TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 30 gennaio 2010

Dai situazionisti al postmoderno (II)


Jorn, Manifesto del Maggio


Quando l'immaginazione scende nelle strade e il movimento reale supera (realizzandola) la teoria il compito dei situazionisti finisce. Antonio Gasbarrini ci mostra perchè il '68 segna il punto più alto e al contempo l'inizio della fine per l' Internazionale Situazionista. Seconda e ultima parte della rivisitazione della storia dei situazionisti.

Antonio Gasbarrini

Dalla distruzione dell’arte vaticinata dai situazionisti al ripiegamento estetico del postmoderno (II)



Siamo al 1959. A quella data l’ala artistica del movimento prevaleva nettamente su quella politica, con un “ibridato” Debord che incarnava contemporaneamente entrambe le istanze. Il “superamento dell’arte” poggiava sull’equivalenza “non matematica, e perciò non commutativa” di vita = arte (e non già l’inverso), equivalenza attuabile con l’incrocio sincronico di situazioni costruite in un ambiente unitario con comportamenti sperimentali praticabili in una realtà urbana in cui le arti e le tecniche concorrono alla costruzione integrale di un ambiente in legame dinamico con esperienze di comportamento finalizzate al sommovimento rivoluzionario dell’intera società.
Nella labirintica conclusione della precedente frase evidenziata in grassetto si è scientemente praticata la tecnica del détournement, “rubando spezzoni di testo” (senza citare la fonte) e ricombinando in modo originale alcune delle 11 definizioni qui leggibili nella nota 14 e, segnatamente: situazione costruita, deriva, urbanismo unitario. Il détournement implica nel contempo il rovesciamento di segno, non solo semiotico, del frammento originario (testo, immagine, suono, ecc.) sradicato ed innestato poi in un nuovo scenario creativo: nel caso specifico nel collage detournato è stato il testo in corsivo “al sommovimento rivoluzionario dell’intera società”, a costituire il valore aggiunto, in quanto tale prospettiva non era ancora maturata, né tanto meno teorizzata – alla fine degli anni Cinquanta – dai situazionisti.
Una delle principali modalità individuate per il “superamento dell’arte” era stata quella della svalutazione mercantile delle opere d’arte borghesi, svalutazione attuabile ed in parte attuata con una serie di tecniche detournanti, quali la pittura industriale di Pinot-Gallizio18, le pitture modificate di Asger Jorn19, le metagrafie20, pratiche sperimentali sostanzialmente abbandonate nel giro di qualche anno (Pinot-Gallizio esce dall’ I. S. nel 1960 e morirà quattro anni dopo) a causa della riscontrata loro inadeguatezza in termini di “superamento”.
Proprio nella seconda metà degli anni Cinquanta saranno due opere, Fin de Copenhaugue di Asger Jorn21 e soprattutto Mémoires di Guy-Ernest Debord, a visualizzare al meglio questa prima fase della “via creativa” perseguita dai situazionisti con il détournement.
In Mémoires, un anti-libro con la copertina in cartavetrata, frasi detournate da Shakespeare, Bossuet, Stevenson, Apollinaire, Baudelaire, Iliade, Pascal, Racine, Montesquieu, Trotsky, De Gaulle ecc., ma anche da romanzi polizieschi, articoli di giornali, riviste di critica cinematografica, letteraria, teatrale ed architettonica (in una parola in un mix di cultura alta e bassa), interagiscono con foto dei principali protagonisti dell’Internazionale Lettrista, ma anche con un collage di Machiavelli, Retz, Hegel, Marx, Fourier, con fumetti, cartine topografiche, ecc.22
Il persistente valore creativo-poetico di questa singolarissima opera – da collocare nella vetta più alta dei “libri d’artista” dell’intero Novecento – è stato temporalmente garantito fino ai giorni nostri dall’apporto concertante dell’intervento grafico d’Asger Jorn, il quale, con i suoi vibranti inserimenti cromatici e segnici, è riuscito a conferire dinamismo e voce al tutto, dando corpo e anima alle raccomandazioni di Debord:
Je te demanderai des lignes colorées d’une assez grande complexité qui devront former la “strucrure portante”, comme on dit en architecture.23
Con la progressiva radicalizzazione della critica situazionistica alla società e la riscontrata non praticabilità di una “prassi artistica” che potesse far da leva al suo rovesciamento totale, anche il détournement acquisterà sempre più, nella sua forma e nel suo contenuto, i tratti salienti di un sovversivo linguaggio rivoluzionario, che metterà poi le ali alle parole d’ordine del Maggio francese.
In tal senso Raoul Vaneigem individua l’urgenza dell’elaborazione teorica di un “Manuale di détournement sovversivo” 24, mentre in uno dei più lucidi testi in proposito di Mustapha Khayati25, la pratica eversiva del détournement alimenterà l’alveo principale della critica radicale alla società, critica di pretta ascendenza marxiana:
Per salvare il pensiero di Marx, bisogna sempre precisarlo, correggerlo, riformularlo alla luce di cento anni di rafforzamento dell’alienazione e delle possibilità della sua negazione. Marx ha bisogno di essere traslato (détourné) da coloro che continuano questa strada storica e non di essere stupidamente citato dalle mille varietà di recuperatori. D’altra parte il pensiero del potere stesso diventa, nelle nostre mani, un’arma contro di esso. […] L’insubordinazione delle parole, da Rimbaud ai surrealisti, ha rivelato, in una fase sperimentale, che la critica teorica del mondo del potere è inseparabile da una pratica. […] Con Dada, è diventata un’assurdità credere che una parola è per sempre legata ad un’idea.[…] Ora, la realizzazione dell’arte, la poesia (nel senso situazionista) significa che non è possibile realizzarsi in un’«opera», ma, al contrario, realizzarsi tout court. […] Non c’è superamento senza realizzazione, e non si può realizzare l’arte senza realizzarla. […] La poesia moderna (sperimentale, permutazionale, spazialista, surrealista o neo-dadaista) è il contrario della poesia, il progetto artistico recuperato dal potere. Abolisce la poesia senza realizzarla; vive della sua autodistruzione permanente.26
Nello scusarci con il lettore per la lunghezza del precedente testo di Khayati – chiarificatore dell’ “intricato nodo” semantico, ideologico e critico separante la “citazione” dal détournement, e per essi, il progetto autenticamente moderno dell’auspicata rivoluzione sociale-esistenziale situazionista, nei confronti della controrivoluzionaria società postmoderna dei nostri giorni – ci si limiterà a segnalare, delle tesi 207-211 sviluppate da Guy Debord ne La società dello spettacolo, qualche telegrafica “espropriazione”: Il détournement è il contrario della citazione […] è il linguaggio fluido dell’anti-ideologia […] non ha fondato la sua causa su nulla di esterno alla sua pura verità come critica presente.27
Uno dei più riusciti ribaltamenti di senso della falsificante e manipolatrice pseudo-comunicazione massmediatica («Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso », Debord, tesi n. 9 de La società dello spettacolo), realizzato con il détournement fu messo in atto nel 1964 in Danimarca dall’artista situazionista J. V. Martin, con la diffusione di alcuni “fumetti sovversivi”, uno dei quali ritraeva la celebre modella Christeen Keeler, con la frase (conchiusa da una nuvoletta):
Come dice l’I. S., è molto più onorevole essere una puttana come me piuttosto che la sposa di quel fascita di Costantino.28
Come si può notare, la “violenza del linguaggio”, anche in questa occasione, non ha nulla da invidiare agli “incendiari” esordi post-lettristi e neo-situazionisti ricordati nelle pagine precedenti, con un Martin che fu querelato (ma assolto in fase istruttoria) per “offese alla morale e al buoncostume, erotismo, pornografia, attività antisociale, oltraggio allo Stato” in quanto:
L’immagine della celebre Khristine Keeler, che dichiara la propria evidente superiorità sulla principessa danese che aveva acconsentito a sposare re Costantino (giustamente qualificato come fascista prima che avesse dato prova di sé, la scorsa estate, contro la quasi totalità del popolo greco), comportava l’accusa supplementare di oltraggio alla famiglia reale danese.29
Dalla “inoffensiva violenza del linguaggio” dei situazionisti sino a qui evocata, all’ “offensiva rivoluzionaria” scatenata nel il Maggio ’68 con l’occupazione della Sorbona, gli scioperi selvaggi nelle fabbriche e le barricate erette in rue Gay- Lussac, il passo sarà breve.
I situazionisti furono i principali protagonisti del sommovimento sociale che scosse alla radice, per una quindicina di giorni, il consolidato assetto istituzionale ed economico del-la Francia prima, e di gran parte dell’Europa dopo. Le loro eversive idee, con la critica radicale al capitalismo avanzato, marciarono all’unisono con il tam tam degli slogans, delle parole d’ordine e dei fumetti leggibili-vedibili nelle scritte murali e nei volantini.
Sull’ultimo numero di internationale situationniste, Guy Debord, ripercorre analiticamente quegli eventi, non già per seppellirli, ma per “criticare il movimento di maggio e inaugurare la pratica della nuova epoca”:
Il “sorger del sole che, in un lampo, disegna in un attimo la forma del nuovo mondo”, lo si è visto, in questo mese di maggio in Francia, con le bandiere rosse e le bandiere nere ammischiate della democrazia operaia. Il seguito verrà ovunque. E se noi, in una certa misura, sul ritorno di questo movimento abbiamo scritto il nostro nome, non è per conservare qualche vantaggio o derivarne qualche autorità. Noi siamo sicuri di un esito soddisfacente della nostre attività: l’I. S. sarà superata.30
L’Internazionale Situazionista sarà definitivamente sciolta nel 1972. Dopo tale data, mentre Guy Debord continuerà fino alla morte la sua perenne, conflittuale guerra guerreggiata con il “diabolico gioco” del Kriegspiel31 “sublimato” con vari film, un’autobiografia incompleta e altri scritti, lo strapotere dello spettacolo (“Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini”), riassorbirà con i suoi mille e mille falsificanti e falsificatori tentacoli massmediatici, i bagliori rivoluzionari del Maggio ’68.
L’“eterno presente” sfociato ideologicamente, proprio agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, in quel (questo!) Postmoderno, la cui prima letale conseguenza è stata quella di essere riuscito a ridimensionare il “valore rammemorante” della stessa Storia. La post-histoir riscritta dai vincitori dell’antagonismo di classe (capitalisti nella più larga accezione) poggia alcune sue travi portanti nel Negazionismo (l’olocausto ed i campi di sterminio nazisti non sono mai esistiti) e nel revisionismo storico perseguito dalle forze conservatrici (di destra), particolarmente virulento ai giorni nostri sia in Francia che in Italia (si pensi alla rivisitazione in corso della stessa Resistenza, o alla rimozione forzata delle conquiste libertarie sessantottine).
Sotto l’angolazione squisitamente estetica, si è nel contempo assistito alla delegittimazione del détournement e delle sue implicazioni rivoluzionarie, con il “citazionismo”, edulcorato alter ego di civettuoli fraseggi instaurati da scrittori, artisti, architetti, musicisti e via dicendo, con gli affastellati giacimenti culturali accumulati dalla storia (s minuscola, ovviamente!).
Tanto per rimanere in Italia, si confrontino, per l’architettura, le posizioni teoriche a suo tempo espresse da Paolo Portoghesi, con l’urbanismo unitario e le città appassionanti dei situazionisti. Per la pittura, si rivada con la memoria, al fallimento ed alla deriva di quella Transavanguardia sponsorizzata dal critico Achille Bonito Oliva, storicamente risoltasi come una delle più brutte pagine “estetizzanti”, in malo modo “dipinte” dagli artisti aderenti33 (dal Rinascimento ai giorni nostri; anche in questo caso si ripercorra, al polo opposto, l’affascinante tragitto avanguardistico messo in atto dai situazionisti nel periodo 1952- inizi anni Sessanta, qui sinteticamente delineato).
Nonostante il ripiegamento estetico in corso, la lezione situazionista sulla potenziale azione destabilizzante del détornement sta avendo una inaspettata rivincita con l’avvento di internet e della multimedialità, criticamente esperibili da chiunque abbia mente e cuore aperti all’altro (gli ultimi della classista ed infernale scala sociale, in particolare). Perché, è bene ripeterlo con calda voce: Chi considera la vita dell’I. S. vi trova la storia della rivoluzione. Niente ha potuto renderla cattiva. 34

[Convegno multidisciplinare “I linguaggi del ’68”, Roma, 15/17 maggio 2008, Libera Università San Pio V, Facoltà d’interpretariato e Traduzioni].



Jorn, Manifesto del Maggio

Note

18 “L’industrializzazione della pittura […] appare quindi come un progresso tecnico che doveva intervenire senza più indugi. […] Nessuno ignora che i precedenti procedimenti di superamento e di distruzione dell’oggetto pittorico, si trattasse di un’astrazione spinta ai suoi limiti estremi (sulla via tracciata da Malevitch) o di una pittura deliberatamente sottoposta a preoccupazioni extraplastiche (per esempio l’opera di Magritte), non avevano potuto, da diversi decenni, uscire dallo stadio della ripetizione di una negazione artistica. […] Allo stadio ora raggiunto, che è quello della sperimentazione di nuove costruzioni collettive, di nuove sintesi, non è più tempo di combattere i valori del vecchio mondo con un rifiuto neodadaista. Conviene – sia che questi valori siano ideologici, plastici o anche finanziari – scatenare dappertutto l’inflazione” (Michèle Bernstein, dal testo della presentazione in catalogo Eloge de Pinot Gallizio).
19 “La pittura detournata di Asger Jorn è stata esposta il 6 maggio [1959, n. d. a.] alla Galleria Rive Gauche. Si trattava di venti quadri qualunque, parzialmente ridipinti da Jorn. I quadri originali, fatti in diversi paesi negli ultimi cent’anni, andavano dallo stile pompieristico all’impressionismo. Questa mostra […] è stata una forte dimostrazione delle tesi situazioniste sul détournement “ (potlatch, n. 1, n. s., 15 luglio 1959, ora in potlatch. Bollettino dell’Internazionale lettrista 1954-57, op. cit.). Ritornerà più tardi su questa mostra e sul détournement Guy Debord scrivendo tra l’altro:“C’è un senso storico del détournement. Qual è? Il détournement è un gioco dovuto alla capacità di devalorizzazione, scrive Jorn, nel suo studio Peinture détournée (maggio 1959) ed aggiunge che tutti gli elementi del passato culturale devono essere “reivestiti” o scomparire. Il détournement si rivela così innanzitutto come la negazione del valore dell’organizzazione precedente dell’espressione. Nasce e si rafforza sempre più nel periodo storico del deperimento dell’espressione artistica. Ma, contemporaneamente, i tentativi di riutilizzo del “blocco détournable” come materiale per un altro insieme esprimono la ricerca di una costruzione più vasta ad un livello di riferimento superiore, come una nuova unità monetaria della creazione” (internazionale situationniste, n. 3. op. cit., ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit.
20 “Ogni nuovo ordine è considerato come un disordine e trattato come tale. I primi tentativi di “Metagrafia Liberata” furono effettuati da G.-E. Debord e da me durante l’autunno 1951. […] Più generalmente impiegata sotto la denominazione tronca di “metagrafia”, l’ecometagrafia è la disciplina che considera l’arte metagrafica come una branca dell’economia, e la sua opera come un semplice bene scambiato con altri beni in un circuito integrale di merci. Il nostro scopo era di renderla volatile e di allargare il suo campo attraverso la volontà stessa dell’immagine, e non mediante un capriccio sperimentale” (Jacques Fillon, Ogni ordine nuovo, potlatch n. 17, 24 fèvrier 1955, ora in potlatch. Bollettino dell’Internazionale lettrista 1954-57, op. cit.). Sempre su potlatch, sarà poi rilevato il fallimento degli obiettivi di cui sopra: “Le diverse realizzazioni delle metagrafie che si propongono di integrare teoricamente in un’unica scrittura tutti gli elementi il cui significato può servire, sono state, fino ad ora totalmente insufficienti. Pare che si debba attribuire questo stallo provvisorio alla preoccupazione continuamente esibita di “fare bozzetti di manifesti”, che ha imposto alla fine o un caos illeggibile, o una forma degenerata del vecchio collage” (potlatch, n. 24, 24 novembre 1955, ora in potlatch. Bollettino dell’Internazionale lettrista 1954-57, op. cit.).
21 Asger Jorn, Fin de Copenhauge, édité par le Bauhaus Imaginiste, 1957 (sul frontespizio il nome di G.-E. Debord figura come “Conseiller technique pour le détournement”).
22 Un elenco dettagliato delle fonti è stato stilato da Debord nel 1988, ora leggibile in Guy Debord, OEuvres, Quarto Gallimard, Paris, 2006, pp. 427- 444.
23 Ivi, p. 375.
24 internationale situationniste, n. 10, mars 1966, ora in internationale situazionista 1958-1969, op. cit.
25 Mustapha Khayati, Les mots captifs (Préface à un dictionnaire situationniste), in international situationniste, n. 10, op. cit., ora in internazionale situazioni sta 1958-1969, op. cit. 102
26 Ibidem.
27 Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini, Castoldi, Dalai, 2001-2002, pp. 174-175.
28 Il fumetto fotografico è riprodotto in internationale situationniste, n. 9, août 1964, ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit. “La famosa foto attribuita a Tony Armstrong” – così recita la descrizione del fumetto – in effetti faceva parte di un servizio fotografico di Lewis Morley. “All’epoca dello scandalo Profumo nel 1963, la Keeler posò per un servizio fotografico che divenne famoso. Le foto, fatte con Lewis Morley, servivano per promuovere un film,. Lo scandalo Keeler, che non fu mai distribuito. La Keeler firmò alla leggera un contratto che richiedeva di posare nuda per foto pubblicitarie. La Keeler era renitente a continuare, ma il produttore del film insistette, così Morley la persuase a sedersi dietro una sedia di modo che tecnicamente fosse nuda, ma lo schienale della sedia nascondesse la gran parte del suo corpo”. La miscela esplosiva del détournement aveva fatto da detonatore al successivo “rimbalzo massmediatico” situazionista.
29 internazionale situationniste, n. 10, op. cit.
30 Guy Debord, Le commencement d’une èpoque, internationale situationniste, n.12, op. cit., ora in internazionale situazioni sta 1958-1969, op. cit.
31 "I giochi di guerra sono la continuazione della politica con altri mezzi". Questa piccola correzione alla massima del generale Carl von Clausewitz non la dobbiamo ai programmatori di America's Army, il war game elettronico commissionato e diffuso nel 2002 dal governo statunitense per reclutare nuove leve, ma a una fonte decisamente insospettabile: il situazionista Guy Debord, autore della Società dello spettacolo (1967). Negli stessi anni in cui componeva l'incendiario e profetico libro-manifesto destinato a infiammare il maggio parigino, Debord lavorava minuziosamente a un progetto in apparenza minore, persuaso tuttavia – lo confessa in Panegirico – che si trattasse della sola sua opera a cui i posteri avrebbero tributato qualche onore: il gioco da tavolo di strategia militare Kriegspiel, ispirato all'omonimo gioco che il luogotenente von Reisswitz creò nel 1824 per addestrare gli ufficiali dell'esercito prussiano. Kriegspiel, in tedesco "gioco di guerra", ha avuto una gestazione quarantennale: concepito da Debord già negli anni cinquanta (al tempo in cui il cineasta francese Albert Lamorisse ideava il popolarissimo Risiko), fu sviluppato nel decennio successivo, poi pubblicato nel 1978 in una lussuosa edizione limitata con pedine di rame laccate in argento, infine diffuso in forma più economica nel 1987 e illustrato nel libro Le jeu de la guerre, che Debord scrisse con la moglie Alice Becker-Ho (Guido Vitiello, MediaZone, maggio 2008).
32 Guy Debord., Commentari alla società dello spettacolo, Baldini, Castoldi, Dalai, 2001-2002, p. 196.
33 Sull’argomento, si rimanda alla lettura di Antonio Gasbarrini, Nino Gagliardi:l’immagine corrotta, L’Aquila, Marcello Ferri Editore, 1982, pp. 127-128.34 Guy Debord - Gianfranco Sanguinetti, Thèses sur l’Internationale situationniste et son temps [1972], ora in Guy Debord, OEuvres, op. cit. La citazione è stata tratta da AA.VV. I situazionisti e la loro storia, manifesto libri, Roma 1999, p. 98. Come precisa una nota dell’editore francese, la firma comune di Guy Debord è stata voluta per solidarietà al situazionista italiano, espulso dalla Francia con decreto del ministro dell’Interno, il 21 luglio 1971.

(Da: Tracce, Rivista multimediale di critica radicale, n.29. Autunno 2009)