Comizio di Ernst Thalmann
Settimo capitolo del
nostro “Il «rinnegato» Korsch. Storia di un'eresia comunista".
Entrato in conflitto con la direzione staliniana del Comintern e del
KPD, nel 1926 dopo una aspra battaglia interna Korsch è espulso dal
Partito comunista. Da questo momento per la stampa comunista sarà
“il rinnegato Korsch”.
Giorgio
Amico
Karl
Korsch al bando dal partito (1926)
A conferma delle
perplessità di Bordiga sulle possibilità di tenuta della sinistra
comunista tedesca, i primi mesi del 1926 vedono una serie
ininterrotta di rotture all’interno dell’estrema sinistra.
Fallisce anche il tentativo di Korsch e Schwarz di costituire una più
ampia frazione unitaria attorno alla loro Entschiedene Linke
(Sinistra decisa), rafforzando il rapporto politico già esistente
con la componente raccolta attorno a Katz. E’ un progetto
velleitario, non solo per le profonde differenze esistenti fra i due
gruppi, uno ancora interno al partito e l’altro operante ormai come
un’organizzazione autonoma, ma anche per le rivalità personali dei
dirigenti. Korsch non sembra valutare adeguatamente le difficoltà e
i rischi di un’operazione che, ponendolo nei fatti a rimorchio
dell’estremismo dei fuoriusciti, lo isola sempre più nel partito
dove la direzione ha buon gioco nell’accusarlo di frazionismo.
Contemporaneamente Katz, giocando sull’insoddisfazione di una parte
della base di Entschiedene Linke, cerca spregiudicatamente di
recuperare militanti accusando Korsch e Schwarz di moderatismo perché
non si risolvono a rompere definitivamente con la KPD. E’ una
manovra insidiosa, tanto che il 22 aprile 1926 con una circolare
interna Korsch è costretto a prendere apertamente posizione contro
le accuse di Katz di essersi spostato “a destra”.
Questa polemica segna la
fine della collaborazione fra i due gruppi e il fallimento
dell’operazione unitaria tentata da Entschiedene Linke che ne esce
complessivamente indebolita sul piano politico ed organizzativo. E’
l’occasione attesa dalla direzione del partito che, attenuando
temporaneamente la polemica contro le altre frazioni di sinistra,
decide di concentrare tutte le sue forze proprio contro il gruppo
Korsch-Schwarz, considerato in quel momento il più debole.
L’obiettivo è quello di staccare la base operaia dai dirigenti,
presentati come un gruppo di intellettuali “piccoloborghesi” e
“anticomunisti” e porre così le premesse per la loro espulsione
dal partito. Occorre tuttavia un pretesto formale per intervenire
disciplinarmente e poiché dopo il passo falso dell’autunno Korsch
sta bene attento a non fornire appigli a Thälmann, l’occasione
viene costruita a tavolino.
Per il 16/17 aprile è organizzata a
Berlino una conferenza dei quadri dirigenti intermedi della KPD a cui
Korsch viene invitato a difenderere le sue tesi. Sarà l’ultima
occasione per lui di parlare in una sede di partito. Il compito che
gli sta di fronte non è certo dei più facili. Korsch non nutre
alcuna illusione sulla possibilità di convincere un uditorio
composto dai segretari dei comitati locali e dai direttori dei
giornali comunisti, tutti funzionari a tempo pieno pagati dal partito
e accuratamente selezionati uno per uno dalla direzione. Decide
tuttavia di cogliere l’occasione anche se, temendo il ripetersi
della situazione verificatasi alla conferenza di Francoforte, non
parlerà più a braccio, limitandosi a leggere un lungo intervento
scritto in cui ogni parola è pesata con estrema attenzione. Il clima
è tesissimo, come riconosce lo stesso Korsch iniziando a leggere il
suo discorso:
“Sono stato invitato
dal Comitato centrale a partecipare a questa conferenza e ad esporre
le mie vedute nella discussione sul VI Esecutivo allargato. Accetto
questo invito […] sebbene la manifestazione di questa apparente
discussione deve servire solo a dissimulare ai membri che in realtà
viene repressa ogni discussione sulle questioni fondamentali della
rivoluzione. Parlo pertanto perché ritengo doveroso esprimere le mie
vedute nel partito, dovunque se ne presenti l’occasione.[…] Voi
potete fare una discussione o un linciaggio. Se volete un linciaggio
smetterò subito di parlare perché io sono qui solo su vostro
invito. Se volete una discussione, dovete avere ben chiaro in testa
che dalla mia posizione d’opposizione ho da dire qualcosa che non
può suonare piacevole alle orecchie dell’apparato di partito qui
raccolto”. 1
Nonostante i fischi, gli
insulti, le interruzioni, Korsch parla per oltre un’ora,
sviluppando una critica serrata della politica seguita nell’ultimo
anno dal Partito comunista dell’Unione Sovietica e dal Comintern.
Egli stigmatizza le indecisioni e la codardia di Zinov’ev, incapace
di portare fino in fondo la lotta alla “politica opportunistica,
influenzata dai contadini” di Stalin e Bucharin, ma anche la
doppiezza di gran parte dei dirigenti dell’Internazionale e della
stessa KPD che in attesa di comprendere chi uscirà vincitore dal
nuovo, furibondo scontro di frazioni a Mosca, cercano disperatamente
di non prendere partito per nessuno dei contendenti.
In realtà, dice Korsch,
riprendendo una delle tesi di “Sinistra decisa”, a partire almeno
dal suo XIV Congresso è evidente che “all’interno del nostro
partito fratello russo l’opportunismo ha già ottenuto il
sopravvento [ora] questo opportunismo deve essere esteso all’interno
del Comintern” 2 che diventa di conseguenza il campo di lotta di
tutti i veri rivoluzionari.
Dopo aver attaccato la
teoria del socialismo in un solo paese di Stalin e ribadito il più
totale accordo con le posizioni espresse al VI Esecutivo dal
“compagno Bordiga”, 3 Korsch chiarisce come la nuova revisione
del marxismo operata dai dirigenti sovietici sia altra cosa rispetto
al riformismo prebellico di Bernstein e Kautsky, rappresentando
tuttavia sempre una forma di riformismo, un riformismo “dopo la
presa del potere”. Il che impone la necessità di stendere
un’analisi più precisa della natura di classe dello Stato
sovietico.
Per Korsch la pressione
politica ed economica dei contadini e dei nepmen, di cui le tesi di
Bucharin rappresentano la più compiuta espressione all’interno del
partito, 4 fa si che il potere non sia più “completamente nelle
mani della classe operaia”. e venga ormai “esercitato in forme
che sono ancora chiamate ‘dittatura del proletariato’, ma che in
realtà contengono ormai pochissimi elementi, e pure in fase
decrescente, del concetto di ‘dittatura del proletariato’ di Marx
e Lenin”. Un qualcosa che, lungi dall’essere socialismo, “è
solo un capitalismo trasformato, ulteriormente sviluppato, un
capitalismo di stato”. 5
Le conclusioni sono
conseguenti all’analisi svolta, l’alternativa è fra la politica
del socialismo in un solo paese e l’autentico internazionalismo
proletario:
“Non ci si deve più
far chiudere gli occhi dinanzi al fatto innegabile che ancora una
volta nel movimento proletario vien messo in discussione il problema
del fine ultimo comunista e con ciò anche della via rivoluzionaria a
tale fine ultimo. Ha inizio una lotta decisiva nella quale
l’opposizione di sinistra vede il suo compito nella battaglia senza
quartiere contro tutti i fraintendimenti e le deformazioni aperte e
nascoste, totali o parziali della teoria e della prassi per la
salvaguardia del carattere incondizionatamente internazionale del
movimento rivoluzionario proletario, e quindi nel contempo per la
salvaguardia del carattere incondizionatamente rivoluzionario del
movimento di classe proletario internazionale. […] Nella lotta su
questa decisiva questione della rivoluzione proletaria internazionale
e del partito proletario internazionale dei comunisti dove stanno il
compagno Zinov’ev e il compagno Stalin ? […] Solo il compagno
Bordiga nell’ultima sessione dell’Esecutivo allargato ha
intrapreso la lotta a viso aperto a livello mondiale contro la
deformazione del comunismo e la liquidazione del Partito comunista.
In lui vede un vero alleato la chiara e decisa opposizione di
sinistra in Germania”. 6
L’espulsione di
“Entschiedene Linke”
Queste dichiarazioni
suscitano la reazione dell’uditorio. A Korsch, che ha osato
accusare di revisionismo Stalin e mettere in dubbio la natura
socialista dell’Unione Sovietica, viene chiesto con toni ultimativi
di rassegnare immediatamente le dimissioni dall’incarico di
deputato comunista al Reichstag. Egli risponde che su questo punto
“avrebbe dovuto consultare i suoi amici”. È l’occasione tanto
ricercata dalla direzione: accusato di mantenere un atteggiamento
apertamente frazionistico e provocatorio, Korsch viene allontanato
dalla seduta. Quindi l’assemblea vota un ordine del giorno in cui
si dichiara che in considerazione del suo atteggiamento e delle sue
affermazioni Korsch si è ormai di fatto posto “fuori dalle file
del partito” e si chiede un pronunciamento formale degli organismi
dirigenti.
La conferenza segna lo
scatenamento dell’attacco finale contro la “Sinistra decisa”
accusata di sostenere un “antibolscevismo aperto”. Naturalmente,
Korsch è sul banco degli imputati, accusato di tramare da mesi nel
partito e nell’Internazionale. La stampa della KPD pubblica a getto
continuo estratti di circolari, resoconti di discorsi e perfino parti
di lettere degli “ultrasinistri” da cui traspare l’intenzione
di costruire un vero e proprio raggruppamento internazionale della
sinistra intransigente.
Il 30 aprile il Comitato
centrale invia a Korsch e Schwarz un ultimatum affinchè depongano
immediatamente il loro mandato parlamentare, pena l’immediata
espulsione. Il 1° maggio 1926 i dissidenti sono espulsi dal partito,
decisione ratificata il 26 giugno dal CE dell’Internazionale
comunista. Dalle colonne di Kommunistische politik Korsch risponde
con una vera e propria dichiarazione di guerra:
“Sono persuaso che
l’attuale direzione della KPD è una direzione di destra, che segue
sempre più la linea di una politica opportunistica, vale a dire non
comunista e non leninista. Avendo adottato un regime che mescola
contemporaneamente terrorismo ideologico e metodi polizieschi, essa
reprime quanto ancora rimane di democrazia interna, cosicchè oggi
non è quasi più possibile lottare per ripristinare una politica
comunista all’interno del partito”. 7
Di conseguenza,
nonostante l’espulsione dei suoi principali esponenti,
“Entschiedene Linke” rafforza la sua struttura organizzativa
iniziando ad operare come un vero e proprio partito politico.
Kommunistische Politik dedica gran parte dei suoi numeri alla
definizione di un corpo di tesi che sostengano a livello teorico la
prassi politica quotidiana della nuova organizzazione.Schwarz e Korsh
basano l’intera loro tattica sulla recisa negazione che si sia in
presenza di una relativa stabilizzazione del capitalismo. Il compito
principale resta per loro quello di “preparare e organizzare la
rivoluzione e la creazione della dittatura proletaria”. Quanto alla
KPD, questa da “partito rivoluzionario della lotta di classe dei
comunisti” si stava trasformando rapidamente in “una seconda
socialdemocrazia”.
La rottura definitiva si
compie il 10 giugno 1926, quando al Reichstag Korsch, Schwarz e
Schlagewerth, deputati dell’estrema sinistra, votano contro un
trattato d’amicizia tra la Germania e l’Unione Sovietica. Per
Korsch da tempo l’Unione Sovietica non rappresenta più gli
interessi proletari, ma si è trasformata in una “dittatura contro
il proletariato, la dittatura dei kulaki”. In queste condizioni
ogni forma di collaborazione tra l’URSS e la Germania rappresenta
un aperto tradimento nei confronti del proletariato, al contrario di
quello che afferma la propaganda del Comintern, “istituzione
zaristico-bonapartistica, prussiano-guglielmina, imperial-regia, per
reprimere le idee” rivoluzionarie. 8
Per la direzione della
KPD tali posizioni devono essere considerate apertamente
controrivoluzionarie. Korsch è ormai a tutti gli effetti un nemico
dell’Unione Sovietica, un “rinnegato”. In poche settimane le
organizzazioni locali di partito procedono all’espulsione in massa
di tutti gli iscritti che non prendono apertamente posizione contro
“Entschiedene Linke” e le tesi di Korsch. E’ una vera e propria
epurazione che colpisce in particolare quelle realtà, come il Basso
Reno o la Ruhr, dove la frazione intransigente mantiene ancora un
certo seguito fra gli operai.
Korsch pensa ancora di
poter riunire attorno a se gran parte della frazione di sinistra
della KPD, sia quella già espulsa come il gruppo Katz, sia quella
ancora dentro il partito come il gruppo Scholem. In realtà si tratta
di illusioni: il gruppo Katz su cui egli fa tanto affidamento sta
velocemente evolvendo verso posizioni estreme, contrarie ad ogni
forma di attività parlamentare e sindacale. Alla fine di giugno esso
si fonde con la Allgemeine Arbeiter Union/ Einheitsorganisation di
Franz Pfemfer formando assieme con essa lo Spartakusbund der
Linkskommunistischen Organisationen (Lega di Spartaco delle
organizzazioni comuniste di sinistra).
Nel mese di novembre lo
Spartakusbund si riunisce a Gottinga e si da un programma che lo pone
addirittura alla sinistra dell’estremista Partito comunista operaio
che dal 1920 rappresentava la punta più avanzata del radicalismo di
sinistra in Germania. Il gruppo si richiama direttamenta alla Lega
Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, si dichara contrario a
qualunque “dittatura di partito” e considera il Comintern
un’organizzazione “capitalistico-borghese”. Per Katz e il suo
gruppo, che si scioglierà nel 1927, Korsch e il gruppo di
Kommunistische Politik non rappresentano che una copertura a sinistra
della politica controrivoluzionaria della KPD. 9
La Piattaforma delle
sinistre
E’ questo un periodo di
fortissimo impegno militante per Korsch che non si esaurisce tuttavia
nella pur frenetica attività di dirigente rivoluzionario e di
esponente di punta del Gruppo dei comunisti internazionali come si
autodefiniscono ormai i parlamentari comunisti espulsi dalla KPD.
Egli si dedica anche ad un intenso lavoro di elaborazione teorica,
redigendo mozioni, scrivendo, spesso senza firmarli o firmandoli con
pseudonimi, gran parte degli articoli di Kommunistische Politik, ma
soprattutto elaborando un corpo di tesi, la cosiddetta Piattaforma
delle sinistre, destinata nelle sue intenzioni a servire da base per
l’unità d’azione dei gruppi della sinistra intransigente.
La Piattaforma
rappresenta un documento prezioso per la conoscenza delle posizioni
in cui Korsch si riconosce in questo periodo, tappa fondamentale per
la sua successiva evoluzione politica. Nel documento, diviso in tre
parti, egli passa in rassegna i nodi centrali che la strategia
comunista deve sciogliere: la situazione economica e le prospettive,
il ruolo del Comintern, i compiti del Partito di classe. Come abbiamo
già avuto occasione di rilevare, Korsch non crede nella
stabilizzazione degli assetti economici dopo la fase di depressione
dei primi anni del dopoguerra:
“L’intera economia
mondiale – scrive in apertura della Piattaforma delle sinistre –
si trova oggi in una fase di depressione che costituisce l’oscura
base di tutte le singole crisi, più o meno gravi, più o meno
avanzate che nei vari paesi scuotono la struttura dell’economia
tutt’altro che stabile e stabilizzabile. Proprio nei paesi in
crescente sviluppo (USA, India, Unione Sovietica) la tendenza alla
crisi è più forte che la tendenza alla congiuntura. I paesi in
sviluppo stagnante sono colpiti da crisi violente dopo le quali non è
ancora dato prevedere una nuova tendenza congiunturale. I tentativi
delle potenze capitalistiche di superare realmente la fase
depressione con la ristrutturazione interna del modo di produzione
capitalistico e l’espansione esterna dei mercati si scontrano ogni
volta contro le enormi difficoltà economiche e tecniche, sociali e
politiche che ostacolano ogni tentativo del genere”. 10
È interessante notare a
questo proposito come egli sembri, analogamente ai gruppi di
ultrasinistra nati dalla crisi della KAPD, 11 considerare ormai
avvenuto il pieno reinserimento della Russia nell’ambito
dell’economia mondiale capitalistica e proprio da questo faccia
derivare la crisi del partito e dello Stato sovietico:
“Nell’Unione
Sovietica all’impetuoso sviluppo che ha caratterizzato l’anno
economico 1924-25 è seguita nel 1926 una tendenza alla crisi nella
quale sono comparse tutte le contraddizioni latenti dell’attuale
sviluppo dell’economia russa e i ridestati conflitti di classe.
Questa crisi ha trovato la sua più chiara manifestazione nelle
violente lotte di frazione al XIV Congresso el Partito comunista
russo con le quali la vecchia guardia bolscevica si è spezzata in
due tronconi”. 12
Korsch polemizza poi con
Trotsky, per il quale con il piano Dawes il capitalismo americano ha
ormai stabilito la sua egemonia sulla vecchia Europa che utilizza
come mercato di sbocco per le sue merci in eccedenza e per i suoi
capitali. 13
In realtà, nonostante la
comune avversione del mondo capitalistico contro la Russia sovietica,
i contrasti interimperialistici restano forti e una ripresa economica
è possibile solo grazie ad una più alta organizzazione del capitale
che permetta uno sfruttamento sempre più intenso della classe
operaia. La borghesia è consapevole chele sue possibilità di
ripresa passano inevitabilmente attraverso una nuova e questa volta
definitiva sconfitta della classe operaia mondiale. Da qui la
fascistizzazione della società e l’acutizzazione dello scontro
sociale in tutto l’Occidente avanzato. Di questi processi più
complessivi la Germania rappresenta per le sue caratteristiche
particolari l’epicentro. Di conseguenza
“per un periodo di
tempo che è imprevedibile l’economia tedesca starà sotto il segno
della decadenza, della crescente pressione dei crescenti conflitti
economici, sociali e politici, della crescente repressione e
impoverimento della classe operaia tedesca marcata a paria del mondo
e degli strati popolari coinvolti in misura sempre maggiore,
proletarizzati. La disoccupazione di massa in Germania da acuta
manifestazione di situazione di crisi è diventata condizione
permanente che cresce a dimensioni enormi allo scoppio della crisi
vera e propria. Questa situazione contiene tutti gli elementi
oggettivi per una oncreta politica rivoluzionaria”. 14
In questa situazione il
Comintern e la KPD non possono limitarsi a parlare della rivoluzione
come obiettivo ultimo, relegato ad un futuro indefinito, per
dedicarsi alla politica parlamentare. Il partito comunista deve
sapersi collegare alle lotte quotidiane della classe operaia per
preparare concretamente la rivoluzione e la creazione della dittatura
proletaria.
“Nelle lotte quotidiane
economiche e politiche del proletariato – lotta per il tempo di
lavoro e il salario, contro l’attacco ai diritti dei lavoratori
nell’azienda e ai diritti dei sindacati, lotta per l’ampliamento
di tali diritti, per l’inserimento dei disoccupati nel processo
produttivo e per un sussidio minimo a livello dello standard
proletario per tutti i disoccupati – il partito, in stretto
contatto con le masse in lotta, deve stare alla testa e dare parole
d’ordine guidando e organizzando. In nessun caso deve fare campagne
parlamentari invece che azioni reali”. 15
Korsch riprende poi la
critica, già avanzata sette anni prima nei suoi scritti del periodo
consiliare, delle illusioni nella “statalizzazione” delle aziende
in crisi o nella “partecipazione statale con concessioni di
crediti”, vecchie parole d’ordine della socialdemocrazia oggi
riprese dal partito comunista. Per la prima volta dopo anni riappare
il tema dei consigli e del controllo operaio come strumento
fondamentale dell’azione proletaria. Centrale in questa prospettiva
diventa l’organizzazione di un potente movimento dei disoccupati,
da organizzare anche, se necessario, al di fuori e contro la politica
tentennante e rinunciataria delle organizzazioni sindacali:
“Sotto la guida del
Partito comunista i sindacati, i consigli aziendali, le cooperative e
i consigli operai proletari – da eleggere di nuovo – devono
impedire ogni sabotaggio della produzione da parte degli
imprenditori, ogni serrata o ridimensionamento aziendale, demolizione
di mezzi di produzione, mancato utilizzo di possibilità di lavoro,
tramite la cogestione e il controllo rivoluzionari; devono
espropriare i sabotatori e prendere nelle loro mani la gestione delle
aziende ferme. Ai piani criminali della classe capitalistica e dei
salvatori del capitale il proletariato deve opporre la lotta per il
controllo rivoluzionario della produzione. Il partito non può
rinunciare a impegnarsi a favore delle rivendicazioni oggi più
pressanti di milioni di disoccupati e lavoratori a orario ridotto, e
a guidare le loro lotte autonomamente. La ripresa del movimento dei
disoccupati e il suo collegamento con la lotta dei sindacati, dei
consigli aziendali e del movimento dei comitati di controllo che va
rilanciato è uno dei compiti più importanti del partito che non può
essere semplicemente demandato ai sindacati. Dovunque i vertici
sindacali ostacolano l’organizzazione dei disoccupati per i loro
fini, il partito deve prendere direttamente nelle mani questo
compito. Non può limitarsi a rafforzare la pressione sui sindacati
con assemblee e dimostrazioni di disoccupati; deve creare consigli
dei disoccupati, stabilire legami fra di loro e con tutte le altre
organizzazioni proletarie di classe; deve inoltre iniziare subito a
propagandare la convocazione di un congresso nazionale dei consigli
aziendali e dei disoccupati, con i sindacati dell’Adgb, se questi
cedono alla pressione delle masse organizzata dal partito, senza e
contro di essi se lavoreranno contro il movimento”. 16
Il problema reale
consiste, tuttavia, nel fatto che sempre di più la politica della
direzione del Comintern confligge con questa chiara linea di classe.
Prigioniero degli interessi nazionali dello Stato russo, il Partito
comunista sovietico fa prevalere la sua politica nazionalistica sugli
interessi della lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale.
In questa contraddizione fra Stato e partito russo da una parte e
proletariato mondiale dall’altra risiede il nodo che la strategia
rivoluzionaria deve sciogliere se vuole riavviare la lotta per il
comunismo. L’unica alternativa concreta a questa politica
internazionalista è la disfatta definitiva del movimento proletario
in nome della difesa del socialismo in un solo paese:
“Il baluardo della
rivoluzione proletaria internazionale, lo Stato sovietico si è
trasformato da punto di riferimento della classe proletaria sempre
più in una mera organizzazione di parte che non può più essere
considerata come totalità comprensiva del movimento rivoluzionario
di emancipazione. Fare di questa parte un tutto autosufficiente,
porre lo Stato sovietico al posto del Partito mondiale, dichiarare
l’Unione Sovietica ‘asse della rivoluzione proletaria
internazionale’ significa oggi abbandonare i principi del comunismo
rivoluzionario di Marx, Lenin e Luxemburg. Significa in ultima
istanza preparare il 4 agosto1914 dell’Internazionale comunista”.
17
Ancora una volta Korsch
ribadisce con forza il suo convincimento profondo che ormai nel
Partito russo la battaglia sia persa, dopo che con il XIV Congresso
“l’opportunismo ha preso ormai il sopravvento” 18 e che
questo rafforzi potentemente le tendenze liquidatorie e di destra
presenti in tutte le sezioni del Comintern ed in particolare nel
Partito comunista tedesco.
In questo periodo egli e
Entschiedene Linke mantengono stretti rapporti con il gruppo russo
dei “Centralisti democratici” di Sapronov secondo cui la lotta
contro la degenerazione burocratica in atto andava condotta al di
fuori delle strutture di partito ormai irrecuperabili, ricercando un
diretto contatto con le masse operaie. Sapronov era stato
clandestinamente a Berlino proprio per incontrare Korsch e tra i due
si era instaurato un forte legame, politico e personale. Hedda Korsch
ci ha lasciato una viva ricostruzione di quell’incontro:
“Parlarono a lungo,
ebbero una buona intesa reciproca e si accordarono per collaborare
nel lavoro d’opposizione. Sapronov e Korsch pensavano di poter fare
qualcosa di importante proponendo provvedimenti e mozioni a favore di
una maggiore decentralizzazione e della libertà per i vari gruppi.
Concordarono stupidamente un codice con cui avrebbero corrisposto, e
quel codice contribuì alla fine di Sapronov quando, più tardi,
venne scoperto in Russia. Ricevere una lettera in codice dalla
Germania era cosa pericolosa, e la corrispondenza non era difficile
da decodificare…”. 19
In questa fase diventa
dunque prioritaria la battaglia per il ristabilimento di una piena
democrazia interna al partito che garantisca agli internazionalisti
la possibilità di portare avanti la loro lotta contro la
degenerazione del partito russo e dell’Internazionale:
“A questo scopo al CC e
a tutte le direzioni deve essere richiesta finalmente una seria
realizzazione della democrazia interna al partito, molte volte
promessa, la incondizionata eleggibilità delle Direzioni e la
completa libertà di discussione su tutti i problemi della
rivoluzione proletaria. Deve essere richiesta in particolare
l’immediata discussione di fondo e senza vincoli sul destino della
rivoluzione proletaria oggi, sulla questione del Partito russo e del
Comintern; tale discussione deve essere portata avanti contro tutte
le resistenze e i tentativi di sabotaggio”. 20
La risposta della
Direzione consisterà nell’espulsione in massa dei dissidenti e
nell’instaurazione di un vero e proprio clima di caccia alle
streghe. D’ora in avanti non sarà più possibile dissentire e
anche il minimo discostamento dalla linea ufficiale verrà sanzionato
come un atto frazionistico, se non come una aperta dichiarazione di
anticomunismo. Nell’estate del 1926 “il rinnegato Korsch”, come
usualmente ormai lo definisce la stampa del Comintern, va a
raggiungere Lev Trotsky e Amadeo Bordiga nell’elenco dei nemici
dichiarati della causa proletaria e dell’Unione Sovietica. E
d’altronde l’Internazionale comunista, “partito mondiale della
rivoluzione”, non ha più alcun bisogno di uomini di questo stampo
in cui il rigore morale e la dedizione alla causa proletaria si
uniscono ad una profonda padronanza del marxismo. Come efficacemente
sintetizza Aldo Agosti:
“In generale, si può
dire che la tendenza all’irrigidimento dogmatico di una forma
semplificata di marxismo manifestatasi in modo ancora contrastato
nello stadio precedente si dispiega ora senza più freni. Si spegne
quasi totalmente ogni sviluppo critico del marxismo teorico: i
fermenti che sopravvivono nascono o all’esterno e spesso in
dichiarata polemica con l’ideologia ufficiale della III
Internazionale (si pensi ad alcuni degli sviluppi più originali
della scuola di Francoforte, o alla riflessione solitaria di Karl
Korsch; si pensi all’elaborazione di Trockij in esilio e alle prime
discussioni nella sinistra comunista sulla natura sociale dell’URSS)
o in forma isolata e sotterranea, tanto da risultare operanti solo
molti anni dopo, come nel caso del contributo più alto, quello di
Antonio Gramsci”. 21
1 K. KORSCH, La strada
del Comintern. In Scritti politici, 1, cit., p. 112-113.
2 Ivi, pp. 119-120. Il
XIV Congresso del PC russo, che si tiene nel dicembre 1925, segna la
disfatta dell’ Opposizione di Leningrado e il trionfo di Stalin
sostenuto da Bucharin. Sullo svolgimento dei lavori del congresso
cfr. E.H.CARR, Il socialismo in un solo paese, cit., pp. 628-647.
3 Il 22 febbraio 1926,
in una delle sedute del VI Esecutivo allargato dedicate alla
questione russa, Bordiga si era scontrato duramente con Stalin a cui
aveva sostanzialmente rimproverato l’abbandono di una prospettiva
rivoluzionaria in Europa in nome degli interessi nazionali russi. Per
il verbale della riunione cfr. G. BERTI, I primi dieci anni di vita
del PCI, Feltrinelli, Milano 1967, pp. 218-232.
4 Nel corso della lotta
di frazione all’interno del Partito comunista russo Bucharin si
schiera fin dalla morte di Lenin decisamente dalla parte di Stalin a
cui fornisce con estrema disinvoltura gli argomenti teorici di cui
questi ha bisogno nella lotta sia contro Trotsky che contro
Zinov’ev-Kamenev. Negli anni della Perestrojka Gorbacev tenterà un
recupero di Bucharin presentato come sostenitore negli anni Venti di
una via “democratica” ad un socialismo dal volto umano. Una
immagine del leader bolscevico non meno falsa delle calunnie vomitate
su di lui dallo stalinismo. Per una più approfondita conoscenza di
Bucharin si può vedere l’ormai classico S.F. COHEN, Bucharin e la
rivoluzione bolscevica, Feltrinelli, Milano 1975. Per una messa a
punto più recente, in parte però viziata dal particolare clima
degli anni della perestrojka, cfr. Bucharin tra rivoluzione e
riforme, Editori Riuniti, Roma 1982 che raccoglie gli atti del
convegno internazionale tenutosi a Roma nel giugno 1980.
5 K. KORSCH, La strada
del Comintern, cit., p. 127.
6 Ivi, pp. 135-136.
7 H. WEBER, cit., p.
161.
8 Kommunistische
Politik, 7-8, fine giugno 1926. Ripreso in H. WEBER, cit., p.162. Per
il testo integrale della dichiarazione di Korsch al Reichstag cfr.
Dichiarazione al Reichstag sul trattato russo tedesco, in Scritti
politici, 1, cit., pp. 150-153.
9 H. WEBER, cit., pp.
150-151.
10 K. KORSCH, Piattaforma
delle sinistre. Ora in Scritti politici, 1, cit., p. 138
11 KAPD, Partito
comunista operaio tedesco. Nato da una scissione a sinistra della KPD
nel 1920 su posizioni estremiste antiparlamentari e antisindacali, il
Partito comunista operaio si scinde a sua volta ben presto in una
miriade di piccole organizzazioni. Per una storia della KAPD cfr.
C.MEIJER, Il movimento dei consigli in Germania, G.d.C., Caserta 1973
e E. RUTIGLIANO, Linkskommunismus e rivoluzione in Occidente, Dedalo,
Bari 1974, che contiene anche un’ampia raccolta di testi.
12 Ivi, p. 139
13 Korsch opera qui una
deformazione polemica delle posizioni trotskiane. Per Trotsky, che
pure riconosce il peso nuovo dell’espansione imperialistica degli
Stati Uniti, la questione non è così lineare ma va ricondotta al
tema delle “fluttuazioni cicliche”e della cosiddetta “onda
lunga”. (L.D. TROTSKY, Europa e America, Celuc, Milano 1980). Sul
tema della “onda lunga” e dei rapporti Trotsky-Kondratiev cfr.
R.B. DAY, La teoria dei cicli lunghi. Kondratiev, Trotsky, Mandel,
Quaderni del Centro Studi Pietro Tresso, Foligno 1989.
14 K. KORSCH,
Piattaforma…, cit., p. 141.
15 Ivi, pp. 141-142.
16 Ivi, pp. 142-143.
17 Ivi, p. 146.
18 Per una più
approfondita conoscenza di questa tendenza cfr. R.V. DANIELS, La
coscienza della rivoluzione, cit.
19 H. KORSCH, cit., p.
12.
20 K. KORSCH,
Piattaforma…, cit., p. 149.
21 A. AGOSTI, Il mondo
della III Internazionale: gli “stati maggiori, in Storia del
marxismo, cit., p. 417.