Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920, Pantarei, Milano 2001; G.A. RITTER-S. MILLER (a cura di), La rivoluzione tedesca 1918-1919, Feltrinelli, Milano 1969; A.ROSENBERG, Storia della repubblica tedesca, Leonardo, Roma 1945; G.E. RUSCONI, La crisi di Weimar, Einaudi, Torino 1977; P. WERNER (P. FRÖLICH), La repubblica bavarese dei consigli operai, Savelli, Roma 1970.
- Il 15 gennaio 1919 nel corso dei moti di Berlino originati dalla destituzione del prefetto di polizia, il socialista indipendente Eichhorn, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht venivano assassinati dalla soldataglia dei Corpi Franchi. Dalla vastissima letteratura in materia segnaliamo O.K. FLECHTHEIM, Luxemburg Liebknecht, Erre Emme, Roma 1992; P. FRÖLICH, Rosa Luxemburg, Rizzoli, Milano 1987; D. GUÉRIN, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, Mursia, Milano 1974; P.J. NETTL, Rosa Luxemburg, Il Saggiatore, Milano 1978; G. BADIA, Lo spartachismo, Savelli, Roma 1976; C. OLIVIERI, Gli Spartachisti nella rivoluzione tedesca (1914-1919), Prospettiva Edizioni, Roma 1994.
- Sul significato dell’esperienza della guerra di trincea per la gioventù tedesca dell’epoca cfr. le testimonianze (di segno opposto, ma entrambe bellissime) di E. TOLLER (Una giovinezza in Germania, Einaudi, Torino 1972) e E. JÜNGER (Nelle tempeste d’acciaio, Guanda, Parma 1990)
- Manca in italiano una storia organica del Partito Socialdemocratico Indipendente. Utili cenni sulla storia dell’USDP si trovano in G.D.H. COLE, Storia del pensiero socialista, vol. IV.1, Laterza, Bari 1972; M.L. SALVADORI, Kautsky e la rivoluzione socialista 1880/1938, Feltrinelli, Milano 1976, p. 188 e sgg.; M. WALDENBERG, Il papa rosso Karl Kautsky, Editori Riuniti, Roma 1980, Vol. II, p. 747 e sgg.
- K. KORSCH, Il programma di socializzazione socialista e quello sindacalista. Ora in Consigli di fabbrica e socializzazione, Laterza, Bari 1970, p. 54.
- K. KORSCH, Socializzazione e movimento operaio. Ora in Scritti politici, cit., p. 17.
- M.L. SALVADORI, Storia del pensiero comunista, Mondadori, Milano 1984, p. 464.
- K. KORSCH, La Comune rivoluzionaria, ora in Scritti politici, II, Laterza, Bari 1975, p. 250.
- O. RÜHLE, Il coraggio dell’utopia, Guaraldi, Rimini 1972, p. 155.
- H. KORSCH, cit., p. 10.
(Da:
G. Amico, Il "rinnegato"
Korsch. Storia di un'eresia comunista)