Una storia
dall'estremo Ponente ligure, da quella Liguria di montagna che
conserva ancora qualcosa della sua cultura millenaria. Per Francesco
Biamonti una sorta di vecchia Castiglia di contro a una costa ormai
totalmente devastata. Il racconto è di un vecchio amico di Vento
largo, Roberto Trutalli, da sempre impegnato nella tutela del
territorio dagli assalti speculativi che anche lì purtroppo non
mancano.
Roberto Trutalli
I Tricaroli
Stè e Ninò (i
Tricaroli), vivevano in Piazza Colla la porta a fianco alla nostra,
due fratelli nati cresciuti in La Cola in quel ritaglio di spazio che
andava dalla loro casa alla stalla ubicata qualche decina di metri
più avanti e le campagne che coltivavano, una fra tutte, forse con
più assiduità, a Madonna di Campagna.dove avevano gli orti ed i
conigli.
Erano tutti e due alti di
statura, quasi due metri e per quel tempo una anomalia nei nostri
paesi, io avendo conosciuto anche la loro madre Marietta, una signora
anziana come le tante che in quegli anni vivevano in paese, donne
cresciute già anziane, nei vestiti nelle acconciature ed in quelle
gesta quasi discrete e timorose, mi chiedevo da dove provenisse
quell’altezza , da chi l’avevano ereditata , una volta alla
povera Marietta applicarono delle ventose sulla schiena (vasetti in
cui veniva posto un pezzo di cotone intriso di alcool e fatto
bruciare ed applicato subitaneamente sulla parte dolorante) allora
usava molto come rimedio contro il mal di schiena, ma le lasciarono
in opera tutta la notte ed al mattino la povera donna aveva la
schiena nera come un tizzone..
I due erano quasi coetanei li separavano pochi anni, Stè più vecchio, credo che si allontanò da Pigna per la prima ed unica volta quando parti soldato e fu spedito in Albania come Artigliere nel secondo conflitto mondiale, li prese anche la patente, era alto due metri, doveva essere un pezzo d’uomo, Ninò credo che abbia passato tutta la sua esistenza a Pigna, anche perché affetto da una scoliosi invalidante che lo aveva ridotto a camminare quasi del tutto piegato in avanti.
Fino ai primi anni
settanta li ho sempre visti con il bue, poi lo vendettero ed
acquistarono un’ape Piaggio, con la quale si recavano a Campagna,
dal 1966 si era costruita la nuova strada interpoderale e lentamente
ed inesorabilmente gli animali da soma e da lavoro per altri motivi,
vennero venduti, finiva in quegli anni un mondo che non serviva più
a nessuno. Loro arrivavano a casa in serata sempre dopo le nove nelle
giornate estive, scaricavano davanti a casa nostra e poi
rigovernavano il bue nella stalla la quale era preceduta da un lungo
corridoio stretto in discesa, mi divertiva vederli fare scendere la
povera bestia in quel budello, vi passava a stento.
Un anno erano rimasti senza bue, e credo che come molti aspettassero la fiera di San Michele alla fine di settembre, per riacquistarne uno, bene, quell’anno verso la fine di giugno, nel periodo che va da San Giovanni a San Pietro e Paolo, quassù a Campagna era tempo di levare le patate e di seminare sul terreno che le aveva ospitate i fagioli bianchi, essendo senza bue la cosa non era semplice, Ninò ebbe un lampo di genio e propose al fratello; visto che tu Stè sei più robusto ti leghi l’aratro (a versoio) ed io da dietro lo governo, tu tiri ed io mantengo il solco, e così fecero. Ma dopo pochi metri Ninò, che intanto aveva in una mano la corda e nell’altra una venka (un sottile bastone) colpi ripetutamente il povero Stè, il quale d’impulso ed incredulo si girò e gli disse ; ma dai i numeri mi colpisci anche, e Ninò candidamente gli rispose; e se non tiri per forza con il bue si fa così.