Fotogramma dal film di Marco Bellocchio "La Cina è vicina" (1967)
Gli
anni Sessanta sono anche gli anni in cui la Cina sembra vicina. Si
moltiplicano i gruppi filocinesi e si diffonde il mito di Mao e
delle Guardie Rosse.
Giorgio
Amico
La
Cina è vicina: il filone maoista
Oltre
all'operaismo e alla riviste d'area, un altro grande filone del
dissenso degli anni Sessanta è quello dei marxisti-leninisti, i
“filocinesi” come vengono sbrigativamente definiti dalla stampa,
conseguenza diretta della rottura avvenuta fra il 1959 e il 1960 fra
il Partito comunista cinese e quello sovietico. La polemica
accesissima provoca profonde fratture all'interno dei partiti
comunisti. Anche in Italia una parte minoritaria dei quadri del PCI,
messa al margine del partito dopo il 1956 e la destalizzazione,
guarda ora con interesse alle posizioni cinesi in cui ritiene di
trovare un ritorno al comunismo “duro e puro” degli anni
Quaranta.
Fedeli al mito di Stalin, spesso ex partigiani o
avanguardie di fabbrica del periodo più duro dello repressione
antioperaia dei primi anni '50, questi militanti diffidano delle
nuove posizioni del partito e della politica di coesistenza pacifica
dell'URSS che leggono come cedimenti pericolosi alla borghesia e
all'imperialismo. Da sempre vicini alle posizioni più radicali di
Pietro Secchia, numero due del partito fino al 1954 e poi emarginato
dal gruppo dirigente, questi quadri dopo una lunga fronda interna
iniziano all'inizio degli anni '60 a uscire dal PCI per dar vita a
gruppi che si pongono il compito di rifondare il vero partito
comunista, quello autenticamente marxista-leninista.
Il documento di rottura fra PCC e PCI
Nel
1962 nasce a Padova il primo gruppo maoista, Viva il Leninismo,
formato da esponenti della locale federazione comunista espulsi per
frazionismo. Sarà poi la volta di Stella Rossa, de Il
Comunista, della Federazione m-l
e di una galassia di piccoli gruppi spesso locali. La svolta
avviene nel 1964 quando attorno al mensile Nuova unità,
riconosciuto e finanziato dalla Cina, il movimento m-l acquista
dimensioni nazionali per trasformarsi poi nell'ottobre 1966 nel
Partito comunista d'Italia marxista-leninista.
Grazie alla visibilità
garantita da una stampa che guarda con curiosità al nuovo fenomeno e
a un forte attivismo il Pcd'I (m-l) vive tra il '67 e gli inizi del
'68 un accelerato sviluppo. Ma la rigidità burocratica
dell'organizzazione e lo scarso appeal della proposta politica non ne
permetterà l'espansione in un movimento studentesco formato in larga
parte da ex militanti della FGCI in fuga proprio dal grigiore delle
vecchie sezioni del PCI. Dopo una lunga serie di scissioni, iniziate
non a caso nel '68, quello che resta del Pcd'I confluirà nel 1991 in
Rifondazione comunista.
Livorno 1966 Congresso di fondazione del PCd'I (m-l)
Nonostante
gli aspetti caricaturali di molte organizzazioni m-l, l'esperienza
cinese e in particolare la rivoluzione culturale e il fenomeno delle
Guardie Rosse influenzano fortemente il dibattito in corso in Italia.
Molti intellettuali guardano al maoismo come ad una nuova forma di
comunismo, libertaria e democratica, capace di ridare vita e slancio
ad un marxismo diventato in Occidente puro esercizio accademico o
ideologia burocratica. É
un'illusione, come ammetteranno negli anni Ottanta gli stessi
dirigenti cinesi la rivoluzione culturale in realtà rappresenta uno
scontro feroce fra frazioni del gruppo dirigente che devasta il paese
con perdite elevatissime di vite e di risorse materiali.
Salvo
poche eccezioni, il mito della Rivoluzione culturale maoista
conquista un'intera generazione. Gli studenti del '68 si
identificano profondamente nelle Guardie Rosse, per loro la Cina è
davvero vicina. Basta sfogliare le prime annate di Lavoro
politico, rivista teorica m-l nata a Verona nel 1967 e a cui
partecipa parte del gruppo dirigente del movimento studentesco di
Trento (Renato Curcio, Mara Cagol, Duccio Berio) per verificare come
l'esperienza cinese venga assunta come chiave interpretativa anche di
realtà profondamente diverse come quella occidentale e italiana in
particolare. Un'operazione non priva di conseguenze anche tragiche
come dimostrerà l'esperienza successiva di Sinistra proletaria e poi
delle BR.
(Giorgio
Amico, Le culture del Sessantotto, 8)