Nel 1923 la rivista di
Gobetti “La Rivoluzione liberale” dedica un articolo ad Amadeo
Bordiga allora sotto processo con l'intero gruppo dirigente del
Pcd'I. Andrea Viglongo, amico di Gramsci e collaboratore de “l'Ordine
Nuovo” da poco espulso dal partito, ci offre un ritratto a tutto
tondo di Bordiga mettendone in risalto, per primo ed in epoca non
sospetta, la sostanziale impoliticità.
Andrea Viglongo
Bordiga
Il processo di Roma
contro una parte dei dirigenti del Partito Comunista ha contribuito a
porre in singolare rilievo la figura di Amedeo Bordiga, finora nota
soltanto a pochissimi che seguono da vicino il movimento dei partiti
proletari italiani. L'idiozia di certi giornalisti li ha indotti a
sottolineare sopratutto, nel contegno del Bordiga in Tribunale, una
disinvoltura a base di spiritosaggini: in realtà si tratta di un
uomo serio (malgrado quell' humour caratteristico dei napoletani
colti), troppo serio, forse, per rientrare nello schema tradizionale
del rivoluzionario italiano.
L'atteggiamento di
Bordiga si spiega colla conoscenza dell'uomo: egli è un convinto,
tenace, intransigente valorizzatore del proletariato come classe e
del Partito Comunista come organizzazione direttiva dell' élite
proletaria.
Fiducioso nella sicura e
proficua vittoria rivoluzionaria del proletariato comunista; dello
«Stato borghese» e della borghesia come classe politica egli non ha
grande stima. Condannato, egli avrà una conferma delle sue
previsioni, una riprova che per colpire i suoi nemici di classe il
potere borghese non esita a violare la propria legalità;
interpreterà l'assoluzione come un atto di debolezza del nemico.
Uomo dell'ordine nuovo non può attribuire allo Stato e a tutti gli
altri organi del potere della borghesia alcuna sovranità, ed alle
ideologie borghesi alcun valore, se non di strumenti per una
dominazione di classe, antiproletaria.
E' questa la mentalità
della nuova generazione rivoluzionaria e comunista, inquadrata nella
Terza Internazionale; mentalità che, prima della guerra, era propria
soltanto dei bolscevichi russi. Il comunista è un soldato della
rivoluzione, disciplinato soltanto agli organismi rivoluzionari,
pronto a tutto, come il cristiano primitivo, rinnegando ogni legame
con l'ordine esistente nell'interesse supremo della rivoluzione. Chi
non tiene conto di queste premesse non può capire l'essenziale del
movimento che fa capo all'Internazionale Comunista, non può valutare
nella sua importanza la radicale trasformazione operata nella
mentalità rivoluzionaria dalla coscienza di una decisiva crisi
imminente e dal contatto coi bolscevichi russi, i soli che già prima
della guerra avessero seriamente affrontati i problemi della
rivoluzione proletaria; e non può neanche comprendere nella sua
serietà il contegno di Bordiga e dei migliori suoi compagni di
fronte al Tribunale. Il milite comunista non può credere
all'imparzialità della magistratura ed a priori ne respinge
l'autorità; la sua difesa è quindi sopratutto un mezzo e un dovere
di propaganda che esercita senza tenere alcun conto della propria
persona e delle probabilità di essere condannato: incidente previsto
perchè la borghesia -sfidata- deve e sa difendersi, colla «legge»
e fuori della legge. La guerra è la guerra e tutti dovranno
riconoscere la logica inesorabile di Bordiga.
Può darsi che egli abbia
torto, che la sua coerenza nasconda un errore fondamentale: che cioè
sia errata la diagnosi della situazione, che si ritenga erroneamente
mortale la crisi, che la rivoluzione sia impossibile mancandone le
condizioni oggettive: può darsi che ciò sia vero e che allora i
comunisti siano fuori dalla realtà. Ma chi può osare un giudizio
che spetta soltanto alla storia?
Certo, Bordiga è un uomo
di eccezionale interesse, anche per valore e qualità personali. Ne
ha scritto efficacemente il dott. Ruggero Grieco: «Bordiga è un
comunista giunto al Comunismo attraverso lo studio dei nostri
Maestri. Agli agi della sua famiglia di antica nobiltà e della sua
professione in cui poteva eccellere, ha preferito farsi condottiero
di masse. Le eccessività, le angolosità, l'asprezza che molti sanno
come aspetti preminenti del carattere del Bordiga sono spiegate da
chi conosce un poco la storia del proletariato italiano e gli uomini
che l'hanno diretto. Bordiga è una reazione al parlamentarismo, al
democraticismo, all'opportunismo che in Italia hanno schiacciato il
proletariato. Una reazione è sempre eccessiva. Ma nel momento in cui
gli opportunisti italiani aderivano alla Terza Internazionale ed
inneggiavano alla rivoluzione imminente, Bordiga ha salvato la
tradizione della sinistra marxista formulando le note tesi
sull'antielezionismo».
Per la sua tesi
antiparlamentare ed astensionista, Bordiga venne accusato di
«infantilismo» da Lenin. In realtà, se nei confronti della
politica e del programma organico dell'Internazionale Comunista, il
radicalismo di Bordiga può considerarsi una «malattia infantile»
del comunismo, valutato in sé e riferito ai precedenti più diretti
è invece ben diversamente spiegabile. L'entusiasmo spiega
l'anti-sindacalismo, la quasi diffidenza verso i consigli di
fabbrica, come elementi politici del potere proletario, e lascia
prevedere le linee della politica che seguirà più tardi il Partito
Comunista: intransigenza, accentramento, ripulsa di ogni accordo
anche transitorio con quelle stesse frazioni proletarie che non osano
ancora spezzare tutti i legami coll'ordine sociale esistente per
porsi senza riserve sul terreno della Terza Internazionale.
Egli è un rappresentante
del Mezzogiorno italiano, privo di proletariato industriale,
strabocchevole di bracciantato mobile e di disoccupazione, scettico e
radicale nell'opposizione politica, immaturo sindacalmente, ma ricco
di impulsi, e per tradizione rivoltoso. La cultura marxista ha
corretto certi errori originari, ma non ha potuto distruggerne tutte
le tracce. In Italia sono più tenaci di quanto non si creda certi
motivi del primo internazionalismo, espressioni di condizioni reali
del paese.
Bordiga, rigido
affermatore della supremazia del Partito nella lotta proletaria, non
comprese il valore rivoluzionario del sindacalismo, ai suoi tempi,
come ritorno ai principi classisti contro le deviazioni
parlamentaristiche. Allo stesso modo Bordiga, nel 1919-20, cogliendo
il valore del Soviet come elemento del nuovo potere proletario non
riuscì a comprendere l'effettiva corrispondenza che con esso avevano
i Consigli di Fabbrica.
La costituzione del
Partito Comunista (1921) porta Bordiga alla rinunzia dell'astensione,
accettando tesi, tattica e disciplina dell'Internazionale. Tale
accettazione tuttavia non fu sempre completa: non per politicantismo,
ma proprio per la sua particolare forma mentis, per certi suoi
apriorismi, per la sua naturale rigidità da uomo tutto d'un pezzo,
convinto come un apostolo, inflessibile come un capo militare.
La tattica del fronte
unico, cioè degli accordi tra comunisti ed altre frazioni
proletaria, fu da lui combattuta teoricamente e praticamente
osteggiata, perchè non riuscì mai a capire le esigenze della
politica, perchè non poté ammettere mai un'azione comune tra un
Partito omogeneo e disciplinato come il Comunista e l'inconcludenza
caotica di certo massimalismo. Anche se certi suoi insegnamenti
possono confondersi col machiavellismo imbastardito dei posteri:
«colpire colpire senza esitazione, brutalmente e ciecamente,
l'avversario; dire la verità, senza scrupoli, solamente se
necessaria, mentire ove occorra; vivere la vita del rivoluzionario
comunista, fredda, spietata, audace, appassionata, intelligente,
generosa, crudele» (Lavoratore 7 marzo 1923), Bordiga non è un
politico, è l'anti-Macchiavelli. Tipica la sua incomprensione del
fascismo come movimento politico, l'indifferenza nella lotta
dell'oligarchia fascista contro lo stato,liberale e democratica.
Certi suoi atteggiamenti possono aver nuociuto all'affermazione politica del Partito Comunista, ma forse erano inevitabili, il meno peggio. Del resto Bordiga esprime nella sua intransigenza e nel suo radicalismo una concezione ed una tattica rivoluzionaria caratteristicamente intonate colla situazione italiana
La Rivoluzione Liberale,
n. 33, 30 ottobre 1923
(In ricordo di Sandro
Saggioro e di Avanti barbari!)