Nono capitolo del
nostro “Il «rinnegato» Korsch. Storia di un'eresia comunista".
Terminata l'esperienza di Kommistische Politik, Korsch si dedica
interamente alla riflessione critica sul marxismo. Il 1929 è l'anno
della polemica con Kautsky, ma anche dell'inizio della grande
amicizia con Bertolt Brecht.
Giorgio Amico
La critica del
kautskismo (1929)
Nel 1928 termina il
mandato parlamentare di Korsch e con esso l’esperienza di
Kommunistische Politik. Privo di ogni fonte di finanziamento,
isolato, duramente calunniato dagli stalinisti, Korsch non è più in
grado di assicurare l’uscita della rivista né di mantenere in
piedi un anche minimo apparato organizzativo. Senza più legami,
privi del punto di riferimento comune rappresentato fino a quel
momento dal giornale, i gruppi locali che fanno riferimento alle
posizioni di Korsch accentuano ulteriormente quei caratteri di
estrema autonomia già evidenziati al momento della Terza Conferenza
nazionale. Cosicchè in pochi mesi l’organizzazione di fatto si
scioglie nel movimento.
Altrettanto fortemente si
fa sentire sui militanti la delusione per una situazione che pare
contraddire a fondo l’analisi del gruppo sulle potenzialità
rivoluzionarie della fase. Contrariamente alle attese, i margini
d’azione per i rivoluzionari marxisti appaiono sempre più
ristretti. Da un lato il partito socialdemocratico ha saputo
riprendere, sfruttando il momentaneo periodo di ripresa economica, il
controllo di una classe operaia che, sconcertata da anni di lotte
infruttuose e di estremismo verbale, sente forte il bisogno di
concretezza e stabilità. Quanto alla KPD, dopo la crisi del 1926
essa ha definitivamente messo fuori gioco l’estrema sinistra e
trasformato il partito in una organizzazione compatta e disciplinata,
diretta con mano ferrea da un apparato sempre più simile ad un
ordine religioso dove più di tutto conta una fede cieca nella
leadership sovietica e l’assoluta rinuncia ad ogni elemento di
individualità critica.
Grazie a questa nuova
compattezza che gli conferisce un’immagine di “durezza
bolscevica” e alla tattica ultrasinistra che d’accordo con Mosca
la direzione Thälmann porta avanti da qualche mese, nel 1928 il
partito comunista appare in forte ripresa proprio in quell’area più
emarginata di lavoratori su cui tanto contava il gruppo di
Kommunistische Politik. La crisi economica che inaspettata scoppia
l’anno successivo (1929) in conseguenza del “crollo di Wall
Street”, facendo ricadere il paese nel caos, non premia i
rivoluzionari che pure l’attendono da anni, ma conferisce ulteriore
forza a stalinisti e nazionalsocialisti che militarmente si
contendono il controllo del movimento dei disoccupati. 1
Ridotta ad una miriade di
groppuscoli, tanto litigiosi quanto privi di effettivo seguito, la
sinistra rivoluzionaria rifluisce su posizioni di estremo settarismo
o di rifiuto dell’impegno politico. Un’intera generazione di
militanti, formatasi nei primi anni del dopoguerra, abbandona la
politica per ripiegare nel privato o nei casi migliori in attività
alternative sul piano culturale e artistico. In Turingia, dove Korsch
insegna, quasi il settantacinque per cento dei vecchi militanti della
KPD e dell’USPD passati ai gruppi abbandona la milizia attiva. 2
La situazione non è diversa nel resto della Germania: ovunque
l’estrema sinistra appare in piena disgregazione.
Bertolt Brecht
L'amicizia
con Brecht
Abbandonata la speranza
di poter costruire una nuova forza politica comunista autenticamente
rivoluzionaria, dopo il 1928 Korsch continua la sua attività al di
fuori di ogni organizzazione di partito. Comincia a scrivere per le
riviste che accettano i suoi contributi, riprende in modo sistematico
e approfondito i suoi studi, viaggia, tiene conferenze in diversi
paesi, allaccia nuovi rapporti in ambito artistico e culturale dal
circolo degli intellettuali del «Café Adler» di Berlino, alla
Società per la filosofia empirica. Hedda Korsch ricostruisce così
questa nuova fase della vita di Karl:
“In quel periodo
eravamo strettamente legati a tutto il gruppo raccolto intorno alla
Malik Verlag, compreso Felix Weil, figlio di un milionario che aveva
finanziato sia la casa editrice, sia l’Istituto per la Ricerca
Sociale di Francoforte. Era un amico importante (…). Un giorno di
agosto del 1928 ci invitò ad assistere alla prima de L’opera da
tre soldi, e vi andammo insieme; poi ci recammo ad incontrare Brecht
con alcuni di quegli altri artisti di sinistra. Quella sera c’era
anche George Grosz, ed eravamo tutti molto eccitati: ci sembrava un
qualcosa di davvero nuovo e importante. Da allora in poi Korsch e
Brecht si incontrarono di tanto in tanto e, quando Karl dava un ciclo
di conferenze a Berlino, Brecht era solito parteciparvi. Ma lui e
Brecht trovarono ben presto che la cosa era inadeguata e
incominciarono ad incontrarsi in riunioni espressamente organizzate
alle quali ognuno di loro portava quattro o cinque compagni.
Continuarono a vedersi fino a che le riunioni di dieci o dodici
persone cominciarono a farsi pericolose. Le conferenze di Karl
venivano date alla Karl Marx Schüle, la scuola in cui io insegnavo.
Era una scuola sperimentale, molto di sinistra (…). Eravamo soliti
offrire le classi a degli esterni affinchè vi dessero delle
conferenze, a patto che lo facessero nello spirito di Karl Marx, ed
era lì che Karl parlava di solito”. 4
Un’amicizia profonda,
quella fra i due intellettuali, che ben presto si trasforma in un
vero e proprio soldalizio intellettuale. 5 Tutta l’opera di Brecht,
che si considererà sempre un marxista, sarà influenzata dai
seminari sulla dialettica tenuti da Korsch a Berlino e poi
nell’esilio al punto che molti degli scritti che Brecht dedica al
marxismo sono in realtà la trascrizione di brani del carteggio fra i
due. Come scrive W. Rasch, il primo a studiare in profondità il
rapporto tra Brecht e Korsch:
“Brecht sapeva
esattamente ciò di cui aveva bisogno. Egli aveva bisogno di
apprendere la concezione scientifica della società di K. Marx, senza
assoggettarsi alla dittatura ideologica che Korsch denunciava senza
mezzi termini”. 6
“Il teatro di Brecht –
annota Chiarini – è animato da cima a fondo da un perenne e
istituzionale pathos dialettico. La dialettica infatti è la
categoria centrale di questo teatro: una categoria che mancava del
tutto alla drammaturgia espressionista e che, presente in germe nella
produzione giovanile di Brecht, si è però dispiegata in tutta la
sua critica consapevolezza solo nel fecondo e quotidiano ripensamento
del marxismo, che egli ha saputo intendere ed applicare in forma non
dogmatica e chiusa, bensì profondamente spregiudicata e creativa.
Nella sua dimensione più viva e drammatica: quella della ricerca”.
7
Una maturazione
comprensibile solo alla luce dei rapporti che il poeta e drammaturgo
ha instaurato a partire dal 1928 con Karl Korsch a cui in una lettera
si rivolge in questo modo:
“La considero mio
maestro; i Suoi lavori e la Sua amicizia personale significano molto
per me… io discuto a lungo con Lei, nel mio cervello, tutti i punti
controversi, prima di scrivere qualcosa”. 8
Nonostante le profonde
differenze sul piano politico relativamente al giudizio sull’Unione
Sovietica, di cui Brecht resta per tutta la vita un sincero
ammiratore, 9 unisce i due un atteggiamento di profondo rispetto per
la creatività e la forza che l’autonoma azione delle masse operaie
è in grado di esprimere. Una massa, sia chiaro, che non si annulla
mai nella folla, ma riesce sempre e comunque, nel bene e nel male,
ad esprimere un complesso gioco di individualità. Sostanzia l’intera
opera brechtiana una continua tensione fra coralità dei gesti e
individualità delle scelte che riecheggia la visione korschiana dei
consigli operai come espressione diretta dell’autonomia proletaria.
Per Korsch, come per Brecht il comunismo è veramente “il movimento
reale che sopprime lo stato di cose esistente”.
La polemica con
Kautsky
Con la fine della
militanza attiva, Korsch non si isola dalla poltica, ma continua in
altra forma la sua battaglia per il comunismo. Inizia così una fase
nuova della sua ricerca, incentrata su di una riflessione sistematica
sulla sua esperienza. La sconfitta del movimento dei consigli in
Germania, l’involuzione della rivoluzione russa costringono il
pensiero critico a confrontarsi con la causa profonda della disfatta
proletaria: la frattura tra teoria e prassi. Se nel 1923 in Marxismo
e filosofia Lenin era visto come colui che superava tale frattura,
restaurando l’originaria visione marxiana della rivoluzione come
totalità, nel 1929 questa analisi non basta più. Ciò che è
accaduto nel frattempo non permette visioni consolatorie. La distanza
tra le affermazioni di Stato e rivoluzione e la concreta realtà
sovietica è abissale. Il leninismo non solo non ha ricomposto la
frattura fra teoria e prassi, ma l’ha ulteriomente dilatata.
Nonostante l’Ottobre, contro il proletariato ormai si erge non solo
il revisionismo teorico kautskiano, ma un apparato di Stato di una
brutalità antioperaia mai vista.
Il 1929 rappresenta
dunque un anno cruciale per lo sviluppo teorico di Korsch. E’ un
periodo di intensa attività: in pochi mesi da alle stampe La
concezione materialistica della storia e il primo dei due saggi sulla
Comune di Parigi. Ma ciò che più conta è l’indirizzo nuovo
assunto dalla sua ricerca. Se fino a quel momento la critica
korschiana si era limitata ad investigare natura e ruolo dello Stato
sovietico, ora essa investe direttamente il leninismo, ossia il
pilastro ideologico del sistema. Ancora una volta la critica parte da
lontano, dalle radici stesse del problema: il sistema teorico
kautskiano. Come sottolinea Gian Enrico Rusconi, chiudendo la
partita con il kautskismo, Korsch “crea gli strumenti analitici e
teorici per la critica che politicamente gli sta più a cuore: la
critica al leninismo-stalinismo”. 10 E questo perché “al di là
delle poche ma esplicite battute su Lenin presenti nel testo, la
logica stessa della tesi korschiana contiene i presupposti per la
critica al leninismo che sarà sviluppata l’anno successivo (1930)
nell’ Anticritica, per la seconda edizione di Marxismo e
filosofia”. 11
Nel 1929, dunque, Korsch
si accinge ad una radicale critica delle tesi esposte da Kautsky
nella sua Die materialistische Geschichtsauffassung (La concezione
materialistica della storia) apparsa nel 1927. Un “ampio e violento
attacco”, come lo definisce Kolakowski, 12 su cui il giudizio
della critica resta controverso andando dall’accusa di “mancanza
di misura” 13 avanzata dallo studioso polacco Marek Wanderberg al
più totale assenso di E. Matthias che utilizza quest’opera come
base per il suo altrettanto discusso studio su Kautsky e il
kautskismo. 14
Una posizione a se stante
in questo dibattito è quella assunta da Wolfgang Abendroth per il
quale non si può accusare “in modo indifferenziato” Karl Kautsky
di aver sostituito l’evoluzione intesa come fede in un progresso
privo di contraddizioni alla dialettica , riducendo così il marxismo
a una teoria dell’evoluzione naturale. Questa tesi sarebbe
giustificata solo per il Kautsky “degli ultimi anni” . In
polemica con Matthias e altri studiosi dell’esperienza storica
della socialdemocrazia tedesca, per Abendroth va denunciato come
“al seguito di Karl
Korsch (…) queste tesi si sono trasformate nel dogma delle
interpretazioni «occidentali» nel campo della critica
dell’ideologia e degli studi sulla storia del partito, senza che i
loro attuali sostenitori prendano in considerazione, da un punto di
vista storico-politico e critico-ideologico, il motivo del loro
sviluppo, la polemica contro l’ultimo Kautsky e i fondamenti del
comunismo di sinistra di Korsch”. 15
Riprendendo il tema già
sviluppato in Marxismo e filosofia della riduzione della dialettica
marxista a materialismo volgare, Korsch non attacca tanto il
riformismo di Kautsky, quanto il suo dichiarato darwinismo che lo
porta a presentare il materialismo storico come l’applicazione alla
storia dell’umanità dei presupposti generali dell’evoluzione
organica e cioè, per usare le parole di Korsch, “delle leggi
naturali operanti dappertutto nel cosmo”. 16 In realtà
“tra la sua posizione
generale circa il metodo e la concezione del mondo e la
corrispondente posizione circa il metodo e la concezione generale del
mondo di Marx ed Engels esiste uno stridente contrasto, che nella sua
forma più astratta si manifesta già nella rispettiva concezione di
principio dello sviluppo nella natura e nella società. Kautsky in
tutte le sue ricerche parte dall’ovvia premessa che la storia dello
sviluppo naturale della specie, dai protozoi fino alla scimmia
antropomorfa e all’uomo, costituisca la chiave per comprendere la
società umana in tutte le fasi del suo sviluppo storico, dalla
cosiddetta società primordiale senza classi e senza Stato fino
all’odierna «società borghese» e al suo passaggio nella futura
società socialista e comunista. (…) Invece Marx ed Engels, (…)
si opposero sin dall’inizio con la critica più severa a tutta
questa ingenua metafisica dello sviluppo (…) Non la natura organica
e la storia del suo sviluppo in generale, e nemmeno la società umana
nel suo generale sviluppo, ma la moderna «società civile»
costituisce per loro la base reale da cui si possono comprendere
materialisticamente tutte le anteriori forme storiche di società”.
17
Karl Kautsky
Secondo Korsch, Kautsky
concepisce il marxismo come una “dottrina puramente scientifica”che
non ha più alcun rapporto reale con il proletariato, una scienza
libera da giudizi di valore e dunque obiettiva. Il che significa
privare il marxismo dell’intera sua carica rivoluzionaria e
ritornare a metodi e concezioni proprie del pensiero borghese.
Un’evoluzione dal revisionismo travestito da «ortodossia» al puro
e semplice abbandono dei principi rivoluzionari marxiani che non
rappresenta
“un mutamento della sua
posizione teorica nei confronti del marxismo, ma solo una conseguenza
del fatto storico esterno che, con l’inasprirsi delle lotte di
classe del periodo bellico e postbellico, anche nell’ambito della
teoria marxista tutte le questioni rivoluzionarie sono state poste
all’ordine del giorno in modo chiaro e più deciso”. 18
Korsch chiarisce come il
concetto centrale della concezione materialistica della storia sia
rappresentato dal concetto di sviluppo, inteso in un triplice senso.
Come pensiero (dialettica),come divenire (in natura e società) e
come azione (lotta di classe). Ora a livello di pensiero Kautsky
sostituisce la dialettica marxista con una epistemologia ripresa da
Mach fondata sul concetto di “adeguazione del pensiero ai fatti”
e di “adeguazioni dei pensieri l’uno all’altro”. Di
conseguenza la visione marxiana dello sviluppo sociale come
soggettiva azione storica, attività rivoluzionaria critico-pratica,
diventa per Kautsky mero “oggettivo sviluppo storico nella natura e
nella società”. 19
Ciò che Kautsky spaccia
per dialettica della natura non è nient’altro che la semplice
applicazione alla storia della teoria darwiniana dell’adattamento
che vede l’uomo come un animale sottomesso alle leggi di
evoluzione delle specie. Marx ed Engels, ricorda Korsch, non si sono
mai trasformati in semplici naturalisti, mentre per Kautsky il
divenire è regolato da immutabili ed eterne leggi di natura che
schiacciano sotto il loro peso l’azione autonoma dell’uomo
concreto, dell’uomo sociale eliminando dalla storia la possibilità
stessa di rivoluzione come collettivo e cosciente agire umano.
In conclusione, Kautsky
sostituisce al materialismo dialettico di Marx
“il comunissimo
materialismo naturalistico che, sorto nell’epoca borghese
dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese – cioè nei secoli
XVII e XVIII – e filosoficamente restaurato nel XIX secolo in primo
luogo da Feuerbach, dopo la «confusione» temporaneamente arrecata
dalla filosofia idealistica tedesca, da Kant a Hegel, ha celebrato
poi i suoi trionfi particolarmente nel «darwinismo» e nelle altre
scienze naturali. 20
Non si tratta di una
semplice questione filosofica, ma di un’operazione dalle profonde
implicazioni politiche. Consapevole o no che ne sia Kautsky, questo
concetto di sviluppo ispirato alle scienze della natura fornisce il
fondamento teorico alle sue idee “pacifistico-evolutive”
dell’agire politico. La storia non è più storia degli uomini, ma
dello Stato: un lungo processo attraverso cui lo Stato è andato via
via liberandosi della sua originaria carica di violenza per divenire,
nella moderna società capitalistica, Stato democratico dove non c’è
più necessità e dunque spazio per la violenza, neppure per quella
degli oppressi. Un processo verso “una libertà sempre crescente”,
così si esprime Kautsky, “di cui non si riesce a vedere la fine”
che “rende superflui gli eserciti”, riduce i poliziotti e aumenta
gli insegnanti elementari. 21
E tutto questo a pochi
anni dall’avvento al potere del nazismo, dell’avvio della
“soluzione finale” della questione ebraica e dell’immenso
macello rappresentato dal secondo conflitto mondiale ! Certo, Kautsky
non vive fuori dal mondo, egli riconosce che in pratica “il
progresso della democrazia è stato accompagnato da un continuo
ampliamento degli eserciti e da un ininterrotto aumento del loro
armamento e pertanto anche da un costante incremento e rafforzamento
dell’apparato militare” cosi come si dichiara consapevole del
fatto che i trattati di pace stipulati alla fine della guerra
mondiale costituiscono “una notevolissima materia di conflitto tra
alcuni degli Stati moderni”. Ma ciò è dovuto alla politica
imperialistica del grande capitale, vera escrescenza monopolistica e
finanziaria del capitale industriale. 22
Una teoria che per Korsch
rappresenta l’ultima manifestazione del radicalismo borghese
liberal-democratico:
“Come Kautsky già a
proposito dell’origine del moderno Stato capitalistico sostiene una
teoria che, presentando lo Stato schiavistico e lo Stato feudale come
il risultato della nuda violenza armata, sbocca inevitabilmente e
contemporaneamente in una apologia indiretta e alla fine anche
diretta del capitalismo industriale e del suo Stato, così anche la
sua concezione dell’essenza e delle tendenze di sviluppo dello
stato odierno finisce col dare un appoggio ideologico e pratico alla
lotta di concorrenza che oggi in ogni Stato capitalistico e su scala
internazionale la frazione economicamente più debole dei
capitalisti, come partito liberale-radicale e democratico, cerca di
condurre in campo politico insieme col seguito degli strati
piccolo-borghesi e di una parte degli strati proletari contro la
frazione economicamente più forte della classe capitalistica. Il
fatto che Kautsky tenga erroneamente in alta considerazione gli
ideali democratico-borghesi protocapitalistici e che su questa base
conduca la lotta contro i monopoli, il capitale finanziario,
l’imperialismo, il militarismo, ecc., ad un’analisi critica si
smaschera come il semplice travestimento ideologico delle lotte di
concorrenza tra le diverse frazioni della «classe capitalistica
sempre unita contro il proletariato»”. 23
Proprio in questo
radicalismo borghese, tendenza nuova apparsa all’inizio del secolo
in reazione alla maturazione imperialistica del capitalismo, si
colloca il punto di raccordo fra la vecchia ortodossia kautskiana e
la nuova ortodossia leninista:
“La venatura
radicale-borghese da noi rilevata nell’atteggiamento di Kautsky di
fronte alle «escrescenze monopolitistiche, capitalistico-finanziarie
ed imperialistiche» è il segno distintivo caratteristico di quella
particolare tendenza che al principio del XX secolo è apparsa
all’interno di tutto il movimento socialdemocratico,
particolarmente in Germania ed Austria, e che dal momento della
scissione dei partiti socialdemocratici durante la guerra mondiale e
nell’immediato dopoguerra di solito è stata designata come «Centro
marxista», al quale appartiene come ultimo particolare rampollo,
malgrado le grandi differenze nei dettagli, anche il bolscevismo
leniniano così nel suo sviluppo prebellico (cosa piuttosto
incontestabile) come pure nel suo sviluppo successivo (il che
attualmente viene ancora contestato in modo piuttosto deciso da
entrambe le parti in causa); sviluppo che è stato provvisoriamente
interrotto mediante la temporanea alleanza dei bolscevichi con i
radicali di sinistra nel periodo della guerra e della rivoluzione –
1914-1921 – ma, che non è stato deviato in modo duraturo dalla sua
tendenza fondamentale”. 24
Siamo ad un punto
cruciale dell’intera ricerca korschiana. Nella critica radicale
dell’ultimo frutto teorico dell’ortodossia kautskiana Korsch
trova finalmente quel punto d’appoggio teorico su cui far leva per
sviluppare in profondità una critica materialistica del leninismo,
rielaborando nella forma compiuta dell’ Anticritica che apparirà
l’anno successivo quelle intuizioni eretiche già presenti in nuce
in Marxismo e filosofia che l’occhio addestrato dei censori aveva
saputo immediatamente cogliere e denunciare.
1 Sulla formazione del
partito nazista cfr. W.L. SHIRER, Storia del Terzo Reich, Einaudi,
Torino 1974 (IV ed). Sulla componente operaia del nazismo, tanto
enfatizzata dagli storici revisionisti, cfr. S. BOLOGNA, Nazismo e
classe operaia 1933-1993, Manifestolibri, Roma 1996.
2 G.E. RUSCONI, Contro
Kautsky contro Lenin, introduzione a K. KORSCH, Il materialismo
storico, Laterza, Bari 1971, p. XXXVI.
3 Casa editrice di
sinistra vicina all’Institut für Sozialforschung di Francoforte.
4 H. KORSCH, cit., pp.
13-14.
5 Sui rapporti fra
Brecht e Korsch e sull’influsso di questi sull’opera del
drammaturgo tedesco cfr. D.KELLNER, Brecht’s Marxist Aesthetic,
consultabile sul sito www.uta.edu/huma/illuminations/kell3.htm.
6 W.
RASCH, B. Brechts marxistischer Lehrer, in «Merkur», n. 188,
ottobre 1963. La citazione è ripresa in G.E. RUSCONI, Teoria
e azione rivoluzionaria in K. Korsch, in L. LABEDZ, cit., p. 315.
7 P. CHIARINI, Bertold
Brecht, Laterza, Bari 1959, p. 27.
8 G.E. RUSCONI, cit.,
p. 315
9 Un esempio fra tutti.
In una lettera del giugno 1939 all’amico Partos, Korsch esprime il
disagio che gli provoca l’incoerenza fra il carattere libertario
dell’opera di Brecht e la sua conformistica fedeltà alla linea
comunista ufficiale: “Di Brecht ho visto recentemente non solo un
buon inizio di un romanzo su Gli affari del signor Giulio Cesare,
bensì anche – e soprattutto – un nuovo, straordinario, dramma
teatrale, già tutto pronto ma non ancora stampato, su «La vita di
Galilei». Un colpo veramente grosso; un grande tema e alla fine
l’incomparabile nettezza brechtiana della negazione. Benché solo
raramente la gente conformi la propria vita privata alle proprie
convinzioni generali, dopo questa rappresentazione del Galilei, non
riesco ad immaginare che Brecht possa continuare a rimanere così
fedele alla linea. Non gli ho più scritto da tempo, praticamente dal
mio arrivo negli USA, ma ho intenzione di rompere questo lungo
silenzio.” (K. KORSCH, Lettera a Partos del 12.6.1939, in Marxiana
2, Bari 1976, p. 178.
10 G.E. RUSCONI, Contro
Kautsky…, cit., p. X.
11 Ivi, p. IX.
12 L. KOLAKOWSKI, cit.,
p. 280. Per questo autore la critica di Korsch a Kautsky che “non
solo non possiede alcuna forza argomentativa, ma neanche alcun
contenuto concreto ed è soltanto una mera ripetizione della sua
interpretazione del marxismo”, rappresenta “un esempio tipico di
criticismo comunista” (Ivi, p. 289). Una critica sbrigativa,
sicuramente condivisa dalle torme di intellettuali disinvoltamente
transitati in questi anni dal togliattismo al neo-liberismo
berlusconiano.
13 M. WALDERBERG, cit.,
p. 5.
14 E. MATTHIAS, Kautsky
e il kautskismo, De Donato, Bari 1971.
15 W. ABENDROTH, cit.,
p. 43.
16 K. KORSCH, Il
materialismo storico, cit., p. 29.
17 Ivi, pp. 35-37.
18 Ivi, p. 7.
19 Ivi, pp. 25-26.
20 Ivi, p. 40.
21 Ivi, pp. 87 e sgg.
22 Ivi, pp. 89-90. Il
lettore attento riconoscerà qui la radice teorica autentica della
cultura “antimonopolistica” e “antimperialistica” del PCI e
di gran parte dell’estrema sinistra post-sessanttotto, così come
di quella teoria dello “Stato imperialista delle multinazionali”
ultimo stadio dell’antimonopolismo e base del “riformismo armato”
delle Brigate Rosse.
23 Ivi, pp. 90-91.
24 Ivi, p. 92.