TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 19 giugno 2019

I fuochi di San Giovanni. Le erbe di San Giovanni




Secondo la tradizione il solstizio d'estate è il periodo in cui le energie della terra sono al culmine, quindi la notte che lo precede è il momento migliore per raccogliere erbe e fiori che, grazie alla potenza magica assorbita, rappresentano un sicuro antidoto contro le malattie, i sortilegi di diavoli e streghe e in genere ogni tipo di sventura. Le piante, come i fuochi di mezza estate, erano ritenute in grado di trasferire agli uomini parte dei misteriosi poteri generativi della natura.

Giorgio Amico

I fuochi di San Giovanni


Le erbe di San Giovanni

Secondo la tradizione il solstizio d'estate è il periodo in cui le energie della terra sono al culmine, quindi la notte che lo precede è il momento migliore per raccogliere erbe e fiori che, grazie alla potenza magica assorbita, rappresentano un sicuro antidoto contro le malattie, i sortilegi di diavoli e streghe e in genere ogni tipo di sventura. Le piante, come i fuochi di mezza estate, erano ritenute in grado di trasferire agli uomini parte dei misteriosi poteri generativi della natura. (69)

Le erbe raccolte la notte di San Giovanni, prima del sorgere del sole quando le loro proprietà curative o magiche sono più forti, erano considerate erbe benefiche, in grado di scacciare ogni malattia, evitare il malocchio, proteggere la casa e gli animali. Le più ricercate erano però le piante cosiddette della buona salute, quelle che possedevano particolari poteri curativi: l'artemisia, l'iperico, la verbena, la ruta.



L'artemisia

Secondo la tradizione è la pianta di Artemide (l'equivalente della Diana romana), la dea protettrice della caccia e delle piante medicinali che curano i disturbi tipici delle donne. Già il nome porterebbe lontano, se solo pensiamo che dagli inquisitori Diana era considerata la Signora delle streghe, maestra delle guaritrici e delle levatrici. Ricordo di quando nell'antichità la dea proteggeva le donne dai dolori del parto e dalla febbre puerperale. E in effetti l'artemisia ha proprietà emmenagogiche, contiene cioè sostanze che regolano il flusso mestruale e ne riducono i disturbi avendo anche effetti rilassanti del sistema nervoso e degli spasmi muscolari.

Nel mondo greco-romano Diana, oltre a proteggere le partorienti, si curava anche della salute dei neonati e dei bimbi piccoli. La pianta possiede infatti proprietà antisettiche e depurative ben conosciute e dunque veniva usata come vermifugo e nelle convulsioni dei bambini.

Moltissimi erano gli utilizzi dell'artemisia. Era tradizione appenderla nelle stalle per tenere mosche e tafani lontani dagli animali. Dipinta sulle fiancate dei carri e delle carrozze proteggeva dagli incidenti stradali e garantiva ai trasportati un viaggio senza pericoli. Le sue radici, se raccolte nella notte di San Giovanni proteggevano dai fulmini e dalle tempeste se cucita sugli abiti.

Pianta diffusissima, ne esistono circa 400 specie, è conosciuta soprattutto come Artemisia absinthium, fin dai tempi più antichi apprezzata per le sue proprietà terapeutiche: è infatti antisettica,digestiva, stimolante, tonica e vermifuga. Dalle foglie e dai fiori gialli della pianta si ottiene un olio che con l’aggiunta di acqua diventa lattiginoso. Alla fine del Settecento un medico francese, Pierre Ordinaire, riprendendo vecchie ricette dell'erboristeria tradizionale, ne ricavò, mescolandolo a anice, issopo, dittamo, acoro e melissa, una bevanda dalla fortissima gradazione alcolica: l'Assenzio o Fée Verte (la Fata Verde), la droga degli artisti bohèmiens cantata da Baudelaire e Verlaine.

“Tout cela ne vaut pas le poison qui découle
De tes yeux, de tes yeux verts,
Lacs où mon âme tremble et se voit à l'envers...
Mes songes viennent en foule
Pour se désaltérer à ces gouffres amers.”

[Ma più veleno stillano i tuoi occhi, i tuoi verdi occhi, laghi dove si specchia e capovolto trema il mio cuore, amari abissi dove a frotte si dissetano i miei sogni] (70)

Così Baudelaire, rivolto alla sua amante, Marie Daubrun, attrice nota per la bellezza dei suoi occhi verdi, ma anche esplicito riferimento al potere inebriante della Fée Verte.


L'Iperico

L'iperico, detto anche erba di San Giovanni o scacciadiavoli, è una pianta officinale con proprietà antidepressive e antivirali. Cresce in grandi macchie e la sua densità di fioritura è tale da risaltare come macchia di colore giallo oro misto con rossiccio; infatti i fiori durano poco, dopo un giorno sono già appassiti, si infeltriscono e assumono un colore rosso ruggine.È ben riconoscibile anche quando non è in fioritura perché ha le foglioline che in controluce appaiono bucherellate. Da qui il nome di Hypericum perforatum.

Nel medioevo si diffuse la leggenda che l’iperico fosse nato dal sangue di san Giovanni e che il diavolo volesse distruggerla trafiggendola, ma l’unico risultato ottenuto era stato quello di perforarle le foglie. Schiacciando le foglie se ne ricava un pigmento rosso-bluastro che è il principio attivo dell’iperico e ha un odore pungente. Detta, per il suo colore «Sangue di San Giovanni», questa sostanza dona salute, protezione, forza. Si dice anche che il nome di erba di San Giovanni risalisse al fatto che all'epoca delle crociate l’ordine dei cavalieri di San Giovanni utilizzasse questa pianta per produrre un balsamo utilizzato per cicatrizzare le ferite ricevute in battaglia dai suoi membri. (71)

Per le sue proprietà lenitive veniva usato per curare bruciature, scottature, eritemi solari, ulcere, piaghe, contusioni, slogature. Raccolto alla vigilia della festa di san Giovanni e poi macerato nell'olio d'oliva veniva usato come rimedio contro tutti i problemi dovuti al sole e al caldo, ma anche per la cura dei reumatismi, sciatica ed in cosmesi per dare tono alla pelle avvizzita. Si riteneva che avesse il potere di mettere in fuga i diavoli, da qui il suo antico nome «Fugademonum». Per questo veniva spesso posto sopra la porta di casa, mentre sparso sul tetto proteggeva dai fulmini. Chi si trovava per la strada nella notte della vigilia di San Giovanni, si proteggeva dalle streghe infilandoselo sotto la camicia. Bruciato produceva un fumo odoroso simile all'incenso che proteggeva da spiriti e demoni. Era poi convinzione comune che le foglie d'iperico messe sotto il cuscino di un donna nubile le facessero apparire in sogno il futuro marito.

Sembrano sciocche superstizioni, ma oggi sappiamo che l’ipericina (il principio attivo dell’iperico) è un forte antidepressivo e un efficace regolatore del tono dell’umore e del ciclo sonno-veglia, tanto da essere ancora oggi largamente usato nella produzione di farmaci. Non avevano poi torto allora gli abitanti delle campagne nei secoli scorsi a considerarlo un efficace antidoto contro i cattivi pensieri e i disturbi del sonno.



La Verbena

E’ una pianta molto comune, infestante con, fiori piccoli, molto profumati. Cresce spontanea nei prati, nei boschi e lungo le strade di campagna. I Romani la consideravano una pianta sacra. Negli altari dedicati a Giove, veniva bruciata della Verbena per purificarli e venivano preparate delle fascine di questa erba per spazzarli. Una leggenda medievale narrava che la verbena era stata utilizzata sul Monte del Calvario per cicatrizzare le ferite di Gesù crocifisso. Per questo mentre la si coglieva si doveva recitare questa formula propiziatoria:

“Tu sei santa, Verbena,
come cresci sulla terra,
perché in principio sul Calvario fosti trovata,
tu hai guarito il Redentore
e hai chiuso le sue piaghe sanguinanti,
in nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo ti colgo.” (72)

Ancora fino a non molti anni fa il giorno della festa dell'Assunta in molte località rametti di verbena venivano benedetti durante la messa per essere poi appesi nelle case e nelle stalle. Per queste sue caratteristiche purificatrici in caso di epidemie la verbena veniva bruciata per strada e nelle case per disinfettarle.

La pianta era anche nota per le sue presunte proprietà afrodisiache. Si credeva che profumarsi di verbena suscitasse l'amore. Infusi di verbena venivano usati per risvegliare la passione amorosa. In questo caso petali di verbena erano messi a macerare con del miele in un recipiente contenente del vino, dopo sette giorni si filtrava ed ecco pronto l'elisir d'amore da offrire alla persona amata. Le giovani spose il giorno delle nozze portavano con sé un mazzetto fiorito di Verbena, che le avrebbe aiutate a superare felicemente la prima notte. Echi di queste credenze sono sopravvissuti a lungo. Ancora agli inizi del secolo scorso era uso recarsi agli incontri con la persona amata muniti di confetti di verbena con cui profumarsi l'alito.



La Ruta

Era una pianta molto usata per le sue caratteristiche, ma necessitava di molta cautela per i suoi effetti irritanti e velenosi. Per questo ne veniva sconsigliata la raccolta e l'uso a chi non fosse particolarmente esperto. Possedeva proprietà digestive e antispasmodiche. Come l'artemisia favoriva le mestruazioni poiché aumentava la circolazione sanguigna nell’utero, ma poteva anche avere effetti abortivi e anche a questo scopo veniva utilizzata dalle guaritrici. Aveva poteri sedanti, calmava il dolore, riduceva i sintomi dell’ansia e del nervosismo. Per questo si usava come cura contro l'insonnia. Per gli stessi motivi era ritenuta un rimedio efficace contro la paura. Portata addosso o tenuta in tasca aiutava a superare situazioni difficili o di pericolo.

Era convinzione diffusa che, ridotta in polvere, evitasse il contagio della peste e curasse gli effetti dei veleni e dei morsi di serpenti. Emana un odore sgradito agli insetti e ai roditori, per questo veniva sparsa sui pavimenti come insetticida e per tenere lontani i topi. Si credeva anche che la ruta fosse un potente rimedio contro il malocchio. Una credenza non solo europea. Nella Santeria cubana, frutto dell'incontro del cristianesimo con i culti yoruba degli schiavi, la ruta è usata per particolari cerimonie, veri e propri bagni di purificazione, in cui si recita questa preghiera:

“Ruta benedetta, potente e miracolosa che sul Monte Calvario alle lacrime della Maddalena unisti le tue lacrime, ottienimi ciò che chiedo.
Per questo bagno dammi fortuna, e che l’uomo che desidero possa sentire per me amore e tenerezza, e che il suo sguardo e il suo pensiero siano solo per me.

Per le gocce di sangue che versò il Re dei Re, ti chiedo di avere fortuna e l’ attenzione dei miei amici.
Per questo io chiedo, Ruta benedetta, di ottenermi tutto il bene e che entri felicità, fortuna e amore nel mio corpo, nella mia anima e nella mia casa”. (73)

La notte di san Giovanni è anche collegata al noce e ai suoi frutti che in molte zone d’Italia si usa tuttora raccogliere ancora acerbi in questa notte per preparare il nocino, liquore ritenuto possedere particolari virtù benefiche.



69. Un'esaustiva trattazione del tema in Le erbe e le piante di San Giovanni in: Cattabiani, Florario, cit., pp.205-257.
70. Charles Baudelaire, Opere, Milano, Mondadori, 1996, p.105.
71. Cattabiani, Florario, cit., p. 212.
72. Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1976, p. 307.
73. Per un utile approccio alla santeria si rimanda a Giuliana Muci, La santeria cubana. Aspetti teorici, mitologici e rituali, Nardò, BESA, s.d..

9.Continua