TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 15 novembre 2018

La Grande Guerra. Una patria per le donne



Questa sera presso la Biblioteca comunale di Quiliano la Prof.ssa Augusta Molinari parlerà del ruolo svolto dalle donne nella Prima Guerra Mondiale. Come introduzione alla serata proponiamo alcuni passaggi dell'introduzione del suo libro “Una patria per le donne. La mobilitazione femminile nella Grande Guerra”.


Augusta Molinari

Una patria per le donne

Introduzione

Fu a metà degli anni Novanta del secolo scorso che cominciai a interessarmi della mobilitazione femminile nella Grande Guerra. Nell’ambito delle attività dell’Archivio ligure della scrittura popolare dell’Università di Genova, un centro di studio e di raccolta di archivi familiari, mi capitò di reperire la corrispondenza di una madrina di guerra. Dalle ricerche svolte per ricostruire la figura e l’attività di questa«madrina», emerse un quadro della partecipazione delle donne alla mobilitazione civile che, all’epoca, mi stupì.

Gli studi italiani sulla Grande Guerra, non lasciavano supporre vi fosse stato un vasto e diffuso coinvolgimento femminile nella mobilitazione. Decisi, così, di proseguire un percorso di studio che mi parve, già da subito, di grande interesse.Un lungo lavoro di ricerca su fonti archivistiche e a stampa, in particolare sondaggi sulla pubblicista del «fronte interno», ha permesso, nel corso del tempo, di delineare un quadro della mobilitazione femminile che ne documentasse dimensioni, caratteristiche, finalità. Pur nelle varietà di esperienze, il contributo femminile alla guerra si configura, essenzialmente, come un’opera di assistenza civile. Anche in piccoli comuni, subito dopo l’inizio del conflitto, le donne partecipano all’organizzazione della mobilitazione civile e si occupano dell’assistenza ai combattenti e alle loro famiglie

Di queste attività che coinvolsero migliaia di donne «comuni», appartenenti, per lo più, ai ceti medi urbani, in par-ticolare quelli intellettuali e delle professioni, la storiografia italiana, con qualche eccezione (...) raramente si è occupata. Ha prevalso, a lungo, la convinzione che il contributo femminile alla mobilitazione fosse limitato a qualche gesto di beneficenza di donne aristocratiche e alto borghesi.



Dalla documentazione archivistica e a stampa, emerge, invece, come, in tutto il paese, fossero le donne a occuparsi di gran parte dell’assistenza civile: la tutela dell’infanzia, l’assistenza alle vedove e agli orfani, la confezione di indumenti per l’esercito, la corrispondenza tra i soldati e le famiglie. (...)

Furono le caratteristiche di tragica «modernità» della guerra a coinvolgere le donne nella mobilitazione civile. Da un lato, l’esperienza della morte di massa sollecitò un bisogno di assistenza che rese necessaria la valorizzazione sociale delle doti femminile «di cura». Dall’altro, la rappresentazione in termini morali del conflitto, fece del patriottismo un elemento di identificazione nazionale anche per le donne. Nel corso della guerra l’impegno nella mobilitazione diede alle donne una condizione di «temporanea cittadinanza» che rappresentò, per molte, un riconoscimento indiretto di diritti. (...)