TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 9 ottobre 2017

8. Karl Korsch al bando dal partito (1926)

    Comizio di Ernst Thalmann

Settimo capitolo del nostro “Il «rinnegato» Korsch. Storia di un'eresia comunista". Entrato in conflitto con la direzione staliniana del Comintern e del KPD, nel 1926 dopo una aspra battaglia interna Korsch è espulso dal Partito comunista. Da questo momento per la stampa comunista sarà “il rinnegato Korsch”.


Giorgio Amico

Karl Korsch al bando dal partito (1926)


A conferma delle perplessità di Bordiga sulle possibilità di tenuta della sinistra comunista tedesca, i primi mesi del 1926 vedono una serie ininterrotta di rotture all’interno dell’estrema sinistra. Fallisce anche il tentativo di Korsch e Schwarz di costituire una più ampia frazione unitaria attorno alla loro Entschiedene Linke (Sinistra decisa), rafforzando il rapporto politico già esistente con la componente raccolta attorno a Katz. E’ un progetto velleitario, non solo per le profonde differenze esistenti fra i due gruppi, uno ancora interno al partito e l’altro operante ormai come un’organizzazione autonoma, ma anche per le rivalità personali dei dirigenti. Korsch non sembra valutare adeguatamente le difficoltà e i rischi di un’operazione che, ponendolo nei fatti a rimorchio dell’estremismo dei fuoriusciti, lo isola sempre più nel partito dove la direzione ha buon gioco nell’accusarlo di frazionismo. Contemporaneamente Katz, giocando sull’insoddisfazione di una parte della base di Entschiedene Linke, cerca spregiudicatamente di recuperare militanti accusando Korsch e Schwarz di moderatismo perché non si risolvono a rompere definitivamente con la KPD. E’ una manovra insidiosa, tanto che il 22 aprile 1926 con una circolare interna Korsch è costretto a prendere apertamente posizione contro le accuse di Katz di essersi spostato “a destra”.

Questa polemica segna la fine della collaborazione fra i due gruppi e il fallimento dell’operazione unitaria tentata da Entschiedene Linke che ne esce complessivamente indebolita sul piano politico ed organizzativo. E’ l’occasione attesa dalla direzione del partito che, attenuando temporaneamente la polemica contro le altre frazioni di sinistra, decide di concentrare tutte le sue forze proprio contro il gruppo Korsch-Schwarz, considerato in quel momento il più debole. L’obiettivo è quello di staccare la base operaia dai dirigenti, presentati come un gruppo di intellettuali “piccoloborghesi” e “anticomunisti” e porre così le premesse per la loro espulsione dal partito. Occorre tuttavia un pretesto formale per intervenire disciplinarmente e poiché dopo il passo falso dell’autunno Korsch sta bene attento a non fornire appigli a Thälmann, l’occasione viene costruita a tavolino. 

Per il 16/17 aprile è organizzata a Berlino una conferenza dei quadri dirigenti intermedi della KPD a cui Korsch viene invitato a difenderere le sue tesi. Sarà l’ultima occasione per lui di parlare in una sede di partito. Il compito che gli sta di fronte non è certo dei più facili. Korsch non nutre alcuna illusione sulla possibilità di convincere un uditorio composto dai segretari dei comitati locali e dai direttori dei giornali comunisti, tutti funzionari a tempo pieno pagati dal partito e accuratamente selezionati uno per uno dalla direzione. Decide tuttavia di cogliere l’occasione anche se, temendo il ripetersi della situazione verificatasi alla conferenza di Francoforte, non parlerà più a braccio, limitandosi a leggere un lungo intervento scritto in cui ogni parola è pesata con estrema attenzione. Il clima è tesissimo, come riconosce lo stesso Korsch iniziando a leggere il suo discorso:

“Sono stato invitato dal Comitato centrale a partecipare a questa conferenza e ad esporre le mie vedute nella discussione sul VI Esecutivo allargato. Accetto questo invito […] sebbene la manifestazione di questa apparente discussione deve servire solo a dissimulare ai membri che in realtà viene repressa ogni discussione sulle questioni fondamentali della rivoluzione. Parlo pertanto perché ritengo doveroso esprimere le mie vedute nel partito, dovunque se ne presenti l’occasione.[…] Voi potete fare una discussione o un linciaggio. Se volete un linciaggio smetterò subito di parlare perché io sono qui solo su vostro invito. Se volete una discussione, dovete avere ben chiaro in testa che dalla mia posizione d’opposizione ho da dire qualcosa che non può suonare piacevole alle orecchie dell’apparato di partito qui raccolto”. 1

Nonostante i fischi, gli insulti, le interruzioni, Korsch parla per oltre un’ora, sviluppando una critica serrata della politica seguita nell’ultimo anno dal Partito comunista dell’Unione Sovietica e dal Comintern. Egli stigmatizza le indecisioni e la codardia di Zinov’ev, incapace di portare fino in fondo la lotta alla “politica opportunistica, influenzata dai contadini” di Stalin e Bucharin, ma anche la doppiezza di gran parte dei dirigenti dell’Internazionale e della stessa KPD che in attesa di comprendere chi uscirà vincitore dal nuovo, furibondo scontro di frazioni a Mosca, cercano disperatamente di non prendere partito per nessuno dei contendenti.

In realtà, dice Korsch, riprendendo una delle tesi di “Sinistra decisa”, a partire almeno dal suo XIV Congresso è evidente che “all’interno del nostro partito fratello russo l’opportunismo ha già ottenuto il sopravvento [ora] questo opportunismo deve essere esteso all’interno del Comintern” 2 che diventa di conseguenza il campo di lotta di tutti i veri rivoluzionari.

Dopo aver attaccato la teoria del socialismo in un solo paese di Stalin e ribadito il più totale accordo con le posizioni espresse al VI Esecutivo dal “compagno Bordiga”, 3 Korsch chiarisce come la nuova revisione del marxismo operata dai dirigenti sovietici sia altra cosa rispetto al riformismo prebellico di Bernstein e Kautsky, rappresentando tuttavia sempre una forma di riformismo, un riformismo “dopo la presa del potere”. Il che impone la necessità di stendere un’analisi più precisa della natura di classe dello Stato sovietico.

Per Korsch la pressione politica ed economica dei contadini e dei nepmen, di cui le tesi di Bucharin rappresentano la più compiuta espressione all’interno del partito, 4 fa si che il potere non sia più “completamente nelle mani della classe operaia”. e venga ormai “esercitato in forme che sono ancora chiamate ‘dittatura del proletariato’, ma che in realtà contengono ormai pochissimi elementi, e pure in fase decrescente, del concetto di ‘dittatura del proletariato’ di Marx e Lenin”. Un qualcosa che, lungi dall’essere socialismo, “è solo un capitalismo trasformato, ulteriormente sviluppato, un capitalismo di stato”. 5

Le conclusioni sono conseguenti all’analisi svolta, l’alternativa è fra la politica del socialismo in un solo paese e l’autentico internazionalismo proletario:

“Non ci si deve più far chiudere gli occhi dinanzi al fatto innegabile che ancora una volta nel movimento proletario vien messo in discussione il problema del fine ultimo comunista e con ciò anche della via rivoluzionaria a tale fine ultimo. Ha inizio una lotta decisiva nella quale l’opposizione di sinistra vede il suo compito nella battaglia senza quartiere contro tutti i fraintendimenti e le deformazioni aperte e nascoste, totali o parziali della teoria e della prassi per la salvaguardia del carattere incondizionatamente internazionale del movimento rivoluzionario proletario, e quindi nel contempo per la salvaguardia del carattere incondizionatamente rivoluzionario del movimento di classe proletario internazionale. […] Nella lotta su questa decisiva questione della rivoluzione proletaria internazionale e del partito proletario internazionale dei comunisti dove stanno il compagno Zinov’ev e il compagno Stalin ? […] Solo il compagno Bordiga nell’ultima sessione dell’Esecutivo allargato ha intrapreso la lotta a viso aperto a livello mondiale contro la deformazione del comunismo e la liquidazione del Partito comunista. In lui vede un vero alleato la chiara e decisa opposizione di sinistra in Germania”. 6



L’espulsione di “Entschiedene Linke”

Queste dichiarazioni suscitano la reazione dell’uditorio. A Korsch, che ha osato accusare di revisionismo Stalin e mettere in dubbio la natura socialista dell’Unione Sovietica, viene chiesto con toni ultimativi di rassegnare immediatamente le dimissioni dall’incarico di deputato comunista al Reichstag. Egli risponde che su questo punto “avrebbe dovuto consultare i suoi amici”. È l’occasione tanto ricercata dalla direzione: accusato di mantenere un atteggiamento apertamente frazionistico e provocatorio, Korsch viene allontanato dalla seduta. Quindi l’assemblea vota un ordine del giorno in cui si dichiara che in considerazione del suo atteggiamento e delle sue affermazioni Korsch si è ormai di fatto posto “fuori dalle file del partito” e si chiede un pronunciamento formale degli organismi dirigenti.

La conferenza segna lo scatenamento dell’attacco finale contro la “Sinistra decisa” accusata di sostenere un “antibolscevismo aperto”. Naturalmente, Korsch è sul banco degli imputati, accusato di tramare da mesi nel partito e nell’Internazionale. La stampa della KPD pubblica a getto continuo estratti di circolari, resoconti di discorsi e perfino parti di lettere degli “ultrasinistri” da cui traspare l’intenzione di costruire un vero e proprio raggruppamento internazionale della sinistra intransigente.

Il 30 aprile il Comitato centrale invia a Korsch e Schwarz un ultimatum affinchè depongano immediatamente il loro mandato parlamentare, pena l’immediata espulsione. Il 1° maggio 1926 i dissidenti sono espulsi dal partito, decisione ratificata il 26 giugno dal CE dell’Internazionale comunista. Dalle colonne di Kommunistische politik Korsch risponde con una vera e propria dichiarazione di guerra:

“Sono persuaso che l’attuale direzione della KPD è una direzione di destra, che segue sempre più la linea di una politica opportunistica, vale a dire non comunista e non leninista. Avendo adottato un regime che mescola contemporaneamente terrorismo ideologico e metodi polizieschi, essa reprime quanto ancora rimane di democrazia interna, cosicchè oggi non è quasi più possibile lottare per ripristinare una politica comunista all’interno del partito”. 7

Di conseguenza, nonostante l’espulsione dei suoi principali esponenti, “Entschiedene Linke” rafforza la sua struttura organizzativa iniziando ad operare come un vero e proprio partito politico. Kommunistische Politik dedica gran parte dei suoi numeri alla definizione di un corpo di tesi che sostengano a livello teorico la prassi politica quotidiana della nuova organizzazione.Schwarz e Korsh basano l’intera loro tattica sulla recisa negazione che si sia in presenza di una relativa stabilizzazione del capitalismo. Il compito principale resta per loro quello di “preparare e organizzare la rivoluzione e la creazione della dittatura proletaria”. Quanto alla KPD, questa da “partito rivoluzionario della lotta di classe dei comunisti” si stava trasformando rapidamente in “una seconda socialdemocrazia”.

La rottura definitiva si compie il 10 giugno 1926, quando al Reichstag Korsch, Schwarz e Schlagewerth, deputati dell’estrema sinistra, votano contro un trattato d’amicizia tra la Germania e l’Unione Sovietica. Per Korsch da tempo l’Unione Sovietica non rappresenta più gli interessi proletari, ma si è trasformata in una “dittatura contro il proletariato, la dittatura dei kulaki”. In queste condizioni ogni forma di collaborazione tra l’URSS e la Germania rappresenta un aperto tradimento nei confronti del proletariato, al contrario di quello che afferma la propaganda del Comintern, “istituzione zaristico-bonapartistica, prussiano-guglielmina, imperial-regia, per reprimere le idee” rivoluzionarie. 8

Per la direzione della KPD tali posizioni devono essere considerate apertamente controrivoluzionarie. Korsch è ormai a tutti gli effetti un nemico dell’Unione Sovietica, un “rinnegato”. In poche settimane le organizzazioni locali di partito procedono all’espulsione in massa di tutti gli iscritti che non prendono apertamente posizione contro “Entschiedene Linke” e le tesi di Korsch. E’ una vera e propria epurazione che colpisce in particolare quelle realtà, come il Basso Reno o la Ruhr, dove la frazione intransigente mantiene ancora un certo seguito fra gli operai.

Korsch pensa ancora di poter riunire attorno a se gran parte della frazione di sinistra della KPD, sia quella già espulsa come il gruppo Katz, sia quella ancora dentro il partito come il gruppo Scholem. In realtà si tratta di illusioni: il gruppo Katz su cui egli fa tanto affidamento sta velocemente evolvendo verso posizioni estreme, contrarie ad ogni forma di attività parlamentare e sindacale. Alla fine di giugno esso si fonde con la Allgemeine Arbeiter Union/ Einheitsorganisation di Franz Pfemfer formando assieme con essa lo Spartakusbund der Linkskommunistischen Organisationen (Lega di Spartaco delle organizzazioni comuniste di sinistra).

Nel mese di novembre lo Spartakusbund si riunisce a Gottinga e si da un programma che lo pone addirittura alla sinistra dell’estremista Partito comunista operaio che dal 1920 rappresentava la punta più avanzata del radicalismo di sinistra in Germania. Il gruppo si richiama direttamenta alla Lega Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, si dichara contrario a qualunque “dittatura di partito” e considera il Comintern un’organizzazione “capitalistico-borghese”. Per Katz e il suo gruppo, che si scioglierà nel 1927, Korsch e il gruppo di Kommunistische Politik non rappresentano che una copertura a sinistra della politica controrivoluzionaria della KPD. 9




La Piattaforma delle sinistre

E’ questo un periodo di fortissimo impegno militante per Korsch che non si esaurisce tuttavia nella pur frenetica attività di dirigente rivoluzionario e di esponente di punta del Gruppo dei comunisti internazionali come si autodefiniscono ormai i parlamentari comunisti espulsi dalla KPD. Egli si dedica anche ad un intenso lavoro di elaborazione teorica, redigendo mozioni, scrivendo, spesso senza firmarli o firmandoli con pseudonimi, gran parte degli articoli di Kommunistische Politik, ma soprattutto elaborando un corpo di tesi, la cosiddetta Piattaforma delle sinistre, destinata nelle sue intenzioni a servire da base per l’unità d’azione dei gruppi della sinistra intransigente.

La Piattaforma rappresenta un documento prezioso per la conoscenza delle posizioni in cui Korsch si riconosce in questo periodo, tappa fondamentale per la sua successiva evoluzione politica. Nel documento, diviso in tre parti, egli passa in rassegna i nodi centrali che la strategia comunista deve sciogliere: la situazione economica e le prospettive, il ruolo del Comintern, i compiti del Partito di classe. Come abbiamo già avuto occasione di rilevare, Korsch non crede nella stabilizzazione degli assetti economici dopo la fase di depressione dei primi anni del dopoguerra:

“L’intera economia mondiale – scrive in apertura della Piattaforma delle sinistre – si trova oggi in una fase di depressione che costituisce l’oscura base di tutte le singole crisi, più o meno gravi, più o meno avanzate che nei vari paesi scuotono la struttura dell’economia tutt’altro che stabile e stabilizzabile. Proprio nei paesi in crescente sviluppo (USA, India, Unione Sovietica) la tendenza alla crisi è più forte che la tendenza alla congiuntura. I paesi in sviluppo stagnante sono colpiti da crisi violente dopo le quali non è ancora dato prevedere una nuova tendenza congiunturale. I tentativi delle potenze capitalistiche di superare realmente la fase depressione con la ristrutturazione interna del modo di produzione capitalistico e l’espansione esterna dei mercati si scontrano ogni volta contro le enormi difficoltà economiche e tecniche, sociali e politiche che ostacolano ogni tentativo del genere”. 10

È interessante notare a questo proposito come egli sembri, analogamente ai gruppi di ultrasinistra nati dalla crisi della KAPD, 11 considerare ormai avvenuto il pieno reinserimento della Russia nell’ambito dell’economia mondiale capitalistica e proprio da questo faccia derivare la crisi del partito e dello Stato sovietico:

“Nell’Unione Sovietica all’impetuoso sviluppo che ha caratterizzato l’anno economico 1924-25 è seguita nel 1926 una tendenza alla crisi nella quale sono comparse tutte le contraddizioni latenti dell’attuale sviluppo dell’economia russa e i ridestati conflitti di classe. Questa crisi ha trovato la sua più chiara manifestazione nelle violente lotte di frazione al XIV Congresso el Partito comunista russo con le quali la vecchia guardia bolscevica si è spezzata in due tronconi”. 12

Korsch polemizza poi con Trotsky, per il quale con il piano Dawes il capitalismo americano ha ormai stabilito la sua egemonia sulla vecchia Europa che utilizza come mercato di sbocco per le sue merci in eccedenza e per i suoi capitali. 13

In realtà, nonostante la comune avversione del mondo capitalistico contro la Russia sovietica, i contrasti interimperialistici restano forti e una ripresa economica è possibile solo grazie ad una più alta organizzazione del capitale che permetta uno sfruttamento sempre più intenso della classe operaia. La borghesia è consapevole chele sue possibilità di ripresa passano inevitabilmente attraverso una nuova e questa volta definitiva sconfitta della classe operaia mondiale. Da qui la fascistizzazione della società e l’acutizzazione dello scontro sociale in tutto l’Occidente avanzato. Di questi processi più complessivi la Germania rappresenta per le sue caratteristiche particolari l’epicentro. Di conseguenza

“per un periodo di tempo che è imprevedibile l’economia tedesca starà sotto il segno della decadenza, della crescente pressione dei crescenti conflitti economici, sociali e politici, della crescente repressione e impoverimento della classe operaia tedesca marcata a paria del mondo e degli strati popolari coinvolti in misura sempre maggiore, proletarizzati. La disoccupazione di massa in Germania da acuta manifestazione di situazione di crisi è diventata condizione permanente che cresce a dimensioni enormi allo scoppio della crisi vera e propria. Questa situazione contiene tutti gli elementi oggettivi per una oncreta politica rivoluzionaria”. 14

In questa situazione il Comintern e la KPD non possono limitarsi a parlare della rivoluzione come obiettivo ultimo, relegato ad un futuro indefinito, per dedicarsi alla politica parlamentare. Il partito comunista deve sapersi collegare alle lotte quotidiane della classe operaia per preparare concretamente la rivoluzione e la creazione della dittatura proletaria.

“Nelle lotte quotidiane economiche e politiche del proletariato – lotta per il tempo di lavoro e il salario, contro l’attacco ai diritti dei lavoratori nell’azienda e ai diritti dei sindacati, lotta per l’ampliamento di tali diritti, per l’inserimento dei disoccupati nel processo produttivo e per un sussidio minimo a livello dello standard proletario per tutti i disoccupati – il partito, in stretto contatto con le masse in lotta, deve stare alla testa e dare parole d’ordine guidando e organizzando. In nessun caso deve fare campagne parlamentari invece che azioni reali”. 15

Korsch riprende poi la critica, già avanzata sette anni prima nei suoi scritti del periodo consiliare, delle illusioni nella “statalizzazione” delle aziende in crisi o nella “partecipazione statale con concessioni di crediti”, vecchie parole d’ordine della socialdemocrazia oggi riprese dal partito comunista. Per la prima volta dopo anni riappare il tema dei consigli e del controllo operaio come strumento fondamentale dell’azione proletaria. Centrale in questa prospettiva diventa l’organizzazione di un potente movimento dei disoccupati, da organizzare anche, se necessario, al di fuori e contro la politica tentennante e rinunciataria delle organizzazioni sindacali:

“Sotto la guida del Partito comunista i sindacati, i consigli aziendali, le cooperative e i consigli operai proletari – da eleggere di nuovo – devono impedire ogni sabotaggio della produzione da parte degli imprenditori, ogni serrata o ridimensionamento aziendale, demolizione di mezzi di produzione, mancato utilizzo di possibilità di lavoro, tramite la cogestione e il controllo rivoluzionari; devono espropriare i sabotatori e prendere nelle loro mani la gestione delle aziende ferme. Ai piani criminali della classe capitalistica e dei salvatori del capitale il proletariato deve opporre la lotta per il controllo rivoluzionario della produzione. Il partito non può rinunciare a impegnarsi a favore delle rivendicazioni oggi più pressanti di milioni di disoccupati e lavoratori a orario ridotto, e a guidare le loro lotte autonomamente. La ripresa del movimento dei disoccupati e il suo collegamento con la lotta dei sindacati, dei consigli aziendali e del movimento dei comitati di controllo che va rilanciato è uno dei compiti più importanti del partito che non può essere semplicemente demandato ai sindacati. Dovunque i vertici sindacali ostacolano l’organizzazione dei disoccupati per i loro fini, il partito deve prendere direttamente nelle mani questo compito. Non può limitarsi a rafforzare la pressione sui sindacati con assemblee e dimostrazioni di disoccupati; deve creare consigli dei disoccupati, stabilire legami fra di loro e con tutte le altre organizzazioni proletarie di classe; deve inoltre iniziare subito a propagandare la convocazione di un congresso nazionale dei consigli aziendali e dei disoccupati, con i sindacati dell’Adgb, se questi cedono alla pressione delle masse organizzata dal partito, senza e contro di essi se lavoreranno contro il movimento”. 16

Il problema reale consiste, tuttavia, nel fatto che sempre di più la politica della direzione del Comintern confligge con questa chiara linea di classe. Prigioniero degli interessi nazionali dello Stato russo, il Partito comunista sovietico fa prevalere la sua politica nazionalistica sugli interessi della lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale. In questa contraddizione fra Stato e partito russo da una parte e proletariato mondiale dall’altra risiede il nodo che la strategia rivoluzionaria deve sciogliere se vuole riavviare la lotta per il comunismo. L’unica alternativa concreta a questa politica internazionalista è la disfatta definitiva del movimento proletario in nome della difesa del socialismo in un solo paese:

“Il baluardo della rivoluzione proletaria internazionale, lo Stato sovietico si è trasformato da punto di riferimento della classe proletaria sempre più in una mera organizzazione di parte che non può più essere considerata come totalità comprensiva del movimento rivoluzionario di emancipazione. Fare di questa parte un tutto autosufficiente, porre lo Stato sovietico al posto del Partito mondiale, dichiarare l’Unione Sovietica ‘asse della rivoluzione proletaria internazionale’ significa oggi abbandonare i principi del comunismo rivoluzionario di Marx, Lenin e Luxemburg. Significa in ultima istanza preparare il 4 agosto1914 dell’Internazionale comunista”. 17

Ancora una volta Korsch ribadisce con forza il suo convincimento profondo che ormai nel Partito russo la battaglia sia persa, dopo che con il XIV Congresso “l’opportunismo ha preso ormai il sopravvento” 18 e che questo rafforzi potentemente le tendenze liquidatorie e di destra presenti in tutte le sezioni del Comintern ed in particolare nel Partito comunista tedesco.

In questo periodo egli e Entschiedene Linke mantengono stretti rapporti con il gruppo russo dei “Centralisti democratici” di Sapronov secondo cui la lotta contro la degenerazione burocratica in atto andava condotta al di fuori delle strutture di partito ormai irrecuperabili, ricercando un diretto contatto con le masse operaie. Sapronov era stato clandestinamente a Berlino proprio per incontrare Korsch e tra i due si era instaurato un forte legame, politico e personale. Hedda Korsch ci ha lasciato una viva ricostruzione di quell’incontro:

“Parlarono a lungo, ebbero una buona intesa reciproca e si accordarono per collaborare nel lavoro d’opposizione. Sapronov e Korsch pensavano di poter fare qualcosa di importante proponendo provvedimenti e mozioni a favore di una maggiore decentralizzazione e della libertà per i vari gruppi. Concordarono stupidamente un codice con cui avrebbero corrisposto, e quel codice contribuì alla fine di Sapronov quando, più tardi, venne scoperto in Russia. Ricevere una lettera in codice dalla Germania era cosa pericolosa, e la corrispondenza non era difficile da decodificare…”. 19

In questa fase diventa dunque prioritaria la battaglia per il ristabilimento di una piena democrazia interna al partito che garantisca agli internazionalisti la possibilità di portare avanti la loro lotta contro la degenerazione del partito russo e dell’Internazionale:

“A questo scopo al CC e a tutte le direzioni deve essere richiesta finalmente una seria realizzazione della democrazia interna al partito, molte volte promessa, la incondizionata eleggibilità delle Direzioni e la completa libertà di discussione su tutti i problemi della rivoluzione proletaria. Deve essere richiesta in particolare l’immediata discussione di fondo e senza vincoli sul destino della rivoluzione proletaria oggi, sulla questione del Partito russo e del Comintern; tale discussione deve essere portata avanti contro tutte le resistenze e i tentativi di sabotaggio”. 20

La risposta della Direzione consisterà nell’espulsione in massa dei dissidenti e nell’instaurazione di un vero e proprio clima di caccia alle streghe. D’ora in avanti non sarà più possibile dissentire e anche il minimo discostamento dalla linea ufficiale verrà sanzionato come un atto frazionistico, se non come una aperta dichiarazione di anticomunismo. Nell’estate del 1926 “il rinnegato Korsch”, come usualmente ormai lo definisce la stampa del Comintern, va a raggiungere Lev Trotsky e Amadeo Bordiga nell’elenco dei nemici dichiarati della causa proletaria e dell’Unione Sovietica. E d’altronde l’Internazionale comunista, “partito mondiale della rivoluzione”, non ha più alcun bisogno di uomini di questo stampo in cui il rigore morale e la dedizione alla causa proletaria si uniscono ad una profonda padronanza del marxismo. Come efficacemente sintetizza Aldo Agosti:

“In generale, si può dire che la tendenza all’irrigidimento dogmatico di una forma semplificata di marxismo manifestatasi in modo ancora contrastato nello stadio precedente si dispiega ora senza più freni. Si spegne quasi totalmente ogni sviluppo critico del marxismo teorico: i fermenti che sopravvivono nascono o all’esterno e spesso in dichiarata polemica con l’ideologia ufficiale della III Internazionale (si pensi ad alcuni degli sviluppi più originali della scuola di Francoforte, o alla riflessione solitaria di Karl Korsch; si pensi all’elaborazione di Trockij in esilio e alle prime discussioni nella sinistra comunista sulla natura sociale dell’URSS) o in forma isolata e sotterranea, tanto da risultare operanti solo molti anni dopo, come nel caso del contributo più alto, quello di Antonio Gramsci”. 21



1 K. KORSCH, La strada del Comintern. In Scritti politici, 1, cit., p. 112-113.
2 Ivi, pp. 119-120. Il XIV Congresso del PC russo, che si tiene nel dicembre 1925, segna la disfatta dell’ Opposizione di Leningrado e il trionfo di Stalin sostenuto da Bucharin. Sullo svolgimento dei lavori del congresso cfr. E.H.CARR, Il socialismo in un solo paese, cit., pp. 628-647.
3 Il 22 febbraio 1926, in una delle sedute del VI Esecutivo allargato dedicate alla questione russa, Bordiga si era scontrato duramente con Stalin a cui aveva sostanzialmente rimproverato l’abbandono di una prospettiva rivoluzionaria in Europa in nome degli interessi nazionali russi. Per il verbale della riunione cfr. G. BERTI, I primi dieci anni di vita del PCI, Feltrinelli, Milano 1967, pp. 218-232.
4 Nel corso della lotta di frazione all’interno del Partito comunista russo Bucharin si schiera fin dalla morte di Lenin decisamente dalla parte di Stalin a cui fornisce con estrema disinvoltura gli argomenti teorici di cui questi ha bisogno nella lotta sia contro Trotsky che contro Zinov’ev-Kamenev. Negli anni della Perestrojka Gorbacev tenterà un recupero di Bucharin presentato come sostenitore negli anni Venti di una via “democratica” ad un socialismo dal volto umano. Una immagine del leader bolscevico non meno falsa delle calunnie vomitate su di lui dallo stalinismo. Per una più approfondita conoscenza di Bucharin si può vedere l’ormai classico S.F. COHEN, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, Feltrinelli, Milano 1975. Per una messa a punto più recente, in parte però viziata dal particolare clima degli anni della perestrojka, cfr. Bucharin tra rivoluzione e riforme, Editori Riuniti, Roma 1982 che raccoglie gli atti del convegno internazionale tenutosi a Roma nel giugno 1980.
5 K. KORSCH, La strada del Comintern, cit., p. 127.
6 Ivi, pp. 135-136.
7 H. WEBER, cit., p. 161.
8 Kommunistische Politik, 7-8, fine giugno 1926. Ripreso in H. WEBER, cit., p.162. Per il testo integrale della dichiarazione di Korsch al Reichstag cfr. Dichiarazione al Reichstag sul trattato russo tedesco, in Scritti politici, 1, cit., pp. 150-153.
9 H. WEBER, cit., pp. 150-151.
10 K. KORSCH, Piattaforma delle sinistre. Ora in Scritti politici, 1, cit., p. 138
11 KAPD, Partito comunista operaio tedesco. Nato da una scissione a sinistra della KPD nel 1920 su posizioni estremiste antiparlamentari e antisindacali, il Partito comunista operaio si scinde a sua volta ben presto in una miriade di piccole organizzazioni. Per una storia della KAPD cfr. C.MEIJER, Il movimento dei consigli in Germania, G.d.C., Caserta 1973 e E. RUTIGLIANO, Linkskommunismus e rivoluzione in Occidente, Dedalo, Bari 1974, che contiene anche un’ampia raccolta di testi.
12 Ivi, p. 139
13 Korsch opera qui una deformazione polemica delle posizioni trotskiane. Per Trotsky, che pure riconosce il peso nuovo dell’espansione imperialistica degli Stati Uniti, la questione non è così lineare ma va ricondotta al tema delle “fluttuazioni cicliche”e della cosiddetta “onda lunga”. (L.D. TROTSKY, Europa e America, Celuc, Milano 1980). Sul tema della “onda lunga” e dei rapporti Trotsky-Kondratiev cfr. R.B. DAY, La teoria dei cicli lunghi. Kondratiev, Trotsky, Mandel, Quaderni del Centro Studi Pietro Tresso, Foligno 1989.
14 K. KORSCH, Piattaforma…, cit., p. 141.
15 Ivi, pp. 141-142.
16 Ivi, pp. 142-143.
17 Ivi, p. 146.
18 Per una più approfondita conoscenza di questa tendenza cfr. R.V. DANIELS, La coscienza della rivoluzione, cit.
19 H. KORSCH, cit., p. 12.
20 K. KORSCH, Piattaforma…, cit., p. 149.
21 A. AGOSTI, Il mondo della III Internazionale: gli “stati maggiori, in Storia del marxismo, cit., p. 417.