Le feste solstiziali rivestono anche carattere lunare, e dunque assumono anche l'aspetto di feste legate all'acqua. Un aspetto esclusivamente femminile, come si racconta in questo capitolo.
Giorgio Amico
I fuochi di San
Giovanni
L'acqua simbolo di
fertilità
Abbiamo visto come le
feste solstiziali abbiano anche carattere lunare, e dunque debbano
considerarsi anche feste acquatiche. Cerchiamo di approfondire la
questione:
“Le acque di San
Giovanni – afferma Cattabiani – sono omologhe al segno del
Cancro., domicilio della luna, al cui inizio cade il solstizio. La
relazione dell'astro con le acque è nota e rappresenta il mondo
della formazione o l'ambito di elaborazione delle forme nello stato
sottile, punto di partenza dell'esistenza nel mondo individuale,
ovvero nella caverna cosmica. D'altronde tutto ciò che è connesso
alla generazione e alla fruttificazione subisce in quella notte un
influsso positivo: «La notte di San Giovanni entra il mosto nel
chicco» dice un proverbio diffuso in vari dialetti.” (60)
Che il solstizio d'estate
sia anche una festa acquatica ce lo conferma il calendario romano. Il
24 giugno il popolo gremiva i due templi della dea Fors Fortuna posti
sulle due rive del Tevere. Il fiume veniva attraversato su barche
inghirlandate di fiori e illuminate da fiaccole. Ovidio ci ricorda
come festosi banchetti e grandi libagioni fossero associati a quel
rito di purificazione:
“Andate e celebrate
lieti, o Quiriti la dea felice!
Accorrete a piedi o su
celeri barche
e non vi vergognate di
tornare poi ebbri a casa.” (61)
Una festa cara ai romani,
soprattutto ai plebei e agli schiavi, perché – è sempre Ovidio a
ricordarcelo – istituita da Servio Tullio che, secondo la leggenda,
pur essendo figlio di un'umile ancella, era riuscito a diventare re
di Roma. E' probabilmente da questa antichissima tradizione che
deriva l'usanza, ancora oggi vivissima a Roma, di festeggiare San
Giovanni con grandi mangiate fuori porta a base di lumache e vino
bianco dei castelli. Ma sulle credenze legate al consumo delle
lumache avremo modo di soffermarci più avanti, ora ci interessa
invece sottolineare l'importanza dei riti acquatici nelle tradizioni
religiose.
Da sempre
l'attraversamento rituale delle acque o, cosa sostanzialmente simile,
l'immersione cela profondi significati simbolici di purificazione o
rinascita. Valga per tutti la navigazione sulle acque di Noè o
l'attraversamento del Mar Rosso da parte degli ebrei in fuga dalla
schiavitù egiziana sotto la guida di Mosè. Per non parlare del
bagno purificatore nelle sacre acque del Gange per gli induisti o la
simbologia battesimale dei cristiani. E' proprio per questa forte
valenza simbolica dell'attraversamento rituale delle acque che la
Chiesa continuerà poi, nel momento in cui si accinge a sostituire il
paganesimo morente, questa festa romana, dedicandola al Battista, il
fondatore del rito battesimale cristiano, connotato dagli stessi
simboli dell'acqua e del fuoco.
La rugiada che scende dalla mano di Dio. Dettaglio da "Mons Magiae Cabalae
et Philosophiae"
Il potere della
rugiada
Il solstizio d'estate
rappresenta dunque anche la glorificazione dell'acqua, elemento
femminile per eccellenza, simbolo di fecondità e di purificazione,
strumento di rigenerazione. Da queste caratteristiche trae origine la
credenza nei poteri della rugiada della notte di San Giovanni che
consacra le erbe e le rende idonee ad un impiego terapeutico o
magico. Si credeva infatti (e in molti luoghi ancora oggi si crede)
che le erbe e i fiori raccolti all'alba della notte di San Giovanni o
lasciati durante la notte in una bacinella all'esterno della casa,
acquisissero poteri benefici e protettivi. Rotolarsi nella rugiada
guariva dalla rogna, dalle emorroidi, dai calli, dalle malattie degli
occhi. Ma soprattutto dalla infertilità "perché di essa si
bagnavano il sesso le ragazze in cerca di marito". (62)
Largamente predominante
in questi riti acquatici è l'aspetto femminile. Sono sempre giovani
donne ad esserne le protagoniste. E' il caso della Sardegna: “In
varie altre località (Orune, Orriferi, Orrotelli, ecc.) le ragazze
vanno durante la notte a raccogliere in tutta solennità e in
silenzio assoluto dell'acqua dai pozzi e sempre in silenzio tornano,
spruzzandone tutte le acque del villaggio: l'acqua «muta», così
chiamata per il silenzio rituale che caratterizza tutta la cerimonia,
ha il potere di fugare animali nocivi e di purificare le case da ogni
spirito malefico. Con l'acqua raccolta nella notte si lava anche il
viso e la persona, fugando in tal modo malanni e spiriti ossessivi.
Accanto ai malanni di casa, , e più di essi, interessa infatti
liberare le persone da morbi e impurità.” (63)
La credenza nei poteri
taumaturgici della rugiada giovannea è ancora viva in molte parti
d'Italia. “La guazza di Santo Gioanno fa guarì da ogni malanno”,
si dice ancora oggi in Umbria. Ne troviamo tracce anche in rete,
prova evidente di come la cosiddetta «post-modernità» possa
inglobare anche elementi mitici, propri di una tradizione
plurimillenaria.
“Per festeggiare San
Giovanni Battista non scordate di preparare l’acqua di San
Giovanni. A casa dei miei, fin da bambina, il giorno della vigilia
della festa, con la mamma, ci recavamo in campagna a raccogliere
fiori ed erbe di campo poi, al tramonto, immergevamo i fiori in un
bacile ricolmo d’acqua che si lasciava fuori della finestra al
magico effetto della notte. Mi ricordo con grande emozione la gioia
che provavo al risveglio al pensiero di lavarmi con l’acqua
profumata. Questa tradizione, che da alcuni anni avevo abbandonato,
mi ha sempre profondamente affascinato. Così, sia per il piacere di
trasmetterla a mio marito e a mia figlia, sia perché si dice che
l’acqua speciale preservi dalle malattie e porti fortuna, amore e
felicità, ho pensato di riprenderla.” (64)
Chi parla è una giovane
donna che su di un sito web racconta di come abbia appreso dalla
madre questa antica usanza e l'intenzione di trasmetterla a sua volta
alla figlia bambina. Una testimonianza della forza con cui il mito
irrompe ancora nel quotidiano dell'uomo, anche di quello moderno e
ultra tecnologico. Una ulteriore conferma, se mai ce ne fosse
bisogno, della validità delle tesi di Eliade sulla sopravvivenza del
pensiero mitico anche nel nostro mondo.
Francesco Petrarca e
le fanciulle di Colonia
Testimone d'eccezione di
questi riti acquatici fu Francesco Petrarca che racconta anni dopo,
ancora meravigliato e stupito, di aver assistito nel 1334 a Colonia
ad una folla di ragazze ornate di erbe odorose e di fiori immergersi
al tramonto della vigilia di San Giovanni nelle acque del Reno. Il
poeta ricorda anche come gli fosse stato spiegato che si trattava di
un antichissimo rito popolare, specificatamente femminile, per
allontanare le calamità dell'anno e garantirsi un'annata felice.
“Era la vigilia di San
Giovanni, e il sole volgeva ormai al tramonto. Su consiglio di amici
mi sono recato al fiume [Reno] per vedere uno spettacolo
straordinario. Le rive del fiume erano occupate da una folla di
donne... Era uno spettacolo incredibile, coronate di erbe profumate,
con le maniche rialzate fin sopra il gomito, lavavano le candide mani
e le braccia nella corrente del fiume. Stupito, poiché non capivo il
senso della cosa, chiesi agli amici che mi accompagnavano. Mi
risposero che si trattava di un rito femminile antichissimo, fondato
sulla convinzione che quelle abluzioni fluviali in quel giorno
purgassero le impurità, proteggessero dalle calamità del fiume e
garantissero un'annata felice.” (65)
Nei confronti di questi
riti, caratterizzati da una forte promiscuità sessuale e spesso
dalla esibizione senza pudori del corpo, la Chiesa ebbe fin dai primi
secoli un atteggiamento di estrema diffidenza. Già Sant'Agostino
interviene contro l'uso il giorno di San Giovanni di bagnarsi in mare
per purificarsi, definendola una superstizione pagana che toglieva
valore al battesimo cristiano.
Nel decimo secolo Cesario
di Arles denuncia la pratica del «lavacro sacrilego» nelle fonti e
nei fiumi in occasione della notte di San Giovanni. Nello stesso
periodo Attone di Vercelli condanna in quanto «cose da meretrici»
pernottare presso fonti e fiumi, cantare e danzare tutta la notte,
predire la sorte, raccogliere erbe e foglie che «battezzate» nelle
acque, sono poi religiosamente conservate in casa, appese alle
pareti, per tutto l'anno. (66)
E' evidente anche da
queste prese di posizione che la dimensione ludico-erotica doveva
essere una delle componenti essenziali della festa, festa della
fecondità dei campi e della natura, ma anche degli uomini. La carica
liberatoria e di conseguenza radicalmente sovversiva di quella magica
notte, in cui tutto poteva accadere e dunque tutto era lecito, non
poteva che essere avvertita come trasgressiva e pericolosa dal potere
ecclesiastico e civile. Una condanna destinata a durare a lungo e a
seguire il ripetersi della festa e dei suoi riti nel corso dei secoli
fino quasi alle soglie della mostra epoca. Così in un bando del
governo pontificio del 19 giugno 1753 riferendosi alla credenza che
la rugiada e per estensione l'acqua potesse assicurare la fecondità,
si decretava che:
"Con l'autorità del
nostro ufficio, a qualsiasi persona dell'uno o dell'altro sesso,
proibiamo che in detta notte veruno ardisca accostarsi alle vasche,
ai rigagnoli, alle fontane, togliendosi le brache e accucciandosi
sull'erba, pena gli uomini tre tratti di corda da darsi in pubblico e
scudi 50 di multa, e per le donne tre colpi di frusta a posteriori in
pubblico, e sì per gli uni, come per gli altri, senza alcuna
remissione."
Pratiche che dovevano
essere ben radicate e dunque difficili da estirpare se, solo due anni
dopo, il 18 giugno 1755, proprio alla vigilia della festa, il
cardinale Marco Antonio Colonna ribadiva il divieto scrivendo: “La
Santità di Nostro Signore per impedire gl'inconvenienti, che sotto
vano pretesto di prendere la guazza. Sogliono commettersi nella notte
precedente alla Festa della Natività del glorioso precursore S.
Gio. Battista, ci ha comandato coll'Oracolo della sua viva voce di
rinnovare il presente Editto altre volte pubblicato, in cui
coll'autorità del Nostro Uffizio non solo in questo, ma in ogni
altro Anno avvenire espressamente proibiamo a qualsivoglia persona
dell'uno e l'altro sesso di portarsi in detta notte fuori delle porte
della Città, o in luoghi disabitati, come a monte Testaccio, alle
vigne, e giardini sotto qualsivoglia pretesto che possa recar
scandalo (…) E comanda a tutti gli osti e bettolieri, che nella
Vigilia di detto santo debbano tenere serrate le loro osterie e
bettole.” (67)
Seguiva poi l'elenco
delle sanzioni pecuniarie e fisiche per chi avesse ancora trasgredito
alla norma. Sulla scarsa efficacia di questi divieti bene testimonia
un'opera coeva dedicata al culto di San Giovanni di padre Paolo Maria
Paciaudi, primo conservatore della Biblioteca Palatina, che riconosce
il fallimento di ogni tentativo ecclesiastico di estirpare queste
usanze: “Se si proibiva di andare a bagnarsi al fiume, la gente
andava di notte sui prati e si rotolava sull'erba rugiadosa,
bagnandosi con l'umore della rugiada.” (68)
60. Alfredo Cattabiani,
Calendario, Milano, Mondadori, 2008, p. 235.
61. Ovidio, I Fasti, VI,
771-84.
62. Annamaria Rivera, Il
mago, il santo, la morte, la festa: forme religiose nella cultura
popolare, Bari, Dedalo, 1988, p. 139.
63. Lanternari, cit., p.
345.
64.
http://www.umbriatakeaway.com/la-guazza-di-santo-gioanno-fa-guari-da-ogni-malanno/
65. Francesco Petrarca,
Rerum familiarum, I, 5:2-8. Traduzione nostra dell'originale latino.
66. Rivera, cit., p.133.
67. Cattabiani, cit., p.
238.
68. P.M. Paciaudi, De
cultu S. Joannis Baptistae antiquitates Christianae, Roma 1755, p.
34, In: Rivera, cit., pp. 132-133.
8. Continua